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LA VERA STORIA DI CASCINAZZA Luglio 2006

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Ufficio stampa digitale e social ( l'utilizzo sapiente dei social media e dei blog per recuperare, verificare e diffondere la notizia o l'evento) Gianandrea Zagato, nato a Monza il 22 maggio 1959, è giornalista professionista. Ha trascorso la sua carriera tra “L’Indipendente” e “il Tempo”, un po’ di agenzia stampa e “il Giornale”. Ora è riuscito a trasformare la sua grande passione in un lavoro e gestisce la comunicazione di aziende private e pubbliche oltreché scrivere libri.

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LA VERA STORIA DI CASCINAZZA Luglio 2006

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Indice

1. Premessa.................................................................3

2. La centuriazione della pianura a sud-est di Monza .............5

3. La cascina............................................................. 10

4. Brevi cenni di storia urbanistica di Monza ...................... 11

5. Nel frattempo cosa “succede” in città.......................... 13

6. Il Comune di Monza e la Regione ................................. 17

7. Il Piano di Lottizzazione presentato ............................. 18

8 . Gli altri strumenti di governo vigenti ........................... 22

9 . Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI)............. 24

10 Fatto e svolgimento del giudizio ................................. 25

11 . Note su quanto pubblicato sul sito www.cascinazza.info . 40

12 . I ricorsi............................................................... 43

Appendice: Brevi cenni di storia urbanistica di Monza .......... 46

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1. Premessa

L’area cosiddetta “cascinazza” è, notoriamente, situata a sud-est di Monza, sul lato destro del tratto del fiume Lambro che attraversa il territorio del Comune al margine esterno del centro edificato. Quel che rimane di proprietà di ISTEDIN è l’esito di vicende storiche, complesse da comprendere e necessariamente lunghe da narrare1. L’area, la cui proprietà (ISTEDIN) fa capo al gruppo Paolo Berlusconi, in origine aveva un estensione di circa mq 800.000. Attualmente ha un’estensione circa di mq 500.000. La differenza è stata, sostanzialmente, ceduta a titolo gratuito al Comune. Nell’anno 1962 venne stipulata tra la proprietà ed il Comune di Monza - in attuazione delle previsioni urbanistiche dell’epoca – una convenzione di lottizzazione per la edificazione sull’area di un insediamento residenziale della consistenza di circa 1.600.000. mc., oltre a mc. 200.000. per attrezzature; ed in adempimento degli obblighi assunti con la convenzione la Società lottizzante cedette gratuitamente al Comune di Monza aree per circa 300.000. mq, oltre ad altre aree in pagamento dell’imposta sull’incremento di valore delle aree fabbricabili. Per contro il Comune di Monza provvide successivamente a modificare la destinazione urbanistica delle aree disciplinate dalla lottizzazione, riducendo a meno di un quarto la edificabilità ivi prevista.

1 Il documento che segue è stato redatto consultando tutti i documenti originali: chiunque fosse interessato ad approfondire l’argomento può liberamente chiedere di prenderne visione.

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Cascinazza, progetto di zonizzazione e planivolumetria – 1964

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2. La centuriazione della pianura a sud-est di Monza

Prof. Pier Luigi Dall’Aglio, Bologna 2001 Dipartimento di archeologia Università di Bologna L'area oggetto dell'intervento faceva parte in età romana del territorio di Mediolanum, la attuale Milano. Già centro principale dei Galli Insubri, Mediolanum diventa municipium, cioè una città con un proprio territorio, nel corso del 1 sec. a.C. in seguito alla progressiva estensione della cittadinanza romana e latina ai vari popoli italici e alle genti della "Gallia Cisalpina" dopo il c.d. “bellum sociale” e le prime guerre civili. E' probabilmente in occasione della sua erezione a municipio che il territorio milanese vede l'intervento degli agrimensori romani con il tracciamento della centuriazione. Centuriare un territorio significava, come noto, tracciare una serie di limiti, i cardini e i decumani, tra loro paralleli e perpendicolari in modo da ottenere dei quadrati, le centurie appunto, di 20 actus di lato, corrispondenti a circa 710 metri. Tracciando altri limiti all'interno delle varie centurie, i c.d. “limites intercisivi”, erano ricavati i vari appezzamenti da assegnare ai coloni. In origine gli appezzamenti erano di 2 jugera quadrati, circa 2500 mq, in modo che ogni quadrato di 20 actus di lato accoglieva 100 famiglie di coloni, da cui il nome "centuria". In seguito però ampiezza dei vani appezzamenti, detti “sortes” perché assegnati al coloni per sorteggio, aumenta e comunque viene fissato di volta in volta dal Senato con l'atto che stabiliva la deduzione della colonia o l'assegnazione di una parte dell'ager pubblicus a dei privati cittadini. La centuriazione, quindi, serviva per individuare i vari lotti, ma nello stesso tempo era una grande opera di sistemazione territoriale che comportava disboscamenti e, soprattutto, una rigorosa regimazione delle acque di superficie. Ciò richiedeva che i cardini e i decumani, che erano materializzati sul terreno da strade e canali, fossero tracciati in modo da rispettare la naturale pendenza del terreno, così da consentire il regolare deflusso delle acque evitando ristagni e impaludamenti. Accanto a questi interventi c'era poi la regimazione dei corsi d'acqua con la costruzione di argini e talora di fossati scolmatori in modo da ridurre al minimo i pericoli di inondazioni. La centuriazione è dunque un grande intervento di bonifica e la sua perfetta aderenza alla geografia fisica ha fatto in modo che si sia sostanzialmente conservata sino a noi: quella regolarità del paesaggio rurale che ancora oggi caratterizza le nostre pianure ricalca la regolarità della divisione di età romana e là dove viene meno è perché tra l'età romana e oggi sono intervenute trasformazioni fisiografiche che hanno modificato l'andamento del piano topografico portando ad una nuova sistemazione del territorio. Stando a quanto si è detto, ricostruire la centuriazione di un territorio significa in sostanza riconoscere all'interno del paesaggio attuale i "segni" che

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appunto ne ricalcano i limiti di età romana. Tali segni sono in pratica costituiti da strade e canali tra loro paralleli e perpendicolari, che corrono ad una distanza di circa 710 m o a distanze che sono multipli o sottomultipli dei 20 actus originari. Nel territorio milanese questa operazione di riconoscimento apparentemente semplice è resa particolarmente difficoltosa dalla forte antropizzazione che ha profondamente modificato il paesaggio più antico e che, con la sua grande molteplicità di segni, maschera le tracce dell'intervento degli agrimensori romani. A questo si aggiunga che spesso le nuove pianificazioni sono condizionate da elementi diversi e quindi finiscono con il coprire il catasto originano con orientamenti differenti. Per tutti questi motivi per una ricostruzione puntuale della centuriazione dell'ager Mediolanensis sarebbe necessario poter disporre di una cartografia storica a grande scala e di un panorama completo del popolamento di età romana e di età altomedievale. Pur in assenza di questa documentazione un'analisi delle tavolette IGM permette di riconoscere ugualmente tutta una serie di allineamenti riconducibili all'organizzazione territoriale di età romana. Innanzi tutto va evidenziato come nel territorio attorno alla metropoli siano riconoscibili diversi orientamenti dovuti al diverso andamento del piano topografico. Così a nord del centro urbano, all'incirca tra le attuali strade statali 36 e 35, l'orientamento prevalente della campagna va da NNO a SSE e lo stesso accade a sud di Milano, mentre ad ovest e a sud della città, ad occidente della via Emilia, l'inclinazione si accentua e i cardini della centuriazione si dispongono da NO a SE. Nel settore a NE di Milano, che è quello che qui interessa, l'orientamento della centuriazione è invece sostanzialmente "secundum coelum", cioè secondo i punti cardinali e quindi con i cardi orientati N-S e i decumani E-O. Ancora diverso è l'orientamento nel settore attorno ad Arcore e Vimercate dove la vicinanza con le colline moreniche che delimitano a sud il Lago di Como porta le strade e i canali ad assumere prevalentemente un orientamento NE-SO. In ogni caso, come si è accennato, le persistenze centuriali sono di difficile riconoscimento e comunque non sono conservate integralmente, ma abbiamo solo frammenti di cardini e decumani, che comunque testimoniano con la loro presenza come il territorio sia stato diviso e assegnato in età romana. Venendo al settore che qui interessa, vale a dire la zona a NE di Milano, le persistenze della centuriazione, per quanto lacunose, sono comunque ben presenti in quello che è l'orientamento attuale della campagna così come attestato dalle tavolette dell'IGM, che risalendo quella di Sesto San Giovanni al 1950 e quella di Gorgonzola addirittura al 1937 ci restituiscono una situazione non ancora disturbata dalla forte antropizzazione della seconda metà del secolo scorso. Tra le varie tracce di limiti centuriali un posto di rilevo per la sua conservazione sembra avere proprio l'asse che da C. Cassina, a sud di Monza, prosegue fino San Cristoforo, per poi ricomparire poco più a sud come un canale e poi ancora nella zona di Cologno Monzese sotto forma di strade di diverso tipo e canali. Ad essi può essere aggiunta la strada tra Casa Nuova e

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Cologno, il cui andamento, pur non coincidendo geometricamente con il cardine, sembra comunque essere legato alla presenza di questo limite. L'importanza dell'asse C.Cassina-Cologno è in qualche modo confermata dal fatto che la sua geometrica prosecuzione verso nord, passa per il centro di Monza, che dunque finisce per avere nel cardine uno dei suoi assi generatori. Considerando l'asse C.Cassina-Cologno come un cardine principale della centuriazione, finiscono con l'essere un altro cardine principale l'asse che passa per San Damiano e quello che 710 m più ad est, coincide con la strada lungo la quale sorge Icrea e, ancora più ad est, le tracce riconoscibili a sud e a nord di Cernusco. Più difficile trovare criteri per stabilire una gerarchia tra le persistenze di decumani. La scelta di privilegiare le strade per S. Maurizio al Lambro e Guzzina è dovuta al fatto che a questi assi si appoggiano anche i confini comunali e che quindi vengono ad avere una duplice funzione, forse testimonianza di una loro antichità e importanza. Tutte le altre tracce riconoscibili sulla cartografia al 25.000 vanno considerate come persistenze di cardini e decumani secondari, vale a dire di quei limites intercisivi che dividevano le arie centurie nel vari lotti e poderi. Nel caso specifico ci si è limitati a mettere in evidenza solo quei segni che cadono a ¼, ½, e ¾ di centuria, ma analisi più accurate condotte su carte a maggiore ,:ala potrebbero consentire di riconoscere altre ripartizioni interne, ad esempio 1/3 e 2/3. Pur trattandosi di limiti minori, essi erano pur sempre materializzati sul terreno da strade e canali e condizionavano direttamente forma e ampiezza dei singoli campi. Complessivamente le persistenze centuriali riconoscibili nel territorio a NE di Milano, anche se frammentarie, sono abbastanza numerose e, soprattutto, hanno una diffusione sostanzialmente omogenea. priva di importanti e significative lacune. L'immagine quindi che si ricava è quella di una zona regolarmente divisa e assegnata in età romana e che non ha subito nelle epoche successive grandi stravolgimenti, mantenendo il suo assetto originario. Le uniche modifiche che, stando alle persistenze centuriali, si possono rilevare sembrano riguardare il corso del Lambro. La presenza di alcuni limiti bruscamente tagliati dal fiume e che proseguono poi sulla riva opposta, come quello che sulla sinistra del fiume passa per C. Moglia e sulla destra per S. Alessandro o quello riconoscibile subito a sud nella zona di C. Pelucca, e il fatto che in taluni casi il Lambro vada a sovrapporsi a tracce di antichi cardini, sembrerebbero indicare che il fiume abbia assunto il corso odierno in un momento successivo all'età romana. Se però il Lambro all'epoca della centuriazione non aveva il corso attuale, è necessario individuare quale fosse allora il suo andamento. E' evidente che una tale ricostruzione non può essere fatta esclusivamente sulla base della centuriazione, tuttavia l'orientamento e la diversa conservazione degli assi centuriali forniscono a questo proposito altri utili suggerimenti che devono essere poi analizzati da un punto di vista geomorfologico e storico in generale. Nel nostro caso, ad esempio, la sostanziale continuità delle persistenze centuriali tra la zona dell'attuale corso e il T. Molgora impedisce di pensare che il Lambro abbia solcato questa zona in età romana. D'altra parte se si osserva il tracciato del Lambro a nord di Monza, si può notare

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come il fiume fino nella zona di Peregallo si diriga verso SE, per poi deviare bruscamente verso SO. Se si prolunga a valle di Peregallo l'andamento NO-SE, il Lambro finisce per confluire nel Molgora poco a sud di Burago, passando così a nord del blocco centuriale che abbiamo qui esaminato. Sulla base quindi del rapporto tra corso d'acqua e centuriazione non si può escludere che in età romana il Lambro scendesse verso SE fino nella zona dell'attuale Burago e poi proseguisse seguendo all'incirca quello che oggi è il corso del Molgora. Sarebbe stato quindi il Lambro e non il più modesto Molgora a fungere da confine tra la nostra zona e quella con diverso orientamento riconoscibile tra il Molgora e l'Adda. Si tratta, va precisato, di un'ipotesi di lavoro che ha bisogno di essere verificata prima di tutto su base geomorfologica e poi da una più accurata analisi storicotopografica del territorio. Un'altra considerazione che può essere fatta sulla base del riconoscimento dei limiti centuriali è come questi abbiano condizionato l'andamento del Naviglio della Martesana. In diversi tratti e per una considerevole lunghezza, infatti, questo canale finisce per coincidere con antichi decumani. Ciò avviene soprattutto tra Cernusco e la zona di Cassina de' Pecchi, ad est della quale la Martesana piega assumendo l'orientamento generale del settore alla sinistra del Molgora. Lo stesso accade più a nord con il Canale Villoresi, il cui andamento "a gradini" è dovuto alla necessità di passare da un decumano all'altro. Questa aderenza della Martesana e del Villoresi con la centuriazione introduce un problema che è di tutti i vari "Navigli" della pianura padana e cioè se essi fossero già presenti in età romana e siano poi stati risistemati e riattati nel secoli successivi o se siano nati completamente ex-novo in epoca medievale o rinascimentale. E' un problema di difficile soluzione, ma il fatto stesso che sia possibile porlo, ribadisce una volta di più l'aderenza della centuriazione alla geografia fisica e nello stesso tempo conferma come non si siano verificati in questo settore dei grandi mutamento fisiografici dopo la fine del mondo romano. Un ultimo dato che è possibile rilevare è legato alla posizione dei centri demici più importanti, a cominciare dalla stessa Monza. E' infatti evidente come questo centro si trovi lungo un asse stradale che usciva da MedioIanum e tagliava obliquamente il territorio andando verosimilmente a convergere nella strada che da Bergamo puntava verso Lecco. Monza, però, oltre che lungo questa strada, la cui romanità è d'altra parte dimostrata dal toponimo Sesto San Giovanni e dalla sua ubicazione effettivamente a 6 miglia da Milano, si trova anche, come si è detto, lungo il ,cardine le cui persistenze sono state riconosciute tra Cologno e C. Cassina. Non solo, ma nel centro di Monza passa anche il decumano parzialmente riconoscibile a nord di C.ne Bastoni. Monza oltre che lungo una strada di una certa importanza, viene ad essere collocata all'incrocio di due assi centuriali e quindi in una posizione particolarmente importante da un punto di vista itinerario. Monza però non è il solo centro che si trova all'incrocio di due assi centuriali: altrettanto accade per tutti gli altri abitati più importanti della zona, come S.Damiano, Brugherio, Cologno, Vimodrone, Cernusco, Carugate, Caponago e

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per numerosi centri minori e cascina isolate, come Baraggia, S. Ambrogio o Icrea. Questa particolare collocazione è un'ulteriore dimostrazione di come la centuriazione si sia conservata, visto che la demografia moderna ha continuato ad essere da lei condizionata. Il problema sarebbe quello di sapere quando questi centri sono nati e se si sono sviluppati da un precedente insediamento romano o se invece sono sorti ex-novo in epoche più recenti. Anche in assenza però di queste verifiche, la posizione degli abitati che abbiamo citato è un'ulteriore prova di come il disegno impresso al nostro territorio dagli agrimensori romani abbia continuato ad esistere nei periodi successivi e come dunque non si siano verificati eventi in grado di modificare la generale struttura del paesaggio. In conclusione una sia pur sommaria analisi delle persistenze della centuriazione, porta a ritenere che tutto il settore compreso l'allineamento Monza-Burago a nord, il Molgora ad est, la strada per Liscate a sud e quella che unisce Sesto San Giovanni a Monza ad ovest, sia stato regolarmente diviso e assegnato in età romana e quindi densamente popolato. La crisi economica e demografica che ha caratterizzato il tardoantico e il primo medioevo tra il IV e il VII secolo e che ha portato ad una diminuita presenza antropica e quindi al venir meno del controllo dell'uomo sulla rete idrografica della pianura con variazioni di corso dei fiumi, impaludamenti e con un generale ritorno dell'incolto, pur avendo anche qui portato ad una cancellazione parziale della centuriazione, non ha comunque provocato variazioni fisiografiche sígnificative e di conseguenza la nascita di una nuova geografia del territorio. Per essere più esatti una variazione idrografica importante può essere avvenuta e riguarda il Lambro, ma la sua eventuale deviazione si è verificata più a monte, nella zona di Peregallo, e il nostro settore non è stato interessato direttamente dal passaggio dei fiume. Perché siamo partiti dalla ricerca della centuriazione di matrice romana? Perché come ci ha dimostrato il Prof. Luigi Dall’Aglio:

1. l’area non è mai stata interessata direttamente dal passaggio del fiume.

2. l’area è divisa con un “segno” netto da nord a sud dalla persistenza della centuriazione romana e lo studio dell’andamento del Lambro impedisce di pensare che il fiume abbia mai solcato il cardine della centuriazione stessa, oltre il quale, ed anticipiamo alcuni concetti sviluppati in seguito, è prevista l’edificazione.

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3. La cascina

Nell’area non sono riconoscibili elementi di interesse storico – ambientale, se si eccettuano i manufatti della Cascina Cascinazza e, come abbiamo detto, il “cardine romano”. La Cascina Cascinazza, a doppia corte rettangolare chiusa, una variante della tradizionale forma della cascina lombarda (a semplice corte chiusa), si allunga in direzione nord – sud, con avancorpi e superfetazioni sia sul lato orientale che, più modesti, sul lato settentrionale; i manufatti della Cascina risultano circondata dal sistema dei canali irrigui a servizio dei fondi agricoli. La Cascina risulta inoltre leggermente ribassata rispetto al piano di campagna circostante. La Cascinazza presenta di fatto un valore più ambientale e tipologico – testimoniale che storico – architettonico in senso stretto, e non solo per l’attuale stato di degrado. La Cascina è in pessimo stato di conservazione e presenta un elevato livello di degrado, con vari corpi diroccati ed altri in pericolo imminente di crollo, con puntellature provvisorie. Le aree agricole dell’azienda agricola Cascinazza facevano parte di un fondo molto più vasto, che giungeva fino a Bettolino Freddo (nel Comune di Cologno Monzese). I fondi costituenti la proprietà risultano come detto serviti da un complesso sistema di canali irrigui, fra i quali le Rogge Lupa e Decima. Uno degli effetti della politica della città sull’area Cascinazza è lo stato di abbandono e obsolescenza in cui versa la Cascina.

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4. Brevi cenni di storia urbanistica di Monza

Cosa ci restituisce la complessa ricostruzione2 delle vicende che hanno segnato la storia urbanistica –ma non solo- della città di Monza? 1. Ripercorrere la storia di Monza, ha significato evidenziare da una parte la “tormentata” storia urbanistica della città caratterizzata da un susseguirsi di atti spesso difficili da interpretare, con “adozioni”, “approvazioni a stralcio”, “studi” spesso inefficaci che hanno avuto come esito lo stallo delle pratiche e delle procedure. Città, si deve ricordare, che nonostante le difficoltà urbanistiche, ha vissuto un periodo di grande operosità edilizia cui ha corrisposto un cospicuo aumento demografico passando da 73.114 abitanti del 1951 a 121.233 abitanti del 2002, con l’incremento più considerevole tra il 1951 ed il 1971 (+ 56.36%) quando aveva già raggiunto 114.327 abitanti; dall’altra ha significato evidenziare l’impossibilità per la lottizzante di concludere la convenzione di lottizzazione regolarmente stipulata con il Comune. Senza dilungarsi ulteriormente sul complicato iter dei procedimenti amministrativi riguardanti il Piano Regolatore Generale che si sono succeduti (e spesso sovrapposti e “accavallati” come abbiamo visto) nel tempo, è possibile affermare che all’oggi l’unico strumento urbanistico “quasi compiuto” e vigente sia rappresentato dal PRG approvato con Decreto Ministeriale 4150 del 22 novembre 1971 e comunemente noto con il nome del tecnico estensore, l’Architetto Piccinato. Quasi compiuto perché anche il “piano Piccinato” pur essendo l’unico approvato nella storia di Monza, lo fu a stralci… 2. Una delle poche aree da “sempre” edificabili ed acquistata con tali requisiti è quella di “Cascinazza”. Di più: è l’unica area attualmente a Monza oggetto di convenzione regolarmente stipulata col Comune (che ha incassato integralmente gli oneri di urbanizzazione e acquisito le aree a titolo gratuito. E’ bene ricordare che le aree già cedute al Comune di Monza e di cui gran parte hanno subito una trasformazione irreversibile) e regolarmente oggetto da quarant’anni, ogni qualvolta il Comune adotta un piano urbanistico, del tentativo di “azzeramento” della sua capacità edificatoria, con motivi che di volta in volta cambiano. La penultima volta era il Lambro che esondava a motivarne l’inedificabilità; in quell’occasione , caso unico nella storia, qualcuno ha tentato di far credere che a Monza l’acqua “defluisse in salita”. Ora è la volta della tutela delle poche zone rimaste inedificate a Monza; dimenticando che l’area è rimasta tale non per particolari requisiti ambientali da rispettare, ma solo perché è stato gravemente leso un diritto stipulato con convenzione, mentre altri, nella stessa città, hanno edificato anche laddove non c’erano diritti acquisiti. Con buona pace di tutti. 3. La proposta di piano di lottizzazione presentata con le integrazioni richieste dal Comune di Monza, è perfettamente conforme alla disciplina

2 Gli interessati potranno avventurarsi nella lettura dell’appendice

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urbanistica vigente (l’unico piano approvato a Monza è il “Piccinato”) e prevede un’ edificazione notevolmente inferiore a quella prevista nella convenzione già stipulata nel 1964.

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5. Nel frattempo cosa “succede” in città

Durante il periodo ultratrentennale trascorso, diversi sono stati i tentativi di proporre per la città di Monza un nuovo strumento urbanistico che potesse attualizzare la disciplina urbanistica e interpretare l’evoluzione territoriale, economica, sociale, legislativa e disciplinare nel frattempo intervenuta: il termine “tentativi” chiarisce che nessuna delle proposte di variante generale si è all’oggi concretizzata in un PRG legittimamente efficace. Lo stesso piano adottato nel 2002 non è mai stato pubblicato e dopo essere stato più volte annullato dal TAR Lombardia è sempre tornato efficace esclusivamente perché i ricorrenti una volta arrivati in Consiglio di Stato hanno ritirato la lite e rinunciato al ricorso (nel frattempo avevano trovato un accordo col comune su cosa ”fare”… ) Anzi, le vicende che hanno contraddistinto l’evoluzione della disciplina urbanistica comunale, sono caratterizzate da una serie di contenziosi che hanno determinato diverse pronunce e sentenze sia dei giudici amministrativi che del tribunale civile, decisioni che hanno a volte sottolineato comportamenti non consoni dell’amministrazione comunale e che comunque hanno determinato un clima certamente non assertivo e favorevole per un costruttivo e serio confronto sul tema dello sviluppo della città. Di più, l’incertezza sugli esiti di alcuni procedimenti ancora in corso e di cui si è in attesa delle sentenze definitive, determinano sicuramente un ulteriore fattore di indeterminatezza derivante dalla necessità di rivedere una qualsiasi previsione a causa dell’esito di un giudizio nel frattempo emesso. Le conseguenze sul piano pratico di questa situazione sono molteplici ma merita d’essere sottolineato che a causa del rilevante periodo temporale intercorso dalla data di approvazione del PRG Piccinato, la città di Monza si trova in uno stato di impasse con gravi pregiudizi per una corretta programmazione di governo del territorio. Peraltro, adattamenti episodici e varianti parziali che si sono succeduti nel tempo, hanno comunque “stravolto” il progetto di città contenuto nel PRG vigente, tanto da evidenziare uno sviluppo urbanistico non pianificato. Il progetto di città ora vigente è un progetto vecchio di oltre quarant’anni. Ma quale urbanistica ha fatto l’attuale Giunta comunale? 1. non ha pubblicato (come doveva essere) il Piano Regolatore approvato dalla precedente Amministrazione Comunale. Ovvio che il PRG elaborato ed adottato (marzo 2002) dalla precedente Amministrazione Comunale, trasmesso in Consiglio Comunale due anni prima ed oggetto di duro ostruzionismo da parte dell’allora opposizione, dovesse essere adeguato. Lo strumento per migliorarlo, adeguarlo ed anche finalizzarlo alla sensibilità della sopraggiunta amministrazione comunale c’era e passava per la sua pubblicazione, per le osservazioni cui avevano diritto i cittadini monzesi (come il resto dei cittadini italiani e lombardi) e per le controdeduzioni (che potevano anche modificare scelte eventualmente

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sbagliate contenute nel piano adottato), da approvare dal nuovo Consiglio Comunale. Invece mai sapremo cosa non funzionava del vecchio piano perché la scelta fatta dalla Giunta Comunale è stata quella di non sottoporlo al giudizio pubblico (ad oggi resta da capire la correttezza giuridica della procedura che nessuno ha voluto indagare: si può non pubblicare un atto pubblico per esteso, la cui pubblicazione è obbligatoria per legge?). Banalmente l’Assessore interessato ha più volte ricordato che il piano sarebbe stato bloccato dalla Regione Lombardia perché illegittimo omettendo due particolari significativi: il primo è che se conteneva errori questi potevano essere tranquillamente corretti durante le controdeduzioni; il secondo è che il PRG comunque non sarebbe andato in Regione perché nel frattempo l’approvazione del piano territoriale della Provincia di Milano delegava la verifica di compatibilità dei piani alla stessa Provincia di Milano (peraltro guidata da un’amministrazione dell’Unione). Ed il cittadino non capisce perché, se il PRG era effettivamente illegittimo, questa Amministrazione Comunale l’abbia difeso in questi 4 lunghi anni in ogni sede giurisdizionale. Ma allora cosa ha difeso e perché l’ha fatto? Incredibile poi è la motivazione del parco di cintura. Se la nuova Amministrazione Comunale non voleva la perequazione (che in realtà continua in tutte le sedi a definire uno dei cardini del nuovo PGT) poteva modificare l’articolo delle norme tecniche che la disciplinava. Singolare sarebbe invocare il blocco della perequazione e quindi della procedura di approvazione con la necessità di difendere il parco di cintura urbana da Cascinazza (che non è stata attuata) per poi permettere ad altri soggetti attuatori di utilizzare proprio quella norma per cedere aree a titolo di standard a basso costo imprenditoriale. E’ forse utile dire (perché fatto poco conosciuto) che ISTEDIN ha impugnato al competente Tribunale Amministrativo Regionale il piano adottato dalla precedente Amministrazione Comunale, reputandolo lesivo dei propri interessi. 2. Ad ogni modo il primo atto amministrativo compiuto dalla Giunta Comunale è la deliberazione di G.C. 989 del 29/8/2002 con la quale il Comune di Monza ha avviato il procedimento per:

- trasposizione in formato digitale delle tavole di azzonamento del P.R.G. Piccinato;

- rettificazione e correzione di errori materiali nonché interpretazioni del PRG vigente ai sensi della l.r. 23/97;

- adeguamento del PRG vigente alla l.r. 1/2001 con elaborazione del Piano dei servizi;

- adeguamento del PRG alla normativa vigente in materia di PAI, PTC Parco Naturale della Valle del Lambro, distributori di carburante, urbanistica commerciale, Piano Urbano dei servizi del sottosuolo, ERIR, inquinamento elettromagnetico, inquinamento luminoso e acustico;

- Documento di Inquadramento previsto dalla l.r. 9/99 per la redazione dei P.I.I..

La scelta dell’Amministrazione comunale è apparsa da subito non consona, perché lo strumento di governo del territorio scelto (PII), poneva due ordini di

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problemi che determinavano, ad ogni modo, incertezza nei tempi e nella reale fattibilità degli interventi: a) i PII, in quanto tali, non avrebbero risolto i problemi legati alle paventate necessità di adeguamento della variante generale adottata; b) proprio in quanto i PII si ponevano in variante al PRG vigente ed a quello adottato, per la loro approvazione era necessaria, comunque, l’attivazione di procedure di accordi di programma con la Regione Lombardia, con tempi lunghi ed imprevedibili (come per tutti gli accordi di programma). Nel merito della “proposta di documento di inquadramento” emergeva che “lo standard era dimensionato, per valori minimi, ai sensi della legge regionale 1/2001, salvo che per il caso delle attività produttive per le quali non poteva comunque essere inferiore al 10% delle superfici utili. Tale dimensionamento doveva essere effettuato con il Piano dei Servizi secondo le procedure di approvazione disciplinate dalla legge regionale 23/97 (allora vigente) . Tale artificioso meccanismo consentiva, in realtà, di diminuire la dotazione complessiva di aree per strutture e infrastrutture di interesse generale (standard), a discapito della qualità della vita dei cittadini di Monza. In altre parole, modificando il rapporto abitanti/standard, a parità di volume residenziale edificabile, sarebbero diminuite le quantità di aree a standard da cedere a titolo gratuito al Comune. Inoltre, nella “proposta di documento di inquadramento si prevedeva che i valori dimensionali dell'intervento fossero riferiti all'indice territoriale, comprendendo anche aree di proprietà pubblica ed assumendo, in particolare, che le proprietà pubbliche (comprese le strade e le urbanizzazioni esistenti) generassero una propria disponibilità volumetrica desunta dall’indice territoriale. Tale determinazione costituiva, in realtà, un meccanismo per incrementare l’edificabilità (assegnando diritti volumetrici ad aree che ne sono sprovviste). Legittimo, per carità! Ovviamente il tutto è finito mestamente nel nulla, come spesso ha insegnato la storia urbanistica di Monza. 3. Successivamente la Giunta Comunale ha più volte tentato di proporre alla discussione del consiglio comunale piani attuativi, sistematicamente oggetto di ferme prese di posizione da parte dell’apposizione che ne metteva in discussione la legittimità. Alcuni sono tuttora in attesa del giudizio di merito presso il competente tribunale amministrativo. 4. Dopo l’approvazione della legge regionale n° 12/2005 la Giunta Comunale ha approvato una serie di piani attuativi per oltre mc 300.000 (ma c’è chi dice anche 500.000) oltre le DIA ed i permessi di costruire. 5. Ora il Consiglio Comunale si appresta ad adottare un nuovo P.G.T., con le stesse modalità della precedente Amministrazione, giudicato da esperti che hanno avuto modo di studiarlo, di basso profilo e privo di pensiero strategico. La cosa certa è che non entrerà nei libri di storia dell’urbanistica; peraltro

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non è (di fatto) di salvaguardia ambientale-territoriale e non ha visioni strategiche adeguate alla terza città della Lombardia che si appresta a divenire Capoluogo di provincia. Infine vi è (sin da ora) l’obbligo d’adeguare il PGT alle modalità per la pianificazione comunale approvate dalla Regione Lombardia (con i criteri attuativi). E l’ironia diventa beffa. Proprio chi ha avuto l’ardire di affermare di non aver provveduto a pubblicare il piano dell’Amministrazione Comunale precedente perché auto-definito illegittimo, ora deve fare i conti con un piano ancora distante dalle norme vigenti…

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6. Il Comune di Monza e la Regione

Da tempo leggiamo l’incredibile accusa che la Regione Lombardia compia atti vessatori contro il Comune di Monza pregiudicandone la facoltà amministrativa. Accusa in realtà datata 2005 quando il Sindaco, accompagnato dal vice-Sindaco, e forse da qualcun altro, presidiarono il consiglio regionale “reo” di prestarsi ad approvare la nuova legge regionale di governo del territorio che avrebbe, nel merito, “penalizzato” Monza a vantaggio di un privato (parliamo della legge regionale 12/2005) . La cronaca dei mesi seguenti avrebbe dimostrato esattamente il contrario. La nuova legge regionale, per il famoso privato, è stata del tutto ininfluente, mentre beneficiando della facoltà di approvare i piani attuativi in Giunta ha permesso alla Giunta Comunale di portare ad approvazione tutti quei piani attuativi fino ad allora bloccati in Consiglio Comunale. E nella città di Monza, a dispetto del tanto promesso contenimento delle espansioni residenziali, si è visto arrivare la colata di cemento più consistente da quaranta anni a questa parte (ovviamente tutte le colate sono legittime…) . A tal proposito vorremmo, nel merito, dire la nostra. Ma chi l’ha detto che trasformare un’area dismessa in una colata di abitazioni sia un segno di corretta pianificazione e di rispetto per l’ambiente? Proprio perché si tratta di un’area dismessa che ha già fruito della famosa “rendita immobiliare”, e per definizione si trova in tessuto urbano già compromesso (spesso le aree dismesse sono aree “industriali” situate in ambiti che si sono trasformati per successive addizioni urbane e sono caratterizzati dalla solita carenza di standard pubblici), la sua riconversione può avvenire anche prevedendo parchi, campi gioco, parcheggi etc al servizio del quartiere. E’ ora di finirla di nascondere dietro l’ineludibile riconversione delle aree industriali dismesse, incrementi del carico insediativo che, per i quartieri che ne sono interessati, spesso si traducono in veri e propri “massacri” urbanistici. Ora, e tornando al tema, in un recente dibattito in Consiglio regionale, la proposta di legge in discussione è stata definita da un consigliere regionale afferente al gruppo ds “una marchetta della maggioranza a Paolo Berlusconi”. Il consigliere regionale in un intervento successivo ha chiarito la portata delle sue affermazioni: “una marchetta politica intendevo dire” (evidentemente ciascuno conosce le proprie abitudini e, a volte, pensa che la realtà si possa leggere partendo dalle proprie esperienze negative). Prima che si ripeta lo stesso effetto del 2005, dove alcuni rappresentati della giunta comunale manifestarono in Regione il loro scandalo per poi beneficiare degli effetti della legge, è bene anticipare sin da subito che le legge regionale in discussione non avrà alcun effetto sulla vocazione edificatoria di “Cascinazza”; il cui requisito di edificabilità è dato dalla convenzione legittimamente stipulata tra le parti nel 1964 (!!!) e mai negata da nessun strumento urbanistico vigente, confermata dal P.R.G. adottato nel 2002 ed oggetto di piano di lottizzazione regolarmente presentato in Comune nel 2004 (integrato).

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7. Il Piano di Lottizzazione presentato

Tra la fine del 2002 e l’inizio del 2003 ha inizio l’elaborazione del piano di lottizzazione, attuativo del Piano Regolatore Vigente. Perché elaborare un piano attuativo? 1. Perché si susseguivano le sentenze del TAR Lombardia di annullamento della Variante al Piano Regolatore Generale adottato nel 2002; 2. Perché ara chiaro a tutti che gli eventi alluvionali cha hanno colpito la città di Monza nel novembre 2002 avevano inequivocabilmente dimostrato che l’area oggetto dell’edificazione (oltre il cardine romano) non poteva essere interessata dall’esondazione del fiume Lambro; 3. Perché lo strumento di attuazione del piano regolatore è il piano di lottizzazione. E le procedure sono state perfettamente rispettate. Così, ISTEDIN ha presentato il Piano attuativo, denominato piano di lottizzazione “Cascinazza”, il 5.3.2004 prot.11878, prot. U.O. n. 01/04 Il Piano presentato prevede in sintesi: La realizzazione di circa 900 alloggi (con 40 palazzi e non 60 come erroneamente qualcuno continua a scrivere) su una superficie complessiva di oltre mq 500.000 e la cessione a titolo gratuito al Comune del 77% delle aree interessate dal Piano di Lottizzazione (circa mq 387.855). Prevede inoltre il recupero con finalità pubbliche ed al servizio del quartiere della cascina per circa mc 15.000. Il disegno urbanistico proposto si fonda su quattro scelte principali:

- la costituzione del Parco fluviale del Lambro; - la realizzazione di un grande Parco Attrezzato; - la definizione di un nuovo bordo edificato; - la nuova centralità urbana affidata alla Cascina Cascinazza.

E’ prevista la costituzione del parco fluviale del Lambro oltre il “cardine romano”, tale scelta consentirà di realizzare concretamente il sistema della rete ecologica – ambientale individuato negli strumenti di programmazione urbanistica, e dal nuovo PTCP in particolare.

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Il sistema urbano La Cascinazza risulta il fulcro e la cerniera attorno alla quale è costruito il progetto. L’utilizzo polifunzionale con attrezzature e servizi pubblici del complesso Cascina dà luogo ad una integrazione funzionale con il quartiere e la città; la comodità dei percorsi ciclopedonali, degli accessi e delle aree di parcheggio ne favoriscono la funzione come nuovo polo di centralità urbana. Si noti in tal senso come sia possibile paragonare nel disegno urbano, la Cascina alla Villa Reale a nord, nel senso che la posizione ne fa la naturale porta di accesso al Parco e la struttura di attività di servizio allo stesso. L’attuale composizione della Cascina, caratterizzata dai due ampi cortili, viene articolata e completata formando un terzo cortile laterale in successione a quelli esistenti ed un grande spazio antistante. La lettura a grande scala evidenzia come il progetto parta dalla volontà di completare il disegno urbano di Monza, realizzando una nuova ampia area a

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parco a sud della città, in stretto rapporto con il centro storico, facilmente raggiungibile tramite percorsi ciclopedonali in pochi minuti e riqualificare la frangia urbana non finita del quartiere San Donato, ponendo il quartiere in grado di usufruire delle nuove attrezzature e di essere inserito in un contesto urbanistico di qualità. Il progetto attua un significativo asse di verde che attraversata la zona pedonale del centro storico, si colleghi al Parco della Villa Reale, al Lambro valorizzato come corridoio ecologico, al “cardine romano” come elemento di supporto di grande significato nel disegno della città.

Il complesso a parco pubblico a servizio dell’intera città si fonde con le residenze e trova una naturale continuità con la città.

Il Planivolumetrico La localizzazione dei nuovi insediamenti sul lato della città, verso il quartiere di San Donato, riqualificando la maglia sfrangiata della periferia, definisce un nuovo, qualificato e ordinato bordo urbano, che prende come limite dell’edificazione il filo occidentale della Cascina Cascinazza.

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Il bordo così ridefinito è attraversato da varchi ed aperture -funzionali, fruitive, ma anche paesaggistiche ed ambientali-, verso gli spazi aperti e del sistema del Lambro e del suo parco. Il nuovo bordo edificato occupa il 23 % (meno di mq 100.000) dell’area oggetto del Pdl: il 77% della superficie interessata dal Pdl è invece rappresentata nel suo complesso da verde (attrezzato e ambientale) e da altri standard urbanistici (parcheggi e attrezzatura collettiva).

Il progetto raggiunge l’obiettivo di dare continuità ed integrazione fra gli spazi aperti e i sistemi ambientali, i nuovi insediamenti, il quartiere di San Donato (che risulta collegato e inserito nei sistemi ambientali e paesaggistici di cui oggi non fruisce recuperando la viabilità locale e con percorsi ciclo-pedonali), tramite i percorsi pedonali e ciclabili, il parco attrezzato a ridosso dei nuovi insediamenti, il Parco del Lambro.

Per ottenere questi risultati, il Pdl ridisegna l’assetto urbanistico previsto nel Piano Piccinato, redatto più di trenta anni fa, ricomponendo le aree pubbliche al fine di migliorare il disegno e la qualità urbanistica, ambientale e prestazionale nel suo complesso.

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8 . Gli altri strumenti di governo vigenti

Il Piano paesistico regionale Con D.G.R. 25 luglio 1997 – N. 6/30195, viene adottato il progetto di Piano Territoriale Paesistico Regionale ai sensi dell’art. 3 della legge regionale 27 maggio 1985, n° 57. Con D.G.R. 5 dicembre 1997 – n° 6/32935 vengono approvate le rettifiche, integrazioni e correzioni di errori materiali agli elaborati del progetto di Piano Territoriale Paesistico Regionale. Con D.G.R. 18 giugno 1999 – n° 43799 viene approvata la proposta definitiva di Piano Territoriale Paesistico Regionale e la presentazione al Consiglio regionale ai sensi dell’art. 3 della legge regionale 27 maggio 1985, n° 57. Con D.G.R. 3 agosto 2000 – n° VII/753 vengono riassunte le deliberazioni concernenti alcune proposte di atto amministrativo presentate nel corso della VI legislatura e non approvare dal Consiglio Regionale nel corso della stessa. Con D.C.R. 6 marzo 2001 – n° VII/197 viene approvato il Piano Territoriale Paesistico Regionale. Con D.G.R. 21 dicembre 2001 – n° VII/7582 viene approvato il Documento integrativo alle “linee generali di assetto del territorio lombardo ai sensi dell’art. 3 della legge regionale 1/2000 approvate con D.G.R. 49509 del 7 aprile 2000. L’area c.d. Cascinazza non è inserita tra gli ambiti di elevata naturalità di cui all’art. 17 delle norme di attuazione. E’ considerata viabilità storica ai sensi del comma 6 dell’art. 20 il cardine della centuriazione romana che attraversa da nord a sud l’area. Ai sensi del comma 8 dell’art.20 non è individuata viabilità di fruizione panoramica ed ambientale. Nel Comune di Monza non risulta vigente un Piano Regolatore Generale con valenza paesistica ai sensi dell’art. 24. L’area oggetto del presente Piano di Lottizzazione non è compresa in alcuna area protetta, ai sensi della legge regionale 30 novembre 1983 n° 86 “Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale” . Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (PTCP) è stato approvato con deliberazione consiliare n° 55 del 14/10/2003 e pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Lombardia, Serie Inserzioni – n°45- 5 novembre 2003, ai sensi dell’art. 3 comma 36 della legge regionale 5 gennaio 2000, n°1. Il PTCP ai sensi del comma 26 dell’art.3 “definisce gli indirizzi strategici di assetto del territorio a livello sovracomunale con riferimento al quadro delle infrastrutture, agli aspetti di salvaguardia paesistico-ambientale, all’assetto idrico, idrogeologico ed idraulico-forestale… ed in particolare contiene: a) l’indicazione delle vocazioni generali del territorio con riguardo agli ambiti di area vasta;

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b) il programma generale delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione e la relativa localizzazione di massima sul territorio; c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-forestale ed in generale per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque”. Il PTCP può altresì individuare le zone di particolare interesse paesistico-ambientale di cui alla lettera b) dell’art. 13 della legge regionale 18/97 ed indicare gli ambiti territoriali in cui risulti opportuna l’istituzione di parchi locali di interesse sovracomunale …” Nell’area sono previsti filari (art. 64). E’ altresì rilevato, per la Cascina diroccata, un insediamento rurale di interesse storico (art. 38). Per quanto riguarda gli ambiti di rilevanza paesistica di cui all’art. 31, essi assumono efficacia di prescrizione diretta solo nei casi di cui al comma 5 dell’ art. 4. Il quale prevede che le “prescrizioni dirette riguardano, ad esclusione del territorio compreso all’interno dei parchi regionali disciplinati dai relativi piani territoriali vigenti, gli ambiti e gli elementi di valenza paesistica del suolo nel caso di: a) aree soggette a vincoli vigenti di cui al D.Lgs 490/99 artt. 2, 139, 146; b) aree sottoposte alla disciplina del P.A.I. vigente di cui al succesivo art. 16 …” Con deliberazione n° 3 del 25 febbraio 2003 il Comitato istituzionale dell’Autorità di Bacino del fiume Po ha adottato il progetto di variante al piano stralcio per l’assetto idrogeologico (PAI) approvato con D.C.P.M. 24 maggio 2001 – fasce fluviali del fiume Lambro nel tratto dal lago di Pusiano alla confluenza con il deviatore “Redefossi”, ai sensi degli articoli 17 e 18 della legge 18 maggio 1989, n° 183 e successive modificazioni ed integrazioni e dell’art. 1 bis del decreto legge 12 ottobre 2000, n° 279, convertito in legge l’ 11 dicembre 2002, n° 365. Tale deliberazione è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il 16 agosto 2003. Tutto quanto suddetto a dimostrazione che il Piano di lottizzazione presentato è pienamente conforme alle direttive ed agli indirizzi contenuti nel PTCP e non è interessato, per la parte oggetto dell’intervento edificatorio, da prescrizioni dirette. E’ infine utile sottolineare che l’area in oggetto non è interessata da alcuna previsione contenuta nel Programma Regionale di Sviluppo della VII legislatura. Il PRS rappresenta l'inquadramento generale del Programma di governo i cui aggiornamenti vengono adottati annualmente con l'approvazione del Documento di Programmazione Economico Finanziario Regionale (DPEFR).

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9 . Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI)

Il Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI), redatto ai sensi della legge 183/89 dall’Autorità di Bacino del fiume Po, persegue l’obiettivo di garantire al territorio del bacino un livello di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni di dissesto idraulico ed idrogeologico. Cosa succede al PAI a Monza? Tenteremo di spiegarlo, partendo dall’origine, con i decisivi contributi dell’Avvocato Rinaldo Bonatti e del Prof. Paolo Ghilardi. In data 12.10.2000 viene pubblicato il D.L. in pari data n. 279 (convertito con legge 11.12.2000 n. 365), che allo scopo di accelerare la adozione di tutti gli strumenti idonei a prevenire eventi calamitosi in zone ad alto rischio idrogeologico ed a riparare i danni già verificatisi per calamità naturali mediante interventi urgenti, stabilisce un termine perentorio (30 aprile 2001) per l’adozione dei progetti di piano stralcio per l’assetto idrogeologico: ed entro lo stesso termine debbono essere adottati i PAI il cui progetto sia stato già adottato prima dell’entrata in vigore del D.L. (art.1, 2° comma). Quanto al procedimento per l’adozione dei piani stralcio, il successivo 3° comma stabilisce che, “ai fini della necessaria coerenza tra pianificazione di bacino e pianificazione territoriale”, le Regioni convocano una “conferenza programmatica” cui partecipano comuni e province interessati; detta conferenza (4° comma) “esprime un parere sul progetto di piano con particolare riferimento alla integrazione a scala provinciale e comunale dei contenuti del piano, prevedendo le necessarie prescrizioni idrogeologiche ed urbanistiche”. Il comma aggiunge che detto parere “tiene luogo” di quello che la Regione è tenuta ad esprimere sul progetto di PAI in sede di esame delle osservazioni presentate riguardo al progetto medesimo. Di fatto la conferenza programmatica si è tenuta il 6 marzo 2001, ed alla stessa il Comune di Monza non ha partecipato, benchè ritualmente invitato. L’esito della conferenza risulta descritto negli allegati della deliberazione regionale 20 aprile 2001, tra i quali figura il n. 5 relativo a : “Cartografie contenenti le proposte di modifica alle Fasce Fluviali del Progetto di PAI”. Dalla cartografia allegata al PAI adottato dal Comitato istituzionale della Autorità di bacino pochi giorni dopo (deliberazione n.18 del 26 aprile 2001: doc. 3 – provvedimento impugnato) risulta che, per l’area di Cascinazza, le “Modifiche e integrazioni al Progetto di Piano stralcio per l’Assetto Idrogeologico (PAI)” consistono nello spostamento della fascia fluviale A fino a ricomprendervi l’intera proprietà di ISTEDIN Perché era sbagliata la ri-perimetrazione effettuata nel corso della conferenza programmatica? A riguardo citiamo ampi stralci della memoria presentata al tribunale superiore delle acque pubbliche dagli Avv.ti Rinaldo Bonatti e Prof. Riccardo Villata.

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10 Fatto e svolgimento del giudizio

…omissis… - sempre nel corso dell’istruttoria, all’udienza del 19 marzo 2003, sia il

Comune di Monza che la ricorrente Ist.Edilizia Industrializzata s.p.a. hanno prodotto un ulteriore Studio tecnico (Relazione ed allegati) commissionato dal Comune di Monza ad un gruppo di esperti (Prof. Fabio Conti, Dr. Fabrizio Giorgini, Ing. Daniele Sturla della Soc. Soilexpert) avente ad oggetto: “Caratterizzazione geometrica, geomorfologica ed idraulica del Fiume Lambro in Monza”. Tale studio ha rivisitato tutte le problematiche relative all’assetto idrogeologico del Fiume Lambro in Monza, ivi comprese quelle già considerate dal precedente Studio del Prof. Paoletti e dal successivo Studio commissionato dalla ricorrente ai Proff. Marchetti e Ghilardi già menzionati, integrate da ulteriori approfondimenti e rilievi. Tale materiale ha fornito un quadro esaustivo della realtà idrogeologica delle aree considerate (ivi compresa quella di proprietà della ricorrente), ed ha avuto altresì l’opportunità di essere aggiornato con riguardo al grave evento alluvionale ed esondativo del Lambro verificatosi nei giorni 26 e 27 novembre 2002.

- … omissis… Conclusioni per la ricorrente omissis Considerazioni in diritto omissis 4. - Sul primo motivo di ricorso 4.1. - Le censure proposte dalla ricorrente con questo motivo sono tutte riconducibili alla correttezza del procedimento utilizzato nel caso concreto - e concretamente riferito alle previsioni del PAI interessanti la proprietà della ricorrente - alla luce della normativa (preesistente e sopravvenuta nel corso del procedimento stesso) in tema di formazione dei Piani stralcio per l’assetto idrogeologico. Le norme applicabili sono note e sono illustrate con dovizia anche nelle difese delle parti resistenti: e tuttavia, per una puntuale illustrazione delle censure proposte, sembra utile ricordare alcuni dati salienti della normativa stessa. In particolare: a) L’art. 1, comma 1° della legge 267/98 ha previsto che i piani stralcio per l’assetto idrogeologico contengano “l’individuazione delle aree a rischio idrogeologico e la perimetrazione delle aree da sottoporre a misure di salvaguardia, nonché le misure medesime”. b) L’art. 1-bis della legge 365/2000 disciplina, al 3° comma, un particolare momento del procedimento, istituendo una “conferenza programmatica” su base regionale, che ha il compito di esprimere “un parere sul progetto di piano con particolare riferimento alla integrazione a scala provinciale e comunale dei contenuti del piano”.

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4.2. - Sul piano dei fatti occorre ricordare: - che il progetto di PAI di cui all’impugnativa è stato predisposto dalla Autorità di Bacino e adottato dal Comitato istituzionale della stessa in data 11 maggio 1999; - che lo studio “Paoletti” per la individuazione e perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico risale al settembre 1999; - che per le aree a rischio idrogeologico molto elevato è stato approvato dall’Autorità di Bacino un Piano Straordinario in data 26 ottobre 1999, con previsione di misure di salvaguardia per le aree perimetrate (come riferisce e documenta la Avvocatura erariale, pag. 9 memoria di costituzione, doc. 5); - che la Regione Lombardia con deliberazione 5 agosto 1999 ha conferito gli incarichi ai professionisti “per la perimetrazione delle aree a rischio e la progettazione preliminare degli interventi di cui alla legge 267/98” (doc. 5 Regione Lombardia); - che l’incarico conferito allo Studio Paoletti con decreto dirigenziale 9 settembre 1999 e di cui sopra concerneva esclusivamente la “perimetrazione delle aree a rischio idraulico del fiume Lambro a valle di Villasanta”, e non la progettazione di interventi od opere (doc. 6 Regione). 4.3. - Alla stregua dei dati riferiti, deve innanzitutto rilevarsi la erroneità e non corrispondenza al vero della affermazione regionale (pag. 13 della memoria, par. d, righe 5-6) secondo cui l’incarico al Prof. Paoletti sarebbe stato affidato con il “duplice scopo di evidenziare le aree a rischio idrogeologico molto elevato. .e di verificare il tracciamento delle fasce fluviali del Progetto di PAI. ” Non vi è traccia di tale incarico, che la Regione prospetta a posteriori per giustificare l’uso (anomalo) che dello studio Paoletti è stato fatto. 4.4. - Ricordiamo poi che il Progetto di PAI adottato dall’Autorità di Bacino, pubblicato e fatto oggetto di osservazioni, ed approdato alla Conferenza Programmatica regionale con l’accompagnamento delle osservazioni presentate, delle relative controdeduzioni regionali e con l’espressione del relativo parere, conteneva una delimitazione delle fasce fluviali interessante l’area della ricorrente ineccepibile, in relazione ai criteri ed alle regole che sovrintendono a tale operazione: e per questo non vi sono state osservazioni sulla delimitazione del Progetto medesimo. In quella sede la legge prevede che la Conferenza programmatica esprima un parere per attuare una “necessaria coerenza tra pianificazione di bacino e pianificazione territoriale”: tale parere “sul progetto di piano” deve essere espresso “con particolare riferimento alla integrazione a scala provinciale e comunale dei contenuti del piano” (le parti in corsivo sono testo di legge). Scopo del parere, quindi, è quello di attuare coerenza tra pianificazione di bacino e pianificazione territoriale (ambientale, urbanistica, di livello locale); ed il limite oggettivo del parere è costituito dall’esigenza di un miglior raccordo e integrazione tra previsioni a differente livello di scala. 4.5. - Orbene, come, in tale disciplina del procedimento, le Amministrazioni resistenti possano individuare una potestà della Conferenza di modificare il Progetto di PAI, non è dato assolutamente di comprendere. Ad escludere categoricamente tale potestà, o anche la sola facoltà, appare sufficiente la stessa qualificazione dell’attività della Conferenza (come è

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quella della Regione in ordine alle osservazioni presentate sul progetto di PAI) quale attività consultiva, che si esaurisce nella formulazione di un parere. Nel caso di specie, per contro: a) non vi erano osservazioni sulla delimitazione delle fasce fluviali; b) sul punto la Regione non era quindi chiamata ad esprimere un parere; c) era stato acquisito dalla Regione uno studio di perimetrazione delle aree a rischio idrogeologico per la programmazione di necessarie misure di salvaguardia e interventi di riduzione del rischio (studio Paoletti); d) tale studio non era stato commissionato per la delimitazione o la verifica delle fasce fluviali, e l’autore dello studio non considera mai tale aspetto, né si propone di dare indicazioni a quel fine, né di fatto ne fornisce alcuna; e) in ogni caso la modifica delle fasce fluviali non poteva mai giustificarsi quale operazione richiesta ai fini della necessaria coerenza tra pianificazione di bacino e pianificazione territoriale locale, e tantomeno dalla necessità di integrare a livello di scala locale le previsioni del Progetto di PAI. 4.6. - Dal verbale della Conferenza nulla risulta riguardo ad una “proposta” regionale di modifica delle fasce fluviali come tracciate nel Progetto del PAI, che la difesa erariale dà invece per scontata ed esistente, senza peraltro minimamente indicare un supporto documentale in proposito. Non solo: nel corso della Conferenza, come riferito da un partecipante, ed asseverato dal medesimo con atto formale , la Regione non esibisce alcuna planimetria di modifica delle fasce fluviali: la ricorrente viene a conoscenza solo a PAI approvato che un allegato “uscito” dalla Conferenza programmatica contiene una radicale modifica delle fasce fluviali di progetto, che estende a tutta la proprietà una fascia A che il Progetto, logicamente e correttamente, disegnava in corrispondenza delle aree aventi le caratteristiche tipiche di tale fascia lungo l’alveo del fiume. 4.7. - La Regione, quando acquisì lo studio Paoletti, lo sottopose - come tutti gli altri studi - al parere della Sottocommissione Assetto Idrogeologico presso l’Autorità di Bacino : la quale espresse un parere che, per tutta la sua estensione, si configura come meramente descrittivo delle operazioni effettuate dagli esperti e descritte nello studio. La Commissione, alla fine, accenna al fatto (peraltro risultato in seguito inesistente) che i rilevi topografici contenuti nello studio sarebbero “maggiormente approfonditi” rispetto a quelli a carattere più generale utilizzati per la definizione delle fasce fluviali nel tratto considerato: per concludere che si ritengono accoglibili “le proposte contenute nello studio medesimo”. Ma, a parte il fatto - come detto - che lo studio successivo eseguito per incarico della ricorrente e prodotto in giudizio (Proff.ri Marchetti e Ghilardi) ha smentito il dato di fatto del ritenuto “maggior approfondimento”, è comunque certo che nessuna proposta è contenuta nello studio Paoletti tendente ad una modifica delle fasce fluviali come definite nel Progetto di PAI; per cui in nessun caso detto parere potrebbe valere allo scopo di dare una parvenza di motivazione all’arbitraria modifica autonomamente operata (in condizioni e con modalità rimaste ignote) nella sede Regionale relativamente al sistema delle fasce fluviali come configurato nel Progetto di PAI per le aree di proprietà della ricorrente.

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4.8. - Concludendo sul primo motivo: vi è stata violazione di legge, perché la Conferenza programmatica deve solo esprimere un parere sul progetto, limitato: o alla materia di osservazioni presentate e controdedotte dalla Regione; ovvero all’esigenza di assicurare coerenza tra pianificazione di Bacino e pianificazione territoriale locale; ovvero alla necessità di integrare a livello di scala locale le previsioni del progetto esaminato. Nessuna di queste tre condizioni ricorreva nel caso di specie. Vi è stata, ancora, violazione di legge con la iniziativa assunta dalla Regione di modificare la cartografia delle fasce fluviali, non essendo prevista dalla legge tale iniziativa regionale. Vi è stata violazione di legge con la sottrazione della modifica sostanziale introdotta nel progetto ad ogni possibilità di esame, critica ed opposizione da parte dei soggetti (e nella specie: della ricorrente) ai quali la legge assicura tali garanzie partecipative in presenza di un progetto di Piano regolarmente pubblicato. Né varrebbe obbiettare che la legge non prevede tale ulteriore partecipazione in sede di Conferenza programmatica: perché ciò significa solo che, essendo detta partecipazione assistita da garanzie fondamentali discendenti dalla legge n 241/90, deve per ciò solo essere esclusa una facoltà di modifica radicale del progetto quando non sia contemporaneamente assicurata quella garanzia che è garantita riguardo al progetto. ***** 5. - Sul secondo motivo di ricorso 5.1. - Con tale motivo la ricorrente, premesse alcune considerazioni in ordine alla funzione della delimitazione delle fasce fluviali (par. II.1 ricorso), sui rapporti tra delimitazione delle fasce stesse contenuta nel Progetto di PAI e i contenuti dello studio del Prof. Paoletti (par. II.2), ha concluso denunziando - nei riguardi della modifica del Progetto PAI introdotta in sede di Conferenza programmatica - il vizio di eccesso di potere per difetto di presupposti, carenza di istruttoria e difetto di motivazione, e totale incoerenza tra premesse metodologiche del PAI in tema di delimitazione delle fasce fluviali e la concreta delimitazione operata della fascia “A” riguardo all’area della ricorrente: con conseguente illegittimità del PAI stesso sotto tutti i profili denunziati (par. II.3). Sotto un ulteriore profilo ha denunziato la totale mancanza di motivazione in ordine alla vistosa e sostanziale innovazione cartografica introdotta riguardo nell’allegato del progetto del PAI riguardante le fasce fluviali, innovazione della quale peraltro manca addirittura la menzione (oltre che qualsiasi motivazione) negli atti della Conferenza programmatica. Per render conto della gravità di tale circostanza è sufficiente tale rilievo: con la modifica (solo cartografica, e non giustificata in alcun atto o documento scritto!!) del progetto di PAI adottato dall’Autorità di Bacino si è resa totalmente inedificabile l’intera proprietà della ricorrente, senza che questa abbia mai potuto conoscere - se non dopo la definitiva approvazione del PAI - la circostanza. Né varrebbe opporre - come si legge nella difesa regionale (pag. 11 memoria - righe 5-7) - che “La Conferenza programmatica può quindi considerarsi la sede legittima in cui possano essere esaminate le precedenti osservazioni, ma non per presentarne di nuove”: a siffatto rilievo

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può opporsi, ben più fondatamente, che la Conferenza programmatica è bensì la sede legittima per l’esame delle osservazioni presentate riguardo ai contenuti del progetto, ma non è la sede legittima per introdurre nel progetto, a totale insaputa degli interessati, modifiche di sorta, (con la sola eccezione di quelle conseguenti all’accoglimento di osservazioni): e tantomeno quelle che non trovino alcun fondamento negli accertamenti e studi commissionati dalla stessa autorità che organizza la Conferenza. E a tal proposito appare gratuita - a fronte delle gravi illegittimità denunziate - e quasi provocatoria - la asserzione regionale di aver proceduto “nel pieno rispetto della normativa vigente, comprese quelle norme che sono finalizzate ad assicurare la più ampia partecipazione al procedimento di tutti i soggetti interessati” ( pag. 11 citata). 5.2. - Sempre con riferimento alle censure proposte con il secondo motivo, ed a proposito di alcuni rilievi critici mossi nei confronti di alcuni aspetti dello studio del Prof. Paoletti, potranno trarsi argomenti significativi della fondatezza dei rilievi stessi nella sintetica esposizione dedicata, più appresso, alle risultanze tecniche acquisite nel presente giudizio attraverso la produzione di altri due importanti studi tecnici eseguiti sulla materia controversa. Preme invece chiarire - a fronte di una dichiarazione della difesa erariale (pag.17 memoria, righe 2 e segg) che qualifica come “grave” una affermazione della ricorrente (circa imperdonabili distrazioni o una arbitraria delimitazione delle fasce fluviali) - che la dichiarazione stessa è palese frutto di equivoco: l’Avvocatura dello Stato infatti erroneamente ritiene che quel giudizio sia stato formulato a carico dello studio del Prof. Paoletti, del quale - giustamente - si ricordano qualità e meriti, mentre lo stesso ha per oggetto - esattamente - l’operazione condotta in sede di Conferenza programmatica (o comunque in vista - o in conseguenza della stessa) da parte della Regione per realizzare la modifica del progetto di PAI riguardo alle fasce fluviali sulle aree della ricorrente. Abbiamo infatti scritto: (pag. 15 ricorso righe da quintultima in fine, e pag. successiva): “Inammissibile appare allora - e motivo invalidante dell’intera Conferenza per il punto in contestazione - il fatto che della suddetta modifica dell’estensione della fascia A, e della corrispondente variazione cartografica (che comporta conseguenze sostanziali di enorme portata per gli interessi incisi) non si faccia nemmeno cenno negli atti della conferenza medesima: con la conseguente invalidità (sotto i profili indicati in epigrafe) della previsione del PAI nella parte in cui appare aver automaticamente recepito la modificazione cartografica in parola. La abnormità della contestata previsione giustifica il sospetto di imperdonabili distrazioni o, cosa ancor più grave, di una arbitraria delimitazione effettuata - in assenza ed in contrasto con le risultanze istruttorie- al di fuori del procedimento nel quale la modifica di tale delimitazione avrebbe dovuto trovare adeguata illustrazione, supporto conoscitivo e soprattutto argomentativo: elementi questi invece tutti completamente assenti nei documenti che dovrebbero dar conto della modificazione delle fasce che risulta inspiegabilmente raffigurata nell’apparato cartografico finale del PAI”.

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Confermiamo integralmente il giudizio sopra esposto, che non ha certo avuto quale bersaglio il lavoro o la persona del Prof. Paoletti: tranquillizzando nel contempo la difesa erariale sulla piena condivisione da parte nostra della stima e dell’apprezzamento che vengono giustamente riservati all’illustre studioso. ***** 6. - Sul terzo motivo di ricorso Con questa censura si è denunziata - al di là delle censure attinenti la correttezza e legittimità del procedimento - la oggettiva inesistenza dei presupposti di fatto per la ricomprensione dell’area della ricorrente nella fascia fluviale “A”. Si confermano la censura e le motivazioni che la sostanziano, rinviando comunque ai punti successivi relativi all’esame delle risultanze degli studi tecnici acquisiti al giudizio. ***** omissis ***** 8. - Elementi tecnici di valutazione acquisiti nel corso del giudizio. Attesa la natura anche tecnica dell’Ill.mo Tribunale Superiore adito, e comunque per completezza di illustrazione dell’impugnativa proposta, sembra utile una breve esposizione di quanto è emerso, sul piano tecnico, dagli studi eseguiti in corso di giudizio ed acquisiti allo stesso a seguito della produzione degli stessi da parte - rispettivamente - della ricorrente e del Comune di Monza. 8.1. - Studio dei Professori Marchetti e Ghilardi (anno 2001) Nello studio si esaminano le modifiche apportate nel Progetto originario del PAI ai limiti di fascia, e si sottolinea che tali modifiche sono state introdotte sulla base dei risultati dello studio commissionato dalla Regione al Prof. Paoletti. In proposito si richiama l’attenzione sul fatto che lo studio del Prof. Paoletti non era stato affidato per studiare una modifica del PAI: di conseguenza, e coerentemente, nello studio stesso non era contenuta alcuna specifica indicazione circa eventuali modifiche ai limiti di fascia. Nello studio in esame vengono confrontati i criteri previsti dalla normativa del PAI per il tracciamento delle fasce fluviali e quelli utilizzati dal Prof. Paoletti per i calcoli relativi alla perimetrazione di aree a rischio di esondazione. Scopo di tale confronto è stato quello di verificare se fra i due studi potevano sussistere presupposti di compatibilità tali da giustificare l’uso che è stato fatto dei risultati delle indagini del Prof. Paoletti. Una volta riscontrate notevoli differenze fra le due metodologie, e verificato che lo studio Paoletti non conteneva i parametri necessari al tracciamento dei limiti di fascia A, Marchetti e Ghilardi hanno applicato un modello di calcolo, basandosi anche su nuovi rilievi topografici nell’area della “Cascinazza”, con il duplice scopo di verificare i risultati di precedenti studi e di analizzare la sensitività dei risultati dei calcoli dai dati utilizzati per descrivere la geometria dell’alveo e delle aree limitrofe.

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In tutte le analisi effettuate dai Prof. Marchetti e Ghilardi si è tenuto conto del fatto che l’Autorità di Bacino richiede, per eventuali modifiche del PAI, rilievi di maggior dettaglio di quelli utilizzati in precedenza3. In sintesi, le conclusioni dello studio dei Proff. Marchetti e Ghilardi hanno consentito di appurare quanto segue. A. - Le modifiche introdotte ai limiti di fascia contenuti nel Progetto 1999 del PAI sono state effettuate in modo approssimativo e non adeguatamente documentato. Come premesso, chi ha proposto le modifiche ha fatto riferimento - come noto - al recente studio del Prof. Paoletti. In detto studio l’analisi statistica delle piogge e lo studio della relazione fra piogge e portate risultano essere quanto di più accurato finora prodotto per quanto riguarda il bacino idrografico in esame (Fiume Lambro). Al contrario, i dati topografici utilizzati per la determinazione delle quote del pelo libero non si possono definire più accurati di quelli impiegati in precedenti analisi idrauliche, come invece richiesto dalle norme PAI nell’eventualità che si vogliano introdurre modifiche, anche perché non riferiti agli stessi oggetti. Dalla lettura della Relazione del Prof. Paoletti risulta infatti come egli si sia basato, per descrivere la geometria del Lambro ai fini del calcolo, su rilievi sì nuovi, ma effettuati solo in corrispondenza dei manufatti di attraversamento (ponti, briglie, ecc.) presenti sul Lambro, non facendo uso della grande quantità di dati disponibili relativi alle molte sezioni rilevate in passato per la stesura del “Piano Lambro”, e nemmeno di quelli delle sezioni fluviali usate dall’Autorità di Bacino per i calcoli alla base del tracciamento delle fasce fluviali del PAI. Ciò ha comportato, ad esempio, per il tratto di Lambro compreso fra il ponte del Canale Villoresi e il ponte stradale di Via Monte Santo, lungo circa due chilometri e limitrofo all’area oggetto della controversia, una descrizione dell’alveo basata su due sole sezioni rilevate (i due ponti citati) invece delle 14 (quattordici) usate nel Piano Lambro. Ne consegue, da questo punto di vista, che non sembra possibile definire lo studio in questione come “di maggior dettaglio”, come invece richiesto dalle norme tecniche PAI per l’elaborazione di proposte finalizzate alla modifica delle fasce fluviali. La ripercussione di questa semplificazione sui risultati è ovvia: la descrizione geometrica di un lungo tratto di Lambro basata solo sulle sezioni rilevate in corrispondenza dei manufatti di attraversamento, ossia dove l’alveo è più stretto, introduce nel modello di calcolo un alveo meno largo di quello reale; nelle formule entrano quindi sezioni più strette, e la corrente simulata non

3 Giova rammentare che qualsiasi modello per calcoli idraulici si basa su una rappresentazione

schematica della geometria dell’alveo: la geometria è ricavata da rilevi topografici, che per forza di cose

non possono essere effettuati in maniera da cogliere anche i minimi particolari. Ragioni connesse alle

tecniche di misura e al loro costo inducono infatti a limitarsi ad una descrizione geometrica approssimata,

tanto più precisa qunto più fedelmente segue la morfologia naturale.

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riesce a stare nell’alveo: in altre parole, dal calcolo risultano quote di pelo libero maggiori e, di conseguenza, aree potenzialmente allagabili più estese. B. - La modifica apportata al limite tra fascia A e B non è in alcun modo giustificabile con argomentazioni tecniche e non risulta conforme a quanto previsto dalla vigente normativa del PAI, in quanto essa è stata introdotta sulla base di studi idraulici che non contengono - né volevano contenere - gli elementi indispensabili al tracciamento della fascia A. Premesso e ribadito che nello studio del Prof. Paoletti non è contenuta alcuna proposta di modifica delle fasce fluviali del Lambro, si sottolinea che Paoletti non presenta alcun calcolo utile all’identificazione dell’estensione della fascia A: egli invece pone a confronto, ma senza proporre alcunché, la fascia B del PAI con l’area potenzialmente esondabile da lui calcolata in corrispondenza della piena bicentenaria; non pone invece a confronto la fascia A del PAI con la sua area di esondazione con tempo di ritorno di 50 anni: solo da altri, quindi, è derivata la proposta di modificare il PAI, non certamente in relazione all’area di esondazione da lui calcolata (con tempo di ritorno di 50 anni): C. - Anche la modifica apportata al limite orientale di fascia B, ammessa ma non concessa la sua validità, dovrebbe essere sostanzialmente rivista sulla base delle caratteristiche plano-altimetriche della zona, spostando il limite verso est almeno fino a Via M. Buonarroti, comprendendo in tal modo una vasta area già intensamente urbanizzata (questo aspetto potrebbe giustificare l’individuazione di un “Limite di progetto della fascia B” in corrispondenza del limite già individuato nel Progetto del PAI 1999. D. - Le nuove verifiche tecniche eseguite da Marchetti-Ghilardi, basate su criteri geomorfologici e idraulici e su rilievi di maggior dettaglio, hanno consentito di confermare la sostanziale validità dei limiti delle fasce riportati nel progetto 1999 del PAI, fatto salvo un ampliamento della fascia A (nella zona di Casa Cassina). E. - Un ulteriore elemento a sostegno della validità della posizione del limite della fascia B del Progetto 1999 del PAI deriva dal fatto che è stato accertato che esso corrisponde ad un cardine della centuriazione romana, che non ha subito nel tempo alcuna sensibile deformazione ad opera delle correnti di piena, fatta eccezione per la già richiamata zona situata nei pressi di Casa Cassina (vecchia ansa del Lambro). F. - Gli studi idraulici precedenti (Prof. Paoletti) hanno mostrato l’inutilità di utilizzare l’area in oggetto per ricavarne un’eventuale “cassa di espansione” per la laminazione delle piene locali. In estrema sintesi: dallo studio Marchetti e Ghilardi si ricavano i seguenti elementi: a) la sostanziale validità delle fasce precedenti la modifica; b) l’errato utilizzo dello Studio Paoletti ai fini di giustificare la predetta modifica; c) l’inutilità dell’area della Cascinazza ai fini della prevenzione del rischio idrogeologico qualora la si volesse identificare come “area di laminazione delle piene” (quest’ultima conclusione è invero ripresa dal precedente studio idraulico di Paoletti).

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8.2. - Studio commissionato dal Comune di Monza (Soc. Soilexpert - Anno 2002) Lo studio in esame è finalizzato, come si legge nella “Premessa”, “all’adeguamento del Piano Regolatore Comunale ai contenuti del Piano Stralcio per l’Assetto Idrogeologico del Bacino del Po” (PAI). L’impostazione del lavoro rispetta il cosiddetto “Metodo di approfondimento” per la valutazione delle condizioni di rischio nei territori della fascia C […..] nonché nei territori classificati come fascia A e B ricadenti all’interno dei centri edificati, così come proposto dall’allegato 3 alla Deliberazione della Giunta Regionale 11 dicembre 2001 n. 7/7365 (“Attuazione del Piano Stalcio per l’Assetto Idrogeologico del bacino del Fiume Po (PAI) in campo urbanistico”. Sempre nella premessa si specifica che lo studio è predisposto anche per il “raggiungimento di un livello di approfondimento superiore a quanto finora realizzato”. Conseguentemente lo studio riprende ed analizza i dati geometrici di tutti gli studi precedenti (Piano Lambro, Studio Paoletti, Autorità di Bacino) ad esclusione di quello di Marchetti e Ghilardi, che non viene mai citato. L’indagine aggiunge nuovi rilievi geometrici, effettuati in corrispondenza delle sezioni a suo tempo autorizzate dall’Autorità di Bacino, per poter aggiungere dettaglio proprio a quelle sezioni che furono utilizzate per la prima stesura delle fasce fluviali del Lambro. E’ interessante notare come l’analisi comparata dei dati geometrici trovi maggiori concordanze fra le vecchie sezioni del Piano Lambro e quelle oggetto dei nuovi rilievi, piuttosto che fra queste ultime e le sezioni utilizzate dall’Autorità di Bacino. Sulla scorta di questo approfondito studio della morfologia dell’alveo e del territorio ad esso circostante gli Autori dimostrano di essere in possesso dei requisiti richiesti per formulare proposte di modifica al PAI (ultima versione proposta). Nello studio si legge testualmente, a pag. 10 della Relazione cosiddetta di “3a

Fase” (R3 - Relazione idraulica), che “I risultati ricavati per mezzo di questa metodologia di calcolo potranno di conseguenza essere confrontati con quelli pubblicati nel PAI. I risultati potranno inoltre essere confrontati con parte di quelli dello studio Paoletti, anche se quest’ultimo non era finalizzato al tracciamento delle fasce fluviali, e precisamente con la fascia di esondazione della piena con tempo di ritorno di 200 anni; lo Studio Paoletti contiene anche risultati calcolati a partire dalla portata con tempo di ritorno di 50 anni che, naturalmente, non sono in alcun modo confrontabili con quelli qui esposti Si rileva dunque che anche lo studio commissionato dal Comune di Monza osserva che lo studio Paoletti non era finalizzato al tracciamento delle fasce fluviali, e che i risultati di Paoletti non erano dunque confrontabili con quelli ottenuti applicando invece le metodologie previste dalle Norme tecniche del PAI. A pag. 11 è oltretutto rilevabile un’osservazione che conferma quanto esposto dello studio Marchetti-Ghilardi circa il dettaglio della caratterizzazione geometrica ai fini dei calcoli idraulici: “lo studio Paoletti contiene dati recenti riguardo alla geometria dei manufatti esistenti quali ponti, traverse

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ecc., e riporta dati sulla geometria del fondo in corrispondenza della maggior parte dei manufatti; nello studio Paoletti sono riportate unicamente sezioni che coincidono con qualche manufatto, mentre non sono riportati dati relativi a sezioni coincidenti con quelle del PAI o del Piano Lambro”. Questa frase esprime molto chiaramente la mancanza dei requisiti di “maggior dettaglio” nello studio Paoletti. Lo studio commissionato dal Comune di Monza riporta i profili di pelo libero calcolati in corrispondenza delle portate previste dall’Autorità di Bacino per il tracciamento delle fasce A, B e C e, nelle tavole 5.3. e 6.3, le proposte di nuove fasce fluviali che riguardano anche l’area della Cascinazza (Tav. 5.3) e il confronto fra queste fasce e quelle contenute nell’ultima versione del PAI modificato (Tav. 6.3). Se ci limitiamo ad osservare l’area della Cascinazza, gli estensori dello studio propongono una fascia A molto vicina al Lambro ed una fascia B con il limite esterno coincidente in sostanza con il cardine romano di cui si parla ampiamente nella Relazione Marchetti-Ghilardi. Dal confronto tra le fasce emerge che quelle proposte nello studio qui in esame coincidono praticamente con quelle a suo tempo ricavate dall’Autorità di Bacino, mentre risultano molto più vicine al fiume di quanto lo siano quelle tracciate sulla base dello studio Paoletti. Confrontando i dati dello studio Soilexpert con quelli dello studio Marchetti-Ghilardi (allegato 6) che, si ribadisce, non viene mai menzionato nel primo, il limite esterno di fascia A risulta in alcuni punti più vicino al fiume di quanto lo sia il limite proposto dagli stessi Marchetti e Ghilardi; vi è invece coincidenza fra i limiti esterni di fascia B. Scendendo nei dettagli, lo studio Soilexpert descrive sinteticamente i risultati del calcolo relativo alla determinazione delle fasce, mettendo in luce come l’acqua possa anche arrivare a lambire la Casa Cassina, ma con profondità del tutto trascurabili e senza l’impeto necessario per causare situazioni di serio pericolo: a pag. 72 si legge infatti: “Supponendo comunque che vi sia esondazione di sinistra, il pelo d’acqua raggiungerebbe una quota praticamente identica a quella della strada che corre in prossimità della Cascinazza. Ipotizzando comunque che la strada venga sommersa, l’esondazione si fermerebbe comunque pochi metri più in là a causa dell’altimetria del terreno. La medesima altimetria evita anche che la piena catastrofica (T500) si spinga oltre”. Ancora, a pag. 77 dello studio, si sottolinea che: “In sinistra le piene raggiungerebbero il rilevato stradale di V.le E. Fermi, però superando di soli 2 cm. (T200) o 9 cm (T500) la strada che corre in direzione da nord a sud congiungendo V.le Fermi alla Cascinazza. Tenendo conto del modesto rilevo ad est di quest’ultima strada (v. foto pag. seguente), non incluso nei dati altimetrici, e del canale subito ad est di questo, nonché di quanto previsto nel calcolo per la sezione 55 più a monte, i limiti delle fasce sono stati tracciati proprio in coincidenza del rilevo citato”. Un ultimo importante rilievo occorre fare riguardo allo studio in esame: in relazione al tempo durante il quale lo stesso è stato effettuato, gli autori dello stesso hanno avuto la possibilità di verificare gli effetti dell’evento alluvionale - con vistosa esondazione del Lambro - verificatosi nei giorni 26-27

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novembre. Gli ultimi tre allegati cartografici dello studio descrivono appunto gli effetti dell’evento. In particolare la planimetria n. 3 (Carta dell’esondazione nel territorio comunale) descrive il fenomeno come verificatosi (sulla base dei rilevi effettuati in loco il giorno stesso in cui accadeva) sulle aree della ricorrente. Orbene, è possibile rilevare che l’esondazione (che ha investito tutto il territorio urbano) ha lasciato completamente indenne l’area ad est della strada corrispondente al tracciato della centuriazione romana. Il che costituisce una decisiva dimostrazione “in vivo” di quanto la ricorrente ed i suoi tecnici hanno ampiamente dedotto e sostenuto sul piano tecnico. La planimetria in questione costituisce la più sicura prova della fondatezza del ricorso. Conclusioni Vi è una sostanziale concordanza fra le conclusioni dei due studi considerati: ambedue riconoscono la completezza e il dettaglio dei risultati dello studio Paoletti riguardo alle portate di piena, sottolineando nel contempo l’impossibilità del confronto fra le fasce A da essi proposte e i risultati dello studio Paoletti, che non contiene alcun dato utile per il tracciamento di un limite di fascia A. I due studi si differenziano per la geometria utilizzata per i calcoli: mentre Marchetti e Ghilardi hanno scelto di approfondire il dettaglio geomorfologico dell’area esondabile della Cascinazza, gli estensori dello studio Soilexpert hanno effettuato nuovi rilievi in alveo. In ciò risiede, probabilmente, la ragione delle differenze riscontrabili nel tracciamento dei profili di pelo libero e nella perimetrazione della fascia A, differenze che risultano però assolutamente non significative. In definitiva, i risultati dei due studi concordano sostanzialmente e si discostano entrambi dalla modifica al PAI a suo tempo proposta (e poi attuata) sulla base di alcuni risultati dello studio Paoletti. ***** omissis

Per concludere il Piano stralcio per l'Assetto Idrogeologico è stato adottato con Deliberazione del Comitato Istituzionale n. 18 del 26 aprile 2001 ed è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 183 dell’8 agosto 2001.

Successivamente il DPCM del 30 giugno 2003 (pubblicata su Gazzetta Ufficiale dell’11 dicembre 2003) ha avuto lo scopo di attuare il PAI per verificarne la congruità rispetto ai problemi idrogeologici. Per quanto riguarda la città di Monza cosa è successo tra la prima e la seconda deliberazione?

1. nel corso dell’evento alluvionale ed esondativo del Lambro verificatosi nei giorni 26 e 27 novembre 2002 si è potuto dimostrare che la perimetrazione delle fasce fluviali del 2001 non era corretta (peraltro, ed è bene cominciare a ricordarlo, diversa da quella effettuata nel 1999 di cui l’Amministrazione comunale era a perfetta conoscenza).

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Con sommo dispiacere (supponiamo) dell’Amministrazione neo-eletta, mentre la città andava inesorabilmente sott’acqua (ed una persona moriva), le aree poste a sud del Comune (Cascinazza) non venivano interessate dall’alluvione. Dimostrando così (empiricamente) che non possono costituire vasca di laminazione.

Cascinazza, il cardine romano e la Cascina Cascinazza

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Cascinazza, il cardine romano

Monza, Centro città

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2. conclusione cui è arrivato lo stesso comune di Monza (già guidato da Faglia) quando nell’udienza del 19 marzo 2003 presso il Tribunale Superiore delle Acque pubbliche in Roma, ha depositato una studio affidato ad un gruppo di esperti guidati dal prof. Fabio Conti,che ha rivisitato tutte le problematiche relative all’assetto del fiume Lambro con approfondimenti e rilievi, ha dimostrato che l’area a sud di Monza non sarebbe mai stata interessata da esondazioni e che quindi il piano del 2001 era scorretto e quello del 99 corretto.

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Quindi con la deliberazione del 2003 l’Autorità di bacino ha semplicemente fatto il suo dovere sulla base dei dati empirici a disposizione; “Il PAI si configura come piano "cornice", che vede la sua attuazione nella dimensione dei Piani redatti dalle Amministrazioni locali (Piani territoriali, Strumenti urbanistici vedi PRG, Piani di settore) che, attraverso la verifica di compatibilità, ne realizzano un aggiornamento continuo. A seguito dell'approvazione del PAI nelle Regioni maggiormente interessate (Emilia-Romagna, Liguria, Piemonte, Lombardia, Valle d’Aosta, Veneto), è stata avviata la revisione degli strumenti urbanistici e di area vasta, oggi vigenti, per verificarne la congruità rispetto ai problemi idrogeologici. Conseguenza di questa operazione di vasta portata, considerando la particolarità del bacino sul piano nazionale per le sue dimensioni, ma anche per gli eventi idrologici che lo hanno interessato e che continuano a manifestarsi, è l’aggiornamento del Piano, che si è tradotto in termini di varianti e/o integrazioni dei contenuti sia normativi che tecnici”.

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11 . Note su quanto pubblicato sul sito www.cascinazza.info

“Riassumendo, e nel caso non fossimo stati chiari: La costruzione di canale di 7 km è stata pensata per mettere Monza in sicurezza non per autorizzare il fratello del Cavaliere a costruire...” Milena Gabanelli, Report, 23 ottobre 2005 ( a cura del Prof. Paolo Ghilardi, docente di …) I testi pubblicati sul sito web contengono varie inesattezze. In particolare, l’articolo “Uno scolmatore lungo 168.294.491 euro” afferma che tale scolmatore sarebbe stato progettato per poter modificare il PAI, che la Cascinazza potrebbe essere un’area di espansione naturale, che l’uso della Cascinazza come area di espansione sarebbe stato trascurato nello studio di fattibilità dello scolmatore. La realtà è completamente differente.

Innanzitutto, lo studio di fattibilità afferma chiaramente che

“…l’attività di modellazione [idraulica] ha riguardato inizialmente le condizioni attuali dell’alveo con la conseguente delimitazione delle aree di allagamento che lungo il tratto si producono per eventi di differente tempo di ritorno (10, 200 e 500 anni).”

Ciò significa che le fasce fluviali sono state tracciate solamente in base all’assetto idraulico attuale e quindi trascurando completamente la presenza dello scolmatore.

Al proposito vale la pena di sottolineare come i calcoli idraulici del tutto analoghi a quelli alla base del PAI siano stati effettuati anche nell’ambito di vari studi indipendenti da quello di fattibilità dello scolmatore. Fra questi figura anche quello per la “zonazione del rischio idraulico” depositato dal Comune di Monza al Tribunale delle Acque Pubbliche: in esso, riguardo all’area della Cascinazza, sono pienamente confermati i risultati che hanno portato al tracciamento delle fasce fluviali del vigente PAI.

Tornando alla studio di fattibilità, questo evidenzia in modo molto chiaro e inequivocabile che lo scolmatore è una soluzione pensata per porre rimedio alla verificata impossibilità di far transitare il Lambro in piena attraverso il centro di Monza, a causa dell’esiguità dei canali:

“…In particolare, si ha che il tratto che attraversa il centro urbano di Monza risulta essere compatibile con portate di circa 80 ÷ 90 m3/s, a fronte di portate idrauliche con tempo di ritorno di 200 anni pari a circa 200 ÷ 210 m3/s. Tale insufficienza è la causa dei frequenti e vasti allagamenti che interessano la città di Monza. Si segnala inoltre che i livelli di piena correlati alla precedente portata compatibile non rispettano comunque i franchi di sicurezza sui ponti. In altri termini con la portata di 100 m3/s numerosi manufatti in

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Monza presentano funzionamento in pressione. Diversi manufatti di attraversamento di notevole importanza risultano essere incompatibili con le portate di piena: tra tutti si segnala il ponte dell’autostrada A4 (sezione LA91), il quale per portate duecentennali risulta essere scavalcato dalla corrente idrica…”

“…Appare evidente la necessità di realizzare un’opera a monte di Monza che sia in grado di limitare la portata all’interno del centro di Monza entro valori compatibili con la situazione in atto…”

Al contrario di quanto affermato sul sito web, lo studio di fattibilità prende direttamente in considerazione tutte le possibili aree di espansione. Ad esempio:

“…la presenza di aree naturali (parco di Monza e Cascinazza) di estensione significativa in valore assoluto, ma modesta in rapporto alle volumetrie delle onde di piena attese…”.

La situazione è chiarita ancor meglio dal seguente brano anch’esso tratto dallo studio di fattibilità:

“…Proseguendo verso valle si hanno esondazioni diffuse su tutto il territorio di Monza, a partire dalla zona del parco, coinvolgendo il territorio del centro abitato di Monza (soprattutto in destra idraulica) e le aree naturali poste tra il Canale Villoresi e l’autostrada A4, in destra e sinistra.

L’intera superficie del territorio di Monza interessato da allagamenti è pari a circa 300 ettari (95 ha nel parco di Monza, 160 ha nel centro abitato di Monza e 45 ha nella zona sud).

Considerando unicamente le aree di esondazioni censite come aree di espansione naturale si ottiene un volume di invaso pari a circa 500.000 m3 all’interno del Parco di Monza e circa 250.000 m3 per quanto riguarda l’area sud.

Si evidenzia come tali volumi siano irrilevanti rispetto alle necessità di laminazione del Lambro. Il volume eccedente la portata compatibile del tronco in esame e in quello successivo è pari infatti a circa 6.000.000 m3…”

LOCALITA’ DA SEZIONE A SEZIONE AREA (HA) VOLUME (m3) LAMBRUGO LA126.1 LA124.4 30 300.000 NIBIONNO, INVERIGO LA124.3 LA120.1 80 800.000

VEDUGGIO LA120.1 LA117.3 30 200.000 LESMO LA102.4 LA101.8 20 100.000 PARCO DI MONZA LA100.1 LA96.4 95 500.000 MONZA SUD LA93.3 LA91.3 45 250.000 PARCO LAMBRO LA81 LA78 70 700.000 TOTALE 370 2.850.00

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Lo studio di fattibilità afferma ancora:

“È anche da sottolineare come l’intero volume idrico di esondazione nel centro storico di Monza e nelle citate aree a valle della città sia di entità assolutamente ininfluente ai fini della regimazione generale del Lambro a valle di Monza, in quanto i tiranti idrici di tali allagamenti sono abbastanza contenuti e determinano quindi volumi di laminazione ininfluenti rispetto al volume della piena di riferimento.”

In sintesi:

- Le fasce fluviali sono state tracciate senza considerare la presenza di alcuno scolmatore o opera analoga;

- Le fasce fluviali del vigente PAI sono in accordo con i calcoli idraulici effettuati nell’ambito di vari studi idraulici, ivi compreso lo studio effettuato dal Comune di Monza;

- la proposta di scolmatore nasce per difendere il centro di Monza, non l’area della Cascinazza;

- l’area della Cascinazza non può immagazzinare un volume di acqua sufficiente a laminare la piena del Lambro – occorrerebbe un volume 24 volte superiore;

- anche se l’area della Cascinazza fosse in grado di contenere un volume enorme di acqua, l’effetto della laminazione, in base ai più elementari principi di idraulica fluviale, si manifesterebbe a sud di tale area e non a nord.

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12 . I ricorsi

1. Cassazione

La vertenza, prendendo spunto dalla convenzione di lottizzazione del 1962 tra Comune e originaria proprietà dell’area di “Cascina Cascinazza”, riguarda le richieste formulate sin dal 1993 da ISTEDIN al fine di ottenere un equo indennizzo e/o un risarcimento per la compressione della qualità edificatoria delle aree ad essa rimaste in proprietà, senza poterne sfruttare le consistenti potenzialità edificatorie, e dunque per la restituzione o il rimborso del valore economico di quanto, in adempimento della predetta convenzione urbanistica, era stato per tempo trasferito al Comune di Monza nell’ottica di realizzare quella edificabilità che, però, è stata bloccata dall’Amministrazione con vari mezzi, nonché per il ristoro della loro diminuzione di valore conseguente alla mancata manutenzione oltre che per la restituzione o il rimborso del valore delle aree trasferite al Comune in forza della convenzione.

La sentenza della Corte d’Appello di Milano è stata impugnata con ricorso per Cassazione. Entro l’estate dovrebbe essere fissata l’udienza di discussione della causa. 2. La sentenza della Corte d’Appello di Milano, Sez. III n. 2776 del 29.10.2004 sulla causa per danni

Pur se sotto più aspetti censurabile, la sentenza d’appello conferma alcune circostanze di particolare rilievo per la vicenda in questione:

- sussistenza della convenzione di lottizzazione che ha conferito edificabilità alle aree IEI (punto 5 della sentenza);

- tra le ragioni per cui il giudice di appello del 2004 ha motivato di non accogliere le domande di ISTEDIN vi è anche il fatto che la stessa ISTEDIN da una parte dispone comunque di una edificabilità pari a 388.485 mc. assegnata dal PRG “Piccinato” del 1971, dall’altra ha rinunciato al ricorso TAR contro il PRG del 1971 che riduceva la cubatura da 1 milione a 388mila mc. Ciò non è più messo in dubbio dal Piano dei Servizi del 1980 perché quest’ultimo è da tempo divenuto inefficace con la conseguente riespansione del diritto (punto 8);

- viene dato correttamente atto che la natura ablatoria dei vincoli imposti dal Comune alle aree di proprietà della ISTEDIN era già stata accertata in primo grado dal Tribunale di Monza con statuizione non impugnata e da ritenersi passata in giudicato (p. 50 sentenza n. 2776/2004).

- pur rigettando la domanda di indennizzo di ISTEDIN (ragion per cui è stato proposto ricorso per Cassazione), la predetta sentenza rammenta correttamente che “secondo principi ormai consolidati sia a livello di diritto interno, che nell’ambito del diritto comunitario, pur in presenza di atti legittimi, la posizione soggettiva del proprietario – mentre può essere piegata a subire i superiori interessi della collettività – non deve essere a ciò ridotta senza alcun tipo di ristoro.” (pag. 50). Ciò posto la stessa

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sentenza dà atto (ibidem) che quanto meno il c.d. Piano dei Servizi del 1980 impose sulle aree ISTEDIN un “vincolo ablativo e non meramente conformativo”, sottolineando che il relativo accertamento fu operato dal Tribunale di Monza e passò in giudicato poiché il Comune omise poi di censurare specificamente la relativa statuizione;

- nella sentenza della Corte d’Appello si sostiene che ciò che “fa sorgere il diritto all’indennizzo è la reiterazione del medesimo [vincolo] dopo il primo quinquennio di efficacia del primo provvedimento”, ma che nel caso in questione non sarebbe stato “allegato e provato che il vincolo sia stato nuovamente imposto negli anni precedenti alla data della citazione” risalente al gennaio 1993 (p. 51 sentenza). Con ciò però risulta evidente che, ove dopo quella data si protraesse il blocco edilizio dell’area, , come in effetti è accaduto, per ciò stesso sarebbe dovuto un adeguato ristoro.

Ma la cosa più importante da dire è che la Corte di Appello di Milano ha valutato che per ora non ci sono danni perché la convenzione di lottizzazione non è risolta e costituisce tuttora titolo e diritto all’edificabilità. La Corte ha stabilito che l’eccezione di carenza di giurisdizione sollevata dal comune non può essere condivisa … perché … “ricorrendo in cassazione, il comune non ha sollevato alcuna censura in proposito, pur potendo (tentare di) soffocare ancora in quella sede – con la prescrizione ancor prima che con altre difese – la condanna al risarcimento pronunciata dalla Corte territoriale”. Ed ancora, cito testualmente, “ Nel caso di specie, infatti – come è stato già detto- le aree rimaste di proprietà dell’istituto hanno conseguito, per effetto della convenzione di lottizzazione, la classificazione urbanistica in termini di edificabilità: e certamente è mutata la qualità dei suoli, sia sotto il profilo economico che giuridico, tanto che sarebbe ammissibile, in ipotesi, un danno, anche prima del rilascio di una concessione edilizia”.

3. Nuovo PdL 2004.

- ISTEDIN presentava il Piano attuativo, denominato piano di lottizzazione “Cascinazza”, il 5.3.2004 prot.11878, prot. U.O. n. 01/04

- il TAR Lombardia-Milano, Sez. II, con sentenza 15.3.2005 n. 533, oramai passata in giudicato, ha accolto il ricorso con cui ISTEDIN ha chiesto l’annullamento dell’atto dirigenziale 27.12.2004 prot. 61239 con cui veniva sospesa ogni determinazione sul PdL ritenendo che a ciò ostasse la variante Tomè del 2002. Il TAR annullava il provvedimento soprassessorio assunto dal dirigente e nell’occasione concludeva espressamente circa l’attribuzione del «potere deliberativo in materia al Consiglio Comunale»;

- successivamente il provvedimento soprassessorio è stato reiterato con provvedimento di Giunta comunale del 24 maggio 2005, sempre sulla base del preteso contrasto fra esso «e la variante adottata il 25/03/2002 in ordine al peso insediativo proposto nettamente superiore a quello previsto dalla variante adottata». Questo provvedimento è stato impugnato con ricorso al TAR che con ordinanza ha sospeso la delibera della Giunta Comunale in

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quanto è “caducato il Tomè ed avendo ravvisato la Giunta quale sola difformità il mancato rispetto dei limiti dello stesso…”.

Il Comune ha impugnato l’ordinanza in Consiglio di Stato che l’ha sospesa e si è in attesa che sia emessa la sentenza di merito.

Il Comune, dopo aver chiesto con atto del 2 aprile 2004 alcune rettifiche della documentazione, cui ISTEDIN dava puntuale riscontro, ha esaurito e chiuso l’istruttoria relativa al p.l. in questione, tanto che la relativa relazione finale fu trasmessa il 2 novembre 2004 a Sindaco, Assessore e Segretario Generale per la conclusione del procedimento, senza sollevare mai ulteriori ragioni ostative l’approvazione del piano stesso se non la parziale difformità al PRG adottato nel 2002 (che peraltro riconosceva la vocazione edificatoria dell’area). A questo punto, non potendosi più applicare pretestuosamente le misure di salvaguardia (anche per via del termine triennale stabilito dalle modifiche della L.r. 12/06), non v’è dubbio che l’Amministrazione municipale debba pronunciarsi circa l’adozione del PdL di ISTEDIN. In conclusione tutto è lecito dire. Purché sia fatto onestamente a partire dalla realtà. E le vicende che si sono susseguite negli anni a Monza sono definibili semplicemente come vergognose.

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Appendice: Brevi cenni di storia urbanistica di Monza

Nel 1933 il Comune di Monza bandisce un concorso per lo studio del PRG, che viene adottato in due successive fasi tra il 1938 ed il 1941. Il PRG viene inviato il 17/7/1941 al Ministero LL.PP. per l’approvazione, ai sensi della legge 25 giugno 1865, n.2359; Successivamente, nel 1947 (dal 1° al 30° ottobre), il Comune pubblica il PRG adeguato alla legge 1150/42. Durante tale periodo non vengono presentate osservazioni. Il 22/1/1949 con nota n. 2209/21, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici esprime il proprio parere sulla proposta di PRG. Nel 1949 viene approvato il Piano Regolatore Generale con DPR 20/10/1949 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 114 del 19 maggio 1950. Nel decreto tra l’altro si legge: “(…) che appare quindi opportuno che: a) nel settore sud-est la fabbricazione prevista dal piano venga alleggerita sia evitando la creazione di un’edilizia di tipo intensivo, sia intercalando alla zona già parzialmente edificata larghe fasce di terreno libero da costruzioni…” “decreta … e salvo lo stralcio delle quattro zone indicate nelle premesse (sud-est, ovest;centro, fiume Lambro) da ristudiare in conformità delle indicazioni contenute nelle premesse, è approvato il piano regolatore generale del Comune di Monza” “Per lo stralcio delle parti stralciate del piano, è assegnato al Comune il termine di sei mesi dalla data del presente decreto” Il 22 novembre 1950 il Consiglio Comunale adotta un testo modificato di regolamento di attuazione del PRG. “Il testo viene elaborato da professionisti, organizzazioni tecniche, commissioni di edilizia ed ufficio tecnico. Tale regolamento venne pubblicato nei modi e nei termini previsti dalla legge urbanistica. Avverso allo stesso vennero presentate diverse osservazioni che vennero esaminate dal Consiglio Comunale il 16/3/1951. La delibera consiliare relativa fu approvata dalla G.P.A. l’11/6/1951. Tuttavia detto regolamento non venne inviato all’approvazione del Capo dello Stato poiché con la nota del 30/5/1950 il Ministero dei LL.PP. aveva precisato che le norme di attuazione del PRG di Monza avrebbero potuto essere approvate assieme al ristudio urbanistico delle zone stralciate dal piano approvato con Decreto del Presidente della Repubblica del 20 ottobre 1949. Ciononostante il Regolamento dell’11 giugno 1951 fu di fatto accettato ed applicato da costruttori e progettisti fino al 20 luglio 1959” (da: Piccinato,

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Relazione tecnica illustrativa alla richiesta di variante generale al PRG del 22/2/1964). Nel 1951 il Comune con delibera di C.C. del 16 marzo affida lo studio delle zone stralciate ai professionisti Dott. Ing. Vittorio Bellini, Dott. Ing. Vittorio Faglia, Dott. Arch. Gualtiero Galmanini. L’anno seguente i professionisti incaricati di studiare le zone stralcio presentano il lavoro. Nel 1959 viene adottato il nuovo PRG, con delibera C.C. 20/7/1959 n. 22847/62. Il P.R.G. viene pubblicato dal 20/9/59 al 19/10/59. L’edificabilità della Cascinazza è di 45.000 mc/ha, con destinazione edilizio-artigianale. “Art . 12 Zona C semi estensiva La densità edilizia massima non può superare i 45.000 mc/HA. Copertura massima: il 69% dell’area di proprietà al netto di strade. Sono ammesse solo costruzioni in serie aperta (libero perimetro). Le distanze dai confini non devono essere inferiori a ml 4 (…)” “Art.20 (…) chi intendesse fabbricare su aree non fronteggianti strade o piazze già aperte al pubblico passaggio dovrà prima comprovare di avere stabilito col comune gli accordi per l’eventuale accesso al costruendo edificio da strada pubblica esistente o da strada privata aperta al pubblico passaggio” Nel 1959 la Giunta provinciale amministrativa nella seduta del 4/9/1959 n.9320/58863 approva la delibera d’intesa di coordinamento tra il PRG ed il Piano Regolatore Intercomunale. Nel 1960 Il Comune di Monza con deliberazioni n. 73/74/75/76/77 dei giorni 11/13/15/18/20 luglio 1960 approvate dalla G.P.A. nella seduta del 2/9/1960 n. 9416/57358 Div. IV ha adottato le deduzioni alle opposizioni al PRG. Il 12/12/1960, il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici esprime un parere in cui invita il Comune di Monza a modificare le norme edilizie ed a rivedere la strutturazione urbanistica di un ampio settore della città, secondo ben precisi criteri, uniformando ad essi anche altre zone marginali tra le quali il terreno Cascinazza. Il 4/8/1961 il Ministero dei Lavori Pubblici esprime un nuovo parere. Nel 1961 il Comune di Monza, con deliberazione di C.C. 10/4/1961 n.55/12415, adotta le nuove NTA. In tali norme il Comune modifica le norme edilizie ed accetta i suggerimenti di riesame del piano. Con deliberazione di C.C. n.807/24132 del 25 luglio 1961, il Comune ha adottato alcune modifiche alle norme di attuazione del PRG, conformi ai suggerimenti in proposito del Consiglio Superiore LL.PP. e ha affidato lo studio

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della nuova e migliore strutturazione urbanistica di quei settori del territorio comunale indicati dallo stesso Consiglio, al Prof. Luigi Piccinato. Nel 1962 il Consiglio di Stato, sezione V, con decisione n. 214 del 10/3/1962, annulla il PRG. Il PRG, approvato con D.P.R. del 20 ottobre 1949, è ritenuto carente ed inapplicabile perché privo delle norme edilizie che devono formare parte integrante del piano e … interpretabile perché la genericità con la quale furono indicate nel decreto le zone da stralciare o da riesaminare “(…) non dà all’interprete alcuna possibilità, sia pure esaminando le piante allegate, di rendersi conto esatto delle prescrizioni e dei vincoli di zonizzazione” “Ora, le norme siano esse legislative o regolamentari, qualunque possa essere la loro natura ma tanto più quelle che, come nella specie, vengono a limitare un diritto costituzionalmente garantito come quello della proprietà, devono ovviamente essere non solo espressamente formulate, ma anche fatte conoscere a tutti”. Nel 1962, ad aprile il Prof. Luigi Piccinato presenta un progetto completo di PRG. “ (…) il piano, d’altra parte è stato assunto alla base di convenzioni con privati per l’utilizzazione edificatoria delle proprietà rilevanti, è stato rispettato nelle sue strutture viarie principali in tutto il territorio comunale e nella (quasi) totalità delle sue previsioni per quanto riguarda l’attività edilizia nelle zone per le quali il Consiglio Superiore del LL.PP. in sede di esame delle varianti 20/7/1959 ha proposto lo stralcio per un più conveniente ristudio” (da: Relazione tecnica illustrativa alla richiesta di variante generale al PRG del 22/2/1964). Il 20 luglio 1962 decadono le misure di salvaguardia (l.n. 3 novembre 1952 n.1902) per ciò che riguarda le destinazione di zona adottate nel 1959. Gli aspetti convenzionali (1962-1973) Con Delibera di C.C. del 22 ottobre 1962 n 159/44366, il Consiglio Comunale ha deciso di “(…) concludere un contratto con la Società Immobiliare Cascinazza di Monza S.p.A., in virtù del quale esso Comune avrebbe acquistato in proprietà diverse aree del Comune di Monza destinate a strada, parco, impianti sportivi ed altri usi pubblici anche in relazione al Piano Regolatore di Monza”. Con Delibera del 4 dicembre 1962 la Giunta Municipale approva lo schema del contratto con la Società Immobiliare Cascinazza S.p.A. Il 6 dicembre 1962 il Comune e la Società Immobiliare Cascinazza S.p.A. hanno sottoscritto un contratto preliminare conforme allo schema elaborato dalla Giunta Municipale

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Il 18 gennaio 1963 l’Avv. Delli Santi di Roma presenta all’Amministrazione Comunale un parere pro-veritate. Viene ripercorsa la storia urbanistica di Monza e l’Avvocato conferma il “(…) parere positivo sulla legittimità, opportunità e convenienza della convenzione con la Società Cascinazza e della conseguente approvazione della lottizzazione da parte del Sindaco”. “Nell’assoluta impossibilità di rendersi conto esatto delle prescrizioni e dei vincoli di zonizzazione del cosiddetto P.R.G. 1949 (piano comunque superato da quello adottato nel 1959, il quale previde per il terreno della Cascinazza una destinazione che consentiva anche la costruzione di edifici di civile abitazione per una cubatura superiore a quella approvata in sede di lottizzazione) avendo il Comune accettato il voto del Consiglio Superiore per ciò che riguarda la sistemazione delle rive del Lambro, il Comune ben poteva (o addirittura doveva – V. Scotto “La disciplina legislativa delle lottizzazioni in Consiglio di Stato 1960 pag. II) approvare un piano di lottizzazione pianamente rispondente alle già accertate previsioni generali di sviluppo di quel settore di città”. “Monza è in una condizione, come ho rilevato prima, paradossale: ha diverse norme urbanistiche, apparentemente accavvallantesi, di fatto, specie dopo la recente decisione del Consiglio di Stato, inesistenti o inapplicabili (P.R.G. 1949) o temporaneamente inoperanti (trascorso triennio di applicazione delle misure di salvaguardia almeno perciò che riguarda la zonizzazione – le norme edilizie sono state modificate e riadattate nel 1961 – per quanto attiene al P.R.G. 1959 (…) Né è a dire che ben il Sindaco avrebbe potuto con qualche espediente dilazionare l’approvazione della lottizzazione ed il Consiglio Comunale opportunamente rinviare l’approvazione della convenzione perché in applicazione del P.R.G. 1959 e dalla variante suggerita dal Cons. Sup. LL.PP. avrebbero ottenuto condizioni più favorevoli, giacché la cubatura complessivamente realizzabile in forza della convenzione è inferiore a quella del P.R. del 1959. E la proprietà, una volta approvato il P.R.G., non avrebbe più avuto la necessità , per realizzare un piano organico di costruzioni, di ricorrere ad un piano ufficiale di lottizzazione, essendo solo necessario garantire l’accesso ai lotti non gravitanti direttamente su strade di P.R.” Con Delibera del 15 febbraio 1963 n. 2409, prot. 9222, la Giunta Provinciale Amministrativa approva lo schema di contratto tra il Comune di Monza e la Società Immobiliare Cascinazza S.p.A.. Il 3 maggio 1963 il Prefetto di Milano ha vistato il contratto preliminare del 6/12/1962 (n. 33892 Divisione IV). Con Delibera di C.C. n. 135/49475 del 18 novembre 1963, il Comune di Monza approva la richiesta di autorizzazione ministeriale per procedere a variante al Piano Regolatore Generale della città di Monza.

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Il 22 febbraio 1964 viene redatta una “relazione tecnico illustrativa alla richiesta di variante generale al P.R.G. di Monza”. Il 12 marzo 1964 viene inoltrata dal Comune di Monza la richiesta di autorizzazione ministeriale per procedere a variante al piano regolatore generale della città di Monza “(…) chiede a codesto On. Ministero di autorizzare il Comune di Monza a dar corso a nuova variante generale al P.R.G. 1949 in sostituzione di quella adottata il 29/7/1949”. Il 21 maggio 1964 viene ratificata la convenzione tra il Comune di Monza e la I.E.I. poi confermata e ratificata con atto del 21.5.1964 n. 61055 rep. e n. 26099 racc. Notaio Dott. Mascheroni di Milano, reso esecutorio con un visto prefettizio n. 48000/IV del 3.6.1964 e registrato a Monza il 6.6.1964 al n. 6490 Volume 210. Il 13 giugno 1964, con nota di trascrizione registrata dalla Conservatoria dei Registri Immobiliari di Milano al n. 34253/27479, vengono trasferiti al Comune di Monza mq 282.300 con destinazione: mq 44.000 V.le Industrie mq 135.000 Parco mq 19.200 Strada N/S mq 10.400 Strada E/O mq 8.400 strada a gomito mq 4.700 strada parallela a sud a V.le Industrie mq 9.500 stradone nord mq 41.100 aree fabbricabili mq 10.000 impianti sportivi Il 25 giugno 1964, con nota di trascrizione intergrativa n. 37126/30014 all’Ufficio Registri Immobiliari di Milano, vengono identificate le porzioni di terreno rimaste in proprietà della I.E.I. pari a mq 424.850. In forza della convenzione urbanistica viene autorizzata l’edificazione di volumetria residenziale per mc 1.624.012 e di volumetria da destinare a servizi sociali per mc 200.000. Con delibera di C.C. n. 177 del 6/10/1964 il Comune di Monza adotta il nuovo Piano regolatore Generale, in esecuzione del proprio provvedimento n.135/49475 del 18/11/1963 (atti prefettura 18/4/1964 n. 30053) con il quale deliberava di richiede al Ministero l’autorizzazione ad apportare varianti al Piano Regolatore Generale di Monza. Sull’ area c.d. Cascinazza di proprietà della I.E.I. la capacità edificatoria viene ridotta a mc 764.322 . Dalla seduta di C.C. del 16 giugno 1964, Prof. Piccinato: “(…) il voto del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che anni fa, conscio che la Città di Monza continuava ad involgersi intorno al vecchio centro, diceva: basta. Cercate una soluzione diversa, cercate di configurare un

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organismo diverso, un vero organismo della città di Monza che non sia ancora quello antico ampliato, con una struttura che possa supportare le nuove dimensioni” Dalla seduta di C.C. del 22 giugno 1964, assessore Ing. Galbiati: “(…) nel 1949 la nostra città ebbe un piano; il Presidente della Repubblica firmò un atto di nascita, ma era l’atto di nascita di un morto”. (…) può essere forse oggi un motivo di perplessità, ma è certamente un motivo di meditazione il fatto che il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici approvò una parte notevole della grafia del piano e soprattutto approvò le norme. Se oggi ci si stupisce (e a torto) che nella città si sia costruito con densità eccessiva non si deve ignorare che il Consiglio superiore dei lavori pubblici ratificò i criticati 75.000 mc per ettaro per la zona A1. (…) non possiamo dire che nel 1961 e forse nemmeno nel 1962 ci fosse ancora una preparazione ad accettare determinati criteri che forse per un urbanista costituivano elementi pacificamente acquisiti ma che tali non erano per la grande massa del pubblico ed anche direi per gli amministratori comunali; e non erano preparati forse nemmeno i professionisti, pronti ad alzare la mano con il pollice verso nei confronti delle norme e della grafia del P.R. ma altrettanto pronti a portarci con l’altra mano dei progetti al cui confronto i 65.000 mc/HA apparivano una modestissima densità di campagna. Ci sono degli esempi che testimoniano tutto questo. Non vi era soprattutto una preparazione nel pubblico, soprattutto nei proprietari che dietro questi professionisti ne sollecitavano l’acume accioché dei terreni urbanizzabili monzesi venisse spremuto fino all’ultimo metro cubo. Nel frattempo il piano regolatore Piccinato, più o meno clandestinamente, con molte cautele veniva applicato, adottando il criterio di fare delle medie in modo da ottenere qualche risultato senza scontentare, senza arrivare ad una rottura, e veniva compiuta un’opera di persuasione. Sono stati commessi errori? Forse, ma non delle ingiustizie volontarie; d’altra parte c’è da domandarsi se sia (…) l’applicazione precisa, perfetta delle leggi; se possa esistere una giustizia urbanistica in Italia (…) Mi sentirei già sufficientemente soddisfatto di avere potuto compiere quest’opera di persuasione e di mediazione facilitata dal maturare di una notevole coscienza urbanistica, dalla visione di alcune esasperazioni locali, dalla discussione ormai estesa in sede nazionale di questi problemi così vitali” Dalla relazione del Prof. Piccinato: “(Nel dopoguerra) Monza era entrata nella grande espansione industriale di Milano (…) gli alti valori che i suoli dell’antica città assediata stavano assumendo, spinsero l’iniziativa privata alla speculazione, demolendo le vecchie case di tre piano, creando al loro posto enormi e massicci edifici. L’inevitabile grattacielo si insediò direttamente sulla piazza centrale.

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(…) la rete viaria regionale che consiglia il rafforzamento di insediamenti industriali di notevole peso sull’arco sud-orientale. (…) il piano afferma la necessità di un nuovo spazio verde di parchi e di attrezzature sportive, impostato sulle due rive del Lambro che, con il corrispondente Parco Reale a nord, completa un sistema verde a due grandi cunei che verrà a spaziare tutto l’organismo urbano” Il 17 novembre 1964 il Consiglio Superiore dei LL.PP. autorizza la redazione della variante al PRG in base alla richiesta formulata dal sindaco il 25 febbraio 1964. Nell’autorizzazione si legge che “(…) sebbene proposto di attrezzare a verde pubblico e sportivo la sponda del Lambro sia molto apprezzabile, essa deve essere ancora migliorata ampliandone la superficie mediante l’eliminazione delle zone industriali e mediante la riduzione del volume edilizio realizzabile nel nuovo quartiere prospiciente il viale delle industrie, a sud delle attrezzature sportive” Il 5 aprile 1965 il Ministero LL.PP. comunica l’autorizzazione preventiva alla variante al P.R.G. sulla base del parere del Consiglio Superiore dei LL.PP. del 17/1171964 n.2002. Il 30 aprile 1965 l’immobiliare Cascinazza presenta un’osservazione al PRG. Il 20 marzo 1967 il Consiglio Comunale esamina le osservazioni al PRG. Nel 1967 viene effettuato un accertamento di valore delle aree fabbricabili ai sensi della l.n. 5 marzo 1963 n. 246. Viene accertato un incremento di valore delle aree fabbricabili con imposta pari a £ 195.000.000; l’imposta viene liquidata mediante cessione al Comune di Monza di mq 98.943 -acquisto approvato con delibera 295/60867 del 5 dicembre 1966- (Atto di compravendita rep. generale del Comune di Monza n. 57224/26825, registrato a Monza il 12 gennaio 1968 al n. 297, vol.220; trascritto alla Conservatoria dei registri immobiliari di Milano il 14 novembre 1967 al n. 63554/47170). Tra il 1964 ed il 1967 sono cedute al Comune di Monza aree pari a mq 380.000 circa. Il 6 agosto 1967 viene approvata la legge n. 765 – “Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n.1150” il cui art. 8 che modifica parzialmente l’art.28 della 1150/42 reca: “Sono fatte salve soltanto ai fini del comma 5 le autorizzazioni rilasciate sulla base delle deliberazioni del Consiglio comunale, approvate nei modi e forme di legge, aventi data anteriore al 2 dicembre 1966. Il termine per l’esecuzione di opere di urbanizzazione poste a carico del proprietario è stabilito in 10 anni a decorrere dall’entrata in vigore della presente legge, salvo che non sia previsto un termine diverso”. Il 6 ottobre 1967 decadono le misure di salvaguardia (l.n. 3 novembre 1952 n.1902) per ciò che riguarda le destinazione di zona adottate nel 1964.

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Il 28 ottobre 1967 viene approvata la circolare del ministero dei Lavori Pubblici – Divisione generale dell’Urbanistica – Div. 23° n. 3210 – Istruzioni per l’applicazione della legge 6 agosto 1967, n.765, recante modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n.1150. “(… ) per raggiungere le finalità suindicate la legge prevede essenzialmente: (…) la regolamentazione delle lottizzazioni a scopo edificatorio, che vengono ad assumere il carattere di strumenti di attuazione dei piani regolatori generali; (…) L’art 28 della legge urbanistica stabiliva il divieto di procedere, prima dell’approvazione del piano particolareggiato a lottizzazioni di terreni a scopo edilizio senza la preventiva autorizzazione comunale. La mancanza di esplicito divieto di lottizzazione in assenza del piano regolatore generale e la diffusa carenza di tale strumento, ha fatto si che le lottizzazioni divenissero lo strumento normale di espansione della città e, più in generale, di realizzazione degli insediamenti residenziali. (…) D – Lottizzazioni poste in essere prima dell’entrata in vigore della legge 1) Lottizzazioni anteriori al 2 dicembre 1966 per le lottizzazioni poste in essere prima dell’entrata in vigore della nuova legge, questa dispone che sono fatte salve, soltanto ai fini del comma 5 dell’art.8 (…), le autorizzazioni rilasciate sulla base di deliberazioni del Consiglio Comunale aventi data anteriore al 2 dicembre 1966. Va quindi chiarito: (…) tale disposizione si applica soltanto alle lottizzazioni sulle quali sia intervenuta, prima o dopo l’autorizzazione , la delibera del Consiglio comunale approvata dalla G.P.A. (…) la norma de qua non può essere interpretata nel senso che le lottizzazioni fatte salve diventino “invulnerabili” rispetto alla regolamentazione urbanistica. Pertanto tali lottizzazioni, come tutte le altre – in base ad un principio di carattere generale affermato dalla giurisprudenza del consiglio di stato – possono essere modificate dai Piani Regolatori e dai programmi di fabbricazione o dalle varianti agli stessi, successivamente poste in essere.” (vedi anche Circolare del ministero dei lavori Pubblici – Direzione Generale Urbanistica e Opere igieniche – Div. XXII, n. 2465 del 7 luglio 1954 – Legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 – istruzioni per la formazione dei piani regolatori comunali: generali e particolareggiati). Il 14 dicembre 1967 con voto n. 1963 il Ministero dei LL.PP. valuta il progetto di variante meritevole di approvazione purché siano apportate delle modifiche, tra cui: “(…) le lottizzazione convenzionate prima dell’adozione del P.R.G. sono valide con particolari condizioni per la realizzazione nel tempo delle costruzioni” “Un’altra osservazione si ritiene di dover formulare in ordine al Parco Lambro (…) Si ritiene quindi necessario che essa venga ampliata,

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sopprimendo alcune aree destinate all’edificazione e vincolandole a verde pubblico” L’11 novembre 1970 con voto n. 1768 il Ministero dei LL.PP. valuta il progetto di variante meritevole di approvazione, purché vi siano apportate le modifiche indicate nel citato voto, relative all’osservanza degli standard urbanistici, di cui al menzionato D.I. 2 aprile 1968, numero 1944. La valutazione è trasmessa al Comune di Monza con nota n. 952 Div. 23° datata 15 marzo 1971. “d) (…) nonché per l’ampliamento della fascia a verde pubblico lungo il Lambro” Il 26 luglio 1971 il C.C. approva la delibera n. 142/34143 di controdeduzioni alle proposte di modifica al Piano Regolatore Generale formulate dal Ministero del LL.PP. Dall’intervento di Sangalli, capogruppo della Democrazia Cristiana: “(…) Nel 1960 la D.C. era di fronte ad un problema di necessità di alloggi che si quantificava (sottolineato del resto spesso in C.C. dallo stesso Avv. Stucchi), in 10.000 locali, e se il programma della D.C. teneva presente il problema Cascinazza, non era tanto per risolvere il problema degli alloggi unicamente attraverso la Cascinazza, ma era quanto meno il desiderio di vedere alleviato il bisogno immenso di locali anche attraverso la realizzazione della convenzione Cascinazza. Quindi non la volontà politica di portare avanti ad ogni costo la soluzione del problema Cascinazza, ma il desiderio appunto di trovare una soluzione al problema degli alloggi” dall’intervento dell’Assessore Galbiati: “(…) Soprattutto se si parla di riappropriazione in quanto è chiaro che noi non approviamo questa convenzione ma assumiamo soltanto dei deliberati di carattere urbanistico, i quali riguardano tutto il territorio del comune di Monza in cui evidentemente esiste la convenzione Cascinazza”. Il 26 luglio 1971 il C.C. approva un O.d.G. n. 143/34142. Il Consiglio impegna la Giunta Municipale a compiere quanto necessario per proporre al Consiglio Comunale una più adeguata soluzione urbanistica dell’intera zona oggetto della convenzione Cascinazza. La G.P.A nella seduta del 30/10/1971 n. 15536 prot. n. 18588 approva la delibera di controdeduzioni. Con D.M. 22.11.1971 n.177 viene approvata la variante al PRG. Le aree vengono previste edificabili come zona “D” (mc/mq 4) e “C” (mc/mq 5,5). Altre parti sono destinate a zona scolastica, ad opere pubbliche e sede di nuove strade, a zona “M” (verde pubblico) e zona “N” fascia di rispetto, mentre una parte manca di destinazione essendo la parte medesima stata stralciata dal D.M. 22/11/1972 di approvazione della variante al P.R.G.. Per la parte stralciata, originariamente edificabile, il Decreto Ministeriale invitava il

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Comune ad un ampliamento della fascia di verde pubblico prevista lungo il Lambro nel tratto a sud della Tangenziale sul canale Villoresi ed a sud del Viale delle Industrie. Quindi: -zona D mq 53.850 x mc/mq 4,0 mc 215.400 -zona C mq 32.470 x mc/mq 5,5 mc 173.085 -zona F mq 21.000 -zona M ed N -strade e stralcio mq 374.436 mq 481.756 mc 388.485 Con la delibera di approvazione definitiva la capacità edificatoria prevista sull’ area c.d. Cascinazza di proprietà di ISTEDIN viene ulteriormente ridotta a mc 388.485 (in realtà parte dell’area stralciata relativa a Cascinazza non sarà mai riadottata, lasciando dubbi sulla reale capacità edificatoria che, secondo alcuni, sarebbe ancora pari a mc 764.322 ). Nel 1973 I.E.I. presenta un progetto planivolumetrico per l’edificazione di mc 466.000 circa residenziali. Il Comune non ha assunto alcuna determinazione. Il 7 novembre 1974 si riunisce la Commissione Urbanistica e viene presentato, dalla proprietà, il nuovo progetto planivolumetrico. Nel 1978 viene effettuato un Accertamento INVIM decennale in seguito a dichiarazione n.190 del 28/03/75 riguardante mq 236.806. Conseguentemente viene pagata un’imposta di £ 29.015.000. Con delibera 31/5/1979 n. 1670 il Commissario Governativo del Comune di

Monza inserisce nel PPA l’intera area prevista come edificabile dal PRG (mc 388.485) con una prima fase edificatoria pari a mc 75.000. La IEI aveva chiesto l’inserimento di mc 230.000 circa. Con Delibere di C.C. 28/7/1980 n.333 , 15/9/1980 n. 339, e 6/4/1981 n.91 viene adottata la revisione delle previsioni del PRG per adeguarlo agli standard urbanistici (c.d. Piano dei servizi). Il lavoro è svolto dall’ufficio programmazione urbanistica del Comune di Monza e viene elaborato dagli architetti Faglia e Gerolini. Viene adottata una vera e propria variante al PRG con la supposta necessità di adeguare gli standard urbanistici del piano vigente alla legge urbanistica regionale (51/75). Tale variante destina le aree della I.E.I. ad “aree di attrezzature al servizio degli insediamenti residenziali”. In questo modo viene bloccata l’attuazione della capacità edificatoria prevista nell’allora vigente P.P.A. (1979/1982). Nel mese di marzo del 1984 la I.E.I. notifica al Comune un atto di significazione e messa in mora.

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Oltre ai fatti la società ha messo in rilievo come il Comune, proprio grazie alla convenzione con I.E.I., tra il 1964 ed il 1967, avesse ottenuto sin da allora (per un totale di mq 381.243) la proprietà di consistenti aree in conto oneri di urbanizzazione nonché il trasferimento di altre aree per un valore di £ 195.000.000 (a titolo di imposta su un preteso e mai realizzato incremento di valore dell’area). Il 26 ottobre 1992 la I.E.I. presenta istanza di inserimento nel PPA ai sensi della l.r. 15/84. Nel gennaio 1993 I.E.I. cita in giudizio il Comune per l’accertamento del proprio diritto al risarcimento dei danni relativi all’inadempimento della convenzione e per il comportamento sostanzialmente ablatorio del Comune di Monza. Nell’udienza del 7/7/1993 il Comune di Monza ha fatto rilevare che “la variante adottata dal Comune non è stata approvata dalla Regione” Il diniego di approvazione della Regione della variante c.d. Piano dei servizi ha avuto come effetto il ripristino della situazione urbanistica vigente nel 1980. Quindi furono ripristinati a favore della I.E.I. i diritti soggettivi edificatori pari almeno a quanto previsto nel Piano Piccinato di mc 388.485. Nel 1993 il Comune di Monza adotta una variante parziale al P.R.G. denominata “Parco di cintura ed aree ex C.D.”. Con questa variante parziale viene azzerata la capacità edificatoria dell’area Cascinazza Il 26 febbraio 1997 durante un incontro svolto in Comune di Monza con la Giunta, l'avvocato del Comune propone alla proprietà la cessione al Comune dell'area, per una cifra totale di circa 45.448.207,11 (88 miliardi di vecchie lire), sulla base di una stima (da verificare con l'U.T.E.) che si basa su valori accertati nel 1963 Con deliberazione di C.C. n. 23 del 7 marzo 1997, rettificata con deliberazione di C.C. n. 92 del 22 settembre e pubblicata il 10 ottobre viene adottata la variante generale al PRG. Con questa variante generale viene confermato l’azzeramento della capacità edificatoria con la previsione del “Parco urbano di cintura”. Nello specifico l’area è disciplinata dall’art. 25.4 delle N.T.A. Con delibera di G.C. n. 1413/1645 del 1/8/1997 il Comune incarica l’Ing. Montagna di effettuare la valutazione estimativa dell’area. Dalla stima dell’Ing Montagna sono emersi valori molto superiori rispetto a quelli preventivati dal Comune nella variante parziale del 1993. Nel frattempo anche I.E.I. aveva provveduto ad effettuare una perizia di stima. Il 21 marzo1997 la giunta Comunale approva la delibera n. 338/39983 per transazione dopo valutazione come da perizia.

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Il 1 agosto 1997 la giunta Comunale approva la delibera n. 1413/1645 di incarico al Dir. dell'UTE per perizia entro 30 sett: se la valutazione superasse il preventivo, nel PRG dovrà trovarsi adeguata capacità edificatoria a compensazione. Il 26 gennaio 2000 la giunta Comunale “delibera di proporre all’On. Consiglio comunale di voler deliberare” la riadozione … “della variante generale al PRG, adottata con deliberazione CC n. 23 del 7 marzo 1997, nel testo integrato, modificato e rettificato…”

Il 26 aprile 2001 viene adottato il PAI, Piano Stralcio per l’Assetto idrogeologico del bacino del fiume Po (Gazzetta Ufficiale n. 183 dell’8/08/01).

Con deliberazione di C.C. n. 8 del 25 marzo 2002 viene adottata la variante generale al PRG, quando il P.R.G. adottato il 7 marzo 1997 è divenuto inefficace per il decorso infruttuoso dei termini di salvaguardia (5 anni) dalla data di adozione. L’area è disciplinata dall’art. 25.4 delle norme del PRG “Parco urbano di cintura – zona F speciale di perequazione e riqualificazione”. Il 29 agosto 2002 la Giunta Comunale approva l’avvio del procedimento di alcuni provvedimenti in materia urbanistica (LR 1/2000, art.3,c.14)

Il 28 ottobre 2002 IEI presenta istanza tesa all’inserimento dell’area Cascinazza nel Documento di Inquadramento del PII (che il Comune non prende in considerazione)

Il 26 novembre 2002 la città di Monza viene interessata da un’alluvione con conseguente esondazione del Lambro , senza che le aree interessate dalla proposta di edificazione di Cascinazza ne siano interessate. (Peraltro nella stessa trasmissione di Report del 23 ottobre 2005 condotta da Milena Gabbanelli viene mostrata durante il servizio una planimetria –ai più illeggibile- che dovrebbe dimostrare che l’area edificabile è inondabile. Tale planimetria è corretta ma in realtà mostra il contrario di quanto sostenuto; e cioè che l’acqua durante l’esondazione del Fiume Lambro, con piene di tipo catastrofico, al massimo arriva sino alla strada di matrice romana e non interessa il sedime dell’edificazione…).

Il 29 maggio 2003 la Giunta Comunale con deliberazione N.20/694 approva la Digitalizzazione (“traduzione” informatica del materiale cartaceo) del P.R.G. Piccinato.

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Il 15 giugno 2003 il TAR concede la sospensiva sulla variante “Tomè” variante al PRG adottata in data 26/02/02: torna efficace il “Piccinato”.

A questo punto IEI attiva l’elaborazione del nuovo Piano di Lottizzazione per una cubatura di mc 488.485.

Il 29 luglio 2003 durante l’udienza in Consiglio di Stato per l’annullamento della variane “Tomè” i ricorrenti rinunciano alla lite: sentenza del TAR annullata e rivive il piano Tomè.

Il 29 gennaio 2004 in altro procedimento, il TAR annulla nuovamente la Variante “Tomè”.

Il 04 marzo 2004 il Comitato Intergovernativo approva variante al PAI per il Lambro ( per quanto riguarda Cascinazza, tra l’altro recepisce quanto tutti sapevano e dimostrato con l’alluvione del 26 e 27 novembre 2001 e cioè che l’acqua esondata si ferma al limite della centuriazione romana).

Il 05 marzo 2004 la IEI presenta, prot.N. 0011878 , settore Urbanistica Operativa n. 01/04, il piano di lottizzazione conforme al “Piccinato”

Il 20 marzo 2004 il Consiglio di Stato concede sospensiva e torna efficace la variante Tomè.

Il 30 giugno 2004 viene presentata dalla proprietà documentazione integrativa per il completamento dell’iter di approvazione del PdL, prot. 0032823.

Il 29 luglio 2004 l’ASL3 esprime parere favorevole condizionato al PDL: prot.45513.

Il 30 luglio 2004 ARPA esprime parere favorevole condizionato al PDL: prot. 102309/04

Il 3 settembre 2004 IEI presenta ulteriore documentazione integrativa al PdL, in riscontro ad esigenze istruttorie del Comune: prot. 0041615

Il 30 settembre 2004 nota dal comune per comunicare ritardo parere istruttoria: prot.0045574

Il 27 dicembre 2004, il dirigente del competente ufficio comunale esprime parere di SOSPENSIONE in merito alla adozione o al rigetto del PDL proposto (Prot. 61293).

Il 23 febbraio 2005 viene depositato da parte di IEI ricorso al TAR per sospensiva e annullamento dell’ atto dirigenziale sopra richiamato e del piano Tome’.

Il 24 febbraio 20 05 la Provincia di Milano (7502/10560/03) notifica il decreto in cui non accoglie la richiesta di Commissario ad acta fatta da ISTEDIN con la motivazione che il Comune non è “inerte”.

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Il 15 marzo 2005 il TAR accoglie il ricorso (sentenza n. 533) ed annulla l’atto dirigenziale del 2004. La sentenza viene notificata al Comune il 18/03/05 .

Il 15 aprile 2005 il Comune avvia procedimento per la redazione del PGT.

Il 29 aprile 2005 ISTEDIN diffida il comune ad approvare il PdL dopo ordinanza TAR annullamento atto Dirigenziale.

Il 3 maggio 2005 viene notificata la diffida al Comune per esame del PDL dopo che lo stesso Comune non ha ricorso contro la sentenza del Tar del 15/03.

Il 5 maggio 2005 ISTEDIN deposita ricorso in Cassazione della causa civile; N.R.G. 10492/2005.

Il 23 maggio 2005 ISTEDIN presenta nuova istanza alla Provincia di Milano per la nomina del Commissario ad acta. Nelle forme di legge.

Il 24 maggio 2005 la Giunta Comunale con deliberazione. n. 339 sospende la determinazione sul PdL che viene nuovamente impugnata al Tar.

Il 27 giugno 2005 la Provincia di Milano ( Atti n. 135731/10560/03) respinge la richiesta di Commissario ad Acta in quanto il Comune non è inerte.

Tra il 28 giugno ed il 27 luglio 2005 il TAR emette numerose ordinanze di sospensione di atti assunti dal Comune.

Il 6 aprile 2006 la giunta comunale delibera di trasmette il PGT al Consiglio Comunale per l’adozione.

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