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Presso Teraton, tra i monti, c’era una piccola città chiamata Metraton, un posto felice e tranquillo dove tutti gli abitanti vivevano governati dal re Carlo e dalla regina Amanda.

Essi vivevano in un castello chiamato “The real castle “, era bellissimo, con le torri rivestite in oro, stupende vetrate con raffigurazioni di leggende ed eroi. All’esterno spiccava una statua in marmo circondata da uno splendido recinto di rose dorate, dai petali splendenti come specchi in cui ciascuno poteva vedere riflessa la realizzazione del suo più grande desiderio. Una volta al giorno si poteva entrare per parlare con i sovrani e quel giorno un giovane chiamato Alcatron Josè era stato chiamato dai reali. Era un po’ intimorito perché spesso si veniva chiamati soltanto se si erano commessi dei crimini. Invece

Il viaggio di Josè

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alla sua entrata venne accolto con calore. I reali per l’occasione si erano vestiti con il mantello da cerimonia che li faceva sembrare più giovani anche se il passare del tempo era ormai evidente: “Buonasera”

disse il re. Josè cercò di rispondere, ma dalle sue labbra non uscì alcun suono, così il re riprese a parlare: “Ti ho chiamato per affidarti un compito importantissimo, il nostro regno è in pericolo e abbiamo bisogno di un eroe che ristabilisca la pace e combatta contro Lord Morion per liberare il mondo dalle sue grinfie, e quell’eroe sei tu. “Josè era rimasto pietrificato ancora non riusciva a crederci, sembrava impossibile che avessero scelto proprio lui. Il re continuò a parlare: “Se vuoi, puoi portare una persona con te ma devo avvisarti che il viaggio sarà estremamente

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pericoloso, pieno di sofferenze e delusioni. Allora vuoi intraprendere questo viaggio?”. Josè non voleva accettare, voleva gridare che aveva paura, che non voleva lasciare la sua famiglia e i suoi amici ma dalle sue labbra non uscì niente e si limitò ad annuire.

Appena uscì sentì il vento che gli sfiorava il viso e proprio in quel momento si rese conto di quanto era magnifica la vita, ogni singola boccata d’aria e ogni singolo essere vivente sembrava così importante in quel momento che si pentì di non essersi goduto la vita fino a quel momento e fra sé e sé si chiedeva : “perché ora è tutto così chiaro, perché solo proprio in questo momento quando sto per intraprendere un viaggio mortale mi rendo conto di quanto sia importante la vita?” ma i suoi pensieri furono interrotti da un rumore di passi . Stava arrivando Serena Cosè,

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una cara amica segretamente innamorata di Alcatron Josè che l’aveva raggiunto per dargli una splendida notizia, infatti proprio quel giorno sua madre era uscita dall’ospedale dopo essere stata colpita da una grave malattia.

Tuttavia appena vide Josè si accorse che la stava squadrando con aria nostalgica tanto che Serena gli chiese: “Che cos’hai?” Josè provò a rispondere ma non ci riuscì, si sentiva malissimo, sapeva che da lì a poche ore sarebbe dovuto partire per una missione mortale e probabilmente non l’avrebbe più rivista ma i suoi pensieri furono interrotti da Serena che questa volta chiese con più insistenza: “Che hai?”. Allora Josè non si trattenne più e le raccontò tutto ciò che gli era successo, il pericolo mortale che stava per correre e il timore di non rivederla più. A queste parole Serena disse: “Voglio venire con te e aiutarti e non accetterò un rifiuto.” Josè era

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felicissimo, non sapeva come ringraziarla così l’abbracciò forte. Il giorno seguente, con due sacche in spalla piene di cibo e armi, iniziarono il loro viaggio. Dopo un paio d’ore di cammino giunsero al confine e lì ebbero un attimo di esitazione, superata quella linea non avrebbero avuto più le loro leggi ed avrebbero perso ogni diritto, inoltre non erano mai stati così lontani da casa e, visto che stava calando la notte, non potevano più tornare indietro, quindi cercarono un posto dove accamparsi ed iniziarono a guardarsi intorno. All’improvviso udirono un fruscio e impugnarono le spade; poco dopo videro un’ombra muoversi e all’improvviso qualcosa li colpì alle spalle. Si svegliarono quando era già fatto giorno e immediatamente si accorsero di non avere più niente, infatti chiunque li avesse colpiti aveva rubato tutto ed ora erano soli e indifesi nell’immensità del mondo senza sapere dove andare o cosa fare e così si misero a cercare un modo per tornare a

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casa. Dopo molte ore di cammino si fermarono per riposare e guardando attentamente un albero si accorsero di essere già passati di lì e con orrore capirono di essersi persi. Quella notte Josè non riusciva a dormire per la preoccupazione così si alzò in silenzio per non svegliare Serena e andò a camminare per schiarirsi le idee quando ad un tratto sentì un rumore strano, era come se la terra respirasse e inoltre si sentiva osservato, si guardò intorno ma non vide niente e proseguì la sua camminata. Ad un tratto sentì una mano che gli toccava la spalla così si voltò di scatto e con enorme sollievo vide Serena che però lo guardava con aria preoccupata dicendo: “Dobbiamo andare via qualcuno ci sta seguendo!”. Allora Serena senza attendere risposta si mise a correre e Josè la seguì. Si fermarono soltanto quando raggiunsero un cartello dove era scritto: “una volta entrati non si può tornare indietro” tuttavia Serena entrò senza esitazione, così Josè la seguì dentro una

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grotta. Una volta dentro, Josè non riuscì più a respirare per lo stupore, la grotta era coperta di cristalli che risplendevano e come il sole brillavano di luce propria. Serena era come ipnotizzata dai cristalli e mentre li guardava i suoi occhi erano vuoti, privi di ogni emozione. Josè la guardava pietrificato, aveva paura, era solo, fuori si sentivano strani rumori, ululati agghiaccianti colpivano Josè come affilati pugnali. Ad un tratto Serena si mosse, aveva un pugnale in mano, un’aria minacciosa e lo sguardo iniettato di sangue, le si poteva leggere in faccia la voglia di uccidere. Accadde tutto in un attimo Serena lanciò il pugnale e si sentì un gemito. Josè si accasciò a terra con la mano nel petto piena di sangue. Serena prese il corpo senza alcuna compassione e lo portò in una strana grotta, lo posò per terra e andò via lasciando Josè al suo triste destino. Nel frattempo Josè si guardava intorno disperato, si sentiva come se il suo petto fosse squarciato in due, si guardò intorno in

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cerca di aiuto ed all’improvviso vide distesa lì accanto Serena che lo guardava preoccupata. La ragazza gli corse vicino, lo abbracciò, lo medicò e gli raccontò tutta la sua storia, di come era stata catturata e di come una strana creatura aveva preso le sue sembianze ed era andata con Josè nella speranza di ucciderlo. Il suo piano però era fallito e adesso Serena e Josè erano tornati più determinati di prima, pronti a salvare il mondo. Ripartirono dopo qualche giorno perché aspettarono che Josè fosse di nuovo in forma. Dopo qualche ora di cammino sentirono uno strano rumore, come un respiro rauco e intanto attorno si formava una fitta nebbia e l’aria diventava sempre più fredda, quasi irrespirabile e si vide un volto fatto di pura oscurità circondato da un velo sottile, in mano teneva una falce affilata, spiriti maligni lo circondavano mentre delle anime dannate giravano intorno al suo volto.

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Parlava in una lingua sconosciuta, incomprensibile, ma le sue parole incantavano Serena e Josè ed essi non riuscivano a muoversi. L’oscura creatura si stava

avvicinando ma proprio quando era a pochi passi un raggio di luce colpì la creatura in pieno vaporizzandola e dai cespugli uscì un uomo con una specie di bacchetta che disse: “Salute stranieri, mi permettete di ospitarvi? Non si incontra tutti i giorni un mangia anime”. Serena e Josè andarono in una tenda perfettamente decorata e alle pareti erano appese delle erbe di ogni tipo. Serena fu la prima a riprendere parola e chiese allo stregone: “Cosa sono i mangia anime?”. Lo stregone rispose con voce velata: “I mangia anime sono le creature più oscure di tutto il regno, esse si nutrono delle anime delle persone succhiandole e imprigionandole in una

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dimensione di paura e tristezza, è molto raro sopravvivere infatti su chi sopravvive rimane una benedizione che gli permetterà di essere immortale di fronte ad essi. Serena e Josè rimasero sbigottiti che quel vecchio uomo li avesse salvati da quelle creature così mostruose, così gli porsero i loro più cari ringraziamenti. Serena, presa dalla curiosità, chiese all’uomo: “Come fa quella semplice bacchetta a vaporizzare un mangia anime?”. Egli con soddisfazione rispose: “Questa non è una semplice bacchetta, è un polverizza mangia anime. Mi è giunta la notizia che dovete intraprendere un viaggio molto lungo e pericoloso, se volete posso prestarvela per polverizzare i mangia anime senza alcun pericolo.” Josè quasi incredulo della potenza della bacchetta disse: “ Certo, grazie mille. Con questa sarà tutto molto più facile.” Josè afferrò la bacchetta e, seguito da Serena, ringraziò e salutò il saggio uomo, ma prima di chiudere la porta

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aggiunse: “Non mi ha ancora detto come si chiama!”. Il vecchio aggiunse: “Mi chiamo Rudolf” e Serena concluse “Al termine del nostro viaggio gli riporteremo il polverizza mangia anime sano e salvo, arrivederci

Rudolf”. Serena e Josè continuarono a camminare per altre due ore quando ad un tratto sentirono un rumore di passi, piccoli ma veloci e costanti. Quando Josè sentì i passi avvicinarsi sempre di più a lui, afferrò il pugnale e si girò di scatto. Quando si girò però l’aspettativa non equivalse alla realtà, all’inizio non vide niente, poi provò ad abbassare lo sguardo, vide un piccolo orchetto verde dall’aspetto innocuo che addentava un pomodoro.

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Aveva solo un occhio grande e marrone. Appena si accorse che Josè voleva aggredirlo, disse in tono agitato: “No, ti prego, sono solo un piccolo e ingenuo orchetto che ha molta fame ed è alla ricerca di una casa, non uccidermi”. Josè ripose il pugnale nella tunica e con aria amorevole disse: “Come posso uccidere una creatura così adorabile?” l’orchetto aggiunse: “Mi chiamo Orco Bob, non ho un posto dove stare e cibo da mangiare, la mia passione sono i pomodori, li adoro, mangio sempre e solo quelli. Se non vi sono troppo di disturbo vorrei venire con voi, mi è giunta la notizia che dovrete intraprendere un viaggio molto lungo e pericoloso e …” Josè ribattè senza lasciar finire Bob: “Ormai la notizia è giunta a tutti” e l’orchetto finì: “Sì, qua nella Contea della pace vi conoscono tutti.” Josè aggiunse: “Da Metraton dove abbiamo incontrato il mangia anime ed il mago siamo già giunti alla Contea della pace? Wow!!!” Orco Bob ribattè: “Eh già! Allora, posso venire con voi?

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Adoro l’avventura e sono di buona compagnia” disse mentre scivolava sul fango. “Josè, per favore portiamolo con noi, guarda com’è adorabile!” aggiunse Serena mentre indicava Bob che cercava di liberarsi dal fango. Josè non molto convinto aggiunse: “Ok, ma non farci perdere tanto tempo”. L’orchetto mentre finiva di mangiare disse: “Certo che no”. Josè, Serena e Orco Bob camminarono per giorni finché non arrivano in un bosco, un bosco diverso dal solito: negli alberi al posto dei frutti c’erano delle lettere appese. Anche a terra c’erano lettere ovunque. Ad un certo punto, sentirono un cinguettio, un canto di parole a caso: “Casa, albero, mucca, colla, sedia, vaso, cane. Acqua, nuvola e girasole, ti divertirai nel bosco delle parole.” Si avvicinarono sempre di più al suono fino a quando non videro un canarino. Era piccolo piccolo, giallo limone, indossava un cappello e aveva i baffi. “Buongiorno” disse il piccolo volatile.

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Serena rispose: “E tu chi sei?”.

Lui ribattè: “Sono il canarino parlante, benvenuti nel

bosco delle parole. Come mai siete venuti qui?” Josè parlò: “Siamo venuti per arrivare al Regno della distruzione e sconfiggere Lord Morion e salvare il mondo dal suo temibile potere. “Allora il canarino gli disse: “Posso venire anche io? Vi sarei molto d’aiuto, sono molto saggio” Josè ci pensò a lungo e infine rispose: “Va bene, più siamo meglio è.” I quattro amici partirono per il Regno di platino camminando a lungo. Arrivati al

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confine incontrarono un enorme cane, un cane a due teste,

alto poco più di mezzo metro, di colore grigio,

con delle ali rosse, degli occhi gialli e dei canini lunghi e affilati come rasoi. Orco Bob si spaventò tantissimo, tanto che si rifugiò dietro a Josè e Serena fece lo stesso, seguita dal canarino. Il cane disse: “Benvenuti nel Regno di Platino, un regno stupendo, ma per passare dovrete combattere contro di me, mi chiamo Assassin Dog e non ho nessuna pietà.” Josè, Serena l’orchetto e il pennuto erano paralizzati dalla paura ma non potevano veder fallire la loro missione. Josè con un nodo in gola riuscì solo a dire: “Facciamolo”. Sfoderò la spada e si preparò

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al peggio. L’animale ringhiò tanto paurosamente da intimorire persino l’uomo meno pauroso al mondo. Serena prima della battaglia aggiunse: “Non so come finirà questa storia ma sono felice di passare gli ultimi istanti della mia vita con te”. Josè fece un passo avanti e l ’ orchetto passò a nascondersi dietro Serena. Il cane saltò sopra a Josè e cominciò a sbranarlo. Josè voleva difendersi con la spada, ma il cane era troppo forte. L’unica parola che riuscì a dire fu: “Ok , mi arrendo cercherò un altro modo per passare” Assassin Dog staccò immediatamente i denti dalla tunica di Josè e aggiunse : “Nessuno può sconfiggermi ” disse con un ghigno malefico. Josè, Serena, Orco Bob e il Canarino Parlante si incamminarono per cercare un altro modo per entrare nel “Regno di Platino”. Ad un tratto però senza accorgersene, nonostante i consigli su dove andare dati dal saggio canarino parlante, Josè decise di fare di testa sua e si persero. Il posto dove erano capitati era un posto buio, con

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molti alberi e ululati inquietanti di lupi. Giunti a metà strada dello strano posto, il canarino parlante capì in quale regno si erano cacciati e disse: “Ma certo, adesso ricordo! Alberi grandi, cielo oscuro, ululati inquietanti. Siamo nel bosco oscuro!” e Bob rispose: “Non è che sapresti la strada per tornare al confine con il Regno Di Platino?” e il canarino con voce incerta ribatté: “Purtroppo c’è solo un modo, dobbiamo andare dove si trova la pianta del desiderio ed entrare nel portale magico nascosto nel tronco, ma ci porterà nel luogo dei luoghi e ci toccherà fare molta altra strada prima di arrivare nel “Regno Della Distruzione” . Serena lo interruppe: “Non c’è altro modo?” Il pennuto rispose dispiaciuto: “Temo di no”. Continuarono a camminare finché non si ritrovarono di fronte all’enorme e famosa pianta del desiderio. Era alta, grande e bellissima; i rami erano snelli e ondulati, su di essi erano appesi bellissimi fiori arancioni e gialli. Tutti e quattro gli amici rimasero a bocca aperta

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vedendo quella magnifica pianta, tanto che non riuscirono a parlare in quel momento. Poi dopo qualche secondo si ripresero e Serena balbettò senza togliere lo sguardo dalla pianta: “Allora, andiamo nel portale magico o aspettiamo che la pianta si estingua?”. Si incamminò poi verso il tronco che si trasformò in un portale e Josè, Bob e il canarino la seguirono. Aspettarono qualche secondo prima di entrare pensando alle conseguenze, ma non avevano altra scelta. Josè si fece coraggio e entrò nel portale magico per primo, così Serena, Il canarino e orco Bob lo seguirono. Il portale li trasportò nel “Luogo dei Luoghi” proprio sulle rive del fiume “Lacapa ”. I quattro amici erano spaesati, era un luogo ancora più strano di tutti i luoghi in cui erano stati. Ad un tratto videro un animale volare lungo il fiume; era una specie di panda bianco con le ali color arcobaleno come la pancia e il corno che

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aveva sopra la fronte.

Non avevano mai visto un animale del genere, era molto carino e spensierato. L’animale si avvicinò a loro e con voce stridula e allegra disse: “Buongiorno, vi starete chiedendo che animale sono ed io vi dirò che sono un panda corno, un misto tra un panda ed un unicorno. Mi chiamo Mr. Raimbow. Benvenuti nel Luogo dei Luoghi, sulle rive del fiume Lacapa, avete bisogno di aiuto?” Orco Bob disse: “Vorremmo trovare la strada più corta per arrivare al Regno della distruzione”. Il panda corno rispose: “Volete

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andare nel Regno della distruzione? Mitico, anche io volevo andare lì. Una settimana fa hanno rapito mia sorella e l’hanno portata nel Regno della distruzione come prigioniera per abusare dei suoi poteri premonitori. Volevo intraprendere il viaggio, ma avevo paura di andarci da solo. Adesso ho trovato voi, per favore, se non vi sono di disturbo, posso venire?” Il canarino rispose per tutti: “Certo, più siamo meglio è, giusto Josè?”. Josè con voce divertita disse: “Già”.

I quattro amici, diventati cinque, si incamminarono seguendo i consigli del canarino e di Mr. Raimbow verso il “Regno di Borea”. Camminando verso il “Regno Di Borea” videro un castello, grande, blu e spazioso. Nell’ingresso per impedire il passaggio alle persone comuni c’era una pianta a forma di sole, alta circa un metro e sessanta, un fiore molto raro. Le sue foglie avevano il potere di oscurare la vista e cambiare la realtà alle persone, i suoi petali avevano il

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colore della notte e il profumo della rugiada. Aveva una mascherina gialla sugli occhioni neri, per dare un senso di ignoto. Dal sole furono sussurrate le seguenti parole: “Ccciao, amiciiiiii o doovrei dire neeeemiciiii, io ssssono il sssole nottttturno e sssono qqquui per iiimpediire di fffar passssare lllaaa gente cccomune nnnnel cccastelllo, ora guardate intensamente lllle mie foglieee”.

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Josè capendo il tranello non le guardò, Serena e il canarino parlante fecero lo stesso. Invece il panda corno e l’orchetto le guardarono. Rimasero come ipnotizzati, i loro occhi erano paralizzati. Josè, Serena ed il Canarino portarono gli altri in braccio mentre il sole continuava a sussurrare: “Bbbene nnon ttttornate piùùù seeee nonnn sieteee reeeali”. L’orchetto e Mr.Raimbow erano ancora ipnotizzati e il canarino disse: “L’ipnotizzamento credo che duri circa due ore” Josè rispose sbuffando: “Sarà un viaggio MOLTO lungo”. Continuarono il loro cammino con i due amici in braccio finchè questi non si risvegliarono. Mr.Raimbow sembrava avere un’aria molto confusa, quasi come si fosse dimenticato già dell’avventura che stavano affrontando: “Dove siamo e che cosa è successo, dov’è il grande castello, dov’è il sole notturno?”; per fortuna ancora si ricordava del viaggio intrapreso. L’orco Bob allora ribatté: “Già, che cosa è successo?”. Il Canarino parlante

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intervenne dicendo: “Siamo quasi arrivati nel Regno Degli Enigmi, avete dormito per molto tempo, circa un’ora e mezzo, perché il Sole Notturno vi ha ipnotizzato con le sue potenti foglie. Adesso siamo quasi arrivati nel Regno Degli Enigmi”. Continuarono a camminare finché non arrivarono in quello strano regno. Gli alberi, le case e le nuvole erano a forma di punto interrogativo e al centro del regno c’era una piccola torre con delle scale colorate ed all’interno una voce parlante che faceva un sacco di domande, molte di esse a trabocchetto e finché non si rispondeva alla domanda non si poteva uscire da lì. Serena, appena arrivati davanti alla torre, disse: “È meglio se non entriamo, là dentro è molto pericoloso”. Tutti seguirono l’idea di Serena, nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di entrare là dentro. Ad un certo punto però si sentì una voce, una voce coccolosa e adorabile che urlava: “Aiutatemi, non riesco più ad uscire da qui, non riesco a

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risolvere questo stupido enigma”. Allora tutti si avvicinarono alla torre, c’era un’enorme scritta che prima non avevano notato con su scritto: “Torre degli enigmi”, l’ignoto animale o persona continuava ad urlare. L’orco Bob allora con paura ma con decisione iniziò a dire: “Dobbiamo aiutarlo, chiunque sia, non possiamo lasciarlo da solo, poverino!”. Gli altri quattro amici terrorizzati ma intenti a salvare il povero entrarono dentro alla torre. Era una torre piena di punti interrogativi, sia alle pareti che sui pavimenti. Giunti al centro capirono chi era che stava gridando aiuto. Era un pinguino,

un pinguino basso, piccolo e cicciottello; aveva gli occhi neri ed era carino, coccoloso e morbido ; aveva con sé un razzo rosso alle spalle. Il pinguino con aria di sollievo ma allo stesso tempo spaventato disse: “Menomale che

siete venuti a salvarmi, se entro due minuti non

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risolvo questo enigma la torre mi trasporterà (anzi ci trasporterà) nell’Isola delle Menzogne” . All’improvviso i cinque amici si pentirono di essere entrati là dentro. Una voce intanto continuava a ripetere: “E’ pregato di risolvere l’enigma”; l’aveva ripetuto da quando erano entrati. Josè chiese al pinguino: “Quale enigma ti ha chiesto?” il pinguino preoccupato disse: “Tutti ne hanno una, sale sempre e non scende mai”. I cinque amici preoccupati non sapevano cosa dire, passarono due minuti. Il tempo era scaduto ma il canarino disse: “L’età! È l’età” e il pinguino aggiunse: “Non ti sembra un po’ tardi? Comunque mi chiamo Polar-penguin e ho smarrito il mio branco quando eravamo a caccia di ghiaccio dolce, il mio cibo preferito!” Josè intervenne: “Non mi sembra il momento”. Finirono in un vortice che li trasportò fino all’ Isola Delle Menzogne. Era un’isola quasi deserta, con una palma enorme e tutti gli abitanti e le piante dicevano bugie su bugie. Ma c’era “una

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pecora nera” su quell’isola, una pianta meravigliosa, era “La pianta dell’amore”.

Era enorme e di colore rosa di giorno e giallo fosforescente al tramontar del sole. Le foglie erano a forma di cuore, le radici di giorno erano rosa e di notte giallo fosforescente, come i petali. Chi mangiava il polline di quella meravigliosa pianta si innamorava per 24 ore della prima persona di sesso opposto che incontrava e a chi la guardava diventavano gli occhi a cuore per 24

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ore; profumava di torta alle fragole. I cinque amici si avvicinarono alla “Pianta dell’amore” senza sapere le conseguenze e i poteri di essa, così Josè mangiò il polline e immediatamente si innamorò di Serena; Orco Bob, Mr.Raimbow e Polar-penguin guardarono i petali della pianta e i loro occhi diventarono a forma di cuore rosso. Il canarino sapeva già le conseguenze della pianta ma fra tanti pensieri nella testa si dimenticò di avvertire gli amici; Serena invece aveva già intuito che la pianta avesse qualche potere magico. Da sempre innamorata di Josè, Serena, vedendolo innamorato di lei, rimase sbigottita e super euforica ma non lo diede a vedere, avrebbe voluto che l’incantesimo fosse durato per sempre. Josè non riusciva a non farsi distrarre da Serena e ogni volta il resto della compagnia non faceva che scuoterlo per riportarlo alla realtà dei fatti. Il pomeriggio camminarono fino a giungere al centro dell’isola dove si trovava l’enorme palma bugiarda e Orco

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Bob non ricordandosi che tutte le creature dell’isola dicono menzogne specialmente la palma le chiese : “Come facciamo secondo lei ad andare nel “Regno della distruzione” per sconfiggere il malvagio “Lord Morion?”. La

palma un po’ incredula e divertita rispose: “Allora buona fortuna, sarà molto semplice visto che non è molto potente e

non possiede un “pugnale di tuono” che è l’unica cosa in grado ti tagliere tutto e di distruggere anche la più fitta oscurità.

Comunque per arrivare lì bisogna navigare verso est.” Il canarino, appena i cinque amici si allontanarono dalla palma disse: “Oh cavolo questa è l’isola delle menzogne e se non ricordo male la palma ha detto che “Lord Morion” non

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possiede il più temibile degli oggetti magici il pugnale di tuono, questo significa che possiede il pugnale di tuono” e Orco Bob aggiunse: “La palma ha detto anche che per raggiungere il Regno della distruzione dobbiamo navigare verso est, quindi dobbiamo navigare verso ovest”, “Suppongo di sì” concluse Mr. Raimbow. I cinque amici continuarono il viaggio alla ricerca di una barca per navigare verso ovest ma non trovarono niente, quindi con le proprie forze provarono a costruirne una. Faticarono molto e ci misero molto tempo ma alla fine ci riuscirono e decisero di dirigersi nel “Regno della Distruzione” per sconfiggere “Lord Morion” e porre fine al suo regno. Navigarono a lungo ma fu un viaggio molto tranquillo. Il loro arrivo però non fu tranquillo, “Morion” era lì sulla riva ad aspettarli: il volto coperto da un manto oscuro, le sue mani erano bianchissime sembravano fatte di pura luce ma bastava uno sguardo per vedere l’oscurità che era in esso, le sue vesti strappate,

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la foschia oscura che lo circondava, era tutto così inquietante! Ma la cosa che incuteva più terrore era la sua bocca, piena di sangue e cicatrici, risaltava sulla sua bianca faccia; Josè e i suoi amici erano paralizzati .

Accadde tutto così in fretta: il mostro mosse un dito, la barca si ruppe, tutti finirono in mare, l’acqua salata li opprimeva, sembrava tutto perduto, che non ci fosse via di scampo.

All’improvviso però Josè fu invaso da una forza misteriosa, il pugnale di “Lord Morion” brillò di luce intensa e prima che qualcuno potesse intervenire il pugnale volò sulla mano di Josè.

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Josè era pronto, prese il pugnale e lo tirò contro “Lord Morion” il quale emise un lamento simile a un animale torturato, si accasciò a terra e una pozza di sangue coprì il terreno, mentre gli occhi del signore oscuro si chiudevano lentamente dicendo: “Avrò la mia vendetta”.

Josè e gli amici erano contenti, si accorsero solo in quel momento che non erano più bagnati. Sulla riva del fiume c’era una deliziosa ed indifesa creatura. Era bianca, aveva la pancia e il corno arcobaleno sulla fronte, proprio come Mr.Raimbow. La creature disse: “Flatellino mio, sei tu!” e corse ad abbracciare Mr.Raimbow; aveva un accento strano, metteva la “L“ praticamente dappertutto. Mr.Raimbow intanto rispose: “Kandy ti ho ritrovato! Finalmente dopo tanto tempo!” i due si abbracciarono. Mentre Orco Bob, Il Canarino parlante e Polar-pinguin stavano parlando della meravigliosa avventura appena successa, Serena disse a Josè: “Josè devo confessarti una cosa: ti ho sempre amato,

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dalla prima volta che ti ho visto e abbiamo stretto amicizia e se adesso vuoi.....” Josè interruppe Serena con un bacio dolce e appassionato, non un bacio come tutti gli altri. Quel bacio mise fine ad un avventura pericolosa ma anche bellissima ed emozionante!

JOSÈ

Dopo il nostro bacio, tristi nel doverli lasciare, salutammo Orco Bob, Canarino Parlante, Polar-pinguin, Mr.Raimbow e Kandy. Dopo, io e Serena ci incamminammo per tornare a casa, a Metraton, per cominciare una vita insieme. Quando finalmente arrivammo a casa, riempii la vasca e feci un bel bagno caldo con molte bolle. Mentre ero nella vasca da bagno pensai che forse avrei dovuto scrivere una bella storia su quella avventura! Avrei potuto raccontare degli

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amici conosciuti, dei luoghi e dei regni, perfino dei nemici, della vittoria del BENE sul MALE.

Sapete com’è andata a finire?

Ho scritto davvero una storia …. Ed è la storia che state leggendo voi adesso ! Vi è piaciuta?

SPERO DI SÌ!


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