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Politiques francesi Michel de l’Hospital, cancelliere del Regno di Francia sotto Francesco II e Carlo IX: agli Stati generali di Orleans del 1560 pronuncia parole di pace, auspicando la convocazione di un concilio nazionale. Sostiene che «la causa di Dio non vuole essere difesa con le armi» e che occorre rimuovere le «parole diaboliche» (“luterani”, “ugonotti”, “papisti”), che generano fazioni e sedizioni: «Non cambiamo il nome di cristiani» Nel 1568, in conseguenza della soppressione della libertà di culto voluta da Carlo IX, è destituito dall’ufficio.

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Page 1: Politiques francesi - Unibg · 2010-03-08 · Politiques francesi Michel de l’Hospital, cancelliere del Regno di Francia sotto Francesco II e Carlo IX: agli Stati generali di Orleans

Politiques francesi

Michel de l’Hospital, cancelliere del Regno di Francia sotto Francesco II e Carlo IX:

agli Stati generali di Orleans del 1560 pronuncia parole di pace, auspicando la convocazione di un concilio nazionale.

Sostiene che «la causa di Dio non vuole essere difesa con le armi» e che occorre rimuovere le «parole diaboliche»(“luterani”, “ugonotti”, “papisti”), che generano fazioni e sedizioni:

«Non cambiamo il nome di cristiani»

Nel 1568, in conseguenza della soppressione della libertàdi culto voluta da Carlo IX, è destituito dall’ufficio.

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Michel de l’Hospitalcancelliere di Francia

1560-1568

“Se vi sia alcuno degno di governare il Regno di Francia, nessuno ne sarà più degno di Michele Ospitalio”

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Jean Bodin, Les six livres de la république (I sei libri dello Stato), 1576

“Per SOVRANITA’ s’intende quel potere assoluto e perpetuo ch’èproprio dello Stato…Chi è sovrano… non deve essere in alcun modo soggetto al comando altrui, e deve poter dare la legge ai sudditi, e scancellare le parole inutili in essa per sostituirne altre, cosa che non può fare chi èsoggetto alle leggi o a persone che esercitino potere su di lui. Per questo la legge dice che il principe non soggetto all’autorità delle leggi…Se dunque il principe sovrano è per legge esente dalle leggi dei predecessori, ancor meno sarà egli obbligato a osservare le leggi e le ordinanze fatte da lui stesso…E’ ormai chiaro che il punto più alto della maestà sovrana sta nel dar legge ai sudditi in generale e in particolare, senza bisogno del loro consenso. A parte ciò che avviene in altri regni, qui nel nostroabbiamo spesso visto certe consuetudini generali abolite dagli editti del re, senza consultare gli stati in proposito, quando l’ingiustizia di esse era palese…Sotto questo potere di dare e annullare le leggi sono compresi tutti gli altri diritti e prerogative sovrane: cosicché potremmo dire che è questa la ola vera e propria prerogativa sovrana, che comprende in sé tutte le altre”.[tratto da G. Dall’Olio, Storia moderna, Carocci]

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Jean Bodin, Les six livres de la république (I sei libri dello Stato), 1576

“Quanto però alle LEGGI NATURALI E DIVINE,

tutti i principi della terra vi sono soggetti, né è in

loro potere trasgredirle, se non vogliono rendersi

colpevoli di lesa maestà divina, mettendosi in

guerra contro quel Dio alla cui maestà tutti i

principi della terra devono sottostare chinando a

testa con assoluto timore e piena reverenza…

Il principe non può derogare a quelle leggi che

riguardano la struttura stessa del Regno e il suo

assetto fondamentale, in quanto esse sono

connesse alla Corona e a questa inscindibilmente

unite (tale è per esempio la legge salica)”.

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Jean Bodin, Les six livres de la république (I sei libri dello Stato), 1576

“Per tutte quelle consuetudini generali e particolari che non riguardano la struttura fondamentale del Regno, non si ha abitudine di far cambiamenti se non dopo avere debitamente convocato gli STATI GENERALI di Francia, oppure gli Stati del singolo baliaggio; ma ciò non vuol dire che sia necessario seguire il loro potere o che il re non possa fare il contrario di ciò che gli si chiederà, se l’assista la RAGIONE NATURALE e la GIUSTIZIA DEI PROPOSITI. Proprio questo fa risaltare la grandezza e la maestà di un principe sovrano, che gli Stati di tutto il popolo si riuniscano e gli presentino richieste e suppliche in tutta umiltà, senza avere alcun potere di dare ordini, fare decreti, né alcuna facoltà deliberativa; sì che ciò che al principe piace consentire o negare, comandare o proibire, passa in vigore di legge, di editto, di ordinanza”.

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Francia XVII-XVIII secolo: instabilità della monarchia

Regno di Enrico IV dopo la pace → consolidamento (1598-1610)

Reggenza Maria de’ Medici e anni successivi

→ indebolimento (1610-1620 circa)Governo affidato a Richelieu → rafforzamento (1624- 1642)

Reggenza di Anna d’Austria → crisi e guerra civile/ Fronda (1643-1653)

Esercizio effettivo del potere di Luigi XIV → massima forza della monarchia nella storia della Francia di antico regime/ma forza non illimitata (1661-1710 circa)

Reggenza di Filippo d’Orleans → indebolimento (1715-1718 circa)

Governo affidato al cardinale Fleury → stabilità (1726-1743)

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Luigi XIV(1643-1715)

Hyacinthe Rigaud,

Ritratto di Luigi XIV

1701

Museo del Louvre, Parigi

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Regalità secondo Luigi XIV«La principale speranza di quelle riforme stava nella mia volontà, il loro

fondamento era rendere la mia volontà assoluta, con una condotta che imponesse la sottomissione e il rispetto: rendendo scrupolosamente giustizia a chi la dovevo; ma quanto alle grazie, concedendole liberamente e senza impedimenti a chi mi piacesse e quando mi piacesse, purchél’insieme delle mie azioni dimostrasse che, pur non rendendo conto a nessuno, mi facevo nondimeno guidare dalla ragione e che, nel mio pensiero, il ricordo dei servigi, il favorire ed elevare il merito, in una parola far del bene, non doveva soltanto essere la principale occupazione, ma anche il più gran diletto di un principe…

«Quanto alle persone che dovevano assecondare il mio lavoro, decisi innanzitutto che non avrei mai avuto un primo ministro; e se vorrete darmi ascolto, figlio mio, e dopo di voi tutti i vostri successori, questa carica saràsempre abolita in Francia, nulla essendo più indegno che il vedere da una parte tutti i poteri e dall’altra il mero titolo di re.

«A tale scopo, era necessario che io ripartissi la mia fiducia e l’esecuzione dei miei ordini, senza concederle per intero a nessuno, assegnando alle diverse persone compiti diversi secondo le loro diverse capacità, e il saper fare questo è forse la prima e la più grande qualità dei principi…

«… Non era mio interesse prendere uomini di condizione più eminente. Dovevo, prima di ogni altra cosa, consolidare la mia reputazione e far comprendere, attraverso il rango a cui appartenevano, che non era mia intenzione dividere con loro la mia autorità».

[da Memorie di Luigi XIV, scritte 1670 circa; trad. it. a cura di G. Pasquinelli, Milano 1988]

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La corte di Luigi XIV

1.«La gloria era la sua passione, ma egli amava anche l’ordine e la

regolarità; era per natura prudente, moderato e riservato; sempre padrone della propria lingua e delle proprie emozioni...

«I ministri, i generali, le favorite e i cortigiani scoprirono ben presto il suo punto debole nella smania di lodi. Non c’era nulla che egli amasse più dell’adulazione: più essa era smaccata e goffa, più egli l’apprezzava

«Nei primi anni del suo regno la Corte fu rimossa da Parigi, per non esservi riportata più. Le preoccupazioni dell’infanzia l’avevano resa odiosa al re. La fuga clandestina a cui egli era stato costretto era ben viva nella sua memoria. Non vi si sentiva sicuro e riteneva che le cabale sarebbero state meglio svelate in una residenza di campagna…Senza dubbio fu spinto dall’idea che la meraviglia e la venerazione nei suoi confronti si sarebbero accresciute se si fosse sottratto allo sguardo quotidiano della moltitudine … La Corte fu definitivamente trasferita a Versailles nel 1682..

«Il nuovo edificio conteneva un numero infinito di camere per i cortigiani e il re desiderava che il potervi risiedere fosse considerato un grande privilegio».

Tradotto da The Memoirs of the Duke de Saint-Simon, ed. F. Arkwright

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La corte di Luigi XIV

2.«Approfittava dei frequenti festeggiamenti a Versailles e delle escursioni in altri

luoghi per rendere i cortigiani più assidui e desiderosi di compiacerlo; indicava in anticipo i nomi dei prescelti a partecipare, gratificando cosìalcuni e svalutando altri. Sapeva che i favori sostanziali ch’era in suo potere elargire sarebbero stati insufficienti a produrre un effetto continuo; ne inventò pertanto di immaginari, e nessuno si mostrò mai così furbo nell’escogitare ridicole distinzioni e preferenze capaci di suscitare tanta gelosia ed emulazione…

«Non si aspettava che tutte le persone distinte lo assistessero costantemente a corte, ma notava subito l’assenza di quelli ch’erano di grado inferiore…

«Amava lo splendore, la magnificenza e la profusione in tutto e incoraggiava un gusto simile nei suoi cortigiani… Rendendo gli abiti lussuosi una moda e, per le persone di alta condizione, una necessità, obbligò i suoi cortigiani a vivere sopra le loro possibilità e gradualmente li ridusse a dipendere dalla sua generosità. Fu un’epidemia che, una volta introdotta, dilagò per tutto il regno, perché non impiegò molto a infettare Parigi e da lì gli eserciti e le province; cosicché un uomo di qualsiasi posizione era ora stimato esclusivamente in base a quanto spendeva per la tavola e per altri lussi. Questa follia, alimentata dall’orgoglio e dall’ostentazione ha già prodotto molta confusione e minaccia di generare nientemeno che rovina e disordine».

Tradotto da The Memoirs of the Duke de Saint-Simon, ed. F. Arkwright

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La corte di Luigi XIV

«Tutto dava alla corte di Luigi XIV un’aria grandiosa che faceva scomparire le altre corti d’Europa. Egli voleva che lo sfarzo, ch’era un attributo della sua persona, ridondasse su tutto ciò che lo circondava, che tutti i grandi fossero onorati, ma che non uno fosse potente, cominciando da suo fratello e da Monsieur le Prince: tale intento informò il giudizio che pronunciò in favore dei pari nella loro vecchia questione coi presidenti del Parlamento. Questi pretendevano dover esprimere la loro opinione prima dei pari, e s’erano accaparrati tale diritto. Egli statuì, in un consiglio, che i pari, nelle solenni sedute del Parlamento di Parigi, presente il re, si pronuncerebbero prima dei presidenti, come se dovessero questa prerogativa solo al fatto della sua presenza, e lasciò sussistere l’antico uso nelle riunioni diverse dai letti di giustizia.

«Aveva creato delle casacche azzurre, ricamate d’oro e d’argento, come uniforme distinta dei principali cortigiani, e il permesso di indossarle era una gran grazia per uomini dominati dalla vanità. Veniva richiesto quasi come la decorazione del gran collare…

«Egli riordinò la sua casa in un modo che vige tuttora, regolandone le cariche e le funzioni, e creando nuovi uffici addetti alla sua persona»

Voltaire, Il secolo di Luigi XIV, 1752 (trad. it. Torino, Einaudi, 1994; p. 290-291)

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La corte di Luigi XIV

«La nobiltà, e li principali del regno, estenuati dai grandi dispendi che obbliga la Corte sono costretti a sostenere il lustro delle loro case con i favori della regia beneficenza, che assicurano con assidua ed esatta servitù, aderendo intieramente al reale servizio…

«La gloria, che nei loro cuori è il maggior stimolo, gl’incoraggisce a consumare egualmente con sontuosi equipaggi le sostanze nel testimonio pomposo delle loro cariche militari, e ad esporre ai cimenti più pericolosi la vita, ogni arduo tentativo venendo con tal mezzo in vantaggio della corona a riuscire…

«Le case che altre volte causarono sconcerti e confusioni alla Corte, si attrovano ormai quasi tutte estinte e depresse… Ogni altra in fine trovasi rimessa e rassegnata a regi beneplaciti, senza mezzi e senza ardimento di contrastarli, irremissibile essendo il castigo ad ogni trascorso, ed aperta la battaglia per reprimere i più contumaci, che ardissero ricalcitrare alla real volontà»

Ambasciatore veneto a Parigi Domenico Contarini (da C. Capra, Corso di storia, II, Le Monnier, 1992)

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La corte di Luigi XIV secondo Elias

N. Elias, La società di corte, ed. or. tedesca 1975(trad. it. Il Mulino, 1980)

- stabilizzazione spaziale (con Versailles termina la consuetudine delle corti itineranti)

- espansione (del numero dei cortigiani, della spesa, delle attività)

- regolazione (etichetta e cerimoniale)

- raffinamento (cultura, lusso, disciplina dei comportamenti individuali)

- intensificazione della comunicazione simbolica

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Elias: la società di corte

Fonte principale: Saint-Simon, Memoires

La corte di Luigi XIV come:

- sistema di interdipendenze attorno al valore del rango, ad elevata coattività

- luogo fisico e simbolico del potere come volontàdel monarca

[“struttura di dominio”]

- centro di dominio del Regno

- nuova rappresentazione del corpo nobiliare come comunità disciplinata

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Il cerimoniale di Corte

Luigi XIV, Memorie (II, 15):

«Si ingannano assai quanti ritengono che si tratti soltanto di problemi del cerimoniale. I popoli sui quali noi regniamo, non potendo penetrare il fondo delle cose, sono soliti orientare il loro giudizio su quanto vedono in superficie, e il più delle volte misurano il loro rispetto in base alle precedenze e al rango. Ma così come per il popolo è importante essere governato da una sola persona, altrettanto importante è che colui che assolve tale funzione sia a tal punto innalzato al di sopra di tutti gli altri, che nessun altro possa essere confuso o confrontato con lui; e non si può togliere al suo capo il minimo segno di quella superiorità che lo differenzia dalle membra, senza far torto a tutto il corpo dello Stato».

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La società di corte

Enfasi sulla regolazione e sulla disciplina:

il sistema di corte come macchina

Contesto:

influsso della nuova cultura tecnofila e meccanicista [dalla metà del XVII secolo)

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I successi della meccanica: il superamento dell’organicismo e

dell’antropomorfismo

«La scoperta della macchina come modello teorico di indagine èconnessa con la generalizzazione dei principi della meccanica. E’evidente che la scoperta teorica della macchina ha il suo presupposto nel grande sviluppo che hanno avuto le tecniche nel XIV e nel XVII secolo. In questo periodo si scoprono nuove macchine (rilevantissime le armi da fuoco), se ne perfezionano altre (specie quelle idrauliche), se ne mettono a punto altre ancora in grado di dare rilevazioni precise (orologi, telescopi). L’uso di queste macchine, con gli effetti evidenti che arrecano nella vita reale degli uomini, suscita la convinzione che, proprio poggiandosi su di esse, si possa instaurare un sapere non contemplativo, inserito attivamente nella vita pratica. In Bacone questa consapevolezza,pur rimanendo una pura esigenza, è già diventata una convinzione ferma e sicura, ed assume un rilievo preminente per lo scienziato secentesco…»

Gianni Micheli, Caratteri e prospettive del meccanicismo nel Seicento, in Storia del pensiero filosofico e scientifico, di Ludovico Geymonat e altri, Milano, Garzanti, 1970

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I successi della meccanica: il superamento

dell’organicismo e dell’antropomorfismo

«I campi della tecnica in cui l’assolutismo si fece sentire di più furono quelli delle armi, della marineria militare e mercantile, dell’edilizia e quindi dell’architettura e dell’urbanistica, dell’ingegneria civile e in particolare dei canali, dell’irrigazione, dei ponti e delle strade, delle miniere e della metallurgia. Ma i principi amavano anche gli orologi e gli automi, le specole astronomiche con i loro cannocchiali e la loro curiosità spesso si rivolgeva agli strumenti scientifici, onde anche la strumentistica ne beneficiò. A corte c’era posto per l’astronomo e per l’astrologo…».

[A. Mondini, Il Seicento, in Storia della tecnica, III, Dal Seicento al Novecento, Torino, UTET, 1977]

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I successi della meccanica: il superamento

dell’organicismo e dell’antropomorfismo

Robert Boylechimico e fisico

Irlanda, 1627 – Inghilterra, 1691

definisce l’uomo

«a great piece of clock-work»

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Società di corte e nuova regalità

Il re è:

- Incarnazione del potere

- Soggetto di volontà

- Vertice della gerarchia sociale della corte

- Ragion d’essere della società di corte

- Garante della regolarità e degli equilibri del sistema della corte

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La sfera pubblica rappresentativa

Jürgen Habermas,

Storia e critica dell’opinione pubblica,

ed. or. tedesca Neuwied 1961

[trad. it. Laterza, 1984]

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Habermas: la sfera pubblica rappresentativa

Parte da una riflessione sulla coppia concettuale

pubblico/privato (elemento di ascendenza

hegeliana, ripreso da Max Weber)

= rappresentazione del dominio dinanzi al popolo

La sfera pubblica rappresentativa concerne in

origine ogni soggetto che esercita un ufficio

pubblico

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Habermas: la sfera pubblica rappresentativa

Nel Seicento tuttavia:

“la nobiltà terriera … perde forza di rappresentanza; la sfera pubblica rappresentativa si concentra nella corte del sovrano” (p. 20)

→ la CORTE del monarca coincide con la sfera pubblica rappresentativa;

alla crescente rilevanza simbolica della corte corrisponde il livello minimo di soggettivitàpolitica della società