scrittori in erba · 2017. 12. 24. · la mia città (parte quarta) scrittori in erba.2 la mia...

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Ciao a te che mi stai leg- gendo. Sono il giornalino redatto dagli alunni della Scuola Primaria del 2° Polo di Ga- latone. In questo primo numero i bambini delle classi secon- de, terze, quarte e quinte hanno voluto farti conosce- re alcuni momenti signifi- cativi di un’esperienza ec- cezionale. Grazie al pro- getto “Musica in … testa 2.0”, infatti tutti loro sono stati i protagonisti del film “La iscilia ti Natale”, un cortometraggio che è sta- to preparato sin dai primi giorni di scuola di quest’ anno scolastico e proietta- to presso il Teatro Italia a Gallipoli il 19 dicembre scorso. Lungo questo percorso i bambini hanno vissuto mo- menti unici, indimenticabili e formativi. Attraverso ricerche, interviste e foto sono riusciti a fare un sal- to nel passato e, da ricer- catori attenti, hanno risco- perto la cultura dei loro avi, tesoro nascosto tra le mura delle vecchie case, tra le stradine nascoste del centro storico e nella memoria dei nonni. Entusiasmante è stato per loro riscoprire i valori di quella semplice società contadina, molto unita e sensibile ai bisogni del prossimo, capace di trova- re nella fede il proprio conforto e di riuscire a vivere momenti di convivia- lità, di condivisione, di gio- ia nonostante le difficoltà, le fatiche e i sacrifici quo- tidiani: la famiglia era il fulcro della vita e tutto ruotava intorno ad essa. Non mi resta ora che augu- rarti buona lettura e buon viaggio nel passato. La mia città si chiama Ga- latone e si trova in Puglia, nel Salento. Oltre a esse- re bella, la città è piena di storia, di leggende e di monumenti. Il suo centro storico è carico di segni della vita passata. Sono ancora visibili le tracce del passaggio dei nostri ante- nati, del loro lavoro, di quell'impegno e di quei sacrifici che hanno con- tribuito a renderla così bella come la vediamo oggi. La mia città (parte prima) La iscilia ti Natale 22 DICEMBRE 2017 Volume 1, Numero 1 SCRITTORI IN ERBA.2 Sommario: La iscilia ti Natale La mia città 1 La mia città (parte II/III/IV) 2 La mia città (parte V) 3 Allu Bambinieddhru Filastrocche 3 Ricette 4 A cura degli alunni delle classi II/III/ IV/V della Scuola Primaria IC GALATONE POLO 2 Notizie di rilievo: La iscilia ti Natale La mia città Testi poetici della tradi- zione contadina Ricette tradizionali

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  • Ciao a te che mi stai leg-

    gendo.

    Sono il giornalino redatto

    dagli alunni della Scuola

    Primaria del 2° Polo di Ga-

    latone.

    In questo primo numero i

    bambini delle classi secon-

    de, terze, quarte e quinte

    hanno voluto farti conosce-

    re alcuni momenti signifi-

    cativi di un’esperienza ec-

    cezionale. Grazie al pro-

    getto “Musica in … testa

    2.0”, infatti tutti loro sono

    stati i protagonisti del film

    “La iscilia ti Natale”, un

    cortometraggio che è sta-

    to preparato sin dai primi

    giorni di scuola di quest’

    anno scolastico e proietta-

    to presso il Teatro Italia a

    Gallipoli il 19 dicembre

    scorso.

    Lungo questo percorso i

    bambini hanno vissuto mo-

    menti unici, indimenticabili

    e formativi. Attraverso

    ricerche, interviste e foto

    sono riusciti a fare un sal-

    to nel passato e, da ricer-

    catori attenti, hanno risco-

    perto la cultura dei loro

    avi, tesoro nascosto tra le

    mura delle vecchie case,

    tra le stradine nascoste

    del centro storico e nella

    memoria dei nonni.

    Entusiasmante è stato per

    loro riscoprire i valori di

    quella semplice società

    contadina, molto unita e

    sensibile ai bisogni del

    prossimo, capace di trova-

    re nella fede il proprio

    conforto e di riuscire a

    vivere momenti di convivia-

    lità, di condivisione, di gio-

    ia nonostante le difficoltà,

    le fatiche e i sacrifici quo-

    tidiani: la famiglia era il

    fulcro della vita e tutto

    ruotava intorno ad essa.

    Non mi resta ora che augu-

    rarti buona lettura e buon

    viaggio nel passato.

    La mia città si chiama Ga-

    latone e si trova in Puglia,

    nel Salento. Oltre a esse-

    re bella, la città è piena di

    storia, di leggende e di

    monumenti. Il suo centro

    storico è carico di segni

    della vita passata. Sono

    ancora visibili le tracce del

    passaggio dei nostri ante-

    nati, del loro lavoro, di

    quell'impegno e di quei

    sacrifici che hanno con-

    tribuito a renderla così

    bella come la vediamo

    oggi.

    La mia città (parte prima)

    La iscilia ti Natale

    22 DICEMBRE 2017

    Volume 1, Numero 1

    SCRITTORI IN ERBA.2

    Sommario:

    La iscilia ti Natale

    La mia città

    1

    La mia città (parte

    II/III/IV)

    2

    La mia città (parte

    V)

    3

    Allu Bambinieddhru

    Filastrocche

    3

    Ricette 4

    A cura degli alunni

    delle classi II/III/

    IV/V della Scuola

    Primaria

    IC GALATONE

    POLO 2

    Notizie di rilievo:

    La iscilia ti Natale

    La mia città

    Testi poetici della tradi-

    zione contadina

    Ricette tradizionali

  • Galatone infatti un tempo aveva un

    altro volto. Nei primi decenni del

    1900, ad esempio, era molto piccola.

    Le case erano concentrate quasi e-

    sclusivamente nel centro storico ed

    erano formate da una o due stanzet-

    te, nelle quali vivevano anche fami-

    glie numerose.

    Per illuminare gli ambienti domestici,

    venivano utilizzate delle lampade ad

    olio o delle candele.

    Gli arredi delle abitazioni erano ab-

    bastanza semplici: un comò,uno o due

    letti solitamente in ferro battuto,dei

    quadri,una specchiera e un tavolo con

    qualche sedia impagliata. La maggior

    parte delle famiglie,non potendosi

    permettere un armadio,riservava un

    angolo della casa per appendere su

    un filo di spago gli indumenti, i quali

    erano nascosti da un lenzuolo. Il ca-

    minetto veniva usato tutto l'anno per

    cucinare, per bollire

    l'acqua destinata al bu-

    cato e per alimentare il

    braciere durante la

    stagione invernale.

    Infatti , le botteghe iniziavano a

    popolarsi di gente.

    Percorrendo le vie del paese era fa-

    cile incappare in mezzo a galline ed a

    altri animali (pecorelle ,asini, cani e

    gatti) e si potevano udire i rumori di

    coloro che praticavano un mestiere.

    Una delle botteghe più frequentate

    era quella de " lu scarparu" insieme a

    quelle di generi alimentari.

    Le massaie iniziavano a lavorare e a

    dedicarsi alle varie faccende dome-

    stiche e a fare la spesa.

    Per i possessori di carri e carretti

    non poteva mancare una sosta al co-

    siddetto "cconza trainu".

    " Lu cistaru" svolgeva un lavoro mol-

    to apprezzato da ogni famiglia.

    Infatti, frutta, verdura, alimenti,

    oggetti vari venivano riposti nei cesti

    chiamati "panari" e non le buste di

    plastica come invece avviene ai no-

    stri giorni.

    Pagina 2

    La mia città (parte quarta)

    SCRITTORI IN ERBA.2

    La mia città (parte seconda)

    La giornata lavorativa iniziava molto

    presto. Prima ancora dell'alba i con-

    tadini uscivano di casa per recarsi

    nelle campagne mentre il fornaio era

    già al lavoro da molte ore: doveva

    preparare l'impasto del pane, il for-

    no,la legna da ardere, gli strumenti

    necessari al suo lavoro. Anche l'ad-

    detto ai lampioni anticipava l'alba e

    provvedeva a spegnere gli stoppini

    che la sera prima aveva acceso. Que-

    sto personaggio veniva chiamato

    "lampiunaru".

    Le persone lavoravano tutto il giorno

    nei campi o nelle botteghe. Anche i

    bambini lavoravano sin da piccoli e

    pochi erano quelli che potevano stu-

    diare.

    Gli uomini erano abituati ad indossa-

    re un cappello o un berretto, mentre

    le donne si coprivano il capo con un

    grande fazzoletto chiamato

    "muccaturu".

    La mia città (parte terza)

  • Nella bottega del tessutaio non

    mancavano mai le donne le quali pra-

    ticavano, all'interno delle loro case,

    taglio e cucito, oltre al tombolo, ri-

    camo ecc..

    Tutte le persone vivevano in sempli-

    cità facendo fronte, quotidianamen-

    te, alle ristrettezze economiche e

    talvolta, a vere e proprie situazioni

    di indigenza.

    Tuttavia, erano forti il senso dell'o-

    nore, la dignità di ciascun individuo, i

    valori di ogni famiglia i quali traspa-

    rivano dai gesti, dalle tradizioni, dal-

    le usanze.

    Oggi siamo noi i depositari di quei

    valori, custodi della città, della sua

    bellezza e siamo parte

    della sua identità.

    Tu si’ natu pi ll'A-

    more,

    Bambinieddhru

    rrubba core.

    Ha rrubbatu lu

    core mia

    Bambinieddhru,

    beddhru mia!

    Allu bambinieddhru

    Bambinieddhru mia ti core,

    sta begnu cu ti ticu to parole:

    cu nni tici alla mamma mia

    cu nu mi tescia cchiui mazzate

    ca l’ussiceddhe mia stonu totte spricu-

    late.

    Bambinieddhru nzuccaratu,

    timme Te pircè si natu.

    Maria lavava,

    Giuseppe spandìa,

    Ninellu chiangìa.

    Cittu, Ninellu,

    ca mo egnu e ti pigghiu,

    ti cantu la nanna

    e ti

    mentu a

    durmì.

    Pettule e pittuluni

    una cacci e una puni.

    Ni ndi tò una a llu cane

    cu mi sona li campane.

    Ni ndi tò una a lla muscia

    cu mi rampa e cu mi luscia.

    Volume 1, Numero 1

    Filastrocche

    La mia città (parte quinta)

    TESTI POETICI DELLA TRADIZIONE CONTADINA

    Pagina 3

  • I DOLCI TIPICI DI NATALE DEI NOSTRI ANTENATI

    La cultura contadina dei nostri antenati ci ha lasciato in eredità delle ricette semplici per realizzare dolci natalizi veramente

    squisiti. Tra questi ricordiamo li purciddhuzzi, le cartiddhate e le pitteddhe.

    Lunedì, 11 dicembre, noi li abbiamo realizzati a scuola con l’aiuto dei ragazzi dell’Istituto Alberghiero “Moccia” di Nardò. E’

    stato divertentissimo impastare, stendere, tagliare e poi successivamente gustare queste delizie del palato.

    PURCIDDHUZZI E CARTIDDHATE

    Per realizzare questi due dolci tipici di Natale, si inizia tradi-

    zionalmente di S. Lucia o, al più, dell’ Immacolata.

    Ingredienti:

    500 g di farina 00

    100 g di olio extravergine di oliva

    lievito di birra

    100 g di vino bianco

    Un pizzico di sale

    Olio per friggere

    Miele

    Pinoli

    Confettini

    Codette colorate

    Preparazione dell’impasto

    Versare la farina sulla spianatoia, unire l’ olio, il vino, il lievito

    e il sale. Impastare per bene tutto fino ad ottenere un panet-

    to bello liscio e poi lasciarlo riposare per qualche ora al caldo.

    Dividerlo poi in due parti: una per le “cartiddhate” e l’altra per i “purciddhuzzi”.

    Realizzazione delle cartiddhate

    Stendere la sfoglia sottile e con una rotella dentata tagliare delle strisce di pasta larghe 3-4 cm e lunghe 20 cm.

    Ogni 2 cm pizzicare la striscia di pasta per incollarne i lembi; poi arrotolarla fino a formare un rosone che si farà friggere in

    olio di oliva bollente.. Una volta scolate ed asciugate dell’olio in eccesso si ricoprono di miele fatto sciogliere sul fuoco, pinoli,

    confettini e codette colorate.

    Realizzazione dei purciddhuzzi

    Con la parte restante dell’impasto formare dei rotolini del diametro di 1 cm circa e tagliare con un coltello in piccoli tocchetti

    lunghi 1 cm.

    Friggerli poi in abbondante olio fino a doratura, girandoli con delicatezza. Una volta fritti, porli su carta assorbente.

    Sciogliere il miele in una padella a fuoco basso e poi unirvi i “purciddhuzzi” mescolando molto delicatamente, in modo da far

    attaccare il miele da entrambi i lati.

    Disporli poi su di un vassoio e decorarli con pinoli, confettini e codette colorate.

    PITTEDDHE

    Ingredienti

    ½ Kg di farina 00

    120 g di olio extravergine d’oliva

    Buccia di un limone finemente grattugiata

    Sale(un pizzico)

    Mostarda d’uva q.b.

    Preparazione delle pitteddhe

    Mettere insieme in un contenitore la farina, l’olio d’oliva, il sale, la buccia di limone tritata e mescolare a lungo fino ad ottenere un impasto

    liscio ed elastico; aggiungere un po’ d’acqua solose necessario.

    Lasciare riposare l’impasto al caldo per mezz’ora coperto da un canovaccio e poi stenderlo su unpiano da lavoro con il mattarello allo spes-

    sore di circa due millimetri; aiutandosi con una tazzina da caffè o con una fustella ricavare dei dischi (cerchi dal diametro di circa 9 cm) di

    pasta e porre al centro di essi un solo cucchiaino di marmellata d’uva senza eccedere per evitare che fuoriesca in cottura.

    Lavorando con le dita sollevare la pasta e pizzicarla in più punti per formare il bordo a stella che consente di evitare la fuoriuscita della

    marmellata e conferisce la forma tipica al dolce.

    Cuocere le pitteddhe così ottenute in forno a 180° finchè la pasta non è dorata e leggermente croccante (per circa mezz’ora).

    Le nostre bisnonne, una volta che le pitteddhe si raffreddavano, le conservavano nella dispensa della cucina nelle classiche

    “capaseddhe” (contenitori in terracotta)

    NOI AL LAVORO