la famiglia allo specchio

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Il racconto del cammino sinodale con brani scelti da Amoris laetitia. Colloqui con Lorenzo Baldisseri, Giovanni Cereti, Charles Chaput, Francesco Coccopalmerio, Roberto De Mattei Paul-Andre Durocher, Maria Elisabetta Gandolfi, Gianni Geraci, Giovanni Franzoni, Walter Kasper, Vito Mancuso, Guido Mocellin, Vincenzo Paglia, Giannino Piana, Luigi Sandri, Lucetta Scaraffia, Jean-Paul Vesco, Selene Zorzi. Autore: Giovanni Panettiere

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Gi o va n n i Pa n e t t i e r e

LA FAMIGLIAALLO SPECCHIOCronache del cammino sinodale con brani scelti da

Amoris laetitia

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© Il Segno dei Gabrielli editori, 2016Via Cengia 67 − 37029 San Pietro in Cariano (Verona)Tel. 045 7725543 − fax 045 [email protected]

Tutti i diritti riservati

ISBN 978-88-6099-296-3

ISBN e-book 978-88-6099-297-0

StampaMediagraf spa - Maggio 2016

Per la produzione di questo libro è stata utilizzata esclusivamente energia elet-trica prodotta da fonti rinnovabili ed è stata compensata tutta la CO2 prodotta dall’utilizzo di gas naturale.

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INDICE

I capitoloSINODO SULLA FAMIGLIA:METODO E PROSPETTIVEQuasi un Concilio 9

Ritorno alle originiIntervista a Guido Mocellin 15

In cammino verso il Vaticano IIIIntervista a Luigi Sandri 19

Convergenze circolariIntervista a Maria Elisabetta Gandolfi 28

II capitoloI PROTAGONISTI:VESCOVI E UDITORI AL SINODO 35

La forza dello Spirito SantoIntervista al cardinale Francesco Coccopalmerio 35

Elogio della schiettezzaIntervista all’arcivescovo Charles Chaput 38

«Uno spiraglio per i divorziati risposati»Intervista al cardinale Walter Kasper 41

«La comunione non è un fast-food»Intervista all’arcivescovo Vincenzo Paglia 43

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«Dalla Bibbia nessun veto al diaconato femminile»Intervista all’arcivescovo Paul-André Durocher 46

«A sinodo più spazio per le donne»Intervista alla professoressa Lucetta Scaraffia 51

«Il nodo delle coppie omosessuali: sono ancora un tabù per la Chiesa»Intervista al vescovo Jean-Paul Vesco 55

III capitoloRELAZIONE FINALE:LA RICERCA DEL COMPROMESSOAvanti con prudenza 61

«Misericordia per i divorziati risposati»Intervista a don Giovanni Cereti 69

«La pillola non sempre è un male» Intervista al professor Giannino Piana 74

«Conoscere gli studi di genere prima di condannarli»Intervista alla professoressa Selene Zorzi 78

«Noi gay facciamo ancora paura alla Chiesa»Intervista a Gianni Geraci 81

IV capitolo‘AMORIS LAETITIA’:L’ESORTAZIONE POSTSINODALEIl coraggio di un Papa Antologia dell’esortazione apostolica 89

«Serve una lettura attenta e senza pregiudizi»Intervista al cardinale Lorenzo Baldisseri 121

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«Un documento di centro che guarda a sinistra»Intervista al professor Vito Mancuso 123

«Troppe ambiguità, Bergoglio favorisce il lassismo»Intervista al professor Roberto de Mattei 129

«Ben venga la valorizzazione dell’eros»Intervista a Giovanni Franzoni 132

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I capitolo

SINODO SULLA FAMIGLIA:METODO E PROSPETTIVEQUASI UN CONCILIO

CHI lo avrebbe mai immaginato che un sinodo dei vescovi sarebbe riuscito a far rivivere le attese, la sete di partecipazione, la dialettica del Vaticano II (1962-1965)? Certo, quando papa Paolo VI tenne a battesimo nel 1965 l’istituzione sinodale, non solo volle rafforzare la collegialità episcopale, rispolverata dalla costituzione Lumen gentium (1964), ma anche far sì che «dopo il Concilio continuasse a giungere al popolo cristiano quella lar-ga abbondanza di benefici che durante il Concilio felicemente si ebbe dalla viva unione Nostra con i Vescovi». 1

Eppure, alzi la mano chi nel corso dei venticinque sinodi an-tecedenti quello sulla famiglia, strutturato da papa Francesco in due tappe – straordinaria nel 2014, ordinaria lo scorso anno –, ha avvertito il palpito del Vaticano II. Salvo le primissime as-semblee, ancora legate almeno cronologicamente al Concilio, tutto è sempre parso così astratto, accademico, preordinato da Roma. Al punto che, a chiusura del Sinodo sulla famiglia, Ber-goglio ha elogiato i 270 partecipanti per l’immagine offerta all’e-sterno di «una Chiesa che non usa moduli preconfezionati», 2 quasi che il Pontefice volesse marcare un cambio di passo ri-spetto al passato.

1 PaPa Paolo VI, Motu proprio Apostolica sollicitudo, 15 settembre 1965.

2 PaPa Francesco, Discorso del Santo Padre Francesco a conclusione dei lavori della XIV Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei vesco-vi, 24 ottobre 2015.

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MA, al netto dei risultati conseguiti, come si spiega il suc-cesso dell’ultimo sinodo? Il tema e il metodo di lavoro, se non esauriscono la risposta, garantiscono comunque una chiave in-terpretativa tutt’altro che risibile. Scegliendo la famiglia come argomento dell’assemblea, Francesco ha calamitato l’attenzione di un pubblico ben più vasto della cerchia dei fedeli cattolici. Si sposano i protestanti, gli atei mettono al mondo figli, si separa-no e divorziano gli ortodossi...

Nel 1980 anche Giovanni Paolo II promosse un sinodo sul-lo stesso tema, con una differenza sostanziale, però, deducibile già dal titolo: La famiglia cristiana. La priorità allora era data dalla Chiesa di Wojtyla alla visione ideale sulla prima cellula della società, al modello piuttosto che allo sguardo reale sulle dinamiche interne alla famiglia. Un paradigma, questo, che ha contraddistinto i documenti successivi, dalla Familiaris consor-tio (1981) in avanti, e che il vescovo di Roma “preso quasi dalla fine del mondo” ha sostituito con un approccio più pastorale alla questione sulle orme di Giovanni XXIII, il papà del Conci-lio. Non solo, il predecessore con cui il Pontefice argentino mo-stra di avere maggiori affinità, nello stile, immediato e paterno, nella sostanza, pragmatica e coraggiosamente votata all’aggior-namento della disciplina ecclesiale.

DAGLI anni ‘80 la famiglia ha vissuto una rivoluzione co-pernicana. Si pensi all’affermazione dei matrimoni civili su quelli religiosi, all’emergere delle nozze gay, alla diffusione del-le convivenze, al boom delle separazioni e dei divorzi. Ciò in Occidente, ma, almeno in parte, anche altrove. Per esempio, in Africa, come dimostra il Documento finale del Simposio del-le conferenze episcopali di Africa e Madagascar (2015), elabora-to prima dell’ultima tappa del Sinodo sulla famiglia. «Abbia-mo numerosi casi di famiglie ferite, separate, spezzate e di di-vorziati – si legge nel testo –. Questo fenomeno è aggravato da problemi economici e politici, legati sia alle nostre respon-sabilità, sia agli effetti nefasti di un sistema economico mon-diale di arricchimento degli uni e di impoverimento di altri». 3

3 simPosio delle conferenze ePiscoPali d’africa e madaGa-scar, Documento finale del Simposio delle conferenze episcopali d’A-frica e Madagascar, 2015.

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In un contesto socio-culturale planetario così articolato e com-plesso era naturale che s’innescasse un clima di grande attesa per le conclusioni del sinodo, nella speranza largamente diffusa di una riforma delle norme morali e canoniche, in primis sul versan-te dell’accesso alla comunione dei divorziati risposati. La scelta del Papa di affidare il timone dell’assemblea a due riformisti, il cardinale Lorenzo Baldisseri e l’arcivescovo Bruno Forte, ha dato la sensazione che la svolta potesse essere davvero traghettata in porto. Le aperture di Bergoglio, quantomeno a livello comunica-tivo, sui temi caldi hanno fatto il resto. Il riferimento è all’arcino-to «se una persona è gay, cerca il Signore e ha buona volontà, ma chi sono io per giudicarla?» 4 e all’ammonimento, affinché non si istituisca un ottavo sacramento, «la dogana pastorale», 5 da mol-ti osservatori letto come prodromico a un’apertura generalizzata sull’ammissione all’eucarestia degli ‘irregolari’.

DUE interventi che tracciano il profilo di Francesco, Pon-tefice più attento alle molte «pecorelle» fuori dal recinto che alle poche al sicuro all’interno. Fuor di metafora, il suo cruccio si riassume nel come la Chiesa possa interagire con chi vive ai margini di essa, con chi fatica a seguire il magistero, il modello di vita cristiana. C’è chi tra i vertici ecclesiali vorrebbe affidarsi agli anatemi e chi, come Bergoglio, punta sulla prossimità, l’a-scolto, il discernimento.

«I giovani non si sposano. È la cultura del nostro tempo – evidenzia il vescovo di Roma –. Così molti ragazzi preferiscono convivere senza sposarsi. Cosa dovrebbe fare la Chiesa? Espel-lerli dal suo seno? O, invece, avvicinarsi a loro, comprenderli e cercare di portare loro la parola di Dio? Io sto con quest’ultima posizione». 6 La ratio di un simile approccio pastorale la spiega molto bene il presidente dell’episcopato francese, l’arcivescovo Georges Pontier: «Si può essere in regola e senza una reale vita di

4 PaPa Francesco, Conferenza stampa sul volo di ritorno dalla Gmg di Rio, 29 luglio 2013.

5 PaPa Francesco, Meditazione mattutina nella Cappella della Do-mus sanctae Marthae, 25 maggio 2013.

6 Joaquín morales solá, Intervista a papa Francesco, La Nacion, 5 ottobre 2014.

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fede e si può essere non in regola, ma avere una ricerca di Dio che merita di essere considerata e valorizzata». 7 La frontiera, la peri-feria, la missione: sono queste le urgenze del successore di Pietro.

AL PAPA della Chiesa “ospedale da campo” allora deve es-sere apparso del tutto normale coinvolgere la base cattolica nel-la preparazione del sinodo. Francesco ha voluto interpellarla direttamente e per farlo non ha esitato a mettere mano al modus operandi del Sinodo-istituzione. Questo atteggiamento si è tra-dotto nel doppio, inedito questionario rivolto all’intero popolo di Dio sulle sfide della famiglia.

A scanso d’interpretazioni semplicistiche, l’innovazione non è coincisa con la consultazione in quanto tale, bensì con la sua capillare diffusione. I sinodi si sono sempre approntati alla luce di questionari o similaria. Tuttavia, le domande e le risposte ogni volta restavano confinate negli uffici di Curia delle dio-cesi, al massimo venivano coinvolti i consigli pastorali diocesa-ni. Poco o nulla trapelava sulla preparazione delle assemblee. «Come sarebbe possibile parlare della famiglia senza interpella-re le famiglie, ascoltando le loro gioie e le loro speranze, i loro dolori e le loro angosce?», ha chiesto Francesco, riferendosi al doppio questionario in un passaggio del suo intervento in occa-sione delle celebrazioni per i cinquant’anni dalla creazione del Sinodo dei vescovi. 8

La risposta il Papa l’ha data nei fatti, trasformando la fami-glia da semplice oggetto a soggetto del percorso sinodale. E di-sponendo che le domande dei questionari fossero fatte circola-re liberamente fra i fedeli. La Conferenza episcopale britannica ha pubblicato addirittura online i quesiti, mentre il cardinale Baldisseri ha dovuto richiamare alcuni episcopati, come quello italiano, perché esitanti nel dare la dovuta pubblicità all’iniziati-va. 9 Nonostante alcune domande un po’ cervellotiche e formu-

7 franco Garelli, Famiglie, Edb, 2015.8 PaPa francesco, Discorso del Santo Padre Francesco per la comme-

morazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi, 17 ottobre 2015.

9 Giovanni Panettiere, Intervista all’arcivescovo Baldisseri, Quoti-diano nazionale, 25 novembre 2013.

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late pensando più agli addetti ai lavori della pastorale familiare che ai papà e alle mamme della messa domenicale, i cattolici hanno accolto positivamente i due questionari che hanno avu-to il pregio di toccare tutti i temi tabù (coppie di fatto, matri-moni civili, omosessualità, ricorso ai metodi contraccettivi). Le numerose risposte provenienti dalla base hanno ispirato prima i documenti elaborati dalle diocesi, poi quelli delle corrispet-tive conferenze episcopali, infine gli instrumenta laboris delle due sessioni di lavoro. In occasione della prima assemblea, ben l’83,11% degli aventi diritto “finali” – episcopati nazionali, di-casteri della Curia romana e sinodi delle Chiese orientali – ha spedito le risposte alla Segreteria generale del Sinodo dei ve-scovi. 10

Senza una consultazione così ampia probabilmente la Chiesa non avrebbe mai guardato negli occhi la realtà della famiglia. E forse non avrebbe nemmeno mai seguito l’approccio indutti-vo che ha caratterizzato il divenire del sinodo: non più la legge morale e i singoli casi da ricondurre alla norma, piuttosto le si-tuazioni concrete e la regola da applicare con equità in relazio-ne alle prime. Si sarebbe persa anche un’occasione preziosa per recuperare la triade metodologica, “vedere, giudicare e agire”, tipica dell’enciclica Mater e magistra (1961) di Roncalli, e ben evidente nell’andamento del documento finale dell’assemblea.

UN SINODO in due tempi. Così l’ha voluto Francesco, con l’obiettivo di mettere a fuoco i problemi durante l’assemblea straordinaria e, nel corso del secondo appuntamento, di deline-are le linee di soluzione. Il tutto, favorendo la convergenza più ampia possibile tra i vescovi sulle questioni spinose, a partire dal nodo della comunione ai divorziati risposati che ha pola-rizzato il dibattito sui media, prima, durante e dopo il sinodo.

Scelta procedurale insolita quella delle due fasi, ma premiata dai risultati, se è vero che la relazione conclusiva ha ottenuto i canonici 2/3 dei consensi in ogni suo paragrafo. Eppure, in occa-sione del sinodo straordinario del 2014, la dialettica sui divorziati

10 Card. lorenzo Baldisseri, Relazione del segretario generale del Sinodo in occasione del Sinodo straordinario sulla famiglia, 6 ottobre 2014.

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è stata particolarmente accesa. Da una parte, la linea della miseri-cordia sostenuta dal cardinale Walter Kasper, dall’altra, l’approc-cio rigorista del prefetto dell’ex Sant’Uffizio, Gerhard Müller. Durante la prima assemblea esplose anche una polemica piutto-sto verace in conseguenza alla scelta della Segreteria del sinodo di pubblicare, a metà dei lavori, una relazione intermedia piuttosto coraggiosa su conviventi, divorziati risposati e coppie omosessua-li... L’anno di approfondimento dei singoli temi caldi, previsto tra un sinodo e l’altro, oltre alla valorizzazione nella seconda e ultima assise del lavoro dei circoli minori – gruppi di discussione con ap-pena una ventina di vescovi –, hanno permesso l’abbassamento dei toni, senza che per questo i presuli rinunciassero all’apporto di posizioni e sensibilità differenti.

IL PAPA l’aveva chiesto fin da principio ai padri sinodali: «Parlare chiaro, nessuno dica “questo non si può dire, penserà di me così o così”. Bisogna dire tutto ciò che si sente con parresìa». 11 Missione compiuta... Al termine del Sinodo sulla famiglia, la Chiesa nei suoi vertici si è riscoperta compatta sulle questioni dottrinali di fondo – l’indissolubilità del matrimonio, le nozze come unione fra un uomo e una donna, il legame fra sessualità e procreazione –, ma ha esibito una salutare polifonia sui nodi pastorali, raggiungendo ampie convergenze – anche nel caso del voto sofferto a favore della comunione ai divorziati risposati – sui punti più delicati. E pensare che qualche cardinale si era spinto a vaticinare persino uno scisma a causa del sinodo. 12

Invece, l’assemblea ci ha lasciato una Chiesa viva, collegia-le, unita, non uniforme. Un bel regalo, quasi fossimo tornati ai tempi del Concilio. Oggi e forse anche domani, se è vero che Francesco vuole affidarsi al Sinodo per sciogliere i nodi della prassi ecclesiale. 13 Deo gratias.

11 PaPa francesco, Saluto del Santo Padre Francesco ai padri sino-dali all’inizio del Sinodo straordinario sulla famiglia, 6 ottobre 2014.

12 Card. Gerhard müller, Intervento a Ratisbona, 3 settembre 2015.13 PAPA FRANCESCO, Discorso del Santo Padre Francesco per la

commemorazione del 50° anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi, 17 ottobre 2015.

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«Dalla bibbia nessun veto al diaconato femminile»INTERVISTA A MONSIGNORPAUL-ANDRE DUROCHER arcivescovo di Gatineau (Canada)

Ci voleva l’intervento dell’ex capo dei vescovi canadesi per ac-cendere al Sinodo ordinario sulla famiglia un focus sulla piaga della violenza coniugale. Per la verità lo schema di lavoro dell’as-semblea aveva già lambito l’argomento, ma l’arcivescovo Paul-André Durocher ha avuto sicuramente il merito di snocciolare ci-fre, evidenziare i rischi di un’esegesi biblica scissa dalla disami-na del contesto storico-culturale e suggerire tre linee d’azione per accrescere il ruolo delle donne nella Chiesa e combattere così un fenomeno in preoccupante ascesa. Queste le sue proposte: omelie condotte da laiche/laici, non più solo uomini ai vertici dei dica-steri romani e delle curie diocesane, avvio di una riflessione sul diaconato femminile.

Arcivescovo Durocher, il suo discorso in aula ha suscitato molta attenzione tra i mass media. Che cosa l’ha spinta a scegliere come tema la violenza sulle donne da parte dei loro coniugi?

«In realtà ci ho messo un po’ di tempo a decidere quale ar-gomento trattare nei miei tre minuti d’intervento in aula. Cre-do di aver scritto bozze per tre relazioni su temi diversi prima di orientarmi definitivamente. Ciò che mi ha convinto ad op-tare per questa tematica è stato un articolo, che ho letto alla fine dell’estate, sui continui e alti tassi di violenza subita dalle mogli per mano dei loro mariti in tutto il mondo. Un rapporto dell’Organizzazione mondiale della sanità dice che più del 30% delle donne conosce nella sua vita la violenza coniugale. Que-sta drammatica e terribile realtà mi ha spinto ad affrontare la questione».

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Già l’Instrumentum laboris del Sinodo ordinario sulla famiglia aveva trattato il tema della violenza domestica.

«Proprio perché aveva sollevato la questione io ho potuto utilizzare l’occasione per offrire i miei consigli. L’Instrumentum laboris ha anche suggerito che un ruolo maggiore della donna nella Chiesa avrebbe sostenuto la nostra battaglia contro la vio-lenza coniugale. Ho quindi deciso di offrire alcune idee anche su questo specifico argomento».

Lei ha invitato il Sinodo ad affermare chiaramente che una corret-ta interpretazione della Scrittura, in particolare Le lettere di Pao-lo, non può mai giustificare la supremazia dell’uomo sulla donna: nella Chiesa di oggi c’è ancora necessità di ribadire questo con-cetto?

«Sì, io credo che abbiamo ancora bisogno di chiarire quest’a-spetto. Papa Giovanni Paolo II, nella Mulieris dignitatem (1988), lo spiega in un bel modo, ma questo documento non è molto conosciuto. Ogni volta che in chiesa vengono proclamati i passaggi di San Paolo, che invitano le donne ad essere sotto-messe ai loro mariti, ricevo missive di frustrazione di chi sostie-ne che questo dovrebbe essere ancora insegnato. Ovviamente gli autori delle lettere, che sono cattolici molto impegnati, non hanno chiaramente sentito o capito l’insegnamento di Giovanni Paolo II. E io non sono sicuro che molti preti sappiano predi-care sui testi sacri in questione. Quindi, a riguardo, c’è da fare davvero uno sforzo corale».

Sta di fatto, però, che la relazione finale del Sinodo sulla famiglia non sembra aver accolto il suo appello per una corretta esegesi dei testi paolini… È deluso per questo?

«Sebbene il report conclusivo non abbia riportato le parole che ho usato io, citando la Lettera agli Efesini laddove sprona gli uomini ad amare le loro mogli come Cristo ha amato la Chie-sa, il documento ha richiamato la mia convinzione. Per questo non sono deluso. Personalmente non mi aspetto che un sinodo faccia eco ad ogni buon suggerimento proveniente dalla base. Però, su questo punto specifico, mi riconosco nelle preoccupa-zioni e nelle speranze sollevate dalla Relatio synodi».

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«Al sinodo più spazio per le donne»INTERVISTA ALLA PROFESSORESSALUCETTA SCARAFFIAstorica e uditrice al Sinodo sulla famiglia

Tra le trenta uditrici al Sinodo ordinario sulla famiglia c’era an-che lei, la professoressa Lucetta Scaraffia. Non certo una presenza marginale e non solo per la caratura della docente, già titolare del-la cattedra di Storia contemporanea alla Sapienza di Roma e oggi coordinatrice del mensile de ‘L’Osservatore romano’, ‘Donne, Chiesa, mondo’. Piuttosto perché la Scaraffia, femminista convin-ta, pur non avendo diritto di voto in assemblea al pari delle altre uditrici, col suo intervento in aula ha decisamente lasciato il se-gno. Quello che segue è solo uno stralcio della sua relazione: «Al sinodo di donne, di noi, si parla pochissimo. Come se le madri, le figlie, le nonne, le mogli, cioè il cuore delle famiglie, non facessero parte della Chiesa, di quella Chiesa che comprende il mondo, che pensa, che decide. Come se si potesse continuare, perfino a pro-posito della famiglia, a far finta che le donne non esistono». Che dire? Quella della Scaraffia è stata una denuncia accorata e sin-cera della scarsa considerazione al sinodo di quelle che, per dirla con le sue parole, erano, sono e saranno sempre «le grandi esper-te della famiglia». Delle conclusioni della doppia assemblea, e di altro ancora, abbiamo parlato direttamente con la professoressa.

Nel racconto della sua esperienza al sinodo, pubblicato su Nigri-zia di dicembre, lei scrive di essersi sentita «una presenza solo tol-lerata», peggio ancora, «inesistente». I vescovi hanno paura delle donne?

«Più che paura, non le vedono. Sono abituati a considerarle irrilevanti, a vederle solo come aiutanti mute e servizievoli, per-ché tali sono le donne che sono soliti vedere. Non si confron-tano mai con una donna, non sono interessati al suo pensiero».

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Nel circolo minore a cui ha preso parte ha dovuto sfoderare le un-ghie per essere ascoltata?

«All’inizio hanno detto che non avrei potuto parlare, poi, quando ho fatto presente che negli altri gruppi le donne par-lavano, ho potuto intervenire, ma un po’ a fatica. E comunque non potevo votare, né proporre modifiche ai testi».

L’ha amareggiata di più l’emarginazione patita per via della con-formazione attuale del Sinodo o il fatto che le altre uditrici laiche abbiano accettato, senza batter ciglio, una presenza così subalter-na in assemblea?

«Sono due cose strettamente legate. Le donne che partecipa-no abitualmente alla vita delle istituzioni ecclesiastiche sanno che è così e sono già contente di essere state scelte. E comun-que vengono scelte soprattutto per il loro essere persone inof-fensive».

La Chiesa sconta il peso di una formazione al sacerdozio che lar-gamente ancora esclude il contributo femminile e, più in genera-le, l’interazione con l’altro sesso?

«Certo, penso che nei seminari ci dovrebbero essere donne docenti, così i seminaristi si abituano a rispettare le loro opinio-ni. Finora le donne che loro frequentano sono per lo più religio-se che svolgono ruoli domestici. Ma servono anche donne che si occupino della loro vita spirituale, delle assistenti spirituali che insegnino loro una grammatica di sentimenti umani. Se no que-sti uomini escono dal seminario pensando di risolvere tutto con la teologia e con un paternalismo superficiale».

Nel documento finale del sinodo, comunque, al paragrafo 18, si esorta la Chiesa a favorire «il coinvolgimento delle donne nella formazione dei ministri ordinati». Un passo avanti, ma non la panacea, vero?

«Soprattutto perché queste esortazioni cadono nel vuoto…».

Al numero 27, sulla scorta dell’Evangelii gaudium, si suggeri-sce, invece, «una maggior valorizzazione della responsabilità delle donne nella Chiesa» anche nei «processi decisionali». Come tra-durre concretamente questo richiamo?

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«Ci sono mille modi, anche senza fare nulla di nuovo, anche solo facendo partecipare le associazioni di religiose già esistenti ai momenti decisionali, ai momenti in cui si decide il futuro del-la chiesa mondiale e locale».

Nel frattempo, al sinodo è stato negato alle tre superiori generali il diritto di voto in aula, concesso, invece, al numero uno, tra l’al-tro laico, dei Piccoli fratelli di Charles de Foucauld. Come se la spiega e come valuta questa ‘preferenza’?

«Le donne vengono considerate esecutrici senza opinione propria, quindi incapaci di contribuire anche con il voto. Ma dietro a questo atteggiamento c’è anche paura: le religiose dal punto di vista numerico sono circa due terzi degli uomini reli-giosi, e anche aggiungendo a questi i sacerdoti più della metà. Hanno paura di essere sopraffatti».

Per favorire la partecipazione corale ed effettiva di laici, chierici e religiosi, ossia di tutti i fedeli, sulla falsariga della Lumen gen-tium, si potrebbe riformare la composizione del Sinodo oppure co-stituire, accanto al Sinodo di vescovi, il Sinodo del popolo di Dio. Che cosa ne pensa?

«Penso che un numero congruo di donne, laiche e religiose, dovrebbero far parte del Sinodo».

Come valuta l’appello dell’arcivescovo canadese Durocher per una riflessione sull’apertura del diaconato alle donne? Un paio di anni fa il cardinale Kasper si era detto favorevole alle diaconesse, stabilendo un nuovo ministero esterno all’ordine sacro.

«Non è una questione che m’interessi molto, penso che po-trebbe anche non cambiare niente. Vorrei, invece, un cambia-mento forte di mentalità della Chiesa nei confronti delle donne».

Nel paragrafo ad hoc sulle donne, il numero 27 della Relatio synodi, ha trovato più luci o ombre?

«Qualche cosa di buono c’è, ma troppo poco».

Da femminista, condivide il giudizio così netto (paragrafo 8) sugli studi di genere, bollati come «un’ideologia che nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna»?

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ANTOLOGIA DELL’ESORTAzIONEAPOSTOLICA (titoli aggiunti)

La sete di famiglia1. La gioia dell’amore che si vive nelle famiglie è anche il giu-

bilo della Chiesa. Come hanno indicato i Padri sinodali, mal-grado i numerosi segni di crisi del matrimonio, «il desiderio di famiglia resta vivo, in specie fra i giovani, e motiva la Chiesa». Come risposta a questa aspirazione «l’annuncio cristiano che riguarda la famiglia è davvero una buona notizia».

L’inculturazione della fede3. Ricordando che il tempo è superiore allo spazio, desidero

ribadire che non tutte le discussioni dottrinali, morali o pasto-rali devono essere risolte con interventi del magistero. Natu-ralmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di inter-pretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano. Questo succederà fino a quando lo Spirito ci farà giungere alla verità completa (cfr Gv 16,13), cioè quando ci introdurrà perfettamente nel mistero di Cristo e potremo ve-dere tutto con il suo sguardo. Inoltre, in ogni paese o regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali. Infatti, «le culture sono molto diverse tra loro e ogni principio generale […] ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato».

Il poliedro dei padri sinodali4. In ogni modo, devo dire che il cammino sinodale ha por-

tato in sé una grande bellezza e ha offerto molta luce. Ringrazio per i tanti contributi che mi hanno aiutato a considerare i pro-

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blemi delle famiglie del mondo in tutta la loro ampiezza. L’in-sieme degli interventi dei Padri, che ho ascoltato con costante attenzione, mi è parso un prezioso poliedro, costituito da molte legittime preoccupazioni e da domande oneste e sincere. Per-ciò ho ritenuto opportuno redigere una Esortazione Apostolica postsinodale che raccolga contributi dei due recenti Sinodi sul-la famiglia, unendo altre considerazioni che possano orientare la riflessione, il dialogo e la prassi pastorale, e al tempo stesso arrechino coraggio, stimolo e aiuto alle famiglie nel loro impe-gno e nelle loro difficoltà.

Sacra scrittura e famiglie in difficoltà8. La Bibbia è popolata da famiglie, da generazioni, da storie

di amore e di crisi familiari, fin dalla prima pagina, dove entra in scena la famiglia di Adamo ed Eva, con il suo carico di violenza ma anche con la forza della vita che continua (cfr Gen 4), fino all’ultima pagina dove appaiono le nozze della Sposa e dell’A-gnello (cfr Ap 21,2.9). Le due case che Gesù descrive, costruite sulla roccia o sulla sabbia (cfr Mt 7,24-27), rappresentano tan-te situazioni familiari, create dalla libertà di quanti vi abitano, perché, come scrive il poeta, «ogni casa è un candelabro». En-triamo ora in una di queste case, guidati dal Salmista, attraverso un canto che ancora oggi si proclama sia nella liturgia nuziale ebraica sia in quella cristiana […].

I compiti della famiglia cristiana29. Con questo sguardo, fatto di fede e di amore, di grazia e

di impegno, di famiglia umana e di Trinità divina, contemplia-mo la famiglia che la Parola di Dio affida nelle mani dell’uomo, della donna e dei figli perché formino una comunione di perso-ne che sia immagine dell’unione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. L’attività generativa ed educativa è, a sua volta, un rifles-so dell’opera creatrice del Padre. La famiglia è chiamata a con-dividere la preghiera quotidiana, la lettura della Parola di Dio e la comunione eucaristica per far crescere l’amore e convertirsi sempre più in tempio dove abita lo Spirito.

La centralità della dottrina sulle nozze35. Come cristiani non possiamo rinunciare a proporre il ma-

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trimonio allo scopo di non contraddire la sensibilità attuale, per essere alla moda, o per sentimenti di inferiorità di fronte al de-grado morale e umano. Staremmo privando il mondo dei valori che possiamo e dobbiamo offrire. Certo, non ha senso fermarsi a una denuncia retorica dei mali attuali, come se con ciò potes-simo cambiare qualcosa. Neppure serve pretendere di imporre norme con la forza dell’autorità. Ci è chiesto uno sforzo più responsabile e generoso, che consiste nel presentare le ragioni e le motivazioni per optare in favore del matrimonio e della fa-miglia, così che le persone siano più disposte a rispondere alla grazia che Dio offre loro.

Il matrimonio non è solo procreazione36. Al tempo stesso dobbiamo essere umili e realisti, per rico-

noscere che a volte il nostro modo di presentare le convinzioni cristiane e il modo di trattare le persone hanno aiutato a provo-care ciò di cui oggi ci lamentiamo, per cui ci spetta una salutare reazione di autocritica. D’altra parte, spesso abbiamo presen-tato il matrimonio in modo tale che il suo fine unitivo, l’invito a crescere nell’amore e l’ideale di aiuto reciproco sono rimasti in ombra per un accento quasi esclusivo posto sul dovere del-la procreazione. Né abbiamo fatto un buon accompagnamento dei nuovi sposi nei loro primi anni, con proposte adatte ai loro orari, ai loro linguaggi, alle loro preoccupazioni più concrete. Altre volte abbiamo presentato un ideale teologico del matri-monio troppo astratto, quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle fami-glie così come sono. Questa idealizzazione eccessiva, soprattut-to quando non abbiamo risvegliato la fiducia nella grazia, non ha fatto sì che il matrimonio sia più desiderabile e attraente, ma tutto il contrario.

Mai sostituire le coscienze dei fedeli37. Per molto tempo abbiamo creduto che solamente insi-

stendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motiva-re l’apertura alla grazia, avessimo già sostenuto a sufficienza le famiglie, consolidato il vincolo degli sposi e riempito di signifi-cato la loro vita insieme. Abbiamo difficoltà a presentare il ma-trimonio più come un cammino dinamico di crescita e realizza-

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zione che come un peso da sopportare per tutta la vita. Stentia-mo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle.

Basta con la Chiesa sotto assedio38. Dobbiamo ringraziare per il fatto che la maggior parte

della gente stima le relazioni familiari che vogliono durare nel tempo e che assicurano il rispetto all’altro. Perciò si apprezza che la Chiesa offra spazi di accompagnamento e di assistenza su questioni connesse alla crescita dell’amore, al superamento dei conflitti e all’educazione dei figli. Molti stimano la forza della grazia che sperimentano nella Riconciliazione sacramentale e nell’Eucaristia, che permette loro di sostenere le sfide del ma-trimonio e della famiglia. In alcuni paesi, specialmente in diver-se parti dell’Africa, il secolarismo non è riuscito a indebolire alcuni valori tradizionali e in ogni matrimonio si produce una forte unione tra due famiglie allargate, dove ancora si mantiene un sistema ben definito di gestione di conflitti e difficoltà. Nel mondo attuale si apprezza anche la testimonianza dei coniugi che non solo hanno perseverato nel tempo, ma continuano a portare avanti un progetto comune e conservano l’affetto. Que-sto apre la porta a una pastorale positiva, accogliente, che ren-de possibile un approfondimento graduale delle esigenze del Vangelo. Tuttavia, molte volte abbiamo agito con atteggiamen-to difensivo e sprechiamo le energie pastorali moltiplicando gli attacchi al mondo decadente, con poca capacità propositiva per indicare strade di felicità. Molti non percepiscono che il messaggio della Chiesa sul matrimonio e la famiglia sia stato un chiaro riflesso della predicazione e degli atteggiamenti di Gesù, il quale nel contempo proponeva un ideale esigente e non per-deva mai la vicinanza compassionevole alle persone fragili come la samaritana o la donna adultera.

No alla contraccezione di Stato42. «Anche il calo demografico, dovuto ad una mentalità

antinatalista e promosso dalle politiche mondiali di salute ri-

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«Un documento di centro che guardaa sinistra»INTERVISTA AL PROFESSORVITO MANCUSOteologo e saggista

Per sintetizzare l’Amoris laetitia il teologo d’ispirazione mar-tiniana Vito Mancuso si affida a un padre della Repubblica come Alcide De Gasperi e alla sua definizione della Balena bianca: «Un partito di centro che guarda a sinistra». Mutatis mutandis, è così che si presenta l’esortazione apostolica postsinodale di papa Fran-cesco. Un documento che per l’autore di bestseller del calibro de ‘L’anima e il suo destino’ (Cortina, 2007) e ‘Io e Dio, una guida dei perplessi’ (Garzanti, 2011) registra certamente silenzi pesanti sulle coppie omosessuali, i rapporti matrimoniali e il divorzio, ma allo stesso tempo «è ricco di luci» nel suo tentativo «di coniuga-re la dottrina ecclesiastica con la realtà effettiva per far sì che la Chiesa sia ‘un ospedale da campo’ e non ‘una caserma’»

Che cosa rappresenta Amoris laetitia per il magistero della Chiesa?

«Il massimo che questa potesse proporre sul tema della fa-miglia, senza incontrare traumatiche lacerazioni. L’impressione è che quasi quasi la montagna abbia partorito un topolino. Sia chiaro, un topolino bianco, simpatico, grazioso. Certo è che se andassimo a riprendere i risultati dei due questionari, che han-no preceduto i corrispettivi sinodi, risultati tra l’altro mai resi pubblici in Italia mentre altrove sì, constateremmo una certa distanza tra la dottrina ecclesiale, riaffermata anche dall’esorta-zione, e la prassi delle famiglie cattoliche».

Vuol dire che Francesco poteva fare di più?

«Obiettivamente credo di no. Sul momento sono rimasto de-luso dal documento in quanto speravo in un passo in avanti da

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parte del Papa del tipo ‘il Sinodo ha detto ciò, ma io vi dico que-sto’. Poi ho pensato che non sarebbe stato giusto. Amoris laeti-tia non è un’enciclica, ma un’esortazione postsinodale e quin-di non dico che il Papa avesse le mani legate, ma sicuramente erano collegate, questo sì, alle riflessioni prodotte dal Sinodo. De Gasperi era solito ripetere che la Dc ‘è un partito di centro che guarda a sinistra’. Ecco io credo che altrettanto si possa af-fermare per questo testo: è un’esortazione di centro, in alcuni passaggi anche cerchiobottista, che tuttavia guarda a sinistra».

Dove coglie questo sguardo mancino?

«Nella volontà del Papa di coniugare la dottrina ecclesiasti-ca con la realtà effettiva per far sì che la Chiesa sia ‘un ospe-dale da campo’ e non ‘una caserma’. Resta comunque aperta una questione che riguarda il magistero cattolico in quanto tale. Ovvero, dopo due anni e passa di dibattiti, dopo aver ascoltato i fedeli e dopo che gli episcopati del mondo si sono espressi, se questa è la riflessione della Chiesa non tanto sull’a-more quanto sulle relazioni affettive tra gli esseri umani che si dicono famiglia, allora oggi è veramente in grado il pensiero cattolico dottrinale di farsi Amoris laetitia, di essere cioè un messaggio in grado d’intercettare la letizia, la gioia dell’amo-re? Oppure quel fenomeno potente, sconvolgente, a volte tra-volgente che è l’amore vissuto dagli uomini nelle loro relazioni e nei loro intrecci si sente interpretato solo in parte da questo pensiero, perché esso non è stato in grado di accompagnare l’evoluzione che le relazioni affettive degli esseri umani stan-no vivendo?».

Sui giornali ha suscitato un certo clamore il fatto che Bergoglio definisca la sessualità «un regalo meraviglioso di Dio». In fondo, è un recupero, con toni più sereni ed enfatici, della teologia del corpo di Giovanni Paolo II. È d’accordo?

«Concordo in pieno. Io non ho trovato nulla di nuovo in questa espressione. Tuttavia, se un passaggio del genere solle-va tanto interesse, è evidente che il messaggio che continua a passare, al di là delle catechesi sul corpo di Wojtyla, è quello secondo cui per la Chiesa il sesso deve essere sempre orientato alla procreazione».

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