4. lorizio-hermeneutica quale metafisica

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  • 7/28/2019 4. Lorizio-hermeneutica Quale Metafisica

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    Quale metafisicaper, dalla, nella teologia?Una riflessione teologico-fondamentale a 40 anni dallaDei Verbum1

    Giuseppe Lorizio

    [in Hermeneutica. Annuario di filosofia e teologia, Quale metafisica?, Morcelliana, Brescia 2005, 191-230]

    Il secolo che abbiamo alle spalle, forse anche grazie alla sua vera o presunta brevit, non hacerto riservato grande attenzione al pensiero metafisico, se si escludono alcune pregevoli eccezioni.Anzi, la filosofia del Novecento, nelle sue espressioni pi significative e rilevanti, ha coltivato unanotevole diffidenza nei confronti della metafisica, motivando il sospetto nei modi pi vari edifferenziati, e configurando in forma di volta in volta analitica o continentale una critica spessoingiusta, talvolta feroce, in ogni caso diffusa, che si avvalsa dei saperi scientifici, dellingressodella storia, della deriva ontoteologica e quantaltro, sempre e comunque nel tentativo dioltrepassare il metafisico e il sapere da esso generato, ritenendolo sostanzialmente inadeguato a

    pensare luomo, il mondo, Dio: gli elementi della Stella, che esigono un nuovo pensiero2 esempre nuovi approcci sia filosofici che scientifici.

    Il Novecento, tuttavia, sembra essersi chiuso con delle aperture, se non del tutto inedite,almeno dai pi e nel corso dei decenni, ritenute improbabili. Sicch la metafisica, per il tramitedella ontologia, tornata ad interpellare pensatori sia della tradizione analitica (con una certaapertura anche alla teologia filosofica) che di quella ermeneutica. E, se bisogna certamentesalutare con simpatia questo risveglio dellontologia, il pensatore attento non pu esimersi dalrilevare il riduzionismo intrinseco a tale operazione, che, mentre potr risultare proficua e

    certamente utile al ricupero dellistanza metafisica, daltro canto rischia di veicolare unidea disapere metafisico in cui questo viene fatto sic et simpliciter coincidere con la dimensioneontologica, certo imprescindibile, ma che rappresenta appunto una sola delle molteplici dimensioniattraverso cui la metafisica chiamata ad esprimersi.

    Un analogo travaglio ha vissuto e sta vivendo la teologia. Ha seguito la sua ancella finchquesta aveva una torcia con cui illuminare il suo cammino, ha continuato a seguirne le orme post oanti metafisiche, ritenendo di doversi liberare dalle strettoie ed angustie di schematismi fissisti edobsoleti, ha condiviso la sorte nihilistica implicita nel rifiuto dellistanza metafisica, mentre oggiritiene di non poterne fare a meno, ricuperando, per esempio attraverso lontologia trinitaria ciche aveva, non senza responsabilit, perduto. La vicenda e il rischio del riduzionismo ontologico

    sembrano riproporsi anche in ambito teologico. Lanalisi e il giudizio, per molti aspetti impietoso,non toccano i grandi maestri del Novecento teologico cattolico (penso a Rahner e von Balthasar, maanche a Lonergan e de Lubac), ma va riferito alla teologia feriale, cos come nelle scuole cattolicheviene quotidianamente formulata e proposta. Un abisso di distanza sembra separare i corsi difilosofia teoretica (tra cui quello di metafisica, che spesso diventato con operazioneriduzionistica nel senso sopra indicato di filosofia dellessere e della conoscenza) dagli

    1 La prospettiva e quindi il metodo in cui muovono queste riflessioni vuol essere quello della teologia fondamentale,ossia del credo ut intellegam ovvero della fides quaerens intellectum, tenendo tuttavia anche conto del carattere difrontiera di questo settore del sapere teologico e del suo naturale rapportarsi alle altre forme del sapere ed inparticolare alla filosofia. Per la prospettiva epistemologica in cui muoviamo cf G.LORIZIO,La teologia fondamentale,in ID.-N.GALANTINO (edd.),Metodologia teologica. Avviamento allo studio e alla ricerca pluridisciplinari, San Paolo,

    Cinisello Balsamo 20043, 376-430.2 Lallusione ai tre elementi della Stella della redenzione (Dio, mondo e uomo) e alla proposta speculativa diRosenzweig: cf F.ROSENZWEIG,La Stella della redenzione, a cura di G.BONOLA, Marietti, Casale Monferrato 1985 eID.,Il nuovo pensiero, a cura di G.BONOLA, LArsenale, Venezia 1983.

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    insegnamenti di teologia speculativa, schiacciati da un lato dalle discipline positive e dalla doviziadei loro risultati, dallaltro dal dover procedere a tentoni nella individuazione di infrastrutturefilosofiche il meno inadeguate possibile al mistero che intendono pensare ed esprimere, dopo averloaccolto nella fede. La crisi penso sia sotto gli occhi di tutti e non mi sembra richiedere ulteriorianalisi. Qui sar sufficiente rilevare (e saranno i punti che scandiranno le nostre riflessioni):

    a) un elemento di convergenza largamente (anche se ovviamente non unanimemente)acquisito circa la necessit di superare il modello teologico neoscolastico;

    b) il fatto che ormai sembra anche contestualmente da archiviarsi un atteggiamentodecostruttivo nei confronti almeno dellistanza metafisica, che va sempre pi riacquistando creditonel sapere teologico;

    c) il passaggio da una situazione di rifiuto alla problematizzazione pi autentica del tema:non pi nel quadro dellaffermazione o della negazione (spesso entrambe ideologicamentesostenute) della metafisica, bens nella forma del quesito: quale metafisica per la teologia? La

    risposta che indicheremo, come una possibile, pertinente pista da seguire sul piano speculativo e chegi abbiamo avuto modo di prospettare in altre occasioni, sar quella della metafisica della carit,evocando a tal proposito la figura di Antonio Rosmini Serbati (di cui celebriamo i 150 anni dallamorte).

    (a) La critica al modello neo-scolastico come noto si pu gi fruttuosamente rinvenirenellopera di Maurice Blondel e nel suo tentativo di risolvere il problema del soprannaturaleattraverso il metodo dellimmanenza proprio de LAction3, tentativo elaborato teologicamenteda H. Bouillard4 e rimesso di recente in auge nella teologia fondamentale, non senza un preciso edopportuno riferimento alla dimensione sacramentale-eucaristica di questo pensiero. In campoteologico proprio a partire dalla necessit di superare lestrinsecismo del modello neo-scolasticoche si sono andati elaborando e proponendo di volta in volta il modello antropologico-tascendentale

    3 Cf M. BLONDEL, LAzione. Saggio di una critica della vita e di una scienza della prassi, ed. it. a cura di S.SORRENTINO, San Paolo, Cinisello Balsamo 1993. Su questo autore e la possibilit di una lettura e utilizzazione inchiave teologico-fondamentale cf M.ANTONELLI, LEucaristia nellAction (1893) di Blondel. La chiave di volta diunapologetica filosofica, Pubblicazione del Pontificio Seminario Lombardo, Roma 1993; cf anche ID.,Lapologeticaintegrale e la sua anticipazione ne LAction, in La Scuola cattolica 121 (1993) 833-874 [si tratta del numeromonografico che la rivista del Seminario Arcivescovile di Milano ha dedicato a Blondel nel centenario della sua operaprincipale]. Cf inoltre D. CORNATI, Lontologia implicita ne LAction (1893) di Maurice Blondel, Glossa, Milano1998. Interessanti per la nostra tematica alcuni giudizi di P. Henrici, uno dei pi grandi specialisti di Blondel, in una

    intervista a LEspresso il 13 febbraio 2003: D. Tanti intellettuali cattolici del passato hanno osteggiato Blondel. Sipossono cogliere anche oggi segni di opposizione al pensiero blondeliano? R. C stata lomissione del nome di BlondelnellenciclicaFides et Ratio che in molti punti vicina al suo pensiero. Tra i filosofi esemplari del pensiero cristianomoderno, lui non stato nominato. Da quanto si pu giudicare dal testo, ci sono allusioni a Blondel. Ma il suo nomemanca. D. Ma in una recente intervista il cardinale Camillo Ruini, tra i maestri del pensiero cattolico, consiglia pure lalettura di Blondel. Una apertura? R. Il punto non Blondel. decisiva la tensione tra le diverse tendenze filosofiche eteologiche dei nostri tempi. C una tendenza neoscolastica che ha predominato, che stata preferita. Ma lontana daBlondel. Lui proviene dalla tradizione moderna, senza per questo essere anti-scolastico. A mio parere Blondel ilfilosofo del Vaticano II, in particolare per la sua convinzione che ci sia vera e propria compenetrazione tra realtterrestre e grazia divina. La modernit non un avversario da combattere, ma un accesso al cristianesimo (corsivomio). Il timore verso il rischio opposto dellintrinsecismo, accompagnato da una lettura pregiudiziale, che non tiene innessun conto levoluzione interna del pensiero blondeliano, ha determinato i severi giudizi di E. Gilson, di C. Fabro e dialtri rappresentanti della neoscolastica, avversari dichiarati anche della cosiddetta nouvelle thologie: polemiche del

    passato, ma che rischiano di inquinare il sereno contatto con un pensiero che pu risultare molto fecondo ed certamente stimolante, come mostra il giudizio di P. Henrici sopra riportato.4 Cf H. BOUILLARD, Logique de la foi. Esquisses. Dialogues avec la pense protestante. Approches philosophiques,Aubier, Paris 1964.

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    (rahneriano)5, il modello epistemologico (lonerganiano), il modello ermeneutico e la stessa propostafondativa balthasariana. Non si certo perduta listanza metafisica, ma, a livello manualistico, la si variamente elaborata, col rischio di diluirla e disperderla, attraverso ladozione, da parte dellateologia, di filosofie segnate dallo spirito antimetafisico o almeno nate e nutrite in questo orizzonte.Il nucleo portante della critica teologica attuale al modello neo-scolastico verte sul permanere in

    esso di un estrinsecismo epistemico strutturale, tendente a determinare il rapporto filosofia/teologianella direzione pressocch esclusiva della razionalit previa (e quindi appunto estranea-estrinseca)rispetto alla fede. Listanza metafisica, pur meritevolmente custodita, e i contenuti del saperemetafisico, in questa prospettiva teoretica, finiscono col restare ai margini dei misteri della fede edella elaborazione speculativa che di essi la teologia chiamata ad offrire. Di qui il disagio per lateologia di doversi servire di uno strumento che le risulta profondamente estraneo e per diversiaspetti alieno. Ma di qui anche una certa disinvoltura nellauspicare e nellattuare da parte deiteologi la pura e semplice evacuazione della tematica dei praeambula fidei nellelaborazione deimotivi di credibilit della Rivelazione e non solo a causa della loro qualit precipuamente filosofica,

    bens a motivo dellinvocato carattere intrinseco della razionalit che la fede esigerebbe.

    Di non secondario interesse e quindi meritevole di attenzione ci sembra la constatazione delfatto che la crisi del modello neo-scolastico si genera e si espone allinterno di istituzioni e scuoleteologiche, che quel modello, sia in filosofia che in teologia, avevano adottato e propugnato inmaniera fortemente convinta, almeno fino al Vaticano II. Oltre la neoscolastica, verso una nuovafilosofia. Quale? era linterrogativo posto senza mezzi termini gi nel 1968 in un articolo delgesuita Giovanni Battista Sala6, i cui contenuti sono stati recentemente ripresi dal confratelloSaturnino Muratore7. Rimando alle lucide analisi di questultimo per una descrizione dettagliatadella crisi e dei suoi elementi, mentre qui mi limito a segnalare come il suo teologo di riferimento,gesuita anchegli, Bernard Lonergan, amava annoverare fra i costitutivi di tale crisi la fine delclassicismo8, per il cui superamento ha alacramente lavorato.

    Non dobbiamo tuttavia dimenticare che il movimento tomista aveva gi registrato nelNovecento preconciliare sintomi di un radicale processo di revisione. Si tratta in primo luogodellazione di profondo rinnovamento del pensiero tomistico attuato nellambito del movimento cheallAquinate si collega anche per appartenenza religiosa. Il riferimento ad Ambroise Gardeil9 e aisuccessivi sviluppi del pensiero domenicano allinterno dellesperienza di Le Saulchoir10 sonorisultati decisamente fecondi per la teologia, anche se i contenuti di quella riforma richiedono decisee sostanziali integrazioni. La rivendicazione della centralit del dato in teologia si accompagna quialla profonda convinzione relativa al valore dellintelligenza e della razionalit, che la fides in statu

    5 Per la critica rahneriana al modello neoscolastico cf K.RAHNER, La fatica di credere, Paoline, Milano 1986, 98-100,

    dove si legge: La filosofia e la teologia neoscolastica, pur avendo al proprio attivo tante benemerenze, oggi sembra inqualche modo giunta alla fine e, pi avanti si afferma che il Concilio Vaticano II ha posto fine al periodoneoscolastico della teologia. La necessit del superamento del modello neoscolastico stata recentemente ribadita daB.SESBO, Comment sortir de la no-scolastique?, in Gregorianum86(2005)257-275,in un saggio pubblicato inoccasione del centenario dei due grandi teologi del Novecento, K. Rahner e H. U von Balthasar, nel quale si descrive lagenesi del loro pensiero.6 Cf G.B.SALA, Oltre la neoscolastica, verso una nuova filosofia. Quale?, inLa Scuola Cattolica 96 (1968) 291-333.7 Cf S.MURATORE, La crisi della neoscolastica, in ID (ed.), Teologia e filosofia. Alla ricerca di un nuovo rapporto,AVE, Roma 1990, 135-167. Sulla necessit di un superamento della teologia neoscolastica si pronunciano anche a piriprese e con modalit diverse gli esponenti della scuola teologica milanese cf un luogo per tutti: A. BERTULETTIP.SEQUERI, La rivelazione come principio della ragione teologica, in AA. VV., La teologia italiana oggi. Ricercadedicata a Carlo Colombo nel LXX compleanno a cura della Facolt Teologica dellItalia Settentrionale, Morcelliana,Brescia 1979, 150-151.8 Cf S.MURATORE, art. cit, 163-164.9 Di A.GARDEIL ricordiamo in particolare:La crdibilit et lapologtique, Cabala, Paris 1928 (nuova edizione) e Ledonn rvl et la thologie, Cerf, Paris 19322.10 Cf a questo riguardo il Forum ATI, inRassegna di Teologia 41 (2000) 116-125.

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    scientiae non pu mai dimettere, con la convinzione che la filosofia una ricerca, una ricercareale, unindagine personale, drammatica, si direbbe oggi, e non una rete di premesse e diconclusioni logicamente concatenate, costruita in anticipo, secondo una verit da ricevere bellefatta, con una facile docilit11, e ancora: Non si passa dalla metafisica alla teologia [] ungrave errore trattare, come una logica successione metafisica, teodicea e teologia12. Dal nostro

    punto di vista sembra interessante lannotazione di D. Chenu intorno allopera di A. Gardeil: Ledonn rvl et la thologie: non il titolo qualunque di unopera di Gardeil: questenunciatodefinisce per antitesi lasse su cui effettivamente organizzato il lavoro e lungo il quale sonoripartiti e qualificati le materie e i metodi di un insegnamento per lintero suo percorso, dal datorivelato al dogma, dal dogma al dato teologico, dalla scienza teologica ai sistemi teologici 13.Analogamente non si pu non tener conto dellesperienza dei gesuiti francesi e del loro scolasticatodi Fourvire, dove linflusso di Blondel certamente si fatto sentire. Una ricostruzione, a mo di

    bilancio, di queste teologie nellorizzonte del rapporto fra sapere della fede e filosofia stata offertada X. Tilliette, nella sua relazione per il centenario della facolt teologica di Posillipo, dove rilevavauna preziosa interferenza della filosofia (metafisica) e della teologia, che Joseph Marchal nonavrebbe sfruttato, ma di cui si sono fatti carico i suoi discepoli, come il P. Malevez. Marchal

    ricorre al teologumenon della potenza obedienziale per colmare lo scarto che una pura graziadeve colmare. Non aderisce affatto alla concezione restrittiva della filosofia inalberata daiconfratelli non gesuiti della Scuola di Lovanio. Marchal era una lettura pregevole nello scolasticatofrancese fra le due guerre, nel quale ha aiutato a vitalizzare il tomismo. P. de Lubac, nellaConnaissance de Dieu e Sur les chemins de Dieu, segue ovviamente le orme di Blondel, ma pure diMarchal e di Rousselot; lagostinismo dello slancio spirituale viene puntellato da una dinamicaconcettuale, razionale, che si riattacca allimmagine di Dio. Con qualche sfumatura P. Bouillardindirizza la sua lettura di Blondel verso una precomprensione di Dio e addirittura delcristianesimo14. I percorsi sia pur differenziati e fortemente pluralistici di rinnovamento del

    pensiero teologico faranno s che i tempi siano maturi per un ripensamento del rapportoRivelazione/metafisica in grado di accompagnare e seguire il Vaticano II e la sua ricezione15.

    11 M.D.CHENU,Le Saulchoir. Una scuola di teologia, Marietti, Casale Monferrato 1982, 66.12Ib., 63.13Ib, 39.14 Per questi riferimenti cf X.TILLIETTE, Filosofia e teologia nel Novecento europeo. Lapporto dei gesuiti, in E.SALVATORE (ed.), I gesuiti a Napoli. Lo studio teologico di Posillipo (1898-1999), Collegium Professorum, Napoli2000, 37-50. Per ulteriori approfondimenti si legga il saggio storico di G. RUGGIERI, Apologia cattolica in epocamoderna, in ID. (ed.),Enciclopedia di teologia fondamentale. Storia - Progetto - Autori - Categorie, Marietti, Genova1987, 275-348.15 E che il superamento del modello neoscolastico non si configuri nella forma di una sorta di operazione rivoluzionariao spregiudicatamente innovativa, lo testimoniano le considerazioni svolte meno di dieci anni fa dal card. Ratzinger, chesi interrogava intorno alla situazione del sapere teologico e ai compiti dello stesso: Ritengo che il razionalismo

    neoscolastico sia fallito nel suo tentativo di voler ricostruire iPraeambula Fidei con una ragione del tutto indipendentedalla fede, con una certezza puramente razionale; tutti gli altri tentativi che procedono su questa medesima strada,otterranno alla fine gli stessi risultati. Su questo punto aveva ragione Karl Barth, nel rifiutare la filosofia comefondamento della fede, indipendentemente da quest'ultima: la nostra fede si fonderebbe allora, in fondo, su mutevoliteorie filosofiche. Ma Barth sbagliava nel definire perci stesso la fede come un semplice paradosso, che pu sussisteresolo contro la ragione e in totale indipendenza da essa. Una delle funzioni della fede, e non tra le pi irrilevanti, quelladi offrire un risanamento alla ragione come ragione, di non usarle violenza, di non rimanerle estranea, ma di ricondurlanuovamente a se stessa. Lo strumento storico della fede pu liberare nuovamente la ragione come tale, in modo chequest'ultima messa sulla buona strada dalla fede possa vedere da s. Dobbiamo sforzarci di ottenere un simile dialogonuovo tra fede e filosofia perch esse hanno bisogno l'una dell'altra. La ragione non si risana senza la fede, ma la fedesenza la ragione non diventa umana (il testo in una conferenza tenuta in Messico dal Prefetto della Congregazione perla Dottrina della Fede nel 1996 e pubblicata sia ne LOsservatore romano del 27 ottobre dello stesso anno sia ne LaCivilt Cattolica, q. 3515 del vol. IV dello stesso anno: il testo si trova anche in internet:

    http://www.ratzinger.it/conferenze/crisiteologia.htm). Si tratta, a nostro avviso, di pensare il rapporto fede/ragione neitermini di una alterit non alternativa, come abbiamo mostrato in G.LORIZIO,Fede e ragione, Due ali verso il Vero,Paoline, Milano 2003, nel tentativo di rifiutare sia il falso dilemma fede/ragione, sia laltrettanto ingannevolecontrapposizione amore/verit, propugnata in un recente saggio di V.MANCUSO,Per amore. Rifondazione della fede,

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    A questo riguardo sarebbe miope non constatare come limpianto strutturale neo-scolastico

    sia stato profondamente messo in crisi, almeno per quanto riguarda la teologia fondamentale, dallacostituzione dogmatica Dei Verbum. Si tratta ovviamente di una crisi salutare, che, mentredetermina di fatto loltrepassamento di tale modello, se correttamente compresa, non perde nulla di

    quanto elaborato e custodito con tanta fatica in quella sede. Il primo elemento implicante lanecessit di un rinnovato rapporto fra Rivelazione e metafisica e quindi fra teologia e filosofia dato dallo schema stesso della costituzione, confrontato con limpianto dellaDei Filius. Mi riferiscoalla differente sequenza impressa alla successione delle trattazioni sulla Rivelazione e sullaCreazione. Se neoscolasticamente appunto il Vaticano I faceva precedere la trattazione dellaCreazione a quella sulla Rivelazione, qui non solo invertita la successione delle tematiche, ma il

    primo termine risulta profondamente incluso nel secondo, sicch per adeguatamente comprenderlo edescriverlo, bisogna attendere il n. 3 della Dei Verbum, dove si adotta la categoria dellatestimonianza del creato rispetto a Dio. Questo recupero della dimensione rivelativa dellacreazione (e quindi della dimensione cosmico-antropologica della rivelazione) offre la possibilit diuna ripresa teologica dellistanza metafisica, e al suo interno delle tematiche deipraeambula fidei16

    e del duplex ordo cognitionis. A proposito di questultimo nodo epistemologico fondamentale, chelaDei Filius17 indica come imprescindibile per un approccio cattolico al rapporto fede/ragione, laDeiVerbum riprende al n. 6 e la Fides et ratio di fatto adotterebbe come schema interpretativofondamentale del rapporto fede/ragione, mi sembra molto importante rilevare che su questo puntoche si gioca la continuit fra la Costituzione dogmatica del Vaticano I, quella del Vaticano II elenciclica di Giovanni Paolo IIFides et ratio. Accogliere il dettato conciliare relativo al duplex ordocognitionis non significa infatti ipso facto adottare il modello neoscolastico e la sua struttura.Ponendoci al di fuori della requisizione neoscolastica (denunciata da P. Sequeri a riguardo dellaDei

    Filius18) e cercando di valorizzare la sobriet del dettato conciliare ci sembra di dover svolgere leseguenti considerazioni in ordine alla tematica del duplex ordo. In primo luogo va sottolineato ilgenitivo che segue: si tratta infatti di un duplex ordo cognitionis: in particolare, si afferma la duplicedifferenza fra ragione e fede: differenza di principio (quanto allessere, cio, strumenti diconoscenza) e di oggetto (perch i mysteria in Deo abscondita sono del tutto irriducibili ad quaenaturalis ratio pertingere potest). Questa distinzione si evidenzia nel fatto che la ragione pu

    pervenire ad una mysteriorum intelligentiam eamque fructuosissimam, ma non pu penetrare leverit di fede che oltrepassano omnino lintelletto creato. La distinzione non potr mai significareuna vera dissensio (divergenza) fra entrambi per la comunanza dellorigine, Dio, appunto, che rivelai misteri e crea la ragione. La distinzione, piuttosto, implica reciproco, necessario aiuto, nel pigenerale orizzonte dellaffermata superiorit della fede sulla ragione.

    In secondo luogo la dottrina del duplex ordo cognitionis ci sembra contribuire a chiarire la

    specificit (ilproprium) del modo cattolico di intendere la Rivelazione e di metterla in circolo con lafede e la ragione (Hoc quocumque perpetuus Ecclesiae catholicae consensus tenuit et tenet, duplexesse ordine cognitionis). Ma ci sar possibile a condizione che tale dottrina non venga interpretata insenso dualistico ed estrinsecistico. Infatti sembra ormai pacificamente acquisito che non si debba

    parlare di una duplice rivelazione (naturale e soprannaturale) e tuttavia la dottrina cattolica del duplex

    Mondadori, Milano 2005, la cui prospettiva teoretica dal nostro punto di vista del tutto inaccettabile. Per il punto divista di unalterit non alternativa tra fede e ragione, filosofia e teologia cf A.FABRIS, Teologia e filosofia, Morcelliana,Brescia 2004.16 Non ci soffermiano qui sulla tematica dei praeambula, gi ampiamente trattata in G.LORIZIO, Fede e ragione, cit.,108-118.17 Per il testo dellaDei Filius e le citazioni che seguono cf DS, 3000-3045.18 P. SEQUERI,Il Dio affidabile. Saggio di Teologia fondamentale, Queriniana, Brescia 1996, 56. Cf anche lequilibratogiudizio espresso da uno specialista del Vaticano I come H. J. POTTMEYER, La costituzione Dei Filius, in R.FISICHELLA (ed.),La teologia fondamentale. Convergenze per il terzo millennio, Piemme, Casale Monferrato 1997, 37-38.

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    ordo pu contribuire a una elucidazione pi adeguata dellunica Rivelazione del Dio unitrino in GesCristo, interpretata ed esposta secondo una duplice dimensione: quella cosmico-antropologica e quellastorico-escatologica. Qui appunto la bidimensionalit non va intesa come separazione, ma neppurecome confusione degli ambiti, bens come opportuna distinzione degli stessi. Questo ci sembrasostanzialmente il modo in cui Fides et ratio fa propria la dottrina della Dei Filius, senza adottare il

    modello in cui tale dottrina si in maniera privilegiata storicamente espresso. A suffragare taleinterpretazione dellenciclica ci sembra possa essere sufficiente il richiamo della formulazione intornoalla creazione come tappa o stadio (stadium) della Rivelazione presente al n. 19. Il richiamo a questoluogo del documento consente a nostro avviso un triplice guadagno teoretico-epistemologico: a)contribuisce a giustificare ed eventualmente suggerire linteresse della teologia per il tema dellacreazione e il dialogo con le scienze della natura19; b) sostiene lautonomia della ragione, dainterpretarsi nei termini dellautonomia creaturale (un legame non soggiogante); c) rende plausibilelinteresse della filosofia per la tematica della Rivelazione, in quanto non si tratta soltanto di poterscegliere autonomamente il proprio oggetto dindagine, bens di muoversi in un orizzonte di fortesinergia con qualcosa che le in un certo senso connaturale.

    Inoltre, se si pensa allimportante riferimento di Dei Filius al fine soprannaturale delluomo,atto a motivare la necessit della Rivelazione (quia Deus ex infinita bonitate sua ordinavit hominem ad

    finem supernaturalem), si pu facilmente cogliere la plausibilit della nostra interpretazione chedeclina il duplex ordo cognitionis nella linea della duplice dimensione dellunica Rivelazione.

    peraltro questa lunica possibilit che ci sembra di intravedere, onde fugare il timore, pi o menogiustificato, dei critici del duplex ordo, che attraverso tale dottrina ritorni in teologia fondamentalelestrinsecismo proprio del modello teologico neo-scolastico e della sua manualistica. La dottrina,infatti, pu essere ulteriormente sviluppata nella direzione del rapporto necessariamente asimmetricofra la dimensione cosmico-antropologica e la dimensione storico-escatologica della Rivelazione. Inogni caso il duplex ordo cognitionis, neppure nella peggiore neoscolastica, stato e pu essereinterpretato come duplex ordo veritatis. La Fides et ratio, peraltro insiste sul tema dellunit dellaverit, da cogliersi nellorizzonte sapienziale che la stessa Rivelazione ebraico-cristiana fa proprio.

    Pensare teologicamente lautonomia della ragione significa quindi in primo luogo rapportarelesercizio della conoscenza razionale allambito creaturale, laddove da un lato dato cogliere la

    profonda alterit del mondo e delluomo rispetto a Dio (che nella creazione appunto con attointelligente e libero pone laltro da s e quindi fonda lautonomia del mondo e delluomo), dallaltro illegame del finito con lInfinito e dunque la possibilit di cogliere nel contingente le tracce dellEterno.La figura della ragione creata fa riferimento anche al limite che lo stato creaturale comporta edesprime. Un limite ulteriormente approfondito dal peccato, che rende inferma la creatura umana equindi anche la sua razionalit20. La redenzione portata e realizzata da Cristo non pu non riguardare

    anche lattivit conoscitiva delluomo, sicch alle figure della ragione creata e della ragioneinferma, si accompagna quella della ragione redenta, che si esercita storicamente eteoreticamente nel sapere teologico e nella filosofia cristiana. A questa figura risulta ispirata lasuggestiva espressione di Blondel secondo il quale la filosofia autentica la santit dellaragione21.

    19 Cf le incursioni di Wolfhart Pannenberg su queste tematiche: W. PANNENBERG, Dio come Spirito e le scienzenaturali, inLateranum 68 (2002) 9-21, il lavoro dellarea di ricerca SEFIR, a partire da P. CODAR.PRESILLA (edd.),Interpretazioni del reale. Teologia, filosofia e scienze in dialogo, PUL - Mursia, Roma 2000, e le riflessioni di J. MOLTMANN, Scienza e sapienza. Scienza e Teologia in dialogo, Queriniana, Brescia 2003.20Fides et ratio rammenta questa realt, anche in rapporto allesercizio della filosofia: I filosofi per primi, d'altronde,comprendono l'esigenza dell'autocritica, della correzione di eventuali errori e la necessit di oltrepassare i limiti troppo

    ristretti in cui la loro riflessione concepita. Si deve considerare, in modo particolare, che una la verit, bench le sueespressioni portino l'impronta della storia e, per di pi, siano opera di una ragione umana ferita e indebolita dal peccato(FeR, 51)21 M.BLONDEL,LAzione, cit., 552.

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    Mi sembra importante a questo punto ribadire il carattere teologico-fondamentale di questa

    ripresa, che non pu non sottolineare il punto di vista della fede e del suo primato rispetto alla puraragione e al suo esercizio, il che consente il superamento di ogni prospettiva razionalistica (anchedi razionalismo teologico) e fideistica, in quanto, se correttamente inteso, il rapporto con la fede

    teologale non mortifica o indebolisce la ragione, ma vale a redimerla e potenziarla. La fede intesacome fondamento delle cose sperate (Eb 11,1) va cos pensata anche in rapporto al pensiero, ntale fondazione della fede da intendersi in senso assoluto (in quanto la fede si fonda sullaRivelazione), bens a) in rapporto alla pura ragione, in quanto latto del credere non nasce comeconseguenza logica di un ragionamento o di una serie di ragionamenti, implicando lobbedienza nonsolo della dimensione conoscitiva, ma anche di quella volitiva e di quella affettiva (ossia di tutta la

    persona), b) in rapporto al carattere soprannaturale (grazia) della fede stessa, che, prima dicostituirsi come risposta delluomo a Dio che si rivela, dono di Dio. Naturalmente qui vale la tesitommasiana secondo cui la grazia non distrugge, ma perfeziona la natura, ma questoperfezionamento o compimento non si genera nei termini di unautotrascendenza, ma del donogratuito, ovvero della irruzione del soprannaturale nella natura e nella storia.

    Una seconda serie di considerazioni, a partire dalla Dei Verbum, in rapporto allaDei Filius,riguarda la trasposizione dei termini bont e sapienza in rapporto allagire rivelativo di Dio. Sitratta di sottolineare il primato dellorizzonte agapico, entro il quale va incluso e quindiassolutamente non escluso, lorizzonte sapienziale del rapporto fede/ragione e questo ancora unavolta costituisce un elemento non marginale di differenziazione dal modello neoscolastico, chetendeva a privilegiare la dimensione intellettualistica della ricerca del Vero e della credibilit dellaRivelazione cristiana. proprio dalla coerenza con questa scelta conciliare che prende le mosse ilnostro tentativo di riproposta della metafisica della carit.

    Una terza annotazione a proposito del magistero conciliare, viene a sottolineare il passaggioda una concezione della rivelazione come locutio Dei attestans (secondo la manualisticaneoscolastica) ad una concezione profondamente sacramentale dellautomanifestazione di Dionella storia, la cui struttura viene indicata da Dei Verbum nella formula gestis verbisque. Il nessoevento-parola, nel testo esplicitato e indicato come elemento costitutivo della rivelazione stessa, incui si intravede la problematica sottesa al termine ebraico dabare la stessa logica neotestamentariadel lgoj srx, decisamente complesso e per nulla facile districare. In primo luogo va notato chequi confluiscono due tendenze molto vive del pensiero filosofico del Novecento, che ha offertocontributi di notevole spessore intorno allanalisi del linguaggio umano, riguardo al tema dellastoricit dellessere e intorno al rapporto fra queste due dimensioni fondamentali non solo e in

    primo luogo antropologiche, ma propriamente ontologiche. Raccogliendo i risultati di tale

    riflessione e confrontandoli con la teologia della rivelazione dobbiamo osservare come risultidecisamente fuorviante separare o contrapporre laspetto storico-eventuale della manifestazione diDio dallaspetto intelligibile-dicibile della stessa, giacch, in una prospettiva unificante e diintreccio reciproco, levento di fatto gi parla e inversamente e reciprocamente la parola accade, percui isolare queste due dimensioni portanti la manifestazione divina comporta unanalisi che nonriesce a tener conto fino in fondo della complessit del rapporto. Ed in questo orizzonte teoreticoche vanno pensate e interpretate le diverse prospettive teologiche che il sapere della fede ha

    proposto in questo secolo ora facendo leva sulla dimensione verbale (es. K. Barth, R. Bultmann, ilG. von Rad di certe interpretazioni ed altri) ora sulla dimensione storico-effettuale (es. W.Pannenberg e il circolo di Heidelberg, H. Schlette ed altri), ora tentando una visione complessiva edintegrale delle due dimensioni (es. O. Cullmann e il concetto di Heilsgeschichte = historia salutis,

    come verr accolto ed espresso nel Vaticano II). Sta di fatto che la comprensione pi profonda dellarivelazione cristianamente intesa esige da un lato che la storia non venga considerata soltanto allastregua di uno scenario della rivelazione o un repertorio di paradigmi pi o meno edificanti, ma

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    come luogo e struttura portante fondamentale della manifestazione di Dio in Cristo, dallaltro chelintelligibilit espressa nella parola non venga interpretata soprattutto in senso intellettualistico edottrinale come lasciava intendere lespressione locutio Dei attestans, che i trattati neoscolasticiavevano assunto per definire la rivelazione, bens come parola capace di interpellare e muovere eaddirittura di trasformare la storia stessa. Tenendo conto che lo stesso testo della Dei Verbum pur

    adottando la prospettiva storico-salvifica e dialogico-personale non intende certo sottrarle listanzaveritativa e sapienziale che gi nella conclusione del n. 2 si intravede: La profonda verit, poi, chequesta rivelazione manifesta su Dio e sulla salvezza degli uomini, risplende per noi in Cristo, ilquale insieme i1 mediatore e la pienezza di tutta intera la rivelazione. Coscienza storica e istanzaveritativa non potranno dunque risultare contrapposte, e il loro reciproco rapportarsi nella luce delVerbo incarnato e del Verbo preesistente, ossia nella prospettiva cristocentrica e logologica, mentreconsente di riaffermare con forza lunicit della salvezza cristologica, impedisce al tempo stessoogni deriva fondamentalista, col conseguente carattere violento di un razionalismo teologiconeognostico tanto deprecabile quanto deleterio non solo per il sapere, ma per il vissuto del nostrotempo. Lontologia che la rivelazione richiede dovrebbe quindi configurarsi nella forma di unaontologia dellessere storico, ovvero dellevento metastorico (corrispondente di metafisico) con

    valenza storica che in essa accade22.

    Unultima e rapida, ma necessaria sottolineatura, riguarda il fatto che il superamento diquello che fin qui abbiamo denominato il modello neoscolastico in teologia non implica il rifiutodel pensiero di Tommaso, al contrario conduce a un peculiare rapporto con la lezione tommasiana,tendente a rivalutarla nella sua integralit. Particolarmente interessante a questo riguardo lasottolineatura della Fides et ratio, che quando introduce la necessit del ricorso allAquinate,sottolinea innanzitutto il metodo dialogico del suo filosofare e teologare in rapporto alla culturaaraba ed ebraica del suo tempo, nonch alle grandi acquisizioni del pensiero greco, in primo luogoaristotelico23. Compito decisivo anche perch il taglio essenzialista e concettualista della

    Metaphysica generalis ha condizionato non poco gli esiti stessi della filosofia neoscolastica e ha,per di pi, contribuito ad accreditare una lettura riduttiva della filosofia dellessere di Tommaso. Ilfraintendimento del pensiero di Tommaso, del resto, era gi insito nelloperazione stessa che hadato origine alla configurazione neoscolastica: era insito, infatti, in una lettura teoretica dei testi,

    poco supportata da unanalisi storico-critica volta a determinare leffettivo pensierodellAquinate24. Non solo dunque il dettato del Vaticano II, bens lo stesso autentico pensierotommasiano esigono il superamento del modello teologico neoscolastico.

    (b) Attualmente per i teologi, come per i filosofi listanza metafisica sembrerebbe assumere laforma della ricerca di una scienza sempre cercata e sempre mancante, come ebbe a dire J. L.Marion nelle celebrazioni del centenario della nascita di Antonio Rosmini25. Ci limiteremo qui a

    segnalare alcuni sintomi del ritorno alla metafisica in ambito teologico, tali, per la loroconsistenza e per linteresse che suscitano, da farci ritenere ormai di gran lunga superato ilpregiudizio antimetafisico anche in teologia26.

    22 Un interessante tentativo in questa prospettiva ci sembra quello svolto da B. CASPER, Per una fondazione dellateologia filosofica nellevento (Ereignis), inHumanitas 59 (2004) 434-450.23 Cf FeR, 43.24 Cf S.MURATORE, op. cit., 155.25 Cf J.L.MARION, La scienza sempre cercata e sempre mancante, in F. MERCADANTEV.LATTANZI,Elogio dellafilosofia, Fondazione Nazionale Giuseppe Capograssi Centro Internazionale di Studi Rosminiani, Roma Stresa2000, 350-379.26 Un ulteriore esempio del ritorno della metafisica in teologia potrebbe risultare dallanalisi dellopera pi importantedi H.VERWEYEN,La parola definitiva di Dio. Compendio di teologia fondamentale, Queriniana, Brescia 2001, dove ilrapporto fra comprensione ermeneutica e filosofia prima viene a costituirsi come compito della teologia fondamentale(ib., 64-82). E tuttavia questo tentativo non sembra sufficientemente immunizzabile dalla critica di estrinsecismo (per

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    Un segnale di sorprendente rilevanza proviene dallambito luterano: il teologo WolfhartPannenberg, nelle sue lezioni napoletane del 1986 (dietro le quali ci sono i seminari monachesitenuti in collaborazione con Dieter Henrich su teologia e metafisica), ha sostenuto con vigore lanecessit di tale nesso e nel contempo lurgenza di porre mano a un radicale e serio rinnovamentodel pensiero metafisico: Se questo non avviene, allora lautointerpretazione teologica della fede si

    limita ad esprimere un impegno soggettivo del teologo. Soprattutto il discorso teologico intorno aDio richiede, per la sua pretesa di avere valore di verit, il riferimento a un pensiero metafisico,poich il discorso su Dio rimandato a un concetto di mondo che pu essere assicurato solomediante una riflessione metafisica. La teologia cristiana perci deve augurarsi ed accogliere confavore il fatto che la filosofia prenda di nuovo sul serio, come un compito del pensierocontemporaneo, la sua grande tradizione metafisica. Certo un simile rimando alla metafisica oggiviene ammesso solo raramente dai teologi. Tuttavia esso risulta gi dal fatto che la dottrinateologica su Dio, senza il riferimento di una metafisica, cade in mano a un soggettivismokerygmatico o alla demitizzazione, e spesso a tutte due27. E che non si tratti di una serie diaffermazioni occasionali, lo mostrano abbondantemente gli sviluppi di queste idee allinterno del

    percorso di questo importante teologo, fino agli scritti pi recenti intorno alla teologia filosofica.

    Nello stesso ambito confessionale possiamo rilevare la tendenza ad una teologia fortementeontologica in pensatori certamente non inclini ai compromessi e ai facili irenismi, quali E. Herms,W. Hrle, Ch. Schwbel. Baster qui segnalare linsistenza intorno al concettodellautopresentazione della Verit (Offenbarung als Selbstvergegenwrtigung der Wahrheit) inun ambito che ha molto a cuore un approccio fenomenologico, nel quale listanza ontologica emetafisica risulta fortemente presente28.

    Un ulteriore segnale della ripresa dellistanza metafisica in teologia riguarda il dibattitoteologico intorno all'analogia, sul quale a lungo ha pesato la famosa stroncatura barthiana, relativaallanalogia entis, che sarebbe una invenzione dell'Anticristo, nella misura in cui coltivasse la

    pretesa di conoscere Dio al di fuori della Rivelazione. Ora la discussione sembra potersi svilupparein forma pi pacata ed in questo senso pi produttiva in ordine ai possibili esiti teoretici dellaquestione stessa. Da un lato naturalmente va considerato il contesto in cui si esprime il rifiuto

    barthiano, che intende prendere posizione intorno al dilemma la Parola o l'esistenza cui potevapervenire il lettore della prima edizione della Kirchliche Dogmatik, rifiutando l'antinomia edoptando decisamente per il primo termine. All'unico possibile centro della fede che Cristo Signorenon si pu opporre l'esperienza umana, n intesa in senso metafisico, n interpretata in formaesistenziale; in entrambi i casi essa diviene il luogo in cui si esprime l'Anticristo, ma lo stessotentativo di rappresentare la Rivelazione tramite unellisse a due fuochi correlati e contrapposti(Parola ed esperienza umana) finirebbe col portare acqua al mulino dell'Anticristo. La teologiacattolica rivendicherebbe [...] il possesso di un principio sistematico, che non Cristo Signore, ma

    un principio astratto - appunto lanalogia entis - in base al quale, gi nella precomprensionefilosofica (della teologia naturale) pu essere conosciuto il rapporto fra Dio e creatura, di modo che,in ultima analisi, la rivelazione di Dio in Ges Cristo si presenta come il compimento di un senso e

    questa problematica cf K. H. MENKE, Lunicit di Ges Cristo nellorizzonte della domanda sul senso, San Paolo,Cinisello Balsamo 1999, 91-100).27 W.PANNENBERG,Lidea di Dio e il rinnovamento della metafisica, trad. it. di M.PAGANO, Bibliopolis, Napoli 1991,14 (ed. orig.Metaphysik und Gottesgedanke, Vandenhoeck & Ruprecht, Gttingen 1988); cf inoltre W. PANNENBERG,Teologia e filosofia. Il loro rapporto alla luce della storia comune, Queriniana, Brescia 1999, 321-326; ID., Fine dellametafisica?, inHumanitas 59 (2004) 425-433.28 Mi limiter a citare la relazione di E. Herms, al convegno internazionale celebrato a cinque anni dalla Fides et Ratio,presso la Pontificia Universit Lateranense [E.HERMS, Una lettura luterana diFides et ratio, in A.LIVI .G.LORIZIO

    (edd.),Il desiderio di conoscere la verit. Teologia e filosofia a cinque anni da Fides et ratio, Lateran University Press,Roma 2005, 237-258] e il testo E. HERMS, Objektive Wahrheit. Beobachtungen und Fragen zum Verhltnis vonWahreit und Offenbarung in der EnzyklikaFides et ratio, in: ID., Von der Glaubenseinheit zur Kirchengemeinschaft,II, Elwert, Marburg 2003, 585-613.

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    di una scienza gi esistenti prima, anche se forse non nel senso di una metafisica librantesi sopra lafede e la coscienza. Ma il posto che Cristo assumer nella sua funzione di compimento visto giprima: in un'ontologia che antecede l'ordine della rivelazione e non pu essere infranta da essa.L'immagine cattolica del mondo quindi presenta per principio due vertici: la rivelazione e la sua

    pretesa sono in essa relative29. Ma - sempre a proposito del pensiero barthiano - non si pu

    dimenticare la sua interna evoluzione30

    , che suggerisce a von Balthasar un passaggio decisivo dellasua opera su Barth, in cui esprime tale cambiamento di prospettiva a proposito dell'analogia intermini di conversione. Paradossalmente, mentre il padre della teologia dialettica sembrerebbe

    potersi in certo modo accordare con le posizioni di Gustav Shngen31 e dello stesso von Balthasar32,l'altro teologo protestante cui la riflessione sull'analogia deve molto Eberhard Jngel33, che pureassume come interlocutore il pensiero del cattolico Erich Przywara34, continuerebbe a sostenere unaradicale incompatibilit fra analogia entis e analogia fidei, in analogia con la contrapposizione

    paolina fra giustizia della legge e giustizia della fede, e ci in nome di un'assoluta fedelt alleoriginarie intenzioni di Barth sopra espresse. La profonda diffidenza espressa in ambito teologico

    protestante nei confronti dellanalogia entis, ma in generale della stessa metafisica cristiana,rappresenta in qualche modo, sul versante teologico, quello che la critica all'ontoteologia sostiene a

    livello filosofico, tant' vero che di questa critica spesso si nutre e su di essa talvolta si appoggia. Incampo cattolico si tratta invece di riferirsi ad unanalogia fidei che non intende contrapporsiallanalogia entis, la quale, a sua volta, lungi dal volersi costituire come forma di conoscenzaautonoma e separata dalla Rivelazione, chiama in causa proprio la dimensione cosmico-antropologica dell'automanifestazione di Dio e quindi poggia sulla creazione e si esprime nellaforma dell'esercizio della ragione creata.

    Se, in conclusione, richiamando la realt della Rivelazione come automanifestazione di Dioin Cristo, cerchiamo di riflettere sul rapporto fra Creazione e Redenzione, che nella historia salutissi realizza e si compie nel mistero dellIncarnazione e della Pasqua, pu venirci incontro una pi

    pregnante figura dellanalogia suggerita peraltro dal riferimento al Dio Unitrino, ossia lanalogiacharitatis, anchessa analogia entis e analogia fidei35 nello stesso tempo, in quanto non solo esigedi essere pensata nel duplice orizzonte della dimensione cosmico-antropologica e storico-escatologica della Rivelazione, ma reclama dietro le spinte sia della critica filosoficaall'ontoteologia, sia della rivendicazione teologica della prospettiva credente, lelaborazione di una

    29 H.U. VON BALTHASAR,La teologia di Karl Barth, Jaca Book, Milano 1985, 53.30 Tra lanalogia fidei e lanalogia entis viene a situarsi lanalogia relationis: cf a questo proposito W.HRLE, Sein undGnade. Die Ontologie in Karl BarthsKirchlicher Dogmatik, Gruyter, Berlin - New York 1975.31 Cf. G.SHNGEN, Analogia fidei: Gotthnlichkeit allein aus den Glauben?, in Catholica 3 (1934) 113-136 e ID.,Analogia fidei: Die Einheit in der Glaubenwissenschaft, in Catholica 4 (1934) 176-208.32 Per un primo approccio al tema nel pensiero balthasariano rimando allultima sezione del vol V di Gloria. Nellospazio della metafisica. Let moderna, Jaca Book, Milano 1978 e in particolare ai capitoli: Il miracolo dellessere e laquadruplice differenza, 547-560 e Lapporto cristiano alla metafisica, 579-588. Sul tema dellanalogia catalogicanel pensiero di von Balthasar cf. M. SAINT-PIERRE, Lanalogie catalogique. Lintgration christologique destrascendentaux, in ID.,Beaut, bont, vrit chez Hans Urs von Balthasar, Cerf, Paris, 1998, 322-330.33 Cf. E. JNGEL, Gott als Geheimnis der Welt. Zur Begrndung der Theologie des Gekreuzigten im Streit zwischenTheismus uns Atheismus, Mohr, Tbingen 19783 (trad. it. di F. CAMERA, Queriniana, Brescia 1982). Sul tema dellametafora cf. ID., Verit metaforica. Riflessioni sulla rilevanza teologica della metafora come contributoallermeneutica di una teologia narrativa, in P. RICOEUR E. JNGEL, Dire Dio. Per unermeneutica del linguaggioreligioso, Queriniana, Brescia 1978, 109-180. Sul tema dellanalogia nel pensiero di Jngel cf. la tesi di P.GAMBERINI,Nei legami del Vangelo. Lanalogia nel pensiero di Eberhard Jngel, Gregoriana Morcelliana, Roma Brescia 1994.34 Cf. E.PRZYWARA,Analogia entis. Metaphisik. Ur-struktur und All-rhitmus, Johannes, Einsiedeln 1962 (trad. it. di P. VOLONT, Vita e Pensiero, Milano 1995).35 Lespressione di un interprete di von Balthasar: M.LOCHBRUNNER,Analogia Charitatis. Darstellung und Deutungder Theologie H. U. von Balthasar, Herder, Freiburg - Basel - Wien 1981; sul tema si veda anche G. DE SCHRIJVER,Lemerveilleux accord de lhomme et de Dieu. tude de lanalogie de ltre chez H. U. von Balthasar, Peteers, Leuven1983. Cf inoltre H.U. VON BALTHASAR, Solo lamore credibile, Borla, Roma 1977.

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    metafisica della carit capace di indicarne lorizzonte di senso e di sconfiggere ogni idolatriaconcettuale.

    (c) La distanza critica dal modello neoscolastico e i consistenti segnali di ripresa dellistanza

    metafisica in teologia non sembrano sufficienti ad offrire una risposta pertinente e propositiva,anche se ipotetica e semplicemente programmatica alla domanda quale metafisica per la teologia?Domanda che non pu accontentarsi di generici riferimenti a prospettive formali, senza consistentiindicazioni contenutistiche. stato scritto che la metafisica sarebbe necessaria per la scienza edannosa per la fede36, ma bisogna tuttavia aggiungere e precisare che essa risulta invece e in ultimaanalisi necessaria alla teologia compresa ed attuata, vuoi nella sua dimensione scientifica, vuoi nelsuo orizzonte sapienziale, ed in tal senso (certamente in linea subordinata) finisce col mostrarsianche utile alla fede e alla comunit credente. Il modello che ci accingiamo a proporre tende adeclinare (secondo il messaggio pi autentico della tradizione cattolica) il rapportometafisica/teologia nel senso di una riflessione di filosofia prima che precede (per - in funzione

    pedagogica e dialogica), accompagna (nella) e segue (dalla) la fede e la teologia, senza tuttavia

    presumere di poter assumere una funzione fondazionale nei loro confronti37.

    Se, ad esempio, quella di Tommaso una concezione metafisica originale ed a taleoriginalit contribuisce in maniera non irrilevante la fede cristiana, sul piano storico e teoretico misembra di dover sostenere, con sempre maggior convinzione, la valenza ontologica e metafisicadella Rivelazione biblica, che solo in quanto tale pu costituire una vera e propria stella diorientamento per luomo. Ma dove si mostra tale capacit della Rivelazione di fecondarelontologia? Le risposte a tale interrogativo potrebbero essere molte e differenti, nella prospettivadella metafisica della carit, da me indicata, il punto di svolta costituito dal fatto che ildinamismo dellessere aristotelico ha bisogno di essere profondamente ripensato alla luce della

    Rivelazione biblica, onde evitare la deriva averroista38

    o la ripresa hegeliana del nous noets nellaprospettiva dellidealismo assoluto. Tale ripensamento impone almeno un capovolgimento diprospettiva, se, come autorevolmente stato notato, il Dio aristotelico oggetto damore, amato enon amante (lamante il cosmo), e perci non ama (o, al pi, ama solo se medesimo). Gliindividui in quanto tali non sono affatto oggetto dellamore divino: Dio non si piega verso gliuomini e meno che mai verso il singolo uomo39. La Rivelazione dellamore di Dio (genitivosoggettivo prima che oggettivo) non pu non ripercuotersi sulla concezione dellessere ed in genere

    36 Cf D.ANTISERI,Perch la metafisica necessaria per la scienza e dannosa per la fede, Queriniana, Brescia 1980.37 Sembra infatti decisamente utile far precedere allo studio della teologia un itinerario filosofico nel quale svolga unruolo preminente una metafisica creazionista, quale ad esempio stata proposta da G. Bontadini e dalla sua scuola(anche se in questo caso bisogna tener presente il dibattito critico con E. Severino e il fatto che le tesi di entrambi, chepur hanno lottato acerbamente fra di loro, muovendo dallo stesso orizzonte neo-parmenideo potrebbero risultare solo inapparenza contrastanti: cf a proposito di questo dibattito critico il bel libro di G. GOGGI,Dal diveniente allimmutabile.Studi sul pensiero di Gustavo Bontadini, Cafoscarina, Venezia 2003). Nellorizzonte di un pensiero metafisico previorispetto alla teologia sembra oggi di notevole interesse la proposta di una metafisica umile in pi sedi avanzata da E. BERTI, Quale metafisica per il terzo millennio?, in D. G.MURRAY (ed.),La metafisica del terzo millennio, Armando,Roma 2001, 17-34.38 Di grande rilievo la risposta dellAquinate alla tendenza avverroista, cos come viene esposta in T OMMASODAQUINO, Unit dellintelletto contro gli averroisti, Bompiani, Milano 2000, anche se tale posizione non ha impeditoallaverroismo di riemergere storicamente, a conferma della complessit della questione, recentemente esposta

    nellimportante saggio di A.PETAGINE, Aristotelismo difficile. Lintelletto umano nella prospettiva di Alberto Magno,Tommaso dAquino e Sigieri di Brabante, Vita e Pensiero, Milano 2004.39 ARISTOTELE,Metafisica. Saggio introduttivo, testo greco con traduzione a fronte e commentario, a cura di G.REALE,edizione maggiore rinnovata, Vita e Pensiero, Milano 1993, 152.

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    sulla metafisica stessa, se non vuol risultare relegata nellambito di un sapere teologico avulso eseparato dal sapere filosofico (in tal caso saremmo in pieno fideismo)40.

    Si tratta in primo luogo di riprendere e ripensare la tematica del de divinis nominibus, conriferimento al rapporto essere/bene, in forma inclusiva e non esclusiva (ovvero alternativa). In

    secondo luogo di superare il falso dilemma fra una ontologia della sostanza e una ontologiadella relazione .Lidentificazione dellAssoluto con luna o laltra di queste categorie presterebbeampiamente il fianco alla critica allontoteologia presente nel pensiero contemporaneo, che loabbiamo pi volte detto e scritto non coglie il bersaglio se indirizzata alle grandi figure del

    pensiero credente. Basterebbe ricordare a tale proposito la posizione tommasiana, secondo la qualeDeus non est in genere substantiae41. Laffermazione secondo cui il Dio cristiano va pensato nonsenza, ma oltre lessere sta ad indicare la necessit di una filosofia dinamica dellessere per unametafisica che intenda essere profondamente cristiana e compatibile con la Rivelazione. Questa tesisi pu sviluppare in senso tommasiano, secondo la direzione dellactus essendi (un luogo

    particolarmente significativo in S. Th. I, 3, 4, ad 2um), oppure in senso bonaventuriano, dovelulteriorit di Dio rispetto allessere viene espressa nei termini del rapporto fra lessere (nome di

    Dio dellAntico Testamento secondo Es 3,14)il bene o amore (prospettiva agapica - nome di Dionel Nuovo Testamento secondo 1Gv 4,8). Quanto agli sviluppi di unontologia dinamicanellorizzonte tommasiano con riferimento alla teologia del Novecento si possono utilmenteevocare le figure di K. Rahner42 e B. Lonergan43.

    Quanto a San Bonaventura ricordiamo che egli ricorre allimmagine dei due cherubini: Ilprimo fissa lo sguardo, innanzi tutto e principalmente sullEssere stesso, affermando che il primonome di Dio Colui che . Il secondo fissa lo sguardo sul Bene stesso, affermando che questo il

    40 LaFides et ratio sembra confermare questa ipotesi di lavoro allorch scrive: La Sacra Scrittura contiene, in maniera

    sia esplicita che implicita, una serie di elementi che consentono di raggiungere una visione dell'uomo e del mondo dinotevole spessore filosofico. I cristiani hanno preso progressivamente coscienza della ricchezza racchiusa in quellepagine sacre []. La convinzione fondamentale di questa filosofia racchiusa nella Bibbia che la vita umana e ilmondo hanno un senso e sono diretti verso il loro compimento, che si attua in Ges Cristo. Il mistero dell'Incarnazionerester sempre il centro a cui riferirsi per poter comprendere l'enigma dell'esistenza umana, del mondo creato e di Diostesso. In questo mistero le sfide per la filosofia si fanno estreme, perch la ragione chiamata a far sua una logica cheabbatte le barriere in cui essa stessa rischia di rinchiudersi. Solo qui, per, il senso dell'esistenza raggiunge il suoculmine. Si rende intelligibile, infatti, l'intima essenza di Dio e dell'uomo: nel mistero del Verbo incarnato, naturadivina e natura umana, con la rispettiva autonomia, vengono salvaguardate e insieme si manifesta il vincolo unico che lepone in reciproco rapporto senza confusione (FeR, 80). Viene in mente a proposito di questa filosofia racchiusanella Bibbia lindicazione rosminiana, secondo cui: In pi luoghi de santi libri havvi descritta la fede siccomegeneratrice dinteligenza; siccome quella, che ravvigorisce lumana ragione e la scorge alla verit; siccome una maestra,che le dispiega innanzi, e le consegna i segreti della sapienza (A. ROSMINI, Teodicea, a cura di U.MURATORE, Citt

    Nuova CISR, Roma Stresa 1977, 60). Interessante anche notare come la sequenza del secondo e terzo capitolodellenciclica Fides et ratio venga non casualmente a far precedere la riflessione sul Credo ut intellegam a quellasullIntellego ut credam ed appunto a partire da questa impostazione che si sviluppa la nostra prospettiva teoretica.41 Cf il testo di Summa Theologiae I, 3, 5, ad I. Una lettura istruttiva, oltre la meditazione dei testi degli Autori, ariguardo e a conferma di questa interpretazione, il saggio di M.SNCHEZ SORONDO, Aristotele e san Tommaso. Unconfronto nelle nozioni di assoluto e di materia prima, PUL Citt Nuova, Roma 1981. Per tutta questa questionerimando al mio Logica della fede, San Paolo, Cinisello Balsamo 2002, 31-34. Altro problema quello concernentelidentificazione di Dio (intendo del Dio di Ges Cristo) con lessere. Resta aperto e da ulteriormente riflettere econfrontare il tema dellessenza divina in rapporto allontologia trinitaria (cf a questo proposito il saggio di E. SALMANN, La natura scordata. Un futile elogio dellablativo, in P.CODAL.K[edd.],Abitando la Trinit. Per unrinnovamento dellontologia, Citt Nuova, Roma 1998, 27-43).42 Si veda la sezione ontologica in K.RAHNER, Uditori della Parola, Borla, Torino 1967, 59-145.43 Si veda soprattutto B.LONERGAN,Insight: A Study of Human Understanding, Longmans, Green and Co London. and

    New Philosophical Library, New York 1957 [second (revised with pagination unchanged) edition for students, London,1958. third, fourth, fifth, sixth and seventh printings (unchanged): 1961, 1963, 1964, 1965, 1967]; ID.,Conoscenza eInteriorit. Il Verbum nel pensiero di S. Tommaso, EDB, Bologna 1984; ID., Ragione e fede di fronte a Dio,Queriniana, Brescia 1977.

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    primo nome di Dio. Il primo modo riguarda in particolare il Vecchio Testamento, il quale proclamasoprattutto lunit dellessenza divina, per cui fu detto a Mos: Io sono Colui che sono. Il secondoriguarda il Nuovo Testamento, il quale determina la pluralit delle Persone divine, battezzando nelnome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo (Itinerarium, V, 2). A proposito dellacorrelazione tra amore e verit, bonaventurianamente intesa, nella definizione dei compiti della

    teologia J. Ratzinger, propone la riflessione sullamore, come nucleo di quanto cristiano, lamoredal quale dipendono la Legge e i Profeti, ad un tempo eros che tende alla verit. Soltanto inquesto modo esso si mantiene autentico come agape verso Dio e verso luomo44. In ogni caso,come a chiare lettere sempre abbiamo affermato, la prospettiva agapica (metafisica della carit) nonesclude, ma include quella ontologica.

    Si tratta di prendere in seria considerazione lindicazione contenuta nel documento dellaCommissione Teologica Internazionale del 1982, Teologia, Cristologia, Antropologia: In questi treaspetti che la cristologia ci offre delluomo, il mistero di Dio e delluomo si manifesta al mondocome mistero di carit. Alla luce della fede cristiana, possibile dedurne una nuova visione globaledelluniverso. Sebbene tale visione sottometta a esame critico il desiderio delluomo doggi, tuttavia

    ne afferma limportanza, lo purifica e lo supera. Al centro di una tale metafisica della carit nonsi colloca pi la sostanza in genere come nella filosofia antica, ma la persona, di cui la carit latto

    pi perfetto e pi idoneo a condurla alla perfezione45.

    La metafisica della carit consente da un lato un pieno recupero dellistanza metafisicaanche in teologia e al tempo stesso di offrire una visione non riduttiva, ma pluridimensionale dellametafisica. A mo di esemplificazione paradigmatica, riprendendo e riformulando una preziosaindicazione di G. Reale46, possiamo cos declinare le dimensioni (aitiologica, aleteiologica,ontologica e teologica) della metafisica aristotelica in chiave agapica.

    Rispetto alla prospettiva aitiologica ossia alla metafisica pensata come scienza del principio

    di causalit (rapporto fra le cause e la causa prima), lorizzonte agapico consente di pensare la causaprima non in termini deterministici, ma secondo la dimensione della gratuit che fonda e al tempostesso consente di relativizzare ogni determinismo. In tal senso la creazione va pensata come un attodi amore del Dio Unitrino e cos pu essere descritta nellambito della riflessione sulla dimensionecosmico-antropologica della rivelazione. In quanto rivelazione del Dio Unitrino la creazione non opera di un Dio che agisca secondo lunit indistinta della propria divinit: essa dipende dal Padreche agisce nel proprio Figlio, suppone il mistero trinitario47. Come sostiene giustamente WolfhartPannenberg la ragione ontologica della distinzione fra Assoluto trascendente e mondo creato vatrinitariamente intravista nella autodistinzione del Figlio eterno dal Padre; infatti se findalleternit, quindi anche alla creazione del mondo, il Padre non mai senza il Figlio, allora ilFiglio eterno non soltanto la ragione ontologica dellesistenza di Ges nella sua autodistinzione

    dal Padre quale unico Dio, ma anche la ragione della diversit e dellesistenza autonoma di ognirealt creaturale48. La metafisica agapica ha storicamente svolto e per il nostro tempo ha ancorada svolgere proprio nellambito cosmologico il difficile compito di raccordare le tesi delladogmatica trinitaria con quelle della metafisica cristiana, attraverso litinerario accennato da

    44 J.RATZINGER,Natura e compito della teologia. Il teologo nella disputa contemporanea. Storia e dogma, Jaca Book,Milano 1993, 29-30. Quanto alla matrice agostiniana della metafisica agapica cf AGOSTINO,Amore assoluto e terzanavigazione, Bompiani, Milano 2000.45 EV, VIII, 433.46 Dobbiamo pertanto concludere che il senso pi profondo della metafisica aristotelica resta consegnato allacomponente teologica e che lorizzonte della metafisica aristotelica dato dallunit dinamica e dialettica delleprospettive ontologica, aitiologica e usiologica, incentrantisi nella istanza teologica (G.REALE, Saggio introduttivo,

    in Metafisica I, 65). Come abbiamo gi visto lo stesso San Tommaso ad escludere la prospettiva sostanzialistica inriferimento a Dio.47 X.DURWELL, Il Padre. Dio nel suo mistero, Citt Nuova, Roma 1995, 102.48 W.PANNENBERG, La creazione del mondo, in ID., Teologia sistematica, II, Queriniana, Brescia 1994, 34.

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    Giovanni Paolo II, allorch nella sua penultima enciclica afferma che: Se l'intellectus fidei vuoleintegrare tutta la ricchezza della tradizione teologica, deve ricorrere alla filosofia dell'essere. Questadovr essere in grado di riproporre il problema dell'essere secondo le esigenze e gli apporti di tuttala tradizione filosofica, anche quella pi recente, evitando di cadere in sterili ripetizioni di schemiantiquati. La filosofia dell'essere, nel quadro della tradizione metafisica cristiana, una filosofia

    dinamica che vede la realt nelle sue strutture ontologiche, causali e comunicative. Essa trova la suaforza e perennit nel fatto di fondarsi sull'atto stesso dell'essere, che permette l'apertura piena eglobale verso tutta la realt, oltrepassando ogni limite fino a raggiungere Colui che a tutto donacompimento. Nella teologia, che riceve i suoi principi dalla rivelazione quale nuova fonte diconoscenza, questa prospettiva trova conferma secondo l'intimo rapporto tra fede e razionalitmetafisica49.

    Recentemente Alexandre Ganocky, sulla scia di alcune preziose indicazioni di WolfhartPannenberg ed in dialogo con le scienze e la filosofia (in particolare lontologia della struttura diHeinrich Rombach) ha elaborato una teologia della creazione in chiave trinitaria, dalla quale

    possiamo trarre alcuni elementi di riflessione. In primo luogo riprendendo Rombach il teologo

    qui si esprime nei termini di una ontologia strutturale dellamore, a partire dalla nozione diidemit, intesa nel senso dellidem esse, come ad esempio nellespressione del IV vangelo Io e ilPadre siamo una cosa sola (Gv 10,30): si tratta della comparsa di uno stretto rapporto fra lio euna dimensione illimitata della vita che autorizza ad esprimere questo giudizio idem sunt. Comeesempio egli [= Rombach] adduce, accanto alle parole ora citate di Ges, la confessione delmusicista, del poeta e del pensatore, secondo la quale essi e la loro opera sono una cosa sola50.

    Naturalmente si tratta di una analogia (tematica chiave nel lavoro di Ganocky). Sulla base dellaidemit possibile pensare la tematica della creazione nei termini della concreativit trinitaria,intravedendo in essa la partecipazione di ciascuna delle persone divine sia allatto creativooriginario sia a quella che precedentemente abbiamo chiamato la creazione continua. A tal

    proposito sembra interessante rilevare come secondo questo teologo nellespressione creazionecontinua i contenuti dei concetti di creatio e conservatio si avvicinano addirittura nella misura pialta possibile, dal momento che i due processi qui intesi avevano per soggetto un unico e medesimocreatore e costituivano ununica realt storica51. La sinergia divina ha comunque un strutturaagapica fondamentale, che da un lato conferisce unit allagire delle persone in questo caso ad extrae dallaltro consente di leggere ed interpretare ogni loro agire come atto damore. La filosofia(anche quella qui adottata come infrastruttura concettuale, ossia la teoria della concreativit diRombach) ha in ogni caso bisogno di un ripensamento e di profonde integrazioni. In tal senso, ilteologo cos conclude: Ho dovuto arricchire intratrinitariamente la teoria della concreativit diRombach per renderla teologicamente utilizzabile e per rendere pienamente giustizia al Cusano,nostro comune garante52. Affinch ci non dia luogo a fraintendimenti occorre salvaguardare la

    differenza fra concreativit divina e concreativit umana: quella eterna, motivata dallagp

    ,creante di per se stessa e infinitamente libera; questa pu essere solo temporale, avere solo dellemotivazioni miste, creare utilizzando cose gi esistenti e procedere in maniera in parte libera e in

    parte determinata. Losservanza di questa condizione non diminuisce, bens aumenta la possibilitdi inserire anche sinergie fisiche, biologiche e sociologiche in una analogia multilaterale53.

    Quanto alla prospettiva aleteiologica, si tratta di pensare la verit in stretta connessione con lacarit e la libert. Verit e Carit risultano inseparabili nella divina sapienza, che ci fa discepoli diDio stesso. Se il primo termine esprime Dio nella persona del Verbo, la nuova parola Carit

    49 FeR, 97.50 A.GANOCKY,Il creatore trinitario, cit., 228.51Ib., 246.52 Si tratta qui di riscattare il pensiero cusaniano da ogni possibile venatura panteistica.53Ib., 296.

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    esprime il medesimo Dio nella persona dello Spirito. I testi giovannei offrono abbondante materiadi riflessione a riguardo e Rosmini vi si appoggia costantemente. "Sono dunque due le parole in cuisi compendia la scuola di Dio, reso maestro degli uomini, VERIT e CARIT; e queste due parolesignificano cose diverse, ma ciascuna comprende l'altra: in ciascuna il tutto; ma nella verit lacarit come un'altra, e nella carit la verit come un'altra: se ciascuna non avesse seco l'altra non

    sarebbe pi dessa54

    . Questo momento della nostra riflessione pu incrociare (procedendo a ritroso)un famoso frammento 582 di Pascal: Ci facciamo un idolo della stessa verit; perch la veritsenza la carit non Dio, la sua immagine e un idolo che non bisogna amare n adorare; e menoancora bisogna amare o adorare il suo contrario che la menzogna55. Qui si tratta di pensare Diosecondo il suo nome proprio dato nel Nuovo Testamento nella parola che pi di ogni altra esprimela sua natura e quindi di uscire da una visione della carit prettamente prassistica e velleitaria oaddirittura sentimentale e banalmente affettiva, per attingere alla feconda identificazione dellesserecon lagp. Un secondo passo, questa volta in avanti, ci pu portare allincontro con lultimasezione deLAction di Blondel: Lessere amore; quindi se non si ama, non si conosce niente. E

    per questo la carit lorgano della conoscenza perfetta. Essa depone in noi quello che nellaltro.E rovesciando, per cos dire, lillusione dellegoismo, ci inizia al segreto di qualsiasi egoismo

    diretto contro di noi. Nella misura in cui le cose esistono, agiscono e ci fanno patire. Accettarequesta passione, recepirla attivamente, significa essere in noi quello che esse sono in loro. Dunqueescludersi da s, mediante labnegazione, significa generare in s la vita universale []. Ci che siimpone necessariamente alla conoscenza non altro che lapparenza. E ciascuno conserva nel fondolintima verit del proprio essere singolare. In me c qualcosa che sfugge agli altri, e che miinnalza al di sopra di tutto lordine dei fenomeni. E anche negli altri, se sono come me, c qualcosache mi sfugge, e che sussiste solo se mi inaccessibile. Io non sono per loro come sono per me, edessi non sono per me come sono per loro. Legoismo sconvolto dalla sola idea di tanti egoismiantagonistici. E, nonostante tutta la luce della nostra scienza, rimaniamo avvolti nella solitudine enelloscurit. Soltanto la carit, collocandosi nel cuore di tutti, vive al di sopra delle apparenze, sicomunica fino all'intimit delle sostanze, e risolve completamente il problema della conoscenzadell'essere56.

    Tornando al Roveretano, lalterit reciproca di Verit e Carit dice lalterit delle divinepersone e il loro relazionarsi, tuttavia non bisogna dimenticare che la nozione di persona,rosminianamente intesa, fa comunque riferimento ad un elemento irriducibile ed inalienabile, sitratta infatti di un individuo intelligente e libero, che contiene un principio attivo, supremo edincomunicabile. La carit come gratuit assoluta possibile solo a partire da questa profonda edinsondabile incomunicabilit o solitudine, originaria rispetto ad ogni reciprocit relazionale. solonel Dio unitrino e nellessere uno e trino, che ne limmagine (lessere immagine di Dio e nonviceversa) che si compone mirabilmente ogni tensione fra la solitudine originaria della persona e larelazione con lalterit dellaltro. Le tre forme dellessere (immagine delle tre persone della trinit),che il Roveretano nella Teosofia denomina in un primo momento coi termini: subiettivit -

    54 A.ROSMINI,Introduzione alla filosofia, a cura di P.P.OTTONELLO, Citt Nuova CISR, Roma - Stresa 1979, 181.Ho proposto una lettura in prospettiva agapica del pensiero rosminiano gi nel saggio G. LORIZIO, Ricerca della Verite metafisica della Carit nel pensiero di Antonio Rosmini, in K. H. MENKE A. STAGLIAN (edd.), Crederepensando. Domande della teologia contemporanea nellorizzonte del pensiero di Antonio Rosmini, Morcelliana, Brescia1997, 461-486. Tale prospettiva stata approfondita ed ampliata nellimportante lavoro di M.KRIENKE, Wahrheit undLiebe bei Antonio Rosmini, Kohlhammer, Stuttgart 2004. Sono tornato sullargomento in G. LORIZIO,Theologie und

    Metaphysik der Agape im Denken Antonio Rosminis, inMnchener Theologische Zeitschrift56 (2005) 63-76.55 B.PASCAL,Pensieri, Opuscoli e Lettere, a cura di A.BAUSOLA, Rusconi, Milano 1978, 661 (fr. 582 Brunschvicg =597 Chevalier).56 M.BLONDEL,LAzione, cit., 553.

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    obiettivit - santit e in seconda istanza: realit - idealit - moralit57, hanno ugual dignit epienezza. Il senso delle cose, della natura e della storia, pu essere indagato solo a partire dalladomanda sull'uomo e sul suo destino. nella persona umana, infatti, che le tre forme dell'essereconvivono e celebrano il loro incontro. Qui non sempre tale convivenza pacifica ed armonica: larealt storica comporta la legge dell'antagonismo, che trova interessanti riscontri anche a livello

    cosmologico. Il fondamento di ogni realt, che Rosmini chiama misterioso, il dogma trinitariocon tutta la sua pregnanza teologica e filosofica. Dopo aver chiarito il rapporto analogico (quindinon di identit) caratterizzante le tre forme dell'essere in relazione al mistero trinitario, ilRoveretano non si fa scrupolo di affermare che tale mistero non solo pu, ma deve esserericevuto, ossia riconosciuto ed accolto dalla filosofia. La rivelazione dell'essenza di Dio come unoe trino ha dunque una ricaduta filosofica di enorme portata. Rosmini ad esempio accenna allamirabile soluzione del problema dell'uno e del molteplice, che il Cristianesimo propone: Esclusodunque il sistema degli unitar, come impossibile, rimane che ci sia qualche molteplicit coeternaall'essere. Ma questa non deve togliere la perfetta unit e semplicit dell'essere; e quindi la difficoltdi quell'antinomia, che ha fatto delirare, se mi si permette di cos esprimermi, la filosofia di tutti isecoli, a cui Cristo ha soddisfatto, ma rivelando il mistero. Dal qual mistero per venne un rinforzo

    di luce alla stessa intelligenza umana, che si mise all'opera di rispondere in qualche modo a quelproblema pi istruita e cautelata contro gli errori58.

    Nella metafisica che si genera dalla Rivelazione, listanza veritativa non pu mai disgiungersida quella etica, sicch fra ladesione della verit e lesercizio della volont libera si d un nesso

    profondo ed imprescindibile. Il pensatore russo Pavel Florenskij59 molto chiaro e determinato a

    57 A. ROSMINI, Teosofia, Soc. ed. libri di filosofia, Torino 1859-1874, I, 154-155 (190). Per quanto riguarda questafondamentale opera rosminiana, la situazione dei manoscritti non consente l'elaborazione di uno schema chiaro e

    definitivo di questo immenso materiale, anche perch l'Autore elabora e rivede lo schema in corso d'opera. Comunque laprima edizione della Teosofia del 1859-1874, organizza cos i materiali: vol. I (a cura di F. PAOLI,Societ editrice libri diFilosofia, Torino 1859): Prefazione - Libro unico: Il problema dell'Ontologia - Libro I: Le Categorie - Libro II: L'EssereUno; vol. II (a cura di P.PEREZ, tip. S. Franco e figli, Torino 1863): Libro III: L'Essere Trino; vol. III (a cura di P. PEREZ,tip. S. Franco e figli, Torino 1864): Libro III: l'Essere Trino (continuazione); vol. IV (a cura di P. PEREZ, tip. Bertolotti,Intra 1869): Parte seconda: Teologia razionale, comprendente: Del divino nella natura - L'Idea; vol. V (a cura di P. PEREZ,tip. Bertolotti, Intra 1874): Parte terza: Il Reale. Qui seguiamo questa edizione: la catena ontologica si trova nel vol. III,316-319. Il curatore dell'edizione nazionale C.GRAY [EN, 7-14] esclude il libroDel divino nella natura, fa seguire al libroIV: L'Idea, il libro V: La Dialettica e il libro VI: Il Reale. Per le diverse edizioni e le diverse scelte antologiche pubblicatecf CBR, vol. I, 212-218 (1175-1188) e CBR, vol. III, 46 (1771-1773). Abbiamo in edizione critica due scritti connessi conla Teosofia: A.ROSMINI,Del divino nella natura (a cura di P.P.OTTONELLO), Citt Nuova - CISR, Roma - Stresa 1991[EC, 20 - CBR, vol. I, 224-225 (1223bis-1223tris e CBR, vol. III, 72-73 (1863)] e A. ROSMINI, Aristotele esposto edesaminato (a cura di G.MESSINA), Citt Nuova - CISR, Roma - Stresa 1995 [EC, 18 - CBR, vol. I, 202 (1118-1120), 204-

    206 (1130-1132) e CBR, vol. III, 44 (1762), 45 (1766)]. Abbiamo ora ledizione critica anche della Teosofia: si tratta deivolumi 12-17, Citt Nuova - CISR, Roma - Stresa 1998-2000.58Ib., I, 131 (166).59 Tra le opere di P.A.FLORENSKIJ tradotte in italiano ricordiamo:La colonna e il fondamento della Verit, trad. it. diP.MODESTO, Rusconi, Milano 1974; Le porte regali. Saggio sullicona, a cura di E. ZOLLA, Adelphi, Milano 1977;Attualit della parola. La lingua tra scienza e mito, trad. it. di E. TREU, Guerini e Associati, Milano 1989; Laprospettiva rovesciata e altri scritti, a cura di N.MISLER, trad. it. di C.MUSCHIO e N.MISLER, Gangemi Editore, Roma1990; Il sale dela terra. Vita dello starec Isidoro, a cura di N. KAUCHTSCHISCHWILI, trad. it. di E. TREU, Qiqajon,Magnano 1992; Lo spazio e il tempo nellarte, a cura e trad. it. di N. MISLER, Adelphi, Milano 1995; Il significatodellidealismo, a cura di N. VALENTINI, trad. it. di R. ZUGAN, Rusconi, Milano 1999; Il cuore cherubico. Scrittiteologici e mistici, a cura di N.VALENTINI e L.K, trad. it. di R.ZUGAN, Piemme, Casale Monferrato 1999; Nondimenticatemi. Dal gulag staliniano le lettere alla moglie e ai figli del grande matematico, filosofo e sacerdote russo, acura di N. VALENTINI e L. K, trad. it. di G. GUAITA e L. CHARITONOV, Arnoldo Mondadori, Milano 2000; Lastruttura della parola,La natura magica della parola, tr. it. di E.TREU, in D.FERRARI -BRAVO, Slovo. Geometrie dellaparola nel pensiero russo tra 800 e 900, ETS, Pisa 2000, 129-211; La venerazione del nome come presuppostofilosofico,Il valore magico della parola, Sul nome di Dio, trad. di. G.LINGUA, in P.A.FLORENSKIJ, Il valore magicodella parola, Medusa, Milano 2001. Tra le opere dedicate alla figura e al pensiero di Florenskij segnaliamo: N.

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    questo riguardo, nella lettera VI, sullantinomia, scrive: Del resto non deve nemmeno esserediversa, perch si pu affermare in anticipo che la conoscenza della verit esige una vita spirituale equindi un atto eroico, e latto eroico del raziocinio la fede, cio lautonegazione. Latto diautonegazione del raziocinio precisamente unespressione dellantinomia. Infatti si pu crederesolo allantinomia, perch ogni giudizio non antinomico viene semplicemente accettato o respinto

    dal raziocinio, visto che non trascende i confini del suo isolamento egoistico. Se la verit fosse nonantinomica, il raziocinio, muovendosi in cerchio nel proprio campo, non avrebbe un puntodappoggio, non vedrebbe loggetto extrarazionale, e quindi non avrebbe lo stimolo ad abbracciareleroismo della fede. Questo punto dappoggio il dogma. Proprio con il dogma incomincia lanostra salvezza, perch il dogma, essendo antinomico non costringe la nostra libert e dischiudetutta lestensione della fede volontaria o della maligna incredulit. Infatti non si pu obbligarenessuno a credere o a non credere, nemo credit nisi volens, dice santAgostino60. Interessantenotare come il velle credendi venga interpretato come fondamento della meta-storicit dellatto difede, dove naturalmente non si tratta di una fede velleitaria e cieca, in quanto non esclude laragione, bens la accompagna con lesercizio della volont libera.

    Interessanti le annotazioni secondo cui il tema della libert, in Florenskij, viene trattato inconnessione con quello del peccato, in particolare nella lettera VII della Stolp61. Lo statutoontologico-veritativo della libert, pensato in rapporto alluomo fa s che la volont libera venga

    percepita e teorizzata nel quadro della stessa struttura metafisica dellessere umano e strettamenteconnessa allimmagine di Dio che luomo porta in s come nucleo santo del suo esistere. Luomo,quindi, non in grado di esercitare la libert rispetto a questo suo nucleo costitutivo originario,mentre pu esercitarla e di fatto la esercita nella possibilit di accogliere o rifiutare la realizzazionedella somiglianza divina62. La teodicea incrocia cos lantropodicea: Dio attorno a noi, presso dinoi, ci circonda: in Lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, immersi in un inesplorabileabisso delle azioni Divine, grazie alle quali e attraverso le quali possiamo esistere. Queste energie

    Divine, che sono la Divinit stessa, ci guidano e operano su di noi, anche se noi spesso non losappiamo. Ma al di l di tutto ci, c la sfera della nostra libert che con le sue radici, attinge dallestesse energie Divine fondandosi del tutto su di esse, ma che, allo stesso tempo, alle sue vette

    possiede il dono dellautodefinizione, il dono di compiacersi o no della vita con Dio, possiede ilpotere di venire da Lui o di allontanarsi da Lui. Questo il potere della nostrasoggettivit, di quelqualcosa di ontologico che del soggetto e che, contrariamente al soggettivismo privo di forza edenergia, di carattere cosmico. in nostro poterespalancare i nostri cuori alla Sorgente dellesserericevendo da Esso i flussi di vita, oppure, al contrario, di chiuderci nella soggettivit, rifugiarci sottoterra, fuggire dallessere. Ma in quel caso iniziano a seccarsi i nostri legami con il mondo e tutto ilnostro essere sta per morire63.

    La divinizzazione delluomo dunque esige il suo assenso libero e si espone allo scacco delpeccato con la conseguenza della geenna64, intesa non tanto come castigo ulteriore, ma comeorizzonte metafisico del negativo e della morte, e ci sempre nel quadro del carattere antitetico-

    paradossale della realt che la fede esprime: Se la libert delluomo una vera libert di decisione,il perdono della cattiva volont impossibile, essendo essa il prodotto creativo della libert. Nonritenere cattiva la cattiva volont significherebbe non riconoscere la realt della libert; se la libert

    VALENTINI,Pavel Florenskij:la sapienza dellamore. Teologia della bellezza e linguaggio della verit, EDB, Bolognas.d.; L.K, Verit come ethos. La teodicea trinitaria di P. A. Florenskij, Citt Nuova, Roma 1998.60 P.A.FLORENSKIJ,La colonna e il fondamento della verit, cit., 195. Vedi anche la nota corrispondente, ib., 716-718.61 Cfib., 215-255.62 Cf a questo proposito L.K, Verit come ethos, cit., 377-378.63 Testo citato in ib., 378-379.64 Al tema della geenna dedicata la lettera VIII della Stolp, cf P.A.FLORENSKIJ, La colonna e il fondamento dellaverit, cit., 258-315.

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    non reale, nemmeno lamore di Dio per la creatura reale; se non c una reale libert dellacreatura, non c nemmeno una delimitazione reale da parte della Divinit sulla creazione, non cknosis e quindi non c amore. E se non c amore non c nemmeno perdono. Al contrario, seesiste il perdono di Dio, esiste anche lamore di Dio e quindi anche una vera libert della creatura.Se c una vera libert inevitabile anche la conseguenza: la possibilit della cattiva volont e

    quindi limpossibilit del perdono. Chi nega lantitesi nega la tesi, chi afferma lantitesi affermaanche la tesi, e viceversa. Tesi e antitesi sono inseparabili come loggetto e la sua ombra.Lantinomicit del dogma del destino ultimo logicamente indubbia e psicologicamenteevidente65. In questo senso la lezione di Florenskij pu essere assunta come paradigmatica rispettoad un nucleo teoretico decisivo caratterizzante la teologia fondamentale. Da un altro punto di vistalattenzione di questo geniale e versatile pensatore verso le scienze della natura, risulta ben in lineacon laffermazione tipica della teologia fondamentale ortodossa, secondo cui la creazione rivelazione66.

    La teologia del Novecento ha evitato accuratamente gli esiti radicali in chiave escatologicadel pensiero florenskijano, cos come sono espressi nella VIII lettera, e tuttavia a livello

    fondamentale non ha mancato di marcare con forza il nesso tra verit e libert, ritenendolo di fattocostitutivo dellatto di fede testimoniale67, e del sapere che dalla fede si genera68, oppuresviluppando una fenomenologia dellatto di fede congrua con la dinamica dellazione umana,elaborata da M. Blondel e con la sottolineatura della possibilit della negazione edellatteggiamento recalcitrante della libert69. Solo un pensiero rivelativo, che mantenga il nessostrutturale fra verit e libert, pu costituire un vero e proprio baluardo nei confronti delfondamentalismo e della violenza che in esso si impone.

    Rispetto alla prospettiva teologica, Dio viene pensato come essere che ama (non solooggetto di amore), nel quale lamore trova la sua pienezza e la sua perfezione. Il che consente di

    declinare la prospettiva ousiologica da un lato in riferimento alla natura divina e dallaltro inriferimento alle tre ipostasi. Abbiamo cos la possibilit di elaborare una teo-ontologia, piuttostoche unonto-teologia, dove il termine qej sta ad indicare il Dio del Nuovo Testamento, ossia ilPadre e la prospettiva trinitaria che qui dato intravedere70. Tale prospettiva chiama in causa il

    65Ib., 263.66 Mi limito a citare a questo proposito D.STANILOA,Il genio dellortodossia, Jaca Book, Milano 1985, 29: La Chiesaortodossa non separa la rivelazione naturale da quella soprannaturale. La rivelazione naturale pienamente conosciuta e

    compresa alla luce della rivelazione soprannaturale; la rivelazione naturale data e permane attraverso lazionesoprannaturale di Dio.67 Cf a questo riguardo P. SEQUERI, Il Dio affidabile, cit., in particolare 429-554, dove si parla della fede comeaffidamento e si tenta appunto una ontologia dellaffidamento.68 Cf a questo riguardo il testo programmatico della scuola milanese: G. COLOMBO (ed.),Levidenza e la fede, Glossa,Milano 1988, con particolare riferimento al saggio di A.BERTULETTI, Sapere e libert, ib., 444-465.69 In questa direzione muove H.VERWEYEN, La parola definitiva di Dio, cit.: cf a questo proposito il cap. VIII: Unsenso definitivamente valido, malgrado una libert recalcitrante?, ib., 234-247. A proposito della posizione diVerweyen circa questo argomento, cf quanto scrive un interprete: La riflessione trascendentale sulla fenomenologia delSollen (ove Verweyen introduce la terminologia della manifestazione) mostra che il principio incondizionato ilfondamento ultimo pu essere adeguatamente pensato solo come condizione di possibilit della mia libert (in questosenso ha carattere dipromessa), la cui evidenza non anticipabile alla sua istituzione a posteriori (M.EPIS,Ratio fidei.I modelli della giustificazione della fede nella produzione manualistica cattolica della teologia fondamentale tedesca

    post-conciliare, Glossa, Milano 1995, 265; cf tutto il paragrafo dedicato al teologo tedesco Levidenza dellassolutonellevidenza della libert: la rifondazione pratica del trascendentale, ib., 264- 267).70 Cf il famoso saggio di K. RAHNER, Theos im Neuen Testament in ID., Schriften zur Theologie, I, Benziger,Einsiedeln 1954, 9-47 (trad. it. in ID., Saggi teologici, Paoline, Roma 1965, 467-585).

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    pensiero metafisico, nel suo configurarsi come teologia filosofica in rapporto al paradosso71della nostra conoscenza di Dio.

    A questo livello interessante notare come nel capitolo II dell'Enciclica Fides et ratio,

    intitolato "Credo ut intellegam", Giovanni Paolo II accenni giustamente alla fatica del credere,motivata dallo scontro tra la fede e i limiti della ragione, e precisi in termini molto appropriati:Tuttavia, malgrado la fatica, il credente non si arrende, poich Dio lo ha creato come unesploratore (Qo 1,13), la cui missione di non lasciare nulla di intentato nonostante il continuoricatto del dubbio72. Ed in questo contesto tematico che lenciclica richiama in successione73 dueimportanti testi paolini, in cui lApostolo sembra contraddirsi, poich in uno afferma non solo lacapacit metafisica dell'uomo di conoscere Dio ma anche il reale dato di fatto della sua conoscenza(cfRom 1,19-21), mentre nell'altro sembra invece negare questa capacit col dire che l'uomo di fattonon ha mai conosciuto Dio (cf1Cor1,21). I due passi epistolari di S. Paolo danno corpo a una dellequestioni pi appassionanti, in cui si misura lo specifico rapporto tra la ragione e la fede e l'apportodi ciascuna di esse. Lesegesi coglie in questi testi una particolare dialettica tra due poli, che in un

    certo senso si attraggono eppure in un altro senso si respingono (nella linea dellalterit-reciprocittra fede e ragione che sopra abbiamo richiamato). Peraltro lo stesso Paolo in un altro passoepistolare (cf Gal 4,8-9) sintetizza il suo pensiero, proponendo una prospettiva diversa dalle

    precedenti74.

    Il primo testo, quello della lettera ai Romani, gode particolare favore nellambito dellariflessioni pi volte ripetute dal Magistero della Chiesa cattolica, a partire dalla Dei Filius, neltentativo di escludere ogni deriva fideistica nellimpostazione del rapporto fede ragione e nellariflessione teologica relativa alle dimensioni cosmico-antropologica e storico-escatologica dellaRivelazione. Ma il ricorso a questo testo nellapologetica cattolica non cos recente, se si pensa

    che lo stesso Descartes, nella famosa lettera ai decani e dottori di teologia della Sorbona, l