rivista icsat n° 2
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8/8/2019 Rivista Icsat N 2
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RIVISTA ICSAT
Cari soci,
ci ritroviamo di nuovo dopo lestate a pro-muovere il secondo numero della nostrarivista e ad iniziare di nuovo il nostro la-voro dopo le vacanze che mi auguro ciabbiano consentito di ricaricare un po lebatterie e prenderci un meritato periododi riposo.
Questa volta debbo dire i contributi sonostati, come del resto era prevedibile, assaidi pi rispetto al numero di maggio e disvariati argomenti ma spero comunqueinteressanti. Saremo lieti di riprodurre
anche nei prossimi numeri articoli frut-to di lavori di convegni anche del recentepassato, in questo numero ad esempiotroverete un articolo degli atti del conve-gno di Ancona del 17 ottobre 2009 che fralaltro in linea con il prossimo convegno
nazionale di Ravenna del 23/24 ottobre
prossimi. Infatti il primo aveva come tito-lo Il sintomo in psicoterapia: linguaggioe signicato, il secondo avr come tema
Simbolo o sintomo. Fra laltro il vener-d 22 si terr il consueto seminario na-zionale ICSAT il cui calendario, tema edinterventi, potete consultare sul nostrosito. Vi segnalo inoltre che fuori tempomassimo abbiamo ricevuto richieste dipubblicazione sia da parte di singoli chedi sedi locali ICSAT, vi rinnovo quindi lapreghiera di stare dentro la dead line
che viene sempre evidenziata nellultima
pagina della rivista e che questa voltasar il 30/11/10.
Inne preghiamo tutti voi di visitare pe-riodicamente il sito ICSAT (infatti sul sitotroverete tutte le notizie che ci riguardano
in tempo reale) e di diffondere la rivistaanche fra i non soci afnch possa diveni-re oltre che un ottimo strumento per farconoscere il nostro lavoro, anche un mo-mento di crescita per la nostra categoriaprofessionale, la quale non pu che par-lare un multilinguismo culturale che co-stituisce comunque un arricchimento pernoi tutti. Si rinnova a tutte le sedi localilinvito a fornirci informazioni riguardo adiniziative quali congressi, convegni e se-minari.E sempre possibile, inoltre, far giungerealla redazione atti dei convegni (possi-
bilmente formato word/pdf o cartaceo induplice copia) tra i quali provvederemoa selezionare e pubblicare gli interventigiudicati pi interessanti e signicativi.
Dott. Vinicio Berti
Italian Committee for the Study of Autogenic Therapy and Autogenic Training - Settembre 2010 - N2 - www.icsat.it
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2 - Settembre 2010 - Rivista Icsat
Alcuni anni or sono, fui con-tattata dalla mia amica pit-
trice Carla Scoppa che mi
parl delle reazioni emoti-
ve inaspettate e inspiegabili degli al-
lievi durante i suoi corsi di formazio-
ne pittorica.
Una tecnica particolare da lei ideata
con luso degli acquerelli: lallievo
invitato ad usare liberamente il pen-
nello, bagnando solo di acqua la su-perficie da dipingere. Sceglier poi i
colori a suo piacimento distribuendoli
in pi punti sul piano bagnato. Muo-
vendo poi la tavola li far scorrere
nelle varie direzioni. Si formeranno
cos composizioni cromatiche che si
espandono, si fondono scorrendo sul-
le pennellate dacqua e creando mac-
chie policrome di grande suggestio-
ne, ed qui che l allievo libera le sue
emozioni raccontando ricordi antichi,gioiosi e tristi.
Il raccordo tra due liquidi di densit
diversa stimolano memorie antiche:
scioglimento dei ghiacci sulla neve,
magma dei vulcani, sangue versato,
fango sotto la pioggia, la nonna che
unisce gli ingredienti di una torta.
Qualche volta la voce si rompe in un
singhiozzo.
Cos ho voluto proporre ad alcuni pa-
zienti questa prova cromatica prima
di iniziare un corso di Psicoterapia
Autogena. Durante la prova si sono
potuti cogliere momenti di ansia, di
insicurezza, di divertimento e di cu-
riosit; una maggiore apertura verso
il terapeuta, dovuta alla distensione
iniziale per effetto della piacevolezza
e giocosit dellesercizio pittorico e
lemergere della creativit.
Terminata lesecuzione delle tavole
(cartoncini), queste si porgeranno
al paziente, che le osserver e po-tr cos interpretarle, descrivendo le
sembianze di quelle forme originali e
ambigue, dipinte da lui e che rasso-
migliano a cose e a persone che fanno
scaturire ricordi, affetti ed emozioni.
La fase di esecuzione prima e di inter-
pretazione poi, fanno parte di un solo
momento terapeutico che determina
nel paziente lo sblocco delle emozio-
ni, il buon rapporto empatico con ilterapeuta e lemergere del pensiero
creativo.
Gi Leonardo Da Vinci riteneva che le
macchie di forme indefinite, potesse-
ro stimolare la creativit dellartista,
teoria ripresa in seguito da Justinus
Kemer, un medico svizzero che si in-
teressava di arte e letteratura, il qua-
le affermava che si potesse stimolare
lispirazione artistica con macchie diforma incerta.
Anche il Professor Tullio Bazzi soste-
neva che un buon prerequisito per
apprendere il T.A. fosse il pensiero
creativo che pu dilagare con il rilas-
samento. In uno stato di distensione,
infatti, pi facile che lemisfero de-
stro invii stimoli, suggerimenti e intu-
izioni allemisfero sinistro, con infor-
mazioni che ritiene utili per risolvereproblemi e produrre nuove idee.
Emisfero destro e emisfero sinistro
colgono due aspetti differenti del
mondo a noi circostante: lemisfero
destro spezza gli schemi e i modelli
culturali, cos da trasferire allemi-
sfero sinistro una nuova metodologia
conoscitiva che non porti pi ad una
cultura ripetitiva ma creativa. Lemi-
sfero destro, che in ogni circostanzae situazione interattiva dellindividuo
avrebbe risposte creative da dare,
viene anticipato nella risposta alla
dominanza dellemisfero sinistro.
Tali risposte non vengono prese
dallemisfero destro, questo le trattie-
ne e le propone nel momento propizio
ossia nel momento in cui lemisfero
sinistro non impegnato a risponde-
re allambiente esterno. Questo stato
pu crearsi anche grazie allatteg-
giamento distensivo che diventa uno
status vivendi mediante la pratica del
Training Autogeno e con lallenamen-to quotidiano permette una osmosi
mente corpo. Quindi in uno stato di
distensione pi facile che lemisfe-
ro destro invii stimoli, suggerimenti e
intuizioni allemisfero sinistro con in-
formazioni che ritiene utili per risol-
vere problemi e produrre nuove idee.
La prova cromatica d una predispo-
sizione al percorso di benessere e
creativit, dando effetti terapeuticinel recupero di vaste zone della vita
emotiva e nelle zone della personalit
che sono fonti di ansia e di blocchi
esistenziali. Ritengo indispensabile
per che il terapeuta conosca il Lu-
scher - Test del Professor Max Lu-
scher. Ci rendiamo conto che non c
aspetto della nostra vita che non sia
connotato, intessuto dai colori: lim-
portanza del colore nellindagine psi-
cologica pu facilitare al paziente laconoscenza di se stesso e la valuta-
zione della propria personalit.
La libert di disegnare o di dipinge-
re con lacqua ed i colori esprimono
lintera personalit del soggetto ed in
particolare i suoi elementi subconsci
ed inconsci che si proiettano allester-
no grazie alla libert che gli data.
Condividendo cos il pensiero di Mag-da Di Renzo, ricordo la sua frase: Le
parole hanno un tempo, un luogo ed
anche una tavolozza per raccontarsi.
La prova cromatica nellapsicoterapia autogena
Dott.ssa Maria Teresa Gaggioli
Psicologa e Psicoterapeuta
Email: [email protected]
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Settembre 2010 - Rivista Icsat - 3
LE PAROLE DI PSYCHE
FENOMENO DI ISAKOWER
Gruppo di esperienze percettive descrit-
te per la prima volta da Otto Isakower
negli anni 30 che si vericano duran-
te stati di regressione dellIo e in statiipnagogici come laddormentamento;
pi recentemente questi fenomeni sono
stati riscontrati anche in consumatori
accaniti di droghe.
Le sensazioni riferite sono molto diverse
da quelle del normale stato di veglia e
riguardano principalmente la bocca, la
pelle, le mani, spesso simultaneamente
e senza una localizzazione precisa.
Il soggetto riferisce di sentirsi confuso,
come se stesse uttuando o affondando
e le parti del corpo si confondono: boccae pelle, corpo e mondo esterno, interno
ed esterno. A livello visivo viene perce-
pito qualcosa come un pallone o una
sfera, in modo indenito e nellombra,
che si avvicina e si ingrandisce sino ad
assumere dimensioni gigantesche.
A volte chi subisce il fenomeno di Isa-
kower sente una massa molle, gelatino-
sa nella bocca, mentre a livello uditivo
sente mormorii, ronzii e fruscii.
Certe volte si sente la mano gona o
contratta e la bocca e la pelle sembranoruvide, sabbiose o secche.
Queste sensazioni possono essere vis-
sute in modi molto diversi: piacevoli,
spiacevoli o , pi spesso, neutre, ma
solitamente accompagnate da un senso
di alienazione dallesperienza che non
viene considerata reale.
Queste sensazioni si manifestano ra-
ramente nellet adulta e pi spesso
nellinfanzia.
Cos come altri stati regressivi dellIo, si
ritiene che il fenomeno di Isakower ser-
va come difesa dallangoscia derivante
dalla riesperienza di fantasie edipiche
disturbanti.
Tratto da: Dizionario dipsicoanalisi-American Psychiatric Asso-
ciation
...
In questo numero parliamo di:
Psicolinguistica
La psicolinguistica o psicologia del lin-
guaggio pu essere denita come lo
studio dei fattori psicologici e neurobio-
logici che stanno alla base dellacquisi-zione, della comprensione e dellutilizzo
del linguaggio negli esseri umani. un
campo di studio interdisciplinare, che si
avvale dellapporto di differenti discipli-
ne come la neuropsicologia, la psicolo-
gia cognitiva, la linguistica ed in gene-
rale delle scienze cognitive.
La psicolinguistica utilizza differenti
metodologie per raccogliere i dati spe-
rimentali, come losservazione del com-
portamento, le misure comportamenta-
li (tempi di reazione in compiti linguistici), le misure di tipo psico-neurosiologi-
co come i metodi elettrosiologici o le
tecniche di neuro-imaging (movimenti
oculari, elettroencefalograa, risonanza
magnetica funzionale, tomograa ad
emissione di positroni) in cui si misu-
rano le reazioni siologiche che hanno
luogo nel cervello durante lesecuzione
stessa di compiti di natura linguistica.
La psicolinguistica si occupa princi-
palmente dei processi computazionali
messi in atto dal cervello per com-
prendere e produrre il linguaggio. Pur
condividendo alcune nozioni ed alcuni
livelli di analisi propri della linguistica,
si distingue da questultima in quanto
tenta di denire teorie sullarchitetturafunzionale dei processi implicati nelluti-
lizzo del linguaggio, indagando come il
linguaggio rappresentato e processa-
to a livello cognitivo e cercando di loca-
lizzarlo anatomicamente; ad esempio,
il modello cognitivo di Levelt descrive
la produzione linguistica dalle fasi del-
la concettualizzazione no al momento
della realizzazione fonetico-articolatoria
dei suoni linguistici. Altre aree di ricer-
che si rivolgono allacquisizione della
prima e della seconda lingua nei bam-bini.
I risultati ottenuti sono utili per de-
nire sempre migliori tecniche di riabi-
litazione cognitiva delle afasie, delle
patologie evolutive o delle malattie
neurodegenerative che colpiscono il
linguaggio, applicabili in campi come
la neuropsicologia clinica o la logope-
dia, allinterno di programmi riabilita-
tivi in uso nelle strutture ospedaliere
e nei centri di riabilitazione. Inoltre,lacomprensione sullorganizzazione
anatomofunzionale del linguaggio ne-
gli esseri umani puo avere nalit di-
dattiche, ovvero migliorare le tecniche
di insegnamento della prima lingua o
seconda lingua nei programmi scola-
stici.
IL FILM
IL MNEMONISTAdi Paolo Rosa
Primo violino nellorchestra di una grande citt, S dotato di una memoria straordinaria che lo porta a ricor-
dare ogni minimo dettaglio di ci che cade sotto la suaattenzione. Si rivolge al prof. L, psicologo di fama inter-
nazionale, il giorno in cui si accorge di non riuscire pi asuonare, perch le note dello spartito davanti ai suoi occhiesplodono in punti mobili e coloratissimi. Comincia cos un
affascinante viaggio nei misteri della mente...
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Allinizio degli anni 90 allIstitu-
to di Fisiologia dellUniversit di
Parma, diretto da Giacomo Riz-
zolatti fu scoperto un gruppo di
neuroni nella corteccia premotoria dei ma-
cachi, denito neuroni specchio, i quali
si attivano sia quando vengono eseguite
azioni nalizzate a uno scopo, sia quan-
do si osservano le stesse azioni eseguite
da altri.Diversi studi neurosiologici hanno di-
mostrato che anche il cervello umano
dotato di un sistema di neuroni specchio
localizzato in regioni parieto-premoto-
rie, verosimilmente omologhe a quelle
descritte nella scimmia, che codica le
azioni osservate sugli stessi circuiti ner-
vosi che ne controllano lesecuzione.
In particolare, uno studio di risonanza
magnetica funzionale ha mostrato che
i neuroni specchio non sono attivati solo
dallosservazione di azioni eseguite conla mano, ma anche dallosservazione di
azioni eseguite con altri effettori come la
bocca o il piede. Le aree parietopremo-
torie attivate dallosservazione di azioni
eseguite da altri con diversi effettori,
sono le stesse che si attivano quando
losservatore esegue quelle stesse azio-
ni. In altri termini, anche nelluomo la
stessa organizzazione somatotopica
dei circuiti parieto-premotori serve due
funzioni: controllare lesecuzione delleazioni e consentirne la comprensione.
Numerosi studi hanno inoltre dimostra-
to che i neuroni specchio sono coinvolti
sia nellimitazione di movimenti semplici
delle dita che nellapprendimento imita-
tivo di nuove complesse sequenze di atti
motori..
Il coinvolgimento del sistema motorio
durante losservazione di azioni comuni-
cative della faccia e della bocca com-
provato anche da uno studio di
stimolazione magnetica transcranica
(TSM) che dimostra che losservazione
di un lmato muto di movimenti del-
le labbra durante il parlare aumenta
nellosservatore leccitabilit degli stessi
muscoli che normalmente impieghereb-be per realizzare quegli stessi movimenti
labiali. La comprensione di queste azioni
comunicative sembra quindi che sia ac-
compagnata dalla simulazione motoria
delle stesse azioni.
Quando un individuo inizia un movimento
per prendere in mano una penna, ha chia-
ro in mente il suo scopo nale,ad esempio
scrivere una nota su un pezzo di carta. La
specicazione dellintenzione di unazio-
ne precede quindi linizio dei movimenti,
e questo signica che quando stiamo per
eseguire una determinata azione noi pos-
siamo predirne le conseguenze.
Ma una determinata azione pu essere ori-
ginata da intenzioni molto diverse. Suppo-
niamo che qualcuno veda un altro afferrare
una tazza: i neuroni specchio per lazione
di afferramento verranno probabilmente
attivati nel cervello dellosservatore, ma il
collegamento diretto tra lazione osservata
e la sua rappresentazione motoria nel cer-vello dellosservatore pu dirci solamen-
te cosa lazione (afferrare) e non quale
sia lintenzione che ha spinto lagente ad
afferrare la tazza. Ci ha indotto taluni a
sollevare obiezioni circa la rilevanza deineuroni specchio nellintelligenza sociale e,
in particolare, nella determinazione delle
intenzioni altrui .
Ma allora capire perch unazione sia stata
iniziata, pu essere equivalente a intuire
lo scopo dellazione seguente? Uno studio
recente ha cercato di rispondere a questa
domanda.
Dei soggetti hanno osservato tre generi di
sequenze lmate che illustravano: azioni
manuali di afferramento di una tazza sen-
za un contesto; solo contesto (due scene
contenenti oggetti disposti su un tavolo
che suggerivano il contesto di una colazio-
ne da cominciare o gi ultimata); e azioni
di afferra mento manuale della stessa taz-
za allinterno dei due diversi contesti, che
suggerivano quale diversa intenzione po-
tesse essere associata allazione di afferra
mento della tazza (rispettivamente, per
bere o per sparecchiare la tavola).
Losservazione delle azioni allinterno del
proprio contesto rispetto alle altre duecondizioni ha determinato un signicativo
incremento dellattivit della parte poste-
riore del giro frontale inferiore e del set-
I neuroni specchio come baseneurofsiologica
dellintersoggettivitDott.ssa Caterina Serena
Email: [email protected]
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Settembre 2010 - Rivista Icsat - 5
tore adiacente della corteccia premotoria
ventrale, dove sono rappresentate le azio-
ni manuali. Da ci risulta che le aree pre-
motorie dotate di propriet caratteristiche
dei neuroni specchio , aree cio che si atti-
vano sia durante lesecuzione che durante
losservazione di unazione (che prima si
ritenevano coinvolte solamente nel ricono-
scimento di azioni) , sono coinvolte anche
nella comprensione del perch dellazio-
ne, cio dellintenzione che lha motivata.
Un altro risultato interessante di questo
studio che essere o non essere istruito
a determinare esplicitamente lintenzione
delle azioni osservate di altri non fa diffe-
renza in termini dellattivazione dei neuro-
ni specchio. Questo vuole dire che , alme-
no per semplici azioni come quelle oggetto
di questo studio, lattribuzione di intenzioni
si verica automaticamente ed messa in
moto dallattivazione obbligatoria di unmeccanismo di simulazione incarnato.
Il meccanismo neurosiologico alla
base della relazione tra predizione del-
lo scopo di unazione ed attribuzione
dintenzioni, stato recentemente sve-
lato. Questo studio mostra che il lobo
parietale inferiore della scimmia con-
tiene neuroni specchio che si attivano
in associazione con gli atti motori della
scimmia (ad esempio afferrare un og-
getto con la mano) solamente quandoquesti sono parte di una specica azio-
ne tesa a conseguire uno scopo distale
diverso (portare loggetto alla bocca o
introdurlo in un contenitore).
Un dato neurone cio si attiva quando la
scimmia afferra un oggetto solamente se
lazione di afferrare ha lo scopo di portare
loggetto alla bocca e non se mirata a
metterlo in una tazza o viceversa. Que-
sti neuroni cio programmano uno stesso
atto motorio in modo diverso a seconda
dello scopo distale dellazione in cui taleatto motorio inserito. I singoli atti moto-
ri sono legati gli uni gli altri in quanto oc-
cupano stadi diversi allinterno dellazione
globale di cui fanno parte, costituendo
cos catene intenzionali predeterminate
nelle quali ogni atto motorio seguente
facilitato da quelli precedenti.
Molti di questi neuroni specchio parietali
mostrano lo stesso tipo di risposta anche
durante losservazione degli atti moto-
ri altrui. Va sottolineato che i neuroni siattivano prima che la scimmia osservi lo
sperimentatore avviare il secondo atto
motorio (portare loggetto alla bocca o
nella tazza).
Questa nuova propriet dei neuroni spec-
chio parietali suggerisce che, oltre a ri-
conoscere lo scopo dellatto motorio os-
servato, questi neuroni sono in grado di
discriminare atti motori identici a seconda
dellazione globale in cui sono collocati,
tali neuroni perci non solo codicano
latto motorio osservato, ma sembrano
anche permettere di predire il successivo
atto motorio dellagente, e quindi la sua
intenzione complessiva. Questo mecca-
nismo pu essere interpretato come il
correlato neurale dei primi segni di quelle
sosticate abilit di mentalizzazione che
caratterizzano la nostra specie.
In uno studio di fMRI recentemente pub-
blicato stato dimostrato che sia prova-
re soggettivamente disgusto che essere
testimoni della stessa emozione espressa
dalla mimica facciale di un altro attivanolo stesso settore del lobo frontale: linsula
anteriore. Quando osserviamo lespres-
sione facciale di un altro, e questa per-
cezione ci conduce ad identicare nellal-
tro un particolare stato affettivo, la sua
emozione ricostruita e quindi compre-
sa direttamente attraverso una simula-
zione incarnata che produce uno stato
corporeo condiviso dallosservatore.
Questo stato corporeo comprende lat-
tivazione di meccansimi viscero-motorineurovegetativi, o dei muscoli facciali
coinvolti nellespressione dellemozione
osservata. quindi lattivazione di un
meccanismo neurale condiviso dallos-
servatore e dallosservato che permette
la comprensione esperienziale diretta di
una data emozione di base.
Un simile meccanismo di simulazione in-
carnata verosimilmente anche alla base
della nostra capacit di comprendere il
contenuto esperienziale delle sensazionidolorose degli altri. Esperimenti di regi-
strazione di singoli neuroni eseguiti su
pazienti neurochirurgici mostrano che le
stesse strutture cerebrali sono attivate
sia durante lesperienza soggettiva del
dolore che durante losservazione diret-
ta o mediata che qualcunaltro sta pa-
tendo la stessa sensazione dolorosa.
Interessanti ricerche sui neonati mostra-
no la precocit del processo di simulazio-ne: neonati gi a poche ore dalla nasci-
ta sono capaci di riprodurre i movimenti
della bocca e del volto degli adulti che
li guardano. Il corpo del bambino, a cui
lui non ha accesso visivo, simula quindi
correttamente quello delladulto, con un
meccanismo che stato chiamato map-
patura intermodale attiva la quale deni-
sce uno spazio reale supramodale non
legato ad un singola modalit di interazio-
ne, sia essa visiva, uditiva, o motoria.
Questo processo intersoggettivo, che ov-
viamente continua e si espande nel corso
di tutta la vita, potrebbe essere alla base
del rispecchiamento materno di Winni-
cott e anche del concetto di sintonizza-
zione affettiva di Stern.
In conclusione, mentre assistiamo al
comportamento intenzionale degli altri
esperiamo uno specico stato fenomeni-
co di consonanza intenzionale, che ge-
nera una qualit particolare di familiarit
con gli altri individui, prodotta dal collas-
samento delle intenzioni altrui in quelle
dellosservatore.
Ci costituisce unimportante compo-
nente dellempatia che, a differenza del
contagio emotivo, comporta la capacit di
esperire ci che gli altri provano ed esse-
re al contempo capaci di attribuire queste
esperienze agli altri e non a se stessi. La
qualit ed il contenuto della nostra espe-
rienza viva del mondo degli altri implica la
consapevolezza della loro esistenza non-
ch della loro alterit. La simulazione in-carnata costituisce quindi un meccanismo
cruciale nellintersoggettivit e i diversi
sistemi di neuroni specchio ne rappre-
sentano i correlati sub-personali. Grazie
alla simulazione incarnata non assistiamo
solo a una azione, emozione o sensazio-
ne, ma parallelamente vengono generate
delle rappresentazioni interne degli stati
corporei associati a quelle stesse azioni,
emozioni e sensazioni, come se si stes-
se compiendo unazione simile o provan-
do una simile emozione o sensazione.La scoperta dei neuroni specchio non
la scoperta di un nuovo fenomeno clinico,
ma solo dei possibili meccanismi neurali
che possono far luce su fenomeni clinici
gi noti.
Studio tratto da:
Psicoterapia e Scienze Umane, 1993,
XXVII, 2: 85-101. Edizione Internet:
http://www.psychomedia.it/pm/mod-
ther/probpsiter/alexan-1.htm).
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6 - Settembre 2010 - Rivista Icsat
Il seguente articolo tratto dagli atti
del convegno svoltosi lo scorso anno
ad Ancona ed abbiamo scelto di pub-
blicarlo in quanto riteniamo possa dare
un senso di continuit con il prossimo
convegno (Ravenna 23-24 Ottobre)
dato che entrambi affrontano il tema
del sintomo.
Parlare di signicato esistenziale
del sintomo vuole dire intende-re tale fenomeno in modo diver-so da come si fa abitualmente
in medicina. Secondo i principi medici
e psicoterapeutici, il sintomo non pumai essere considerato ununica enti-t, bens lesito nale di un insieme di
azioni e reazioni, derivanti da uno statopatologico, che conducono ad una alte-razione della normale sensazione di se del proprio corpo. Se entriamo pernellambito del disagio esistenziale,inteso quale malessere derivante dalsentimento della mancanza di sensoper la propria esistenza, il sintomo nonsar riferibile alla manifestazione sog-gettiva di una patologia in atto. Cosaintendiamo esattamente? Intendiamo
che la sofferenza di una vita senza sen-so pu condurre la persona ad un pro-fondo stato di frustrazione esistenziale,caratterizzato anche dalla presenza diuno o pi sintomi sici o psichici, no-nostante corpo e psiche siano sani. Einfatti possibile affermare che una ma-lattia di tipo sico o psichico pu non
comportare necessariamente una cri-si di senso, mentre questultima, cio
in altri temini una crisi di vita, pu
comportare determinati sintomi, seb-bene corpo e psiche siano sani. E diquestultima possibilit che tratteremo
nella presente relazione.Per parlare di signicato esistenziale del
sintomo, riteniamo essenziale partireda alcune importanti considerazioni. Aldi l e oltre lesigenze siche e psichi-che, la fondamentale esigenza umana quella di dare senso alla propria esi-stenza; la fondamentale motivazione
umana quella che V.E. Frankl ha de-nito volont di signicato (in quanto di-stinta dal principo di piacere freudianoe dalla volont di potenza adleriana),
che si radica nella dimensione noetica,
spirituale, della persona: luomo, pervivere, ha bisogno di senso e, al di l di
situazioni patologiche psico-siche pi
o meno gravi, proprio il sentimentorelativo al vuoto di senso che spesso
spinge la persona a rivolgersi al medicoo allo psicoterapeuta.Gran parte del mondo scientico oggi
riconosce che si ormai da tempo am-piamente diffusa una nuova patologia,che difcilmente pu essere classicata
secondo gli schemi tradizionali. Trattasidi quella sindrome che Frankl ha de-nito nevrosi noogena, che ha originenella dimensione noetica, spirituale, eche pu ripercuotersi in quella soma-tica o in quella psicologica. Secondolo schema frankliano, nellambito del-la patologia umana, oltre alle malattiesomatiche e psichiche, possiamo quindiriconoscere anche quelle noetiche, cio
spirituali. E utile sottolineare per cheil termine noetico, che etimologica-mente deriva dal greco e che, tra-dotto letteralmente, signica mente,
ragione, intelletto, pu avere un signi-cato pi esteso e pregnante, allorch
sta ad indicare la capacit intenziona-le delluomo, cio il tendere delluomoverso qualcosa, verso il perseguimentodi scopi e la realizzazione di valori, e,quindi, sta ad indicare la caratteristi-ca capacit umana di progettualit.
Pertanto, dinanzi a sentimenti di noia,di assurdit, di apatia, di vuoto, di in-
differenza, non sufciente rivolgersialluomo considerando soltanto la di-mensione biologica e quella psicologi-ca, ma si rende necessario allargarelorizzonte anche alla terza dimensione,cio a quella spirituale, per una diversacomprensione di determinati sintomi,che andranno quindi considerati sia daun punto di vista eziologico che da unpunto di vista fenomenologico. Si trat-ta quindi di ricercare il logos che stadietro al pathos, per poter individuarelautentico signicato della sofferenza
che, talvolta, si annida, appunto, nellaterza dimensione.Per meglio comprendere ci che stiamoaffermando, riteniamo utile evidenziarelaspetto noetico di alcune manifesta-zioni somato-psichiche, elencando bre-vemente i diversi sintomi, le loro causee la loro fenomenologia, facendo tesorodel pensiero di Frankl. Distingueremo
pertanto:
- sintomi derivanti da cause sico-
biologiche che si manifestano a livellosomato-organico, che possono essere
deniti quindi somatogeni-fenosomatici( malattie siche )
- sintomi derivanti da cause sico-bio-logiche che si manifestano a livello psi-
chico, che possono essere deniti quin-di somatogeni-fenopsichici (alterazioniormonali, che modicano, ad esempio,
il tono dellumore)
- sintomi derivanti da cause sico-
biologiche che si manifestano a livellonoetico, che possono essere deniti
somatogeni-fenonoetici (alterazioni or-monali che si ripercuotono, ad esem-pio, sul grado di soddisfazione esisten-ziale, generando senso di frustrazionee vuoto interiore)
- sintomi derivanti da cause psichicheche si manifestano a livello somatico,
che possono essere deniti psicogeni-fenosomatici (malattie psicosomati-che)
- sintomi derivanti da cause psichicheche si manifestano a livello psichico,che possono essere deniti psicogeni-
fenopsichici (psiconevrosi, ovvero pa-tologie ansiose, fobiche, ossessive, de-pressive, ecc.)
- sintomi derivanti da cause psichiche/emotive che si manifestano a livellonoetico, che possono essere deniti
psicogeni-fenonoetici (frustrazione esi-stenziale, vuoto di senso, mancanza diprogettualit)
- sintomi derivanti da cause noeticheche si manifestano a livello somatico,che possono essere deniti noogeni-
fenosomatici (mancanza di una appa-gante signicativit esistenziale che si
manifesta attraverso sintomi somatici,quali ad esempio nausea, cefalea, ta-chicardia, ecc. )
- sintomi derivanti da cause noeticheche si manifestano a livello psichico,che possono essere deniti noogeni-fe-nopsichici (ansia, depressione, fragilit
emotiva, stati di isolamento, ecc.)
- sintomi derivanti da cause noeticheche si manifestano a livello noogeno,che possono essere deniti noogeni-
fenonoetici (nevrosi noogena, risultan-te dalla mancanza di senso e valori perlesistenza e assenza di progettualit).
Le ultime tre categorie di sintomi sono
quelle che interessano la nostra argo-mentazione, in quanto sintomi riferibilialla mancanza di signicativit esi-stenziale. Quanto no ad ora esposto
ci permette di rilevare limportanza di
Il signifcato esistenziale del sintomoDott.ssa Daniela Grieco - Dott. Mario DAngelo
Email: [email protected]
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considerare luomo, allinterno di unarelazione daiuto, nella sua unit tridi-mensionale somato-psico-noetica, pre-scindendo dalla quale si potrebbe in-correre in interpretazioni riduttive dellapatologia o del disagio. Quindi, anchelanalisi di un sintomo dovr essere
multidimensionale, cos come risulter
efcace una terapia multidimensionale.
Del resto, questo vale per qualsiasi in-tervento terapeutico, in quanto il pro-cesso di guarigione avr risultato sol-tanto se non verr trascurato il principio
di totalit dellessere vivente, nel pieno
rispetto, come sottolinea I.H. Schultz,delle leggi vitali, ovvero della biono-mia.Se la nevrosi consiste in un avvenimen-to a-, o anti-, bionomico, quindi in con-trasto con le leggi e il senso della vita,anche la nevrosi di tipo noogeno, nondi-meno, rappresenta un erroneo tentativodi dare un senso allesistenza. In questo
sforzo vitale la persona sar portata arealizzare valori non autentici e a svi-luppare un piano di vita non conformeai principi bionomici e alle proprie aspi-razioni, per cui lesistenza potr appari-re senza senso, inutile, faticosa, priva diintenzionalit e, quindi, di progettualit.
Nellottica di un approccio esistenziale,in considerazione di una dimensionenoetica strettamente interconnessa conquella somato-psichica, evidenziamoquindi che per luomo vitale tendereverso valori e scopi che diano senso allavita. Secondo tale prospettiva, la per-sona che non soffre di alcuna patologiapu stare noeticamente male quandonon riesce ad orientarsi verso obiettiviappaganti, quali ad esempio il dedicar-si ad una attivit, lincontrare un altro
nellamore, limmergersi in un impegno.La frustrazione esistenziale pu trasci-nare quindi in un profondo baratro, dalquale sar sempre pi difcile uscire, e
colui che sar vittima di tale naufragio
potr lamentare anche determinati sin-tomi, che non troveranno per soluzionein un trattamento medico, bens in un
sostegno esistenziale, eventualmentecome parte integrante di una psicotera-pia o di un trattamento farmacologico.
Ci che in realt stiamo proponendo
un intervento di counseling esistenzialeche si basi sui principi della logotera-pia di Frankl e che si realizzer in una
cura del disagio derivante dal vuoto disignicato: disagio che pu comporta-re, ad esempio, lincapacit di operare
una scelta personale, di gestire una re-lazione o di affrontare un cambiamen-to. Tale intervento dovr per essere
condotto secondo un approccio clinico,non nel senso medico/sanitario del ter-mine clinico, ma in quanto attento allo
studio, allanalisi, alla diagnosi della, ein quanto diretto alla, singolare indivi-
dualit delle persone o delle situazioni.
Infatti, la comprensione clinica, intesaquale capacit di diagnosticare al meta-forico letto del malato, sar indispensa-bile per non incorrere in gravi errori divalutazione, come, ad esempio, il nonriconoscimento di una forma precocedi patologia. Pertanto, soltanto locchioclinico sar capace di andare oltre le
apparenze e di percepire la singolaritdellessere e delle diverse situazioni.Ogni persona bisognosa di aiuto costi-tuisce infatti unentit totalmente ori-ginale, perci unica e irripetibile, coscome unico e irripetibile risulta essereogni momento vitale. Luomo quindiunico in termini di essenza e di esisten-za e ognuno insostituibile in virt ditale unicit.
Lintervento clinico ad orientamentoesistenziale si focalizza quindi sullaiu-tare maieuticamente la persona a tro-
vare un senso per la propria esistenza,attraverso la ricerca di signicati, valori
e scopi che rendano la vita degna di es-sere sempre vissuta, anche in situazionidi sofferenza. E un intervento che puassumere, pur sempre in relazione aldisagio noetico, una connotazione psi-cologica, medica, pedagogica o loso-ca , in base alla formazione personale eprofessionale dello psicoterapeuta o delcounselor.
E da tenere presente, inoltre, che oggi iconni delle varie scienze si sono allar-gati, per cui attualmente non pi tra-scurabile il fenomeno innovativo riscon-trabile nella nascita della pedagogiaclinica. In realt, la pedagogia clinica ha
origini antiche, anche se non dichiarate,e i suoi fondamentali paradigmi posso-no essere ritrovati nel lavoro di illustripedagogisti sul campo, quali Itard, S-guin, Montessori, Decroly, Claparde ealtri.
Alla luce di quanto esposto, quale potr
essere quindi lintervento esistenziale
rivolto al trattamento di una nevrosinoetica che pu manifestarsi attraversoun sintomo? Fondamentale sar laiu-tare la persona a ricercare, come gi
anticipato, signicati, valori e scopi che
diano senso allesistenza. Lanalisi esi-stenziale si svilupper quindi come una
affascinate ricerca del proprio logos e lapersona apprender a distanziarsi da se
stessa, a superare la visione egocentri-ca, a rispondere responsabilmente allerichieste implicite nelle diverse situazio-ni esistenziali, nella loro unicit e irri-petibilit. E per importante sottoline-
are che i signicati sono sempre unici eriferibili a situazioni individuali, mentrei valori consistono in quei signicati ri-feribili alla condizione umana e, quindi,universali. I valori rappresentano infatti
quei signicati etici che orientano a lar-ghi tratti il comportamento del singolo,mentre i signicati appaiono pi imme-diati, legati al momento emotivo, a og-getti e situazioni che la persona incon-tra nel suo vivere quotidiano. Gli scopiinvece, non solo quelli a lungo termine,ma anche quelli del presente, interpre-tano le spinte comportamentali di ogni
momento. I valori, per, non possonoessere insegnati o dati, bens sarannoricercati e trovati autonomamente, coscome il senso non pu essere offerto daqualcuno. Quindi, in un percorso di so-stegno esistenziale, cos come duranteuna terapia, sar fondamentale favorire
lemersione spontanea di senso e va-lori per lesistenza. I.H.Schultz, padredel modello psicoterapeutico autogenobionomico, afferma che i valori esisten-ziali sono per gli uomini di importanzavitale tanto quanto lossigeno, lacqua,il nutrimento e che il loro essere in pe-
ricolo pu essere di signicato decisivoper il formarsi della nevrosi o anche perla sua gravit. Schultz propone uno
schema di riferimento organizzato se-condo una gerarchia di categorie di va-lori, che il soggetto dovrebbe realizzareallinterno del proprio percorso di vita,per dare senso alla propria esistenza.Frankl propone tre importanti categorie
di valori esistenziali, relative ai valori dicreazione, di esperienza, di atteggia-mento, che riettono le tre fondamen-tali direzioni lungo le quali luomo putrovare un senso allesistenza. E quindipossibile trovare un punto di incontrotra lindirizzo bionomico della psicotera-pia autogena di Schultz e la logoanalisidi Frankl, in quanto entrambe riserva-no un ruolo fondamentale alla scopertae alla conquista personale dei pi altivalori esistenziali, dimostrando che ladimensione spirituale rappresenta lapi elevata espressione dello sviluppobionomico. Riteniamo pertanto efca-ce e utile, allinterno di un interventoesistenziale rivolto al trattamento di unsintomo di natura strettamente noetica,
utilizzare il training autogeno basale diSchultz, per offrire alla persona un picompleto aiuto per la attivazione di po-tenzialit interiori capaci di stimolare la
comprensione autonoma dei personalivalori esistenziali. Se lintervento esi-stenziale sar per parte integrante di
una psicoterapia, lautocomprensionedei valori esistenziali potr essere age-volata dagli esercizi del training auto-geno superiore. E importante rilevareche in entrambi i processi la dimensionenoetica andr a consolidarsi progressi-vamente e questo auto-orientamento
esistenziale porter a conferire semprepi senso e unit armonica alla perso-nalit.
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Una delle stte fondamentalidellinduismo venera in Visnil proprio dio supremo, un diobenevolo e misericordioso cui
si collega tutta una collettivit di gure
divine, suoi avatar, che ne rappresen-tano le reincarnazioni. Alcune con sem-bianze animali, altre in forma umana,una come uomo-leone, una come quel-la di un nano capace di trasformarsi ingigante,. Tutti questi avatar, discesi nelmondo, divengono presenze attive ognivolta che lordine universale minac-ciato. Le loro caratteristiche, la capaci-t di reincarnazione e trasformazione,
il ruolo eroico, rendono conto delle
ragioni per cui avatar il termine ge-nerico scelto per rappresentare s stes-si nei diversi personaggi in azione neivideogiochi o comunque in diverse re-alt virtuali. In spazi quali Second Life,
Facebook, Myspace, Meetic, Netlog
ogni partecipante,che potremmo de-nire internauta, tenuto a costruire unproprio prolo, un personaggio che do-vr rappresentarlo in rete, e sappiamo
bene come questo possa essere moltoveritiero o, allestremo opposto, total-mente inventato, rappresentando in talmodo, pi che unimmagine di s ragio-nevolmente obiettiva, un coacervo ditratti di personalit e di caratteristiche
siche che parlano dellideale dellIo del
soggetto, dei suoi desideri ed eventual-mente delle sue propensioni perverse.Ma prima di inoltrarci delle realt vir-tuali conviene soffermarsi su questotermine.La realt virtuale va innanzitutto distin-ta sia dalla realt reale che dalla realt
immaginaria. Seguendo Lacan, la real-t reale - il reale - la realt concreta,
inconoscibile, indifferenziata, al di l
dellordine simbolico. La realt imma-ginaria - limmaginario - si colloca inuna dimensione narcisistica, di rappor-to dellIo con s stesso, regno dellim-magine e dellimmaginazione, dellalusinga e dellautoinganno. La realt
virtuale, che non esiste se non per leproprie immagini, offusca la differenzatra immaginario e realt reale, la quale
esiste indipendentemente dalle proprieimmagini. Questa posizione intermediadella realt virtuale fa s che la relazio-ne con essa metta il soggetto in unacondizione instabile (Tisseron, 2008)
costantemente esposta ad aperture edevoluzioni o verso limmaginario, do-minato dai propri fantasmi, come neicasi in cui linternauta si ritira progres-
sivamente dalla vita reale per lasciarsiassorbire dal piccolo schermo del com-puter, o verso la realt fattuale, come
quando, ad esempio, conoscenze avve-nute in rete danno seguito a frequen-tazioni di persona. E negli ultimi annidel secolo scorso che nelle modernesociet occidentali il concetto di realt
virtuale diviene via via pi pregnante,no a costituire un punto di riferimento
ineludibile in qualunque analisi socio-psicologica dei comportamenti uma-ni del terzo millennio. Se i bambini dicinquantanni fa crescevano per lo piin strada, progressivamente, i bambinidelle generazioni successive hanno go-
duto assai meno di questa opportunit,nendo per vivere reclusi in apparta-menti sempre pi ingombri di telescher-mi, computer, play station, immersi inuna realt fortemente inuenzata non
solo dai mass media ma anche da que-sti nuovi prodotti tecnologici in gradodi creare scenari in cui essi possonocollocarsi in modo magico-onnipotente,incuranti dogni limite spazio-tempora-le. In una societ sempre pi simile a
quella dominata dal Grande Fratello
(quella del romanzo Farhenheit 451,
non quella del format televisivo che aquello si ispira) in cui sono mille i mez-zi e i modi per limitare la privacy dellepersone ed esercitare un controllo diffu-so, lidentit del soggetto non pu non
misurarsi con una identit sociale alla
cui costruzione concorrono un ume
dimmagini e di dati dalla pi svariataprovenienza, dai tradizionali documentididentit alle telecamere installate in
ogni dove, dai cellulari alle carte di cre-dito, no alle impalpabili tracce che dal
nostro computer si diffondono ubiqui-tariamente in rete. Dopo il narcisismo
di massa, gloricato dallossessione peril corpo nelle innite declinazioni del
ttness e del wellness, e il feticismo
di massa, esaltato dai consigli per gliacquisti e conseguenti consumi, pren-de corpo progressivamente un voyeu-rismo di massa. Affacciati alla nestra
del nostro monitor, moderno Panopti-con, possiamo spiare bulimicamenteogni anfratto della rete, in cerca siadoggetti che dinterlocutori, sapendocia nostra volta spiati e attesi.Come si vede, stiamo parlando di unavera e propria mutazione antropologicacaratterizzata dalla progressiva modi-cazione della relazione con la realt
che ci circonda. Una realt sempre pi
inuenzata dalla realt virtuale, dove la
distinzione tra la presenza e lassenza,tra il vero e il falso, si relativizza: bastaun click per sottrarsi a una chat divenu-ta sgradevole e un click per ricompariresulla scena, senza scomodi sentimentidi colpa o di vergogna. Basta ricorre-re a un avatar per assumere una qua-lunque identit, veritiera o ttizia che
sia. In spazi virtuali come Facebook,
Meetic, linternauta deve in qualchemodo esporsi, mettendo in scena unpersonaggio che lo rappresenti, comeappunto un avatar o tramite un sem-plice nickname, esprimendo desiderie aspettative, giudizi e timori. A voltearrivando a disvelarsi, con foto, testi
e dati biograci veritieri, a volte dissi-mulando in vario modo la propria iden-tit, anche di genere. Unidentit che,
come si diceva, multipla, plurale; non
raro infatti che una stessa personasia titolare di pi blog, che partecipi adiversi videogiochi con diversi avatar,mettendo in scena diverse parti di so, come negli adolescenti, seguendo leuttuazioni delle proprie identicazioni,
fenomeno che pu presentare aspettisia positivi, lopportunit di usufruire di
uno spazio potenziale in cui esercitarela propria creativit, cos come aspetti
negativi, come il rischio di incentivarescissioni eccessive o di nire per con-fondere realt virtuale e realt fattuale,
soprattutto in soggetti dai fragili conni
dellIo.Rayan, un giovane paziente di Tisse-ron dice che i suoi genitori sono per lui
meno veri degli sconosciuti che fre-quenta su Internet. Sono loro - dice- la mia vera famiglia (Tisseron, 2009,
p.80).Come tutte le novit che per la propria
forza innovatrice sovvertono radical-
mente i consueti modi di pensare e agi-re, lirruzione epocale di Internet nellavita quotidiana viene accolta tanto concuriosit e interesse quanto con dif-denza e timore. Nellottocento lumori-sta francese Cham, in una famosa seriedi vignette, irrideva allo sconcerto deiparigini al cospetto dei primi lampioni agas, rafgurando dei passanti che face-vano il gesto di ripararsi gli occhi comesi trattasse di uninsopportabile luceabbagliante, poich tale doveva loroapparire quella oca luce che veniva a
squarciare un buio millenario. Alliniziodel novecento lesaltazione del colorenella pittura di Matisse e Derain, di Vla-minck e Rouault costitu un tale shockche un critico pens bene di denirli
Realt virtuali, psicopatologia in reteDott.ssa Maria Letizia Rotolo
Psicologa-psicoterapeuta, Bologna
Emai: [email protected]
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belve, fauves, da cui fauvisme, il loro
movimento. Non sorprende quindi semolti paventano nelluso di Internet pe-ricolose insidie, soprattutto quando gliutenti siano adolescenti o bambini. Inrealt il problema non molto diverso
da quello costituito dallesposizione allaTV che, sui diversi individui, pu avereeffetto eccitante o calmante, passiviz-
zante o antidepressivo. Vale quindi lapena, prima di parlare delle specichemanifestazioni morbose, come la dipen-denza patologica o lutilizzo regressivodel mezzo come rifugio della mente
(Steiner, 1993), accennare anche allestraordinarie opportunit che questa ri-voluzione tecnologica offre. Ad esempiobambini anche molto piccoli, attratti daivideogiochi, apprendono per questa viai primi rudimenti delluso del computere della lingua inglese; possono svilup-pare notevoli abilit settoriali, afnando
qualit percettivo-discriminative, tempi
di reazione, e ricevendone nutrimentonarcisistico. I pi grandi, condividendoil gioco con altri, possono entrare a farparte di comunit virtuali sviluppan-do specici aspetti di socializzazione;
avendo a che fare con personaggi chepresentano la gamma delle motivazio-ni e delle emozioni umane, sono spin-ti ad educarsi allinterazione sociale.Inoltre, mettendo in scena il propriomondo interiore, i propri conitti, molti
adolescenti possono elaborare e supe-rare difcolt passeggere. Certo non si
pu accettare acriticamente qualunquevideogioco o la frequentazione di qua-lunque sito. E necessario che i genitori,la comunit, vigilino sulle loro caratteri-stiche, sul tipo di messaggio che da essipu derivare, bloccando la diffusione diquelli che possono avere un inusso ne-gativo su menti in formazione. Come adesempio nel caso di un videogioco in cuile azioni di guerra, lo sparare e luccide-re, fossero contro sporchi negri o qua-lunque esponente di minoranze etnicheo religiose. In tal caso il messaggio nonavrebbe a che fare col generico combat-
tere contro un nemico di fantasia, cosache consentirebbe lespressione ludicadi una normale aggressivit, bens con
precise motivazioni razziste.Ma, a parte questi rischi cui sono espo-sti soprattutto bambini e adolescenti,sono innegabili le straordinarie poten-zialit offerte dalla rete agli internauti.
La possibilit di comunicare in tem-po reale con interlocutori in ogni par-te del globo, di ampliare a piacimentoil numero dei propri contatti, di avereaccesso a uninesauribile fonte di infor-
mazioni e cos via. Alcuni ritengono checi comporti un maggiore investimentodegli aspetti intellettuali e delle pre-stazioni piuttosto che un investimentodegli affetti e della responsabilit. Ma
difcile generalizzare. Certamente il
navigare in Internet consente di alle-viare, almeno in una certa misura, lasolitudine e le angosce dabbandono edi crollo, soprattutto nei videogiochi incui vi un avatar che ci rappresenta,perch questo in fondo, come ha fattonotare Tisseron, non crolla mai (Tisse-ron, 2008). N vanno trascurati i van-
taggi dellanonimato, grazie al quale inInternet anche le persone pi timide einsicure difcilmente si trovano a prova-re sentimenti penosi come lumiliazionee la vergogna: qualunque situazionespiacevole si trovino a vivere, possonosottrarsene allistante senza alcuna re-mora. Una via di fuga che agevola, adesempio, chi si accinge a partecipare auna chat, perch sa di poterlo fare colminimo desposizione, gli basta celarsidietro lidentit virtuale, pi o meno ve-ritiera, che ha voluto assumere. Cos,anche chi si muove spinto dalle fantasie
pi inconfessabili, pu farlo con notevo-le tranquillit, sapendo di potersi ritirare
in ogni momento. Inoltre, e ci vale perchiunque, da un punto di vista emoti-vo sicuramente meno dispendioso darvita a una conoscenza in questo mododi quanto non lo sarebbe di persona,senza contare che spesso il tenore del-la conversazione in rete tuttaltro cheanonima e impersonale e consente amolti di farsi unidea abbastanza pre-cisa della personalit dellinterlocutore.
Nel chattare, il linguaggio usato, i con-
tenuti, i ritmi, tutto fornisce indizi sullapersona, la quale in tal modo tanto sve-la di s quanto cela. Da ultimo, e nonultimo, va detto che molti, nella misurain cui si scoprono in grado di raggiunge-re tante persone, diniziare con esse undialogo e magari di coinvolgerle susci-tando il loro interesse, ne ricavano unimportante nutrimento narcisistico e unsupporto alla loro precaria identit.
Questi, alcuni dei pi importanti aspettipositivi. Purtroppo, col diffondersi dellarete e il moltiplicarsi del numero degli
internauti, va diffondendosi anche larelativa patologia, in particolare quellInternet Addiction Disorder con cui lopsichiatra americano Ivan K. Goldberg,nel 1995, design scherzosamente lasindrome consistente nel bisogno difar uso compulsivo e eccessivamenteprolungato di Internet. Ma fu solo unpaio danni dopo che una pubblicazio-ne scientica di Kimberly S. Young,
dellUniversit di Pittsburg rese lInter-net Addiction un disturbo riconosciutodalla comunit psichiatrica internazio-
nale, no a divenire in pochi anni unquadro clinico ritenuto da alcuni perno
pi diffuso della depressione. Lo studiodella Young mise in luce come a favori-re la rete-dipendenza fossero gli stessi
aspetti positivi della rete, come la facileaccessibilit a servizi e informazioni o
la sensazione donnipotenza derivantedal controllo delle proprie attivit on-
line. Secondo la ricercatrice americanai futuri rete-dipendenti, affascinati daqueste enormi potenzialit, passano da
una fase cosiddetta tossicolica ca-ratterizzata da interesse ossessivo per
le-mail e progressiva frequentazionee partecipazione a siti Internet e chat,a una fase francamente tossicomani-ca, caratterizzata da collegamenti cos
prolungati da compromettere la vita direlazione, sociale e professionale delsoggetto. Una condizione, questa, chepu assumere differenti congurazio-ni a seconda dellinteresse prevalente:COMPULSIVE ON-LINE GAMBLING, ilgioco dazzardo compulsivo. CYBERSEX
ADDICTION, la dipendenza dalla ricercadi materiale pornograco o di relazio-ni erotiche tramite chat. CYBER RELA-
TIONSHIP ADDICTION, assillante ricer-ca di relazioni damicizia o sentimentalitramite e-mail, chat, newsgroup. MUDADDICTION, dipendenza da giochi diruolo mediante avatar con cui il sogget-to si identica. INFORMATION OVER-LOAD ADDICTION, ricerca dinforma-zioni estenuante e protratta nel tempo.(Cantelmi Orlando, 2009).
Tutti questi modi di navigare in rete,nella loro valenza patologica, costitui-scono diverse declinazioni di una con-
dizione di grave rete-dipendenza in cui,teoricamente, chiunque pu cadere. An-che se, in realt, molto pi probabile
succeda a persone che, non avendo go-duto di relazioni primarie soddisfacenti,non sono state in grado di costruire unasolida identit e non possono condare
in oggetti interni afdabili. Cos, la di-pendenza patologica da Internet in generemaschera una, pi o meno grave, condi-zione di sofferenza psichica. Il Surng, il
navigare in rete, e il Wilng, il navigare in
rete con continui spostamenti da sito a sitosenza scopo preciso, divengono un mezzo
per tentare di non affondare, di procurarsi dosidi graticazione ed eccitamento per
sfuggire al dolore di pensare ed evitare ilcrollo. La qual cosa ci deve fare riettere,
come ci ricorda Florence Guignard, sul fatto
che nel corso degli anni, psicoanalisti e psi-coterapeuti hanno sempre pi a che farecon una patologia dei limiti: limiti tra s elaltro, tra pensare e agire, tra realt psi-chica e realt esterna e, da qualche anno,
tra virtuale e reale. [si pensi alla pazientedi cui vi ho parlato nella precedente vignet-ta clinica]. Fragili, mal organizzati, questi
limiti si disintegrano ancor pi facilmentein quanto i limiti della societ circostantesi sono essi stessi ammorbiditi, indeboliti,disorganizzati (Guignard, 2009).
- segue a pag 10 -
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RIVISTA ICSAT
Italian Committeefor the Study of Autogenic Therapy
and Autogenic Training
Settembre 2010 - N2 - www.icsat.it
REDAZIONE
Segretaria di redazione Dott.ssa Caterina SerenaCapo redattore Dott. Jacopo Fiorentino
Direttore Dott.Vinicio Berti
DEAD LINE
Il prossimo numero uscir nel gennaio 2011
e la dead line per linvio degli articoli e delle comunicazioni
il 30 novembre prossimo venturo.
Ci scusiamo con gli autori e con i lettori per non aver pubblicato le bibliografe degli articoli dato lelevato numero di articoli per-venuti e la conseguente mancanza di spazio. A richiesta saranno pubblicate sul prossimo numero della rivista o sul sito Icsat
- segue da pag 9 -
Il cambiamento dei nostri pazienti sem-
bra dunque accompagnare di pari pas-
so i cambiamenti sociali. Se ai tempi
di Freud le psiconevrosi costituivano le
manifestazioni psicopatologiche pi co-
muni, ora dominano la scena i distur-
bi narcisistici, quelli di personalit, la
patologia del vuoto e quella borderli-
ne, unitamente ai disturbi alimentari, a
quelli psicosomatici e alle varie forme di
dipendenza patologica.
CONCLUSIONI
Gli straordinari progressi tecnologici del-
la nostra epoca, in particolare nel cam-
po della comunicazione globale, stan-
no producendo una sorta di mutazioneantropologica che, per quanto riguarda
il nostro campo specico, comporta un
sensibile cambiamento della psicopa-
tologia dei pazienti, del metodo e della
tecnica psicoterapeutico-psicoanalitica.
Se no a qualche anno fa, ad esempio,
parlare di psicoterapia on line nella
comunit psicoanalitica era uneresia
inaccettabile, oggi, pur permanendo
notevoli perplessit, si deve prendere
atto del moltiplicarsi delle esperienze e
si pu scommettere che queste non fa-
ranno che crescere, no a dovervi fare
seriamente i conti. Linevitabile misonei-
smo che accompagna sempre lavvento
di novit radicali non sar sufciente a
ostacolare la crescita tumultuosa del-
le nuove tecnologie, e dovr misurarsi
con i comportamenti e le patologie ad
esse relative. Tra queste stiamo assi-
stendo allenorme diffusione di forme
di addiction che gi trovano posto nel-
la nosograa psichiatrica. Ma sarebbe
miope soffermarsi sugli effetti dannosi,
lasciando in ombra le enormi opportuni-
t offerte dal Virtuale: dalla sterminata
accessibilit allinformazione alle pos-
sibilit di comunicazione globale, dallo
sviluppo di nuove abilit alla crescita
della ricerca scientica permessa da
un universo della simulazione semprepi sosticato. N sarebbe ragionevole
enfatizzare i rischi di dipendenza pa-
tologica pensando che dedicare alcune
ore al giorno a chattare, a visitare siti
Internet, o a partecipare a videogiochi,
sia necessariamente uno scherzare col
fuoco. Il rischio di addiction non su-
periore a quello che si corre nel lasciarsi
assorbire dai programmi televisivi pre-
feriti. Una vera rete-dipendenza in ge-
nere si instaura in soggetti in cui una
preesistente sofferenza mentale spinge
ad approttare delle suggestioni offerte
da Internet e dai videogiochi per sot-
trarsi allansia e alla fatica psichica pro-
dotta dalle relazioni sociali. Il progressi-
vo ritiro dal mondo reale, per connarsi
in un mondo virtuale, diviene una sorta
di rifugio della mente che consente alla
persona devitare al massimo le ferite
narcisistiche e i sentimenti spiacevoli,
come colpa e vergogna, o di liberarsi
dai legami propri di ogni situazione di
dipendenza matura, alimentando inoltre
subdoli sentimenti dautosufcienza e
onnipotenza. La condizione pi grave
quella in cui linternauta perde progres-
sivamente ogni interesse per linterazio-
ne con altri, va incontro a una crescen-
te desocializzazione, e nemmeno cerca
conferme narcisistiche, ma fa del sur-ng, unicamente, una pura ricerca dec-
citamento che scacci, almeno momen-
taneamente, gli affetti depressivi. Come
nelle tossicodipendenze da sostanze,
limportante stordirsi, scacciare il
dolore psichico e langoscia del crollo.
Sono proprio questi casi che costitui-
scono la nuova sda umana e scientica
per gli psicoanalisti e gli psicoterapeuti
del terzo millennio.