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Marginalità socio- economica. Famiglia, Etica ed Economia Roberto Burlando Professore associato di Politica Economica Dipartimento di Economia S. Cognetti, Torino School of Psychology, University of Exeter [email protected]

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Page 1: Marginalità socio-economica. Famiglia, Etica ed Economia Roberto Burlando Professore associato di Politica Economica Dipartimento di Economia S. Cognetti,

Marginalità socio-economica.

Famiglia, Etica ed Economia

Roberto Burlando

Professore associato di Politica Economica

Dipartimento di Economia S. Cognetti, Torino

School of Psychology, University of Exeter

[email protected]

Page 2: Marginalità socio-economica. Famiglia, Etica ed Economia Roberto Burlando Professore associato di Politica Economica Dipartimento di Economia S. Cognetti,

La vera scienza dell’economia politica, che aspetta ancora di essere distinta dalla scienza bastarda [..] è quella che insegna alle nazioni a desiderare ed a lavorare per le cose che conducono alla vita.

L’economia politica consiste semplicemente nella produzione, preservazione e distribuzione nel tempo e nel luogo più adatti delle cose utili o piacevoli. [..]

Ma l’economia mercantile [..] significa l’accumulazione nelle mani degli individui di diritti legali o morali, o di potere, sopra il lavoro degli altri; ed ogni diritto del genere implica precisamente altrettanta povertà, o debito, da un lato quanta ricchezza o pretesa dall’altro.

John Ruskin Unto this last (Le fonti della ricchezza)

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 Origini della marginalità socio-economica

In genere spirali di elementi che si connettono tra loro:

Povertà ma anche solo “fragilità” e “vulnerabilità”

Reddito e consumi ridotti: oggi consumo ergo sono,

Esclusione da “ambiti” sociali di riconoscimento, per marginalità territoriale, etnica, culturale, religiosa Accesso limitato a cultura e ad informazioni, con difficoltà o impossibilità di: - trovare lavoro o un “buon” lavoro - “contare” in qualche modo

In certi ambiti territoriali almeno differenziazione da modelli politico-culturali prevalenti

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Le condizioni della distribuzione del reddito sono molto peggiorate (più disuguali) dagli anni ’80 in avanti.

Due macro-fasi economiche dal 2° dopoguerra, caratterizzate da 2 modelli quasi opposti: crescita/sviluppo con re-distribuzione redditi (45- 70)

globalizzazione neo-conservatrice e ultra-liberista con forte tendenza alla concentrazione redditi (80-oggi) 

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Le tendenze rispetto alla marginalità risultano opposte nei 2 periodi:

Nel primo la tendenza, sia dei fatti che delle scelte politiche, è verso l’integrazione e l’ “assorbimento”, malgrado evidenti difficoltà culturali Nel secondo, malgrado il superamento delle maggiori difficoltà culturali nei luoghi di “ricezione”,la tendenza sistemica e spesso anche quella politica vanno in direzione invece dell’aumento della marginalità e della separazione

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Cause della svolta nel modello e “ragioni” del diverso atteggiamento verso la marginalità.

Storicamente modello crescita non più sostenibile.

Crisi USA, viveva sopra le sue possibilità

1971 inconvertibilità dollaro in oro

crollo cambi fissi e accordi Bretton Woods

1972 e poi 1976 shock petroliferi

Stagflazione

Risposte politico-economiche inadeguate alle sfide/difficoltà.

Emerge una risposta iper – semplificata ma che dura 30 anni: il “fondamentalismo di mercato”

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Finanziarizzazione dell’economia (ricordate Pretty Woman ‘) con sviluppo strumenti “derivati”

Liberalizzazione dei movimenti di capitale internazionali, che favorisce la speculazione finanziaria

Deregolamentazione dei mercati, che divengono “far west”

Privatizzazioni non solo dei settori produttivi di beni privati ma anche dei beni e servizi pubblici, che consente allargamento anche ad essi della logica speculativa

Crescita di “bolle” speculative nei vari settori con l’illusione di molti di una maggior efficienza (di mercato) e la realtà di guadagni speculativi di pochi a scapito delle perdite dei tanti, ma tutto nell’ambito dei “meccanismi di mercato”.

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Questi “sviluppi” concorsero a creare le condizioni per fortissimi movimenti migratori dai Pvs verso i PI, fornendo alle imprese di questi lavoratori a basso costo e scaricando completamente sulle comunità locali i costi (economici e sociali, umani) di questi aggiustamenti.

Si tratta di una versione aggiornata di quel che successe, soprattutto nel Nord-Ovest italiano, negli anni ‘60.

Stavolta però lo sfondo è quello non della estensione dei benefici della crescita a fasce più ampie della popolazione bensì quello della “privatizzazione” speculativa degli utili e dei servizi essenziali

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Il rapporto tra etica ed economia: 4 posizioni

PrioritàConciliabilità Priorità ad economia Priorità ad etica

inconciliabiliEconomia a-eticaPecunia non olent

Economia irrimediabilmente “sporca”

conciliabili

L’economia (marginalismo e concorrenza perfetta) definisce le condizioni (tecniche e politiche) di efficienza produttiva in tutti gli ambiti, l’etica può intervenire solo a posteriori poiché riguarda solo: - distribuzione del reddito (teo- ria neo-classica standard) o anche - condizioni del vivere civile (for me di neo-contrattualismo e versione debole RSI, soste- nibilità debole etc)

L’etica definisce i valori e i criteri sia di rilevanza sia di efficacia, l’economia in ogni suo ambito deve rispettarli ed è strumento.Approcci filosofici: da Aristotele a Gandhi, Gadamer, Jonas, Levinas; Sen, Daly e movimenti solidaristici, Fair trade, Finanza etica etc. Sostenibilità forte.Approcci religiosi (tutte le principali religioni, in particolare metodisti e quaccheri ma anche A. Smith, Economia di Comunione etc.)

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 Modelli normativi (e positivi) di riferimento in economia.

Utilitarismo, ormai tradotto in consumismo e materialismo

Etica delle virtù (Aristotele), tradotta in economia nell’approccio delle capacità (Sen, Nussbaum)

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Consumismo e Materialismo non sono “accidenti” di percorso nella concezione economica dominante e nel “modello di sviluppo” che ne consegue, non sono le “deviazioni” di qualche soggetto labile … sono invece la logica e necessaria conseguenza di quello che è ormai chiamato il “pensiero unico”.

consumismo e materialismo in psicologia economica

Fenomeni di consumo compulsivo (e indebitamenti)

Il materialismo è generalmente visto come una tendenza a dare valore ed a desiderare ardentemente i possedimenti mondani, ed è caratterizzato da tre elementi importanti (Richins e Rudmin, 1994):

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1. i materialisti mettono il possesso e l’acquisizione del possesso

al centro delle loro vite: ‘il consumo per il consumo stesso

diventa una febbre’.

2. le cose possedute sono viste dai materialisti come necessarie

al proprio benessere e sono la più importante fonte di

soddisfazione nelle loro vite.

3. i materialisti tendono a giudicare gli altri e se stessi in termini di

numero e qualità delle cose possedute.

Dove ci portano il materialismo e la logica finanziaria?

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Schor JB, Prices and quantities: Unsustainable consumption and the global economy, Ecological Economics, 55 (3): 309-320, Nov 05

Abstract: The ecological unsustainability of current consumption

patterns is now well documented. One aspect of this problem which has not been sufficiently addressed is the growth of "excess consumption" driven by falling goods prices.

Global capital mobility and excess global labor supply has allowed firms to depress wages and avoid paying environmental costs.

Consumers have responded by purchasing increasing numbers of these artificially cheap goods.

These trends suggest that achieving sustainable consumption in the US is not only a technical issue but will also involve fundamental changes in the global political economy to eliminate the artificially low prices of imported goods.

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“Spero non sia lontano il giorno in cui l’economia

occuperà quel posto di ultima fila che le spetta, mentre

nell’arena dei sentimenti e delle idee saranno

protagonisti i nostri problemi reali: i problemi della vita,

dei rapporti umani, del comportamento umano, della

religione”. John Maynard Keynes

“La civiltà consiste non nel moltiplicare i nostri desideri e

i mezzi per soddisfarli, ma nell’affinamento della loro

qualità ... una nazione che fa del suo fine la produzione

di oggetti anziché la vita delle persone merita di

scomparire” A. K. Coomaraswamy

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Famiglia, valori, etica ed economia

Se si vuole davvero mettere la famiglia al centro della vita, anche economica, occorre fare scelte chiare e ben diverse, tendenzialmente opposte rispetto a quelle attuali.

In particolare i servizi pubblici essenziali:- Sanità- Istruzione - di ogni ordine e grado

e i beni pubblici essenziali/diritti fondamentali, in primis l’acqua devono rimanere entro l’orizzonte dei diritti e non essere sottoposti alla logica speculativa.

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La visione economica attualmente predominante, contrariamente ai suoi proclami, di fatto

vede nella famiglia soprattutto una unità di consumo, fa di profitto e rendite i suoi unici obiettivi e

attribuisce invece al mercato il ruolo non solo cruciale ma anche, facendone il suo “luogo” unico, mitizzato.  

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Questo però non è l’unico aspetto esiziale per la famiglia (e le comunità locali) di questa “visione” economica:

essa propugna una interpretazione secondo la quale anche nell’ambito della famiglia dominano le assunzioni di egoismo e di razionalità strumentale,

al massimo temperati dall’idea che l’utilità di qualcuno dipenda anche dall’utilità dei suoi famigliari più stretti

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Altri – fortunatamente – continuano a ritenere la famiglia il primo (e magari l’eletto) “luogo” della socialità umana concreta, nel quale si investono le proprie capacità sia razionali che emozionali, dove si impara a riconoscere e (in genere) ad amare l’altro, a non considerarlo solo un semi-estraneo, funzionale ai propri scopi ed interessi bensì “un valore in sé”,

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un portatore di diritti umani intangibili, un potenziale sempre ancora da realizzare e – almeno per chi ha una visione religiosa o comunque spirituale – un’altra anima, un altro “figlio di Dio”. Qualsiasi approccio umanistico e non violento all’economia non può non partire appunto da queste premesse.

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A mio avviso a noi oggi occorre, e con urgenza sempre crescente, mettere insieme le riflessioni sui valori e sui rapporti tra etica ed economia con le analisi della psicologia economica, economia sperimentale e bioeconomia nel quadro di un approccio sistemico che consenta un dialogo rinnovato e intensificato tra loro e con le altre scienze.

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Questo perché i problemi che abbiamo di fronte – così come del resto la vita – non conoscono separazioni e barriere disciplinari. Ancora, come spesso nella vita, anche in questo caso inquadrare le questioni è più complesso di quanto non sia poi considerarle direttamente, perchè i nuovi linguaggi riportano ad antiche verità e saggezze, sia pur oscurate dalla (notevole) polvere dei tempi attuali e dalla loro pretesa “modernità”.

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Per fare solo un paio di esempi,

Gandhi affermava di non avere nulla di nuovo da insegnare perchè le Verità sono “antiche come le montagne”

e significativamente un recente libro del Dalai Lama è intitolato “Antica saggezza e mondo moderno”.

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Tre sono le vie per raggiungere la saggezza. Discriminare: la più nobile. L’educazione: la più facile.L’esperienza: la più sgradevole.

Confucio

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Però …

Se l’unico attrezzo che possiedi è un martello, probabilmente tutti i tuoi problemi ti appariranno come chiodi.

Detto Irlandese

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Proporre una visione o interpretazione diversa da quella predominante implica fornire una “lettura” differente di aspetti rilevanti ed una spiegazione altra di fenomeni osservati e osservabili. Il problema maggiore di una tale operazione è in genere dato dal fatto che un certo modo di vedere le cose è diventato abituale e dunque si richiede un certo (a volte rilevante) sforzo ed una significativa apertura mentale per quantomeno provare ad “ascoltare” interpretazioni diverse,

che tendono a modificare le immagini che di certi fatti e situazioni ci siamo già creati e che sono ormai condivise, consentendoci quindi un “funzionamento in automatico”, cioè un risparmio di attenzione e fatica.

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Il punto di partenza della riflessione che vorrei proporvi consiste proprio nella domanda:

può, e come,

un approccio economico incentrarsi essenzialmente sulla famiglia e la comunità locale e solo successivamente sui mercati e lo scambio estesi o addirittura globalizzati, e che ruolo hanno in questo le ormai famose “leggi del mercato”?

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Per rispondere credo convenga muovere dalla considerazione di quali riteniamo siano gli elementi davvero “naturali”, le costanti irrinunciabili, della vita dell’uomo e della sua socialità, quelle che lo caratterizzano in modo essenziale nel corso della sua lunga storia,

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e di cioè che invece è da considerare come una costruzione umana storicamente determinata

per cause, ragioni e in modi facilmente databili e identificabili

e dunque che si è modificata nel corso del tempo e che – per quanto in genere meno facilmente – è modificabile anche ora senza che ciò faccia venir meno la natura umana.

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The only statistics you can trust are

those you falsified yourself.

Winston Churchill