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Carlo Dossi

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Carlo Dossi LA DESINENZA IN A Craignez les trous, car ils sont dangereux VILLON AVVERTENZAIn questo volume, oltre i sliti, si adottrono ex-novo o si applicrono in modo incon sueto i seguenti segni di interpunzione e d'accentazione: 1 il due vrgole, altra pusa secondaria, maggiore della smplice vrgola, minore del punt e vrgola. Vedi, per la giustificazione di questo quarto tempo letterario d'aspet to, la nota aggiunta alla Colonia felice, pag. 175 della sua ltima edizione (Roma, Sommaruga, 1883); 2 l'accento grave(`), che, seguendo la regola di Carlo Cattaneo, gi seguita da Polo G orini e da altri, fu impiegato a segnare tutte le parole non solo tronche (preci pit) ma semitronche (precipiti) nonch sdrucciole (precpiti), bisdrcciole (precpitano) e trisdrucciole (precpitanosi). Le parole senza accento dbbono quindi considerarsi come piane (precipitare) o semipiane (precipuo). Dell'accento acuto () non s' fatto caso, ritenendolo superfluo; n si adoper il circo nflesso che a semplice indicazione delle parole sincopate (raccrre per raccgliere) ; 3 il doppio punto interrogativo od esclamativo, ossia antecedente e susseguente l a frase (es. Mi ameri? - Vatti a far frggere!). E ci sul sistema spagnolo, a nostro avviso, utilssimo per evitare a chi legge a voce alta - mssime nei perodi lunghi in cui la domanda o la esclamazione non apparisce chiaramente fin dalle prime paro le - di doversi ad un tratto, dinanzi all'impreveduto punto di ostcolo, arrestare per cos dire col pie' levato fuor di equilibrio. Si obedisce per al vecchio uso i n quelle frasi che comnciano con parole od interiezioni che sono gi per s stesse es clamazioni od interrogazioni (come ah!, oh!, deh!, ecc.).Margine alla Desinenza in A Da qual caminetto di letterato o banco di droghera, da qual latrina di gazzettiere o biblioteca in saccheggio bonghiano, hai t, mio temerario editore, saputo salva rmi questa copia rarssima della prima edizione della Desinenza in A, che t'intestas ti a ristampare? Vedi quanto lcera e unta! quanto macchiata e scorbiata! Nelle sue pgine, come in suola alpinstica irta di chiodi, scorgi e fiuti la tracci a del lunghssimo giro che ha fatto per ritornare a m. Serba essa il meretricio pro fumo del boudoir della dama e il tanfo carcerario della caserma; e cneri dell'ozi o elegante (la sigaretta) e il pelime del dotto. Io vi ritrovo il baffo de' polp astrelli della cuoca che se la leggeva a voce alta e tenndola stretta, per non la sciarsi almeno sfuggire il suono d'ide che non arrivava a comprndere, e lo sgraffi o furioso della padrona di lei che le ava fin troppo comprese; io v'incontro la t abaccosa goccia, caduta insieme agli occhiali dal naso del mio vecchio maestro d i belle lttere che blandamente ci si appisolava compassionndomi, e la gualcitura d el criticuccio novello che la scagliava lontano da s al primo dubbio che l'autore fosse men bestia di quanto ei sperava. N solamente indovino ma leggo. Segni in matita di tutti i colori, pudiche cancell ature effetto d'impudicizia, punti esclamativi, e, pi ancora, d'interrogazione, p ostille e paraffi adulatorii e ingiuriosi, stndono sulle pgine della rduce copia un a ragnaja d'interpretazioni e di note che pi grottesca e contraddicntesi non bbero Dante e il Burchiello.Chi siete voi, mii inditi crtici? In questo ripescato esemplare, n il frontespizio n i mrgini han mantenuto le vostre riveritssime firme. Ogni suo ltimo possessore - imi tando quanto si tenta ora di fare nella genealoga letteraria, a differenza della gentilizia in cui i nipoti gnerano i nonni - raschi diligentemente il nome dell'an tecessore. Senonch tutti io ringrazio e miti e spietati, perocch a m giova tanto la lrica di chi mi ama quanto la stira di chi m'odia. Per pensare, per scrvere, per vv ere intellettualmente mi indispensabile che le molcole, ora pigre, del mio cervel lo, riaqustino la primitiva rapidit e combustibilit. Venga la spinta dall'appluso, v enga dall'oltraggio, a m basta che non difetti. Ad un morso di cane, Gerolamo Car dano, bizzarramente grande, dovette (com'egli narra) il suo ingegno; a quello de i crtici dbbono il loro non pochi scrittori. Un vento infatti la crtica, che, se i mccoli spegne, ingagliarda i fal. Non se ne offndano tuttava, i mii postillatori benvoli; t Cletto Arrighi, t Primo Levi , t Perelli, t Polo Mantegazza, t Cameroni, t Capuana, t Myor. Oltre la riconoscenza d l letterato, vi ha quella pure dell'uomo e questa tutta per voi. Se la frusta ed il pngolo instgano il sangue e pi spedito lo rndono a' sui uffici, lo plutonizza anc or meglio il bacio, senapismo d'affetto. E ci dico, mentre rammmoro in special mod o coloro che hanno e saputo lodarmi senza l'ingiuria dell'adulazione e fatto spi ccare il mio disadorno pensiero nella cornice del proprio. Vorri anzi ammirare le loro felici pensate, colle mie fuse, nella presente edizione; mi ci provi; ma mi perdnino! la soluzione era stura gi, n pi c'entrava una sola mica di sale. Prometto l oro per di saccheggiarli alla prima occasione. Di memoria non manco n di audacia. Mi ajtino intanto a discter coi loro e mii avversari, i postillatori scontenti. N a questi risponderi per le stampe se sapessi dove stan tutti di casa. Contrariament e al costituzionale principio della pubblicit ne' giudizi, io preferisco trattare le letterarie mie cuse a porte chiuse. Qu per, del nemico, non si scorge che l'arm e. Sono quindi costretto, per farmi udire da alcuni, a suonare, quale campana, p er tutti. Chiamando dunque in soccorso la scienza di Rosellini e di Champollion per decifr are la scarabocchiatura, a penna, a matita, ad unghia, che copre i lembi di ques ta bandiera stracciata, e cercando di sgarbugliare, coll'arcolajo della riflessi one, tanta matassa di segni, smbrami che, come lavoro preliminare, la si potrebbe partire in due grandi gomtoli - quello cio che s'avvolge sul generale pensiero de l libro e quello sulla sua forma, che quanto dire sulla ida al minuto. E, cominciando dall'ltimo, e facendogli sopportare una seconda chirrgica operazion e, io mi arbitrer anzitutto di collocare l'Opposizione della mia nessuna Maest, co me la conquistatrice acies romana, in tr file - una dei saggiatori della purezza delle parole, l'altra degli investigatori della castit della frase, la terza de' stimatori della qualit dello stile. Come vedete, per spartizioni e per tagli io n on la cedo a un beccajo... n ad un metafsico. I nemici non sono pochi. Ma, su le mniche! e avanti. Non ho coraggio bastante per aver paura. Si affaccia prima la pigma e sparuta (perch cibata di pura crusca) fantera de' gramt ici, la penna in resta, la brachetta fuori. Prndersela con costoro - ultimo avanz o di un'oste gi debellata - gli come azzuffarsi colle ombre del cardinal Bembo e di Benedetto Varchi. Non me ne ccupo quindi che come di partita pro-memoria in un bilancio. Questa schiera composta, o, a dir meglio, era or f qualche anno, di tu tti coloro che possedvano fede accademica di miserabilit intellettuale, di coloro che, non sapendo far libri, facvano dizionari e s'inquietvano per la corrotta ital ianit e pei dialettismi non trattenuti da alcuna forca e per le stesse nuove scop erte apportatrici di vocboli nuovi. Pur di non dire vagone avrbbero sempre viaggiato in vettura. rano, in gergo scientfico, chiamati cultori della istruzione, forse p erch incaricvansi di strappare le pianticine novelle per vedere se mettan bene radi ce. Rondvano in avvisaglia, con passo di sghero, e quando accorgvansi che qualche s crittore cercava introdurre nei gramaticali confini da essi riputati propri, mer ce non nominata nelle loro tariffe, lo attornivano, assaltvanlo, arrestvanlo schiam azzando quali oche. E: quella di legge, questa di contrabbando, affannvansi, que' gabellieri, a sfilare palpare ogni parola di un libro, a stemperare, entro i lor stacci, i perodi di u n pvero autore finch ne colasse una broda completamente sciapa, incolora, inodora.N, per essi, serviva la scusa della analoga, la raccomandazione del buon senso, l 'invito della necessit. Permettendo, ad esempio, l'onomatopico cricch perch si legga a pgina tale, linea tal'altra del lor ricettario, proibvano irremissibilmente il su o stretto parente cracch, non trovndosi esso in nessuna parte del mastro del loro s apere. L'ttimo autore, secondo tali noti spaccintisi per legislatori, non dova aver orecchio che pei rumori e pei suoni protocollati, udir quindi eternamente la zam pogna e il liuto, non il pianoforte mai. Fuor di Toscana, anzi di Firenze, anzi di Palazzo Riccardi, non era letteraria salute. Poich Arno non diede l'aqua con c ui fu bollito il proto-risotto ed impastato il capo-stipite dei panettoni, Milan o era tenuta di abolir senza pi quelle sue antiche ghiottonerie non previste dall e edizioni dal miglior fior ne coglie per non mttersi a rischio di nominarle, salvo ch non si fosse adattata a sostituirvi i pi legttimi nomi di riso giallo e di pan bale strone. Cos, se c'era scrittore che ancora trovasse in isbaglio, qualche efficace metfora la quale non fosse catalogata tra gli impacci del Rosso e gli avanzi del gro sso Cattani o del Cibacca,, tra il regno di Cornovaglia e i viaggi a Lodi, a Piacen za, a Carpi, in Picarda, a Calcinaja, a Volterra,, tra il mangiar spinaci e l'arruff ar matasse e tutto il resto della ciurma galeotta del vocabolario toscano, gui se l 'avesse pur tollerata! dova immediatamente cacciarla; pena la Crusca negli occhi ed il Frullone sul capiro, irati di non potere, per lui, russare di sguito la gov ernativa prebenda. Che io molto non fossi nelle grazie di smili egrege persone (umini meno di lttere c he di parole) pi chiaro della loro chiarissimit ora buja. Non vi ha scrittore, sempr e s'intende, al saggio della loro pietra di paragone, che era poi una mola mugna ja, pi di m impuro. N io davvero, mi sono mai incomodato a cercare, per le parole c he adopro, maggiori difese di quelle che danno le stesse parole accoppiate, cio d el pensiero che esprmono. Cosa infatti avrebbe valso riptere a que' bacalari per la millsima volta, che la lingua naque prima della scrittura e l'una e l'altra inna nzi la rgola? che l'Italia stette benssimo senza gramtiche tre scoli buoni e ci sareb be potuta star sempre? che quelle clssiche eleganze da essi additate a modello, ca pestrere come chiamvanle con vocbolo affatto degno della loro parlata, non rano, il pi delle volte, che solecismi solenni (n noi ce ne scandolezziamo) maggiori assi di quelli che possa creare un originale stilista? E, ancora: che avrebbe giovato ri cantar loro sul motivo di Orazio (ut sylva fliis ecc.), che un idioma, come qualsa si altro mortale frutto, destinato, se non spgnesi in germe, a percrrere l'intero suo ciclo fino alla maturanza completa, fino alla conchiusiva caduta dall'lbero d ella vita, e che l'nico mezzo di evitargli una rpida morte, di trasfndergli continu amente umore, imitando Dante, che colla falce del giudizio mieteva da ogni sotto lingua italiana ed anche non italiana le spighe della nazionale favella? che avre bbe, infine, servito provare loro statisticamente che non tanto la qualit della m ateria impiegata quanto l'ingegno di chi la foggia e cordina che f l'eccellenza di un'pera d'arte, cosicch alla domanda - qual sia la miglior lingua - si pu sempre r ispndere: leggete Shakspeare, l'inglese; leggete Rchter, il tedesco; l'italiano co n Foscolo; il milanese con Porta? Ripeto: non avrebbe giovato ricordar loro tanto, poich era vano sperare che gente la quale non s'impensieriva che dei mattoni lingustici, si accorgesse che, tutti insieme, tendvano a rappresentar qualche ida, a formare un letterario edificio. I nteramente quindi perduto, per essi, sarebbe stato quanto ho gi detto e quanto st o qu per soggingere a titolo di buona misura. E il contentino questo. Pochi tra i grandi autori, gloria dell'umanit, hanno schi vato le ire dei crtici loro contemporanei tentanti di impor la cavezza al genio, e quasi tutti si vendicrono, dannando i lor zoiletti all'eterno ridcolo. Ora, st il curiosssimo fatto, che quelli autori sano appunto i pi spesso mostrati ad esempio dai successori dei berteggiati, a volta loro da berteggiarsi. E, davvero, quel v enosino col quale la falsa crtica f tanto chiasso, volteggiandolo minacciosa intor no alla testa dei novellini scrittori, la ha gi bastonata senza misericordia; que l fiero ghibellino cui essa domanda, per ogni suo pasto da orco, e zanne e ventrc olo, l'ha fatta pi volte tremare colla maestosa sua voce, come quando disse pera na turale che uom favella, - ma, cos o cos, natura lascia - poi fare a voi secondo ch e v'abbella. Volendo quindi scoprir la radice di tale stranezza n potndosi crdere ch e il ricordo de' buffetti e de' calci sia ambile a' crtici, com'era a Rousseau quel del castigo di mademoiselle Lambercier, bisogner ricercarla e la troveremo fra le astuzie stratgiche. A guisa infatti degli rabi che coi cadveri inqunan le fonti d ei loro nemici, mrano i crtici, cogli autori morti, a spgnere i vivi. Pur non riscono. La treggia non caccier pi il carro dal mondo n il carro la diligenz a n la diligenza il ferroviario convoglio. Il progresso che essi combttono col tar do archibugio a pietra, loro risponde coi cleri Vtterli, come lor rispondeva media nte quel rudimentale fucile quand'essi ostinvansi a maneggiar l'arco e la freccia , e coll'arco quando ancora loro arme era il selcio. La umanit procedette sempre a dispetto d'ogni accademia, d'ogni senato, d'ogni governo. Gui se il passato aves se pi forza dell'avvenire! Saremmo tuttora alla lingua dei lupi e degli orsi e ad uno stadio di civilt affatto corrispondente. Ma, seppelliti questi morti di hastati, ecco i prncipes qui consrgunt ad arma, pnta no il loro schioppetto e fan cecca. Sono essi gli incettatori della nazionale mo ralit, una compagna in lamentazione perpetua - di cui fanno parte i violacei predi catori che ventilbran dal plpito i vituperi pi concupiscenti contro la concupiscenz a e le ascoltatrici loro ammiranti, le baldracche, che han messo insieme bastvoli soldi per comprarsi il rossetto della castit; fanno parte i loschi compilatori d i virt per il ppolo a dieci centsimi la dispensa e i gazzettieri che colla siflide c ristallina alle labbra sermnano di pudicizia e le mamme affannate a difndere le or ecchie premaritali delle loro figliuole da ogni sussurro impudico, salvo a lasci arvi precipitar dentro un mondezzajo di roba, non appena quelle figliuole sen giu nte al legttimo stato di comporre adulteri; fanno insomma parte tutti coloro, i q uali veri stradini della nettezza pbblica, pel sudiciume - grano, sollevando, per cos dire, la casta frasca di vite alle statue per poi urlare allo scndalo! Il realismo in arte il bersaglio contro il quale scgliano essi i lor giavellotti ed insieme lo scudo con cui sen riprano i loro contrari. Perocch, in questo balord o argomento, una guerra s' accesa che pi fiera non suscitrono le due secchie rapite , la bolognese e la greca, una guerra a cui paragone sembr quasi sensata quella d i buffa memoria dei clssici e dei romntici. Vuolsi che essa scoppiasse al primo ap parire in commercio delle fotografe colorate di Zola. La grrula turba de' letterat i si part allora in due campi - dicimoli meglio, stbuli - e gli uni si buttrono tost o a ginocchi ed accsero i lumi dinanzi a quella forma di arte perch imaginronsi che fosse nuova, gli altri si psero a tirar sassate contro di essa e a fischiare, pr incipalmente istizziti da quella riputazione di novit. Il realismo, intanto, stav a a guardare dal libro di Omero. Ma il bello , che, a confndere maggiormente le ide, e fautori e avversari, stroppia ndo il senso di quel frasone empibocca, incapronsi di fargli significare, l a ttolo d'onore, qu di disdoro, quella parte soltanto di letteratura che studia e descri ve le volutt della carne e le turpitdini umane. A chi si debba tale spilorcia inte rpretazione non sappiamo. Sappiamo solo, che, nella realt, se c' il male colle sue innumeri fronti, c' pure il bene in tutti i sorrisi sui. Al realismo o verismo pss ono quindi appartenere con pari diritto tanto le dipinture di una cloaca, di un ubbriaco che rece, di cani che s'accppiano in piazza, quanto quelle di un fragran te roseto, di un ere che per la patria s'immola, di un uomo che respinge l'amples so della donna del suo benefattore. Nella realt vi ha il bordello in tumulto e la pacfica casa: Protgora abderita che tutto vende e difende a seconda del prezzo e Giannone che muta continuamente paese per non mutare opinione, e, per seguire la verit, da tutti perseguitato. Della realt fanno parte integrante e l'illusione ed il sogno e la fede e lo stesso idealismo. Sarebbe quindi eccellente partito, che, a stabilire i trmini della questione, s'i ncominciasse a cambiare il nome alla questione medsima. E per si riserbi a luogo p i acconcio quella parola di realismo, fatta per imbrogliare, e se ne addotti una di significato pi certo. Per conto nostro, nelle tr arti non sappiamo vedere che una questione sola, quella del brutto e del bello, senza riguardo n a scuole n a scop i. Se ci sono per buontemponi che vglion scaldrsela per quel letterario atteggiamen to, che , come affrmano, diretto ad vrgam erigndam, si srvano! bbiano in ogni modo la ompietezza di scgliere la giusta parola e non ci prlino d'altro che di carnalismo. Senonch, carnalismo non vuole ancor dire immoralit. Se le leggi divine impngono, se le umane favorscono, le une e le altre improvvidamente, la procreazione della sp ece, non vi dovrebbe ssere arte pi leggttima e pi commendvole di quella che risvegliaed instiga la foja generatrice, o, come dicvano i nostri antichi, lmbum ntrat. Tut tavia, c' un inconveniente. Le pere letterarie, anche le pi scollacciate, quando ra ggingono la perfezione non commuvono che il cielo dell'nimo. Si potrbbero esse parag onare ai fidi incendi per le innocue torri delle rappresentazioni teatrali. La vol utt intellettuale sffoca la carnale. Una volgarssima serva irriter e sazier meglio la libdine tua che non una Saffo, testimoni Faone e Nicol Tommaso. Misurati col quale termmetro, gli epigrammi cos-detti osceni di Marziale ed i sonetti di Porta, che si chimano inditi anche dopo le cento edizioni, sgnano un alto grado di moralit senz a confronto pi alto degli sconcssimi - perch malfatti - librcoli approvati dagli alt i e bassi Consigli scolstici - Novelle esemplari, Fior di virt (e di stolidit) ecc. ecc. - fonte di lucro ai maestri e di ebetismo ai discpoli. Pur non si pensi, con ci, che chi scrive appluda a due mani al rubensiano delirio di polpe e di sguardi procaci che ha invaso la scolaresca del giorno fatta ubbri aca da mezza bottiglia di stecchettina gazosa. La smania sessuale in natura,, h a dunque diritto di avere anch'essa la sua sede nell'arte; l'invito del sesso pe r non forma tutta la vita,, manchvole quindi sarebbe quella letteratura che si oc cupasse esclusivamente (perdonate la frase) dei propri nguini non istudiando che di rnderli appariscenti, n pi n meno dell'altra che si cappona per procurarsi una vo ce di ngelo. Che, se in questa desinenza in A la nota lubrica ha il sopravvento, a m preme avvertire gli egregi lettori: I che l'autore non ha con essa seguito la traccia de' sui giovinetti colleghi, ma hanno questi piuttosto seguita la sua. La desinenza in A venne infatti composta nel 1876, allorch del rosario del carnalis mo non rano state ancor snocciolate, almeno in Italia, che poche avemare e non si era ancor giunti ad alcun paternostro. 2 che l'autore innanzi concdere al pbblico q uesta sua sgualdrinella figliuola, gliene aveva gi presentato tr altre morigeratssi me. La cifra di un uomo, e mssime di uno scrittore, formata, non da un nico nmero, ma da parecchi. Cos, com'e, La desinenza in A - libro non certo per monacanda - r appresenta la giovinezza dell'autore, gli errori della poca sua carne, il suo sq uillo di bicchiere nell'orgia. Ma la giovinezza gli oggi completamente sfiorita. La penna che segn qui ritratti donneschi rotta per sempre. Bene st. Ogni stagione il suo frutto. Fanciullo, scrissi d'infanzia e vi offersi L'Altrieri; adolescent e, di adolescenza e vi diedi l'Alberto Pisani; givine, di giovent, ed ccovi La desi nenza in A. Se la vecchiaja non mi sar, come sembra, contesa, scriver cose da vecc hio - metafisici soliloqui, archeolgiche dissertazioni - chiss mai! anche asctica. L etterariamente almeno, il Dossi non si falsificher mai. I cavalieri intanto e le dame, la cui virt s fragile da temerne lo scoppio, pur co ll'esporla alla temperatura di qualche grosso proverbio da fin di tvola (smili in ci a coloro che per gli eccessivi riguardi contro le infreddature trvansi perpetua mente nello stato pi proprio di buscrsene) e si spavntano all'ombra solo di quelli onorvoli... - pi onorvoli assi di parecchi votanti nei Parlamenti - ... membri che h anno, come scrive Aretino a messer Battista Zatti da Brescia, fatto i maggiori umi ni del mondo, i Michelngiolo, i Tiziano, i Raffaello, e appresso loro, i papi, gl i imperatori e i r nonch gli stessi che ne pglian vergogna, - considerino, dico, que sti esimii signori (del che caldamento li prego) come non savi cdice che li bblighi a comprar n il presente n altro libro del gnere suo, e, quel ch' pi, a continuarne l a compitazione quando si accrgono di che si tratta. Chi ama le comedie prive di s esso ha i teatri sui, ha i burattini, dove pu assstere, senza percolo alcuno, da que llo all'infuori di addormentarsi, anche al ballo. Per i pveri d'intelligenza prov vede la caldaja dei frati; c' una letteratura estesssima, nientemeno che il novant anove per cento di ogni biblioteca. Ne profttino dunque. L'aqua non costa nulla e rinfresca. E se, dopo ci, si ostnano a spizzicare le mie frolle pernici in salm, p er poi lamentarsi di qualche doloruccio di ventre, colpa loro! Questo libro conti ene, certo, veleni, ma anche i veleni sono tili, basta sapere dosrseli, cosicch l'a rte della salute - intendi, per burla, la medicina - fonda in gran parte su di e ssi. E, ora avanti i signori triari! stavo per dire trepiedi. Sono la schiuma... pardon! la panna dei crtici. Hanno, pressoch tutti, fatto studi profondi - di che non si s - fuori d'Italia, l nei paesi in cui le vcali cdono alle consonanti e l'uva al lppol o; le loro sentenze le sptan dall'alto delle cttedre o di que' mucchi di residui c ibari che hanno nome riviste o rassegne mensili o quindicinali,, non abbassandosiche raramente a ragionare spropsiti ne' fogli quotidiani, diventati, loro merc, p iombo in foglia. Costoro non prdonsi nelle scaramucce delle parole n si formalzzano di qualche frase che mostri il rosato ginocchio pi delle altre. nica loro preoccu pazione lo stile, sono gli intenti dell'autore. Ora, il primo capo di accusa contro m di tali crtici in mitria, quello che io scri va troppo avvolto ed oscuro. Dimine smbrano essi dire la pi parte degli altri scombcch racarta, basta un'occhiata per accertarsi che non vlgono nulla; costi bisogna lgger lo due, tr volte, prima di persuadrsene. Ebbene, voglio ssere, come nessuno pi, arrendvole; voglio per un istante dimenticar e la pregiudiziale, se la incolpata oscurit dipenda dalle ide dell'autore che non sanno farsi vedere o piuttosto dagli occhi de' leggitori che non arrvano a percep irle: completamente mi crico dell'asserito peccato di una bujezza s favorvole ai lu mi, ma, insieme, domando: quale ne la cusa? Una letteraria virt, mii signori - la de nsit delle ide. Ho detto una virt; pur tuttava, giacch sono sul cdere, accorder anche che trttisi semp licemente di un bel difetto. Posseggo due scuse, per - e uno scusino: l'influenza del tempo nel quale tuffato il mio corpo, il corpo che assipami la volont e, se c i non vi par sufficiente, questa medsima volont mia. E, prendendo le mosse dal tempo, tutti vggono - meno i crtici dalle acute pupille nella collttola - come sia oggi impossibile ad un autore, che al manubrio dell'or ganetto preferisca l'arco del violino, di scrvere precisamente come quando il pat rimonio delle ide era di gran lunga pi scarso dell'attuale e piscivasi chiaro perch non si beveva che aqua, compreso il vino. Bastava allora di esprimere ci che il c uore individual suggeriva e la lingua materna imboccava; ciascun paese viveva, p er conto suo, dei frutti esclusivi del proprio suolo e del proprio pensiero, n pi n meno di Ippia sofista - vero smbolo di quell'poca - che, insomartosi nel principio che ciascun uomo costituisce una completa repbblica a s, anzi un intero universo, si faca colle sue cniche mani tutto, dalle ciabatte al mantello, dal letto al pra nzo, dai mbili alla moglie. Senonch, oggi, si mut stile: siamo figli di esploratori , e viaggiatori noi stessi, e, in quella maniera che da occidente ad oriente, da l polo antrtico all'rtico, s'incrciano e mscolano tutti i prodotti del globo, tra cu i mssimo l'uomo, gran le ide pi ancora liberamente e si spsano e ne crano altre, prolf che come infusori. una tendenza generale, questa, che n le poltiche tariffarie ed i cannoni dei governanti, n gli ohim dei grammtici e gli esorcismi dei preti sanno o potranno frenare. I mercati del mondo (in gergo ufficiale Stati) grvitano a fnders i in uno solo. Si v a tutto vapore, e gi pu dirsi a tutto elttrico, verso il comunis mo pi equo e la pi ordinata anarchia. La universale e fatale tendenza trvasi poi, nel mio infinitesimale pianeta del co rpo, preparata la sdrucciolina da cuse particolari, anzi orgniche. Difatti, le dop pie porte per le quali le sensazioni pnetrano nella casa dell'nima (rtine, timpani, ecc.) e che, nella maggioranza degli umini sono pressoch uguali, tantoch le due co rrenti della percezione ntrano in essi simultaneamente e tccano con pari scocco ne l campanello della coscienza, in m sono affatto assimtriche, donde un risultato op posto. N le sensazioni rivali che vngono a m dai vari oggetti, gingono a combaciarsi perfettamente e a dare un sol squillo nello sprito mio, fermentando in esso un m iscuglio di ali e zampe e teste d'ide verstovi da letture affrettate, copiose, dis paratissime. Era forse, originariamente, il mio cuore un nico specchio, ma, dalla memoria onerato, si spezz in centomila specchietti. Il troppo olio, dirbbesi, aff og lo stoppino. Se nel bujo notturno, nei preludi del sonno, mi si rierge talvolt a l'ida - come la colonna di fuoco che guidava gli ebri - luminosa,, comparso il sole, io pi non scorgo che fumo. Vero che nel fumo perdura la fiamma e che, a for za di gmito e pmice, la ida riaquista splendore, o, come di Virgilio e delle orse s i scrisse, frmam post terum lingua magistra prit, ma ci non avviene che a prezzo di tr ansazioni, di sottintesi, di ripieghi, cosicch il mio stile potrbbesi bens assomigl iare ad una donna sapientemente abbigliata, non mai ad una bellissima vrgine nuda . In questo mio stesso discorso, in questo stesso periodo - da m lasciati pi gregg i del slito - i lettori hanno prove a biseffe di ci che affermo. Si aggiunga la pr eoccupazione affannosa di stipare quanto pi senso si possa in ogni frase (perocch sempre mi parve atto di letteraria disonest quello di vndere al pbblico, per libri scritti, volumi di carta tinta d'insignificante inchiostro); si aggiunga lo studio, non meno morboso, di cacciar dapertutto malizia, affinch, se la stoffa od il taglio del pensiero non vale, valga almeno la fdera, e non far meraviglia se il mo do dello scrivere mio debba inevitabilmente mancare di quella tagliente sobriet c he forma la caratterstica della espressione dei grandissimi ingegni e de' grandis simi stolti. Ma della complicazione del mio attuale pensiero, c' un'altra cusa, pur fsica. Se co lla continua ed ostinata meditazione, il cervello consegue la forza di ascndere e la sicurezza di aggirarsi pei greppi pi vertiginosi, smarrisce, spesso, quella d i camminare in pianura. Guadagnando le ali, perde, per cos dire, i piedi. Il prov erbiale esempio del matemtico, che, sciolti i clcoli pi sublimi, sbaglia la somma d el domstico conto che gli propone la cuoca, in rgola perfettamente colla verit ed a pplicbile a tutte le arti. noto come uno de' mssimi agenti del pensiero sia il san gue, la virgiliana purpurea nima. Ora, la irritazione che l'ostcolo tra la volont n ostra e la cercata ida prvoca ai nervi dell'intelligenza, invita, attira al cervel lo il flusso sanguigno necessario ad abbttere lo stesso ostcolo, e la ida si svela. Al ragazzo che f i sui primi italianucci sufficente irritazione nervosa la ricerc a delle parole di cui riveste la traccia temtica dtagli dal maestro; all'adolescen te, la caccia alla rima ed all'armona del verso colle quali ripete le ripetizioni di moda; al givane, che aspira alla artstica originalit, lo sforzo, prima di evita re le ide e le forme troppo stancate,, poi di scoprirne di nuove, poi ancora di r addoppiare, di triplicare i sensi delle sue frasi, finch, vieva, moltiplicndosi i d isis e i bemolle e gli altri accidenti in chiave, arrivi a quella concentrazione, a quella ingegnosa oscurit di stile che f la delizia degli intelligenti e la disp erazione del pubblicaccio. Ora, il sottoscritto, che ha passato come ogni altro autore non condannato allo sgabello della mediocrit, tali stadi, trvasi appunto a quello che si potrebbe chiamare la distillera della quintessenza. Le difficolt che, una ventina, una decina di anni prima, bastvano a rieccitargli la Vnere intellettu ale, oggi, perch superate, gliela lsciano inerte. Indictegli un masso di prfido lett erario, ei ne sapr far balzare una statua; consegntegli, per una burocrtica scarpa il necessario cuojo asinino gi tagliato e il puntarolo e lo spago, dar punti svogl iati e voi rimarrete a pi nudo. Confesser tuttavia (ed ecco la mia scusa aggiuntina) come, allorquando mi accorsi che non avri potuto per nessun verso fuggire il crescendo della complicazione st ilstica, lo affretti e mi vi abbandoni tutto, mirando solo di convertir la cattiva in una buona ventura, come f, della macchia che gli goccia impreveduta sul foglio , l'aquarellista. E veramente, l'originalit in arte ha pi spesso radice in difetti che non in virt. Stia certo il lettore che, se di un'oncia soltanto della lmpida mente e dell'ambile filosofa di Alessandro Manzoni o del sicuro nimo e dell'ampio u morismo di Giuseppe Rovani avessi potuto disporre, non mi sari contentato di fare il geroglfico Dossi. Gli , del resto, una fatalit cronolgica alla quale n io n i mii ratelli in letteratura sapremmo sottrarci. Trascorsa la primavera pariniana, la manzoniana state, il rovaniano autunno, pi non ci avanza, del letterario anno che st per finire, se non l'inverno. Spremuta l'uva di Alfieri, di Monti e degli alt ri, fatto il vin di Manzoni e di Giusti, fatto il torchitico di Aleardi, di Prati , di Rvere e d'altrettali, pi non rimane da fabbricarsi, dell'ltima svinatura, che l'aquavite. Lambicchimone dunque in buon'ora. Ci servir di sole invernale, e, risc aldate da essa, le generazioni novelle prepareranno con impulso gagliardo il ter reno ed i tralci per le vendemmie future. Tornando a noi, o piuttosto a m, io non mi lagno niente del nmero, quale si sia, c he estrassi nell'ltima leva della letteratura paesana, n dell'sito degli sforzi coi quali tenti di assecondare e completarmi la sorte. Uno stile che fosse una rotaj a inoliata sarebbe la perdizione de' libri mii. Uno invece a viluppi, ad intoppi, a tranelli, obbligando il lettore a procder guardingo e a sostare di tempo in te mpo - parlo sempre del non dozzinale lettore ossa dello scaltrito in que' docks d i pensiero che si chimano e Lamb e Montaigne e Swift e Jean Paul - segnala cose c he una lettura veloce nasconderebbe. Per contraccambio, le ide o sottintese o mez zo accennate (quel pleou emisy pants che Esodo d come rgola d'arte) fanno s ch'egli p renda interesse al libro, perocch, interpretndolo, gli sembra quasi di scriverlo. N per altra ragione le sciarade ed i rbus mantngono a molti giornali il favore del pbb lico. Aggiungi che una smile illuminazione a traverso la nebbia, facendo aguzzareal lettore la vista dell'intelletto, non solo lo guida nelle ide dell'autore assi pi addentro che se queste gli si fssero di bella prima sfacciatamente presentate, ma insensibilmente gli attira il cervello - a modo di que' poppati artificiali c he avvano il latte alla mammella resta - a meditarne di proprie. In altre parole, dall'addentellato di una fbbrica letteraria, egli trae invito e possibilit di appo ggirvene contro un'altra - la sua - e, da lettore muttosi in collaboratore, natura lmente condotto ad amar l'pera altri diventata propria. Ed al medsimo scopo di farmi lggere con attenta lentezza che dvesi ancora attribuir e la mia ripugnanza di usare parecchi spedienti - meglio diri ruffianesmi - i qua li, secondo l'opinione de' crtici e il gusto della plata, costituirbbero i requisit i essenziali della forma romntica, primo tra tutti l'intreccio che appassiona e r apisce. Quanto ho detto, toccando dello stile che pi conviene a libri della pasta de' mii, pu appressapoco ridirsi parlndosi dell'intreccio. Non nego che una fvola c oncitata, densa di colpi di scena, irritante la curiosit, incalzante la lettura, sia la maggiore fortuna, anzi la dote sine qua non per un romanzo sprovvisto di ogni sapore di stile e d'ogni potenza d'ida: l necessario infatti che il leggitore percorra a rotta di collo il volume e precpiti al fine prima di accrgersi che l'a utore pi di lui soro,, 1 inghiotta per cos dire il cibo senza aver tempo di rileva rne la insipidit. Nei libri, invece, in cui gli avvenimenti narrati sono un mero pretesto ad esprmere ide ed una occasione di suggerirne, deve l'intreccio s esstere ma non troppo apparire, dee contentarsi di fare, non da ricamo, ma da canovaccio , adducendo carezzosamente il lettore sino alle ltime pgine, quale cmodo cocchio da viaggio che permette di osservare il paese, non gi trandovelo turbinosamente qual e rozza infuriata. E smile intreccio modesto non parmi che manchi in questa Desin enza in A, poich le sue tr parti frmano gli atti di una sola tragicommedia La Donna , e poich i medsimi personaggi, che noi conoscemmo bambini nei primi captoli, li ri troviamo, salvo quelli che perdiamo provvidenzialmente per via, givani nelle scen e di mezzo, vecchi nelle estreme. Oltracci, vi ha un altro legame pi ntimo, che si tent di celare nel nesso tra la natura ambiente cosdetta morta da chi non ha fino l' orecchio, e la storia, il carttere, il momento degli attori che ne son circondati. Chi conosce il segreto dei pinti romanzi di Hogarth, comprender le mie scritte pi tture. Il mbile, la tappezzera, la pianta, vi aqustano un valore pschico, vi compltan o l'uomo, e, da smplici attrezzi teatrali, vngono a far parte integrante del ruolo dei personaggi. Gli il coro dell'antica tragedia ridotto a forma moderna. D'ogn i intreccio, per, quello che credo di non aver trascurato e cui tengo massimament e l'intreccio fra il mio e l'nimo de' lettori;... alludo sempre ai non irosi e no n disattenti lettori, cio ai pochi. Come vedete da questa ultimssima frase, qu non si tira di prezzo colla signora Crti ca, allorch nota che io perdo - per ostinata premeditazione - la gran maggioranza del pbblico quella maggioranza che non s lggere se non i libri scritti a cartteri d i ditta. Osserver tuttava, dal canto mio, che tale prdita non poi cos grave, come as serscono, per chi aspiri ad arricchire meno le case editrici che la letteratura. Il pbblico di un letterato non gi quello dell'uomo poltico e del canterino (celebri t spesso e l'uno e l'altro della gola) pei quali indispensbile e folla e contempor aneit di fautori; non ne occrrono a lui n migliaja, n centinaja e neppure ventine in un tratto: gliene bstano pochi, uno anche, purch sano degni, a loro volta, di lode e purch si succdano - sentinelle d'onore del nome suo - fino al pi lontano avvenir e. La votazione per la durvole gloria di un artista non si chiude in quel medsimo giorno in cui viene proposta, ma le urne rimngono aperte nei scoli. Se si contssero gli intellettuali custodi e inaffiatori, insino a oggi, della fama di Dante, no n si arriverebbe certo alla grossa cifra della sine nmine plebs che si accalcava estasiata intorno a passate o grugnisce ora giojosa intorno a viventi volgarit. S enonch, l'appluso della moltitdine scompare colle mani che l'hanno prodotto e anche prima, mentre il luro, piantato dai pochi intelligenti sulla tomba del meritvole e con sollcito amore educato, non cessa di crscere e si rafforza cogli anni. Ci che crea la moda, la moda pur spazza via, n oggi alcuno pi sosterrebbe la burattinesc a trucit dei gi celebrati romanzi della Radcliffe n la pattica pappa delle novelle, furiosamente gi lette, del Chiari, come domani non si soffrir pi da nessuno la gran dssima parte del bozzettismo del giorno. Se dunque assiomtico che un libro trovi t anta maggior grazia presso l'uomo d'ingegno quanta minore ne incontra presso ilcitrullo e viceversa, sar necessario evidentemente, per conquistare una sbita popo larit, di piacere ai goffi ossa di scrver goffggini. Steno per tranquilli i pubblicist i che hanno missione, dirbbesi, di alimentare il cretinismo italiano; n io n gli al tri mii migliori colleghi saremmo mai rei di abigeato di qualche loro lettore. Pe r conto mio, in arte sono aristocraticssimo. Come Frine, io non ambisco all'omagg io che dei sovrani... dell'intelligenza. Nulla pi mi spaventa di quell'unnime batt imani che mi farebbe domandar con Focione: sy d pou t kakon lgon mauton lleoa? Parlo molto di m, non vero, mii adorbili crtici? Che volete? M'insegnaste voi stessi, che per fare o per dire qualche cosa almeno mediocre, d'uopo tenersi nell'ortice llo che si conosce men male: ora, io descrivo m, cio la persona che m' pi nota. Perch non vi descrivete anche voi, buoni crtici? Si vedrebbe alla prova chi f men ladra figura. Comunque; questa subiettivit che vi d tanto sui nervi e che st infine di casa , non ne' mii libri, ma nelle sole lor prefazioni, da considerarsi come lettere nt ime al pbblico, non ha nulla d'ingiurioso, ch'io sappia, alla individualit altri. A parte che qu si tratta di un subiettivismo che riguarda, non le circostanze occa sionali di un corpo, indifferentssime per tutti gli altri, ma l'essenza di un'nima , propriet universale; a parte che la letteraria coscienza sntomo di virt, non di v izio, giacch l'occhio dell'artista che non scorge se non il suo esterno occhio ch e poco vede, egli sempre - parmi - pi cortese ed ambile, nello schidere la gallera d elle fantase nostre, di non imitare que' padroni di quadri che si ritrano sultanes camente, abbandonando ai servi i visitatori, bens di accompagnar questi noi stess i, facendo loro da cicerone. Ci, non fosse altro, testfica che io non sono poi que l trappista, quel Simeone stilita, quell'antropfago di s medsimo, quell'rsus spelaeu s che piaque a certuni, collo stmaco grave di anguilla, sognarmi. Voi vi fate, o crtici, una sbagliatssima ida di quello che sia la societ umana, ritenndola tutta com presa, insieme alla fama ed al resto, nei pochi metri quadrati dei giornalstici u ffici che smrciano i vostri veleni, sacri asili al di fuori de' quali non sarebbe che lido e solitdine mera. Ben altro vasta la umana societ, i cui giorni si cntano a scoli, i cui membri s'inttolano ppoli, il cui chiacchieratojo il mondo. Per conseg uire, tra essa, notoriet, lascio a voi di tentare i vostri invescativi o coercitiv i come li dite, impiegndovi tutta quella provvisione di mntici e ruote, di olii e d i unti, di zccheri e incensi, di cui disponete. Anch'io miro alla Fama ma a patto solo di gingerla all'aria aperta e colla trionfale quadriga de' cavalli bianchi, non sul carretto dell'immondezza di Checco, non sul baroccio giallo-nero ed inf angato di Csare, non sulle penne rubate e sempre vendbili a chi pi paga di Ruggero. Per finirla, o mii crtici astiosi, io vorri lusingarmi che niuno di voi, abbia lett o questa Desinenza in A nel suo giusto momento. Non succhia il midollo di un lib ro se non il lettore il quale si trovi in una disposizione di nervi consmile a qu ella in cui era, scrivendo, l'autore. Il gran Mlton da lggersi la domnica, quando s i accmula nell'atmosfera il religioso uragano, fatto di nubi d'incenso, di cerei lampi, di armnico tuono di rgani; Leopardi in una giornata piovosa, colla disgrazi a ai calcagni e la dispepsia allo stmaco; Cattaneo in un'ula parlamentare, assente lo sfibratore Deprtis; Carducci sotto un arco romano non medicato dal dottore Ba ccelli; Correnti fra le stoffe preziose e le rarit antiquarie; Hugo, al mare. Cos, nell'poca del malincnico e verginale erotismo dell'adolescenza che pi si comprende la Vita nuova del giovinetto Allighieri ed nell'ora del disinganno amoroso che il presente volume sembrer fcile e piano. N a quest'ltima ora rado pervngono gli umini ; anzi tutti vi trnano quante volte ha loro sorriso da un fresco aspetto di donna l'inganno. Ma una illusione ancora maggiore la mia che crtici mestieranti rilggan o un libro che han giudicato una volta e indcansi, per soprassello, a cambiar di parere. Quando uno tra essi lanci la sua sentenzietta spietata, non c' pi cristi! la ripete stucchevolmente per tutta quanta la vita del condannato e anche dopo. Im itazione quindi perfetta , la crtica, della misericordia divina, privilegiata inve ntrice, a quanto insgnano i preti, della pena che non ha fine. Pienamente dunque d'accordo co' mii avversari in ci, che niuno di noi rest persuaso dei ragionamenti dell'altro, non io de' loro, non essi de' mii; ritengo per semp re finita la nostra cartacea battaglia: sparsa l'arena di penne e di matite spun tate, sparsa di pozze d'inchiostro, e La desinenza in A entra, non troppo sconne ssa, nelle sue seconde nozze col pbblico. Ma che? che mai questo sciame di donne ch e m'assal da ogni lato? Come i cimbri, sconfitti da Mario, che si travano seco illor feminile bagaglio, bllica impedimenta, come i bracati persiani sull'usta dei quali si affollava la bagascera di tutto l'impero, i mii crtici si rimorchirono app resso un nvolo di gonnelle - dalla seta alla cotonina - ballerine ed avvocatesse (ambo oratrici coi piedi), trecche toscane e maestre di scuola (ambo appendici d e' clssici), sorelle di carit, mogli a nolo ed altre parenti posticce, sarte, bali e, modelle, cantiniere, telegrafiste, filandiere... un cibro insomma di fmmina, ch e dopo di avere assistito ozioso alla pugna, cerca ora di riappiccarla coi denti e colle unghie. Coli che, cavalcando soprapensieri nella romana campagna, capit q ualche volta in mezzo a un'orda di porci e in quella grufolante e minacciosa mara , stette minuti che gli prvero ore, potrebbe nico penetrarsi di tutta la gravit del mio caso. Come salvarmi? come superar tanta Eva? I lombi pure di Prcolo e di Vitto rio impallidirbbero. E una matrona, un quintale di ciccia che porta gli occhiali della filosofia e il busto della lgica e il guardinfante dell'oratoria, m'investe di una mitraglia af orstica, sbuffando: Tutto quanto si guarda da una sol parte si vede male. Chi ingi uria la donna, ingiuria pur l'uomo che ne il frutto peggiore. Chi non s perdonare , di perdono non meritvole... Se ti credevi in piena ragione, perch tanta ira? - agg iunge iratssima. L'evo dell'assolutismo maschile non pi - sentenzia una bella sveltina in elegantssim a toeletta forense (comech appena laureata dai professori e dagli studenti dell'U niversit di...) cercando ingrossare la voce con empirsi le profilate narici di ta bacco rosa. - Chiusa l'et in cui facevate a vostro profitto le leggi, divorzindoci ignominiosamente (consulta il Talmud) solo che avssimo lasciato affreddare la zup pa ai cari sposini, presumndoci adltere (vedi in Seldeno) sol che si fosse rimaste appartate con uomo che non ci era marito, il tempo di cucere un ovo. Ma il nostr o dito ha gi tcco la vostra tarlata legislazione. Noi riusciremo a tutto. La persu asiva, dea della Tribuna, noi che l'abbiamo trovata. T lo pui dire, t stesso, a cui favore la femminil parlantina seppe pi volte rinspirar la pazienza che il tuo la conismo ava fatto smarrire a tui creditori e lettori... E chi ti aperse i cieli d'amore? domanda rimproverante una sile e pellcida vrgine con un sospiro che trmina in tosse di quell'amore che non muor mai, perch non si ciba di vivanda mortale? Chi t'insegn la lgrima innamorata, seme di perla? chi piovve sul t uo strile ingegno quella luce lunare della mestizia che feconda i pensieri? a chi devi i primi vagiti potici?... Ingratissimo! esclama con roca voce un composto di cipria, cold-cream e pingudine fl oscia che ancor tenta di spacciarsi per donna, chi smorz la tua smania amorosa? chi sazi le tue labbra affamate? Non pi dunque ricordi le cento volte che abbracciasti queste mie giarettiere chiamndomi Dea perch mi slacciassi alla svelta? n la foga gi ojosa con cui pagavi il mio lusso? n l'intima soddisfazione che ti procuravo, scar rozzando con m per la citt invidiante, t bruttssimo al fianco di una bella mia pari? Accidenti alla memoria tua! E chi, subentra, ironicamente soave, un pllido volto tra due cndide ali di tela, stri zzndomi maliziosamente l'occhio per poi tosto velarlo di pudica palpebra, vegli lun ghe notti al tuo letto e al tuo gmito, quando tornasti piagato dalla guerra d'amo re e fasci la tua doppia ferita e ministr sul tuo fronte glida aqua e baci scottant i? E chi, continua con uno strillo acutssimo un'ombra cenciosa, verso m roteando il suo rosario di bosso, ha pregato per t che non accendevi lumi a San Rocco... dopo di a verti servito da fida...? Mi riconosci tu? interrompe una machinosa fantesca coi riflessi dei fornelli nel vi so, indicndomi con una mscola e urtando in terra gli zccoli. S, padrone de' tui stival , ridomndami ancora, se hai faccia, que' broducci ristretti da sei capponi e ddici ova con cui ti guarivo dalle medicine che t'ingozzvano, ridomndami que' pranzetti ni di molti volumi che ti mantenvano, come dicevi, l'ingegno tuo e la stima de' t ui amici...! E il piacere che ti susciti per gli orecchi? e il gusto che ti diedi per gli occhi? e sclmano insieme due bmbole, giojellate e piumate, la prima con un trillo armonioso e un contemporaneo abbajamento cagnesco, l'altra con un rpido lancio di gamba e uno strido di papagallo. E i bottoni che t'abbiamo cucito? echeggia ochinescamente un coro di cameriere, ilpetto pieno di poppe e di spilli, e le camice che ti stirammo? e i caff che ti abbi amo opportunamente recati sull'alba? E i pedalini che t'ammagliammo? tera un coro di vecchie punzecchindomi cogli aghi di calza, dove li lasci? Che rispndere? Dall'alto del Pgaso mio, inutilmente inquieto, cerco di pacificare l a rumoreggiante folla, ma ottengo l'effetto opposto. Senza pr, infatti, mi sbracc io a fare a tutte comprndere che ogni vita di artista zeppa di contraddizioni tra lo scrittore e l'uomo e che per io non sono (mi prvino) quell'odiatore di donne c he mi si rputa; che, in ogni modo, se nella Madonna a fresco del muro mio fu occa sionalmente aperta una fogna, m'impegno di tosto murarla e di ridipingrvene due, beninteso Madonne: invano prometto loro, purch non mi ammzzino prima, di cantare c on entusiasmo le loro lodi,, ch se fu inneggiato alla peste, al cancro, alla piv a e a tutti quanti i malanni, si potr bene, credo, bruciare incenso rimato anche alla fmmina, che non ne poi il peggiore: invano tento di sferrare alle nubi il mi o alato destriero - pvero Pegasuccio! - non pu mversi pi, stretto dalla calca e spenn ato. E le iridiscenti sue penne gi battibgliano ne' cappellini delle mie inimiche. Rndici tutto quanto ci hai tolto... fiori... baci... carezze! questo il grido nico, f uribondo, che si eleva alle stelle. Mi ergo in arcione. un mare di teste in moto, di irati ombrellini e conocchie, d i tesi pugni. Anche la voce, quest'ltima delle sei ricchezze che le donne fanno pr dere all'uomo (ingnium, mres, pecunia, vis, lmina, vox) ho smarrita. E, sulla chiom a mi passa la fredda ombra di Orfo. Restituisci i tui furti! urla quel tempestoso ocano di Mnadi, con un ondeggiamento in avanti. Un'arma sola mi resta - crica per fortuna. Con un sbito moto, la sfdero. Meraviglia! incanto! Un brmito di voluttuoso terrore, di riverenza e di cupidigia, distndesi di bocca in bocca. A m, torreggiante sulla sella pegasea, quelle innmeri donne, come da un colpo di vento abbattute, come Titania o la tssala dama dinanzi al scespiriano Bttom o al lucianesco Lucio inasiniti, cdono a ginocchi. Alla mina ccia sottentrata la spplica, e tutte tutte invcano la mia benedizione. Roma, 27 settembre 1883 CARLO DOSSI SINFONA A TRANQUILLO CREMONA MIO GLORIOSO AMICO DAL CUI PENNELLO RIBOCCANTE DI SOLE E DI AMORE STURO DI FINEZZE, DI SAPIENZA, DI ORIGINALIT IMPARI A SCRVERE Sezione di una casa civile a due piani. O Pbblico, o solo mio R, si f porta. Due lire e tu sei in teatro. nimo! risparmia un pajo di guanti, un nastro, un fiore, un sacchettino di dolci, e ardisci di non s croccarmi il biglietto. Chi mai, che con un cinque-centsimi in tasca, avrebbe tant a impudenza di domandare, per grazia, a un panattiere un panuccio? non si paga, f ors'anche, una sbornia che ti f misurare la terra tra le fratellvoli risa del prssi mo? non si paga un amplesso che ti lascia un rimorso? non si paga perfino un rimed io che ti assassina il palato, e, peggio ancora, lo stmaco? Pbblico-R, trttami almen o, ti prego, come tratti il tuo cuoco, il tuo sarto, il tuo ertico araldo. N ti ra ttenga la pietosa paura di rivedermi, tua merc, a tiro di quattro e col battistra da. Lo sprito costa molto olio. Siamo poi troppo signori per diventare mai ricchi. Animo dunque! ti dazia e riempi il tuo posto. Ve' che poltrone! Che molle! oh che m olle! Se la tua regnante Maest - come desdero e spero e per essa e per m - ha pranz ato da papa, trover qu da disporre ampiamente la intimpanita ventraja, e potr, cull ata dal tepor della sala, succiarsi il pisolino del chilo, senz'altro timore da quello all'infuori di prdere la commedia, il che forse un guadagno; se, invece, l a favorita da qualche polposo vellicatore contatto, la Libdine tua ha di che star e a tutta sua voglia stipata in un disagio agiatssimo. E di pi, nei ritagli di tem po, badando un poco anche a m e non isdegnando la tenue fatica di pensare il pens ato, potri mantenerti sull'esercizio di quella lingua italiana, in cui l'innesto lombardo distrugge la scrfola fiorentina, e chiss mai! accattarti una dozzina di co ncetti ingegnosi, da improvvisare poi per tui propri, cos facendo una figura men l adra nel mondo della parola, e cos confermndoti nella buona opinione, che tieni, s enz'alcun forse, di t. Ma ecco, sul limitare, tra il vorri e il non posso, una rispettbile dama. una madr e, incerta tra le ghiotte promesse di un cartellone e la verginale apparenza di una fanciulla, che le st braccio a braccio. O non tema, signora! Entri pure a cuor sciolto. Punto primo; la vera Morale, immutbile, eterna, v come il corso dei ciel i, pel quale tutt'uno che i clcoli delle pi prsbiopi spcole bttano giusto od errato; v per suo conto e ben v. Non creda, che n i libriccioli pel popolino del castratell o A**, n le commedie per le bimbe da latte della maestrcola B**, sano proprio i Mes sa da mantenere questa vera Morale nel suo diritto cammino, caritidi, a parer mio, che si dilmbano a sostenere una mole che si sostiene da s. I dieci comandamenti, cos detti di Dio, hanno potuto, dopo Mos che li scrisse con la minaccia, ssere risp ettati, appunto perch per amore lo rano gi, in altro cdice inscritti ben pi duraturo del granito e del bronzo, la umana universale coscienza. E ci la signora favorir di accettare sulla parola, ch a voler la ragione di ciascuna ragione, si sciuperebbe a quintali la carta e a botti l'inchiostro, coll'attraente certezza, che, fatto il giro del globo, arriveremmo alle spalle di quella prima ragione da cui s'era mossi. Non mi bblighi dunque a nojarmi, per annojare lei. Se la signora ama prop rio la noja, non mncano biblioteche. Punto secondo; Drammtica e Letteratura, nei l oro rapporti colla Morale, nrrano pi quanto si f o si fatto, che non insgnino il da farsi. In particolare poi teatro vale divertimento; tanto ci vero, che se l'autore a questo suo scopo fallisce, pensa lo spettatore a rimpierlo, traendo dallo stess o trgico orrore una piacvole sensazione. Ma le sensazioni che scndon da un palco no n divntano mai sentimenti; tutto, in un teatro fittizio, per chi dice e chi ascol ta; tutto, dai scenari alle ore. Per quanto omicida, una tragedia non fu mai rea di digestioni men buone ne' sui spettatori ed attori. N andiamo a fidarci della l arva dei visi. Niun uomo s'affanna davvero o gioisce se non della propria fortun a. Calato il sipario, il sogno finito; resta ciascuno qual'era - solitamente un briccone. E, punto terzo; concesso anche, o signora, tanto per contentarla, che la drammtica o letteraria rappresentazione di un peccato qualunque, possa lasciar e vestigia nella cera ancor molle di un givane cuore, perch allora, domando, non ne vita Ella alla sua quasi-intatta palomba il domstico esempio, reale e diuturno, b en altro efficace che non scolorite finzioni? e quale casa - mi dica - non viva a ccademia ai pi torti costumi? Veda qu. Ho un sacco di casettine qu (e lo scuoto) sul gusto di quelle, che, scolp ite nel pino, vngonci da Norimberga, la citt cara ai fanciulli. Sclgane una, madama . Vuole che mscoli ancora?... scelga pure a suo agio... Questa?.. Brava! Ella ha sap uto pescarsi un grazioso edifizio a due piani e senza botteghe, abitazione certo di gente, che, per mangiare, non ha da far altra fatica che di recarsi il cibo alla bocca; di gente che non cmpera cenci per vesti, ma vende vesti per cenci; di gente, in una parola, per necessit buona, non perci virtuosa. Ed ecco, Pbblico mio , la casa; ecco il pccolo mondo, dove ciascuno possiede il vero suo regno, un reg no in cui si comanda a chi amiamo e ci ama: ecco il sacrario del fatale palladio della poltica quiete, la pntola; o, se meglio v'aggrada, quel camerino dove si st udia la parte da recitare in istrada e il genio ci appare in mutande e... Dite ba sta, vi prego. Ch io, di tutta 'sta roba, far come di un pomo. Con il coltello dell a fantasa la spacco. Ve' che taglio nettssimo! Passeggimola ora col guardo. Il primo piano pu dirsi un cannocchiale di stanze. Tutto seta, velluto, tutto oro, cristalli. Male potrbbero i pi tneri piedi desiderare una maggiore morbidit di tappeti; male saprebbe una logorssima schiena imaginarsi imbottiti pi voluttuosamente cedvoli. Eppure, fuorch i servitori, non ci si trova nessun altro padrone, il che vuol dire che a meraviglia non ci si st. Nel salotti no della signora, una tenda strappata, un pajo di sedie rovscie, e, di pi, stelleg gia nel vastssimo specchio un gran crepo, colpa forse quel braccialetto che innan zi gli giace ammaccato. Fatto , che il padrone se l'ha scivolata di casa con una cera pi muffa del consueto, gualcendo un mazzo di polizzini, e che la signora sca rrozz via con la vendetta nel volto; egli, probabilmente a pagare dei dbiti, ella certissimamente a farne. Ma a che ti scalmani, o marito? a che spesseggi i picchii irritati del tuo nodoso bastone a corno di cervo? Tua moglie ha sotto di s quatt ro ruote: arriver sempre lei per la prima... E la portinaja, la quale ritorna dal chiderle dietro il cancello, rianda la segreta consegna delle buge che le lasci la padrona, e ne fa sbito parte al signor mangiadormi, nascente in quel punto dalla cantina con due bottiglie tra mani e la terza in budello. Intanto, una botolett a sfoga di sala in sala la sua stizzosa verginit sui pizzi di una mantiglia, e in tanto un bmbolo latterino, con l'ira nelle gengive, f traballare la ricchssima cull a, strillando a sgozzarsi pel noleggiato seno della nutrice. Ma e s! sparmia il fi ato, bimbo! Una giuliva fanfara ha invaso l'ambiente e la tua mucca a due gambe, che regge il seno a fatica, andata ad esporlo a un poggiuolo, di dove, mirando i l brioso passare dei bersaglieri, cerca, tra tante penne di gallo, la coda del s uo. La cameriera le sopraggiunge. La cameriera abbandon, di sua parte, una cuffie tta a ricami sulla scottante cucchiara. Fuma la tela battista, ma la strinatura del cuore le intasa per l'altra l'olfato. E passa l'amoroso sergente e la occhie ggia, mentre il marito di lei, quel bambagione di cuoco, fischia in cucina il mo tivo della fanfara, battndone il ritmo su costolette di porco, nobilitate a cingh iale. N l'altro piano si dissomiglia troppo dal primo. Se qu non si pranza in porcellana Ginori, non si sboccona neppure in terraglia di Biella. I padroni maschi, anche qu, sono fuori; giova peraltro supporre, che ci sia a sgobbare, per mantenere nel l'ozio le loro massaje. E davvero, di esse massaje, due, cio la nuora e sua figli a ventenne, stan trascicando pel corso da tr o quattr'ore le loro fruscianti balz ane, gratuite spazzaturaje. Sfido voi a restare tra quattro pareti, in una giorna ta s azzurra, con tanto lusso di vesti, e quel ch' pi, con della carne in negozio d a esitare alla svelta! Ma gi sunan le cinque, e in casa non c' letto rifatto. Ah se non ci foss'io! sospira, scotendo il capo, la sucera, fida alla stanza per non pot erne pi uscire, addo rdine! E insieme, f quello che pu, disordinando le ide nella ri a testina della nipote minore, una bimba novenne, la quale st a lei sillabando la storia di Eva che mena pel naso il protomrtire Adamo. Senonch il loro (parlo anco ra di naso) non sembra molto sagace se non si raggrinza all'odore di bruciaticci o che esala dalla cucina. Cuoca malconsigliata! bada all'arrosto che se ne v, e no n al pudore gi andato. Fai senso perfino allo spasimante magnano, che non arriva a capire per quale ragione paventi, la prima volta, le sue fuliginose carezze. P oich il magnano non s del ganzo rivale, chiotto nel dispensino, come tu, cuoca, no n sai che l'ascoso, troppo rapito in una libbra di cotta per ingelosir della cru da. Intanto l'arrosto v in fumo, v coi sogni leccardi dello sgobbante padrone. E questa casa, o signori, delle meno sconclusionate. Non mi crede, madama? Creder. Un po' d'unguento bocchino, e rincollata la casa, e quale pareva, torna; e ridi venta, per lui che passa in istrada e mai non pag di foctico, l'arca d'ogni terres tre salute. Ma la plata s' zeppa. Giovinotti, in orchestra! Parlo a voi, smilzi agognanti alle meritali sferoidit,, a voi, nati all'amore dalle tr pubblicazioni e alla santa fat ica del procreare in perfetta sintassi e alla felicit in carta bollata; parlo a v oi, che, ancor titubanti tra una tovaglia troppo piccina per due e due lenzuola troppo ampie per uno, ergete al cielo (del letto) i lberi polsi per impetrar le m anette. Tu, in buca, ira suggeritrice. Giovinotti, ai leggi! Fuori i fagotti e gli zfoli! Dice il mio quinto Vangelo allegramente sonate, ch sarete sonati.ATTO PRIMO SCENA PRIMA Le due popptole. Era un giorno qualunque di un qualunque gennajo. Il palazzo dei Garza si stava a bbigliando pel ballo di gala che la contessa Tullia (c' anche un marito, ma conta per vetro rotto) usava di offrire ogni anno alle stelle della citt, nel cristians simo scopo di spgnerle tutte con il fulgore delle sue gemme, l'inaspettato della toilette, la sua bellezza spavalda e il nmero dei sospiranti. Tapezzieri e pittor i, lampadi e fioristi, avvano invaso il palazzo sloggindone quasi i padroni. D'ogni parte un traurtarsi, un sorvegliare a chi sorvegliava, un comandare contro-coma ndi, un affannarsi a conchidere nulla o peggio; l, il lamento di un mbile grave che non voleva mutar domicilio compromettendo la sua emrita et, o lo squillo di grndin e cristallina da un lampadario commosso; qu, gli accordi di un pianoforte o la sc ordatura improvvisa di un servizio di Svres; in complesso, nell'aria, tale un bro ncio, tale una luna da minacciare tutt'altro che un divertimento. E s, che, almeno pei servitori, la festa gi nel suo pieno! Sulle cantine, non pi cat enaccio; le pletriche botti son salassate senza piet; nella cucina par convenuto i l mercato; tanto il cibo, da spaventare la fame. Eppure, sar una grazia, quest'og gi, se potranno i padroni sedersi a tovaglia e alzrsene non malcontenti. Poich la pompa ha ucciso la comodit. La sala da pranzo divent un teatrino; la scala, una se rra dal vertiginoso profumo: quanto ai saloni, smplice spazio; pura mobiglia, le cmere. Basti pensare, che il ballo s' spinto fino allo studio dell'adiposo padrone , obbligndolo a evacuare d'rdine della signora, che intende sostituirvi un boudoir ; s che il pvero conte Gonzalo, fttosi usbergo di scientfica flemma, ha dovuto raccrr e le sue ittriche carte e colla penna all'orecchio, il calamajo in saccoccia e du e messali sotto le ascelle (ch i servitori non hanno pi tempo, nemmen di servire) emigrare in uno stanzone remoto, dove, vedndosi il fiato e soffrendo di unghiella , lima ora una ottava di quel suo immenso poema tra il didasclico e il rompisctole , che tratta della domstica pace. Diamo adesso un'occhiata alla guardaroba. Vatti a nascnder, Babele! Armadi e tiret ti, scatoloni e ceste, tutto aperto, scoperto; un guazzabuglio, una arlecchinera di fogge e colori, di sottanini e di gonne, di sbuffi e volanti, di bindella e c ervelli... dico cio cappellini. Potri, fossi maligno, osservare che la padrona, a pezzi e a pezzetti, c' tutta. E sul tavolone un monte di bava di bachi, spuma sen za sostanza come la bonne socit, che basterebbe a parare otto donne, ma non a salv are il pudore a una sola, un candidssimo monte, che decresce man mano, passando t ra le gili dita di quattro sartine, le quali, sedute nel vano di una finestra, ci danno lo strano spettcolo di affacendarsi a cucire - mentre bianchggiano i tetti su di un ciel grigio - una veste di estate. E quelle ragazze agcchiano svelto, chn e le fronti gentili, in silenzio, n si soffrmano che a provvedere l'ago di nuovo f ilo, aguzzando, verso la cruna, occhi che non hanno dormito. Sopra la sponda del la finestra ziano intanto quattro grosse pagnotte e... un coltello. O sojatora cuc ina! o carestiosa ubert! Tuo malgrado, anzi, per t, se anche la gabbia di Cicio, il pssero solitario, pende muta in un canto. ccoti l, Cicio mio, irrigidito sulla inc ommstbil sabbiuccia, vuoto l'abbeccatojo, scutto l'orciuolo, senza pi cuore, senza l attuga, senza ancor lgrime, salvoch forse da quel gattone soriano, che strofinndoti -sotto le volte pi voluttuose, guarda in s e sospira, per non potere pagarti l'ltim o ufficio. Tanto, dico, la guardaroba era zeppa di nulla, che Isa, la settenne bambina dell a contessa, ava dovuto tirare i sui due metri quadrati d'immunit, il suo San Marine tto, il suo tappetino, sin contro uno sposareccio cassone, di quelli che con le scolture e gli intarsii dissmulano (come l'bito bello il cuor brutto) la bianchera sdicia. Era, quel tappetino, l'asilo di tutti i colletti all'mido renitenti, di tu tti i nastri ribelli al cappio o scartati dalla instbile moda, in una parola, di tutti i banditi dall'abbigliatojo materno; ed era l'assoluta provincia della bam bina e della sua amica di cartapesta, la graziosa Fanny, una fantoccia, che le a ssomigliava come uovo a uovo e nell'oltremare della pupilla e nel vermiglio delle guancette, tnere e tuffolotte, e nell'incipienza del naso e nel biondo-ambra de lla capigliatura, avvantaggiando su lei in ci solo (d'assi rilievo per) - nel silen zio. Ma siccome, quaggi, cosa compensa cosa stando la perfezione nel complesso di tutt e, valeva il muscoletto linguale dell'Isa e per l'una e per l'altra, anzi ne sov rabbondava. Pvera la mia Fanny! dica essa accoccolata sul tappetino mentre aggiustava intorno all a bmbola con la manina guantata una bianca sottana di raso, quella brutta Honorine non ti ha ancora portato l'abituccio di gala. Hai, vero il gros lilla, hai la f aille rosa, hai la moire mauve, ma li hai messi gi tutti. Fi! c'est indcent compari re due volte nello stesso salon con la stessa toilette... Che ne direbbe la baron essa Colorno, cette dgoutante? che ne direbbe la Breda, cette parvenue?... Eppi, tu devi ballare i lanciers con Sua Altezza, e far ghigna ghigna a quella smorfiosa d i una marchesazza d'Alife. Pvera la mia Fanny! il nojoso papp, vero? che non ti vuol e dare le sou? Avaraccio!... Ha ben ragione don Peppo. Auf! ces maris! che caldo!... Ma non pingere mica, Fanny. Noi lo diremo a don Peppo, e don Peppo ti comprer lui la vestina. Tra parntesi; chi mai sia don Peppo e quale il suo ufficio in casa del conte Gonz alo, non giureri: stanno due indizi per; l'uno che ogni qualvolta pronunciato tal nome, s'increspa maliziosamente il cantuccio dei labbri di questa o di quella sa rtina; l'altro, che Isa, per ajutarsi la imaginazione, ha investito della parte di lui uno zfolo rosso da un soldo. E Isa, adducendo il delicato strumento a Fann y, seguitava: O caro il nostro don Peppo! que vous tes ponctuel!... Attacca pure, Francesco... Su, monti don Peppo, (e la bambina accomodava lo zufolotto a fianco della fantoccia, in una sctola gi di canditi) la mi segga qu presso, monsieur; tout prs... Vite! dal m ercante... E tip-top e tip-top e tip-top... Bonjour, mercante In che posso servirla, signora contessa? (faca da mercante un soffie tto) J'ai besoin di cinque e cinquanta milioni di miglia di velluto d'oro e d'arg ento con la coda. Ecco, signora contessa. Quanto costa, mercante? Nove franchi, signor contessa. Lei, mercante, un gran ladro. Non posso fare di meno, signora contessa. Ba teranno allora dix francs. M'impresti il suo porte-monnaie, don Peppo. Oh non s'in cmodi, signora contessa. Adieu, mercante. Servo suo, signora contessa... E tip-top e t ip-top e tip-top... Eppi, sai? o Fanny, ti metteremo all'ingiro un collier di brillanti, azzeruole e bo ttoni, con un bel dndolo in mezzo, e dentro il portrait di don Peppo. En attendant, siedi alla pettiniera. Ici, Lulla e Amorina! (e Isa, da un mucchio di bambolucce, elssene due e poi altre) Allumez les bougies... Tu, Tesoretta, v a pig liare il peignoir. Tu, Carmelita, inclina la glace e dammi un miroir. Monsieur V iolet, la mi faccia una coiffure la chienne-adorable con su una bella corona di marrons glacs e di carta di dolci e una piumona di pollo del Paradiso... Du koheui l et un btonnet, Tesoretta! de la veloutine, Carmelita! une houppe, Lulla!... Bestia di un'Amorina! non senti che mi tiri i capelli? Ah! c'est fini. Les gants! Mes gants a sei bottoni. Inclina un po' ancora la glace , Carmelita. Que je suis bien! que je suis ravissante!... Tu, sti distante, papp; t oujours si malpropre, toi. Ma riecco don Peppo (e la bambina riprendeva lo zfolo) Come mi trova, don Peppo? Un bombonino, contessa. Mi dia il braccio, don Peppo. A' sui comandi, contessa. Allons d , de la musique!... Voulez-vous danser une valse avec moi, comtesse? Trs-volentiers, chevalier. (e l Isa accoppiava lo zufolotto a Fanny). Aimez-vous la valse, comtesse ? la folie, chevalier; et vous? Oh, j'aime les perdrix aux truffes, comtesse. Les p x don Peppo! vite! le champagne et le pt don Peppo! Que vous tes spirituelle, com vous tes bien fris, chevalier! Ma, a questo punto, si ud lo sbadiglio di un uscio, e apparve un metro di donna, vestita di nero, dal naso che respirava sussiego, cio apparve la signora Modesta, la guardarobiera, una di quelle donnette dall'affacendatssimo ozio, indispensbili a che una casa cammini come Dio vuole. E la signora Modesta, annunziava: Donna I sa, la maestra ti aspetta. Io no... fe' la bimba. Hai capito?Io no... ripet Isa con sgarbo. Guarda che vado a chiamare papp! Vai pure. festa. Papp non permette che si studii alla festa. Oggi, non festa punto, donna Papagallina, esclam stizzita la guardarobiera Badi che l a contessa!... Isa sospir con dispetto. Vengo, disse Ma lasciami prima coucher la Fanny. Maman vuol e l'rdine. E lentamente si diede a raccgliere e a mttere in pila le sue propriet. Quand'ecco, si riapre la porta a una rotonda e sgualdrina figura di bambinaja, c he dice: Contessina, la sarta. Isa, in un balzo, fu in piedi. Attaccossi alla gonna di Lauretta, e via ambede. I l balocco di carne correva alla sua majscola bimba. Rimase con quelli di stoppa la signora Modesta, che, crollando la cuffia in aria di commiserazione, si sbassava a riunirli, ne faceva un fagotto; poi, alzato il coperchio-sedile della cassa istoriata, vi seppelliva entro ogni cosa. La qual cassapanca (anacronismo antiquario a tutto vantaggio della filosfica lgica) rappre sentava, nel secentista dossale, uno sculto pavone spiegante la pompa delle occh iute sue penne; nel telajo di sotto, l'intarsio maggiolinesco di una gran casa i n rovina. SCENA SECONDA In collegio. Dal sopra in gi, a cinquanta metri di lontananza, quale pi grato spettcolo di un col legio di ragazze e di bimbe, in ora di ricreazione? Quanto bello vedere quelli am orosi intrecci di forme verginalmente sobrie, che non attndono migliore da Parigi o da Vienna, e quell'incompro ondeggiar di capelli e que' colori freschssimi, cui fu pittrice la sola natura! E, oh quanto mai commovente, pensare che in corpi s vaghi polsggiano nime gaje come i lor visi, buone spontaneamente, perch spensierate che di l di quel muro, fine al soddisfatto lor sguardo, s'gita, bolle una melma d i birbere, dove il fratello s'adopra di affogare il fratello e il meno ribaldo so ccombe; e pensarle con un solo deso e una sola paura, gli esami, con un solo rimo rso, il premio fallito; accendenti ancora il lumino alla purit della Mamma di Dio , n ancor distinguenti, tra due chiavi diverse, la maschia e la fmmina... Oh, a ta le veduta, a tali pensieri, fin il vecchio deluso, cui delle gioje del mondo non sono rimasti che i dbiti e le cicatrici, si leva intenerito gli occhiali, per as ciugarne gli annuvolati cristalli. Tuttava, mi si susurra all'orecchio, che, da vicino, un collegio interessa ben pi. Vorreste farne sperienza? Per quel privilegio, che gli scrittori hanno comune coi doganieri, di frugar dapertutto, noi scenderemo nell'istituto della signora Isi dora Cornalba, un istituto messo s alla tedesca, nel quale s'impara quel tanto ch e basti per rimanere ignorante e si mangia quel poco che giovi a conservar l'app etito. Fatto st, che frutti migliori non si saprbbero dare. Tante le ivi educate, quante le ben maritate. E noi, sull'ali della buga, c'introdurremo in questo egre gio istituto, dove ci ha divanzati il sole pi allegro che mai illuminasse una dom enica di primavera. A nembi cinguttan gl uccelli sul fico del cortile-a-giardino, a nembi le ragazzine nel mezzo dei fiori. Ragazze, fiori ed uccelli, tr cose, l'u na creata per l'altra. Ecco, anzitutto, in un canto, due bambolotte di nove in dieci anni, abbigliate e velate di bianco, con le manine a mezza orazione, e tra le manine, un rosso lib ro di messa. Stan savie savie, lo sguardo raccolto, indifferenti agli inviti di quella frugaglia ancor senza mammelle, vera semenza di rose, che gioca chiassosa mente s e gi nel cortile, qu a mosca cieca o agli sposi (cio, cantando, partita in d ue schiere, il voglio una figlia con la controdimanda del che dote mi date?) l a prede lline o a bndolo, o, pi quietamente, a dar ciascuna da bere, per ora, al suo vaso di parco. Le due bambolotte han fatto appena bucato; la loro interna casetta, pu lita di tutti que' peccatoni imparati a memoria, cndida come le loro vestine, in attesa del primo e prssimo arrivo di bimbo-Ges in commestbile forma, e ne pregustail sapore - un sapore assi somigliante al pane di Spagna e ai mostaccini che mada ma Cornalba serba e promette per tali solennit. Oh poverine! rapite in una gastro -asctica stasi non le si accrgono intanto di quelle tre monellucce loro coetanee, l e quali, dietro l'uscio del luogo per cui progredscon le scienze, stan dividendo un cartoccione di roba, e rdono, verso le due, con un visino pi moscadello del slit o. Ma, mentre le nostre angiolette mditano col palato il terzo dei sacramenti, ci ha altre che si preprano al sttimo. Sono ragazze in sugli ndici, che si dsputano a gar a il Millo del portinajo, un gognolino di un anno, e se lo srrano al seno, e gli fanno il linguino e il pizzicorino e lo mangicchian di baci e carezze, - baci che han denti, carezze che hanno unghie - palleggindolo, soppesndolo, mirndolo e di so pra e di sotto e all'indrizzo e al rovescio, per imparare, forse, come i bimbi s i fanno. Oh simpate provvidenziali! oh innata maternit! Ma di tanto entusiasmo il neonato non s, pel momento, che fare, e d in lgrime e strilli. Amore dolore. Millo comincia ben presto a sentire che male sia mai il bene delle ragazze. Altre, invece, non rindano mica zoologa; sibbene geografa. Vdile, le quattro studios e, sotto quel prgolo ingraticciato, che attende la appena-semintavi ombra; vdile, f use in un nico amplesso, vlti gli sguardi a un atlante, che una di loro, gentil mo rettina di trdici anni, si tien spalancato in grembo. La giovinetta poggia il fle ssbile mgnolo sul vecchio dei due emisferi, forse accennando le analoge tra i promo ntori ed i golfi; n pare si avvegga della bianca cuffiazza a bindelloni color-pat riarca della signora Isidora, che sosta a osservarle con un bocchino di compiace nza a traverso la grata. Ma una gobbetta tira l'amoerre della rettrice e le spa a lcunch: tosto scompare il sorriso della rettrice, tosto scompare lei stessa. Ecco riguizza sull'ampio aperto volume un libricciuolo slegato, zppo d'orecchie, e qu attro sguardi vi si fsano s, con l'appetito con cui mamma Eva adocchiava quel frut to, che, voi donne, sapete. S'udiva in questa, da una finestra a terreno, il suono di un pianoforte. Era un tremoleggiato notturno, un frmito verginale, che si elevava quasi a implorare piet, e toccava all'accento pi gemebondo, poi, soprafatto dal duolo, ricadeva a morire sconsolatamente. E a quell'agona in minore, tr quindicenni, cui le corte gonnelle volvano ancora bambine a dispetto degli occhi, e passeggivano sobbracciate lungo i l cortile, si soffermrono, scambindosi un risolino. Delle quali, una, cio Elda Bato ri, alta e superba figura, dalla nerssima chioma che all'opaco pallore, qual di m agnolia, del suo drico viso, aggiungeva altro pallore, e dall'occhio mido e grigio e dalla voce che agiva voluttuosamente sul tatto, fe' sogghignando: Ci siamo. A tali parole, gli sguardi delle tr belle educande si vlsero al secondo piano di u na casa, che si innalzava di l della via, nascosta nella parte inferiore dal mura glione della corte-giardino. Ecco, difatti, il pettegolo di un obo piagnucolare il motivo del clavicmbalo; e allora il motivo, che impallidiva vieppi, riaversi, e d a un tempo di chiesa, grave come un cannico, entrato ben presto nel gajo trottino di una ballata, passare - sempre seguito dal zoppicante obo - in un galoppato 3 e 4, finch, vieva, guadagnando la mano, i tasti alle dita e al ritmo le note, tutt o non fu che un imperversar burrascoso, un turbino, un cos di suoni, quale un acco rdatore non avrebbe saputo desiderare migliore. Pvero piano! sospir la seconda delle tr collegiali, la biondssima Isa di Garza, dalla upilla cerulea. E s'era fatta, Isa, una smilza fanciulla, flessuosa come una spi ga, di elegantssime forme, quelle forme nate a dar voga a una foggia e nome a una sarta, meglio assi delle belle, per le quali, anzi, la veste il mssimo danno. N la fanciulla minacciava alla Moda una inimica. Ben si veda, dal pretenzioso suo dis abbiglio, dalla studiata spettinatura, dai guanti eterni, che Isa, quand'anche n on figlia del conte Gonzalo, di donna Tullia era certo. Miss Clelia proprio in guazzetto col barbigino, disse allora la terza, il cui nome di Eugenia Ottonieri accompagnava la ciccia di una ragazza barocca, biancorossa e freschssima, come pomi a odorar, soave e buona nello stile di quella, che, se cr edete alla Bibbia, tena lontana la muffa dalla saggezza del vecchio r Dvide non si sc herza, ve'! Io, che s il linguaggio dei fiori, non passa d che non legga qualche d ichiarazione d'amore sulla finestra o di lei o di lui. Ieri l'altro, ad esempio, il barbigino ci ava esposto un tulipano, che signfica ti amo e sbito la maestrina hamesso fuori, a rincontro, un cespo di erbasavia che vuole dire sei freddo. Ma il giorno dopo, al posto del tulipano, stava gi un peperone, che se potesse parlare, direbbe ardo , cui miss Clelia rispose con un barttolo di sanguisughe, che, come si s, equivale a un tua per sempre . E davvero, gli un bel pasticetto coli, aggiunse vog liosamente. Ci si pu star senza smorfie! Sti puve, fe' Isa, con un frmere lieve di nari, e aristocraticamente fraudando il su o alfabeto dell'erre, nel che per si capiva, come ancora penasse a parlare men be ne di quanto poteva. Sti puve... con i tui apprentis commercianti. Avri i vestiti au prix de fabrique. Da parte mia, non ti far concorrenza. J'avoue di non ssere nata col tic degli amori all'ombra di una ditta e di un banco, tra le citole e i mast ri, e con le stoffe che mi contmplan dall'alto dei loro scaffali. Je suis ne potiqu e, moi. Io non comprendo che un amore alla Otello, salvo il colore. Io vorri, per lo meno, un pirata, nervosamente magro come un lione non del Muso, souple come u n fioretto, con due nerssimi occhi, lcidi, aguzzi come i pugnali che gli pndono int orno, con i capelli, pur neri, boucls, con due lunghi mostacchi che gli pivono in bocca. Io vorri vedermi con lui sulla tolda di un brick, pas marchand, fra il tuo nar degli schioppi e lo scoppiare del tuono (e Isa, qu si allacciava un de' quattr o bottoni del suo guanto sinistro) fra monti di preda e fiumi di sangue, gettndomi , il mio pirata, ai piedi, le teste de' sui rivali, e gettando s stsso, e tremando, egli! dinanzi cui trmano tutti. E poi gli arrembaggi, e le galoppades a traverso l e lande s'uno stesso corsiero! e la prigione colle catene e la luna, e lo scivol are, fuggendo, dalle corde di seta... Di' piuttosto il salirvi, esclam la tomboloccia Ottonieri con un sorriso senza risp armio, che, allendosi allo splendore dei denti sui e lampeggiando nelle pozzette d elle sodssime guance e nel castagnino degli occhi, parve la circondasse di una gi ojosa aurola. Bella vita, Isa mia, con la Questura dietro e dinanzi la Fame! vita da prdere i tacchi e l'onore! O tintela, sai, la tua pidocchiosa poesa, i tui rompicol li, il tuo puzzo di peschera e di pece, e i batticuori e la perpetua infreddatura . Io scelgo, invece, un amore con tutti i sui cmodi, con lo sgabellino sotto, e so tto la stufa russa, coi quattro piatti ed il dolce, la carrozza e il teatro, e l a sua villa sul lago, oltre una lunga convalescenza, ogni anno, a Nizza o a Vich y per le malatte avvenire. S'intende poi, col suo bravo marito, anche molto merca nte purch non troppo al minuto, anche un po' panciutello, purch, stando in piedi, si possa vedere, dei piedi, almeno la punta; marito che mangia e lascia mangiare , che dorme e lascia dormire... Questo poi no, lasagnona, salt su a dir la Batori, dandole un pizzicotto, una fanciu lla che si rispetta dee volere un marito... Senonch, avvertita dal gmito di Isa, in terrppesi Elda, e scorta la direttrice, che a loro veniva come cercando di spigol are qualche parola della conversazione, con un sbito vezzo di bambinesca ingenuit: Non vero, chiese signora Isidora, che il giglio simboleggia il candore? Chiese, e la mano di lei si drizzava ad una biancheggiante ajuola, nel mezzo di cui, sorga al tssimo e pungiglioso un cctus, smile al Dio di Lmpsaco allorch sparge negli orti grot tesco terrore. Ma intanto, ad una delle finestre del dormitorio, le quali asolvano, spalancate, le lesbie accensioni e le notturne oppressure, appariva l'sile forma di una fanci ulla, che si appoggiava languidamente al davanzale. Il viso di lei sofferente, p eggio che pllido, giallo, mostrava una trasparenza di opalo, o piuttosto quella p ellcida tinta del baco, quando, ricco di seta, st per ascndere ai clmini della trasf igurazione; gli occhi, due pozze di duolo, serbvano quelle tracce che gli insoddi sfatti desi lsciano quanto le nauseate soddisfazioni, e gli occhi la giovinetta ava vlti, fisi estaticamente a sffici anella di nvole imaginose. Oh alfine! ecco l'azzrro, f qu una voce in falsetto. Ecco l'amore ideale, l'insofferen te di corpo, il primssimo amore. Sii ben venuta, nota soave di poesa fra cotanta p rosaccia. Quella celeste... Piano, ginnasialino! Raccomanda il dottore di non lasciarla mai sola. SCENA TERZA Quattro salti.E tutta la sala pareva girare. Stanco del dritto, mi appoggii sul piede sinistro. Tr volte avevo adocchiato al mi o orologio, tr al pendolo del caminetto, e gi dubitavo di ragginger la fine del bal lo di donna Alessandra Batori (la mamma di Elda) al quale, in penitenza de' mii f uturi peccati, mi ero lasciato sedurre. Ho detto ballo? Scusate; volevo dire, uccel latojo da sposi. E, innanzi a m, che, non cacciatore n cacciagione, inosservato osservavo, essi pas svano gli inesperti anitrocchi, ciascuno con la sua nitra allettajola, gli uni ner i e lugubri come mortori di prima classe, le altre, meno persone che vesti, vest i leggiere come i loro intelletti; tutti con quello scarso sorriso, che non un s entimento, ma un'abitdine di galato, tutti con quell'impalpbile zanzaro a fiore di l abbro, di ben altra famiglia della loquela, e quell'irnica galantera che non fu ma i gentilezza, tanto, che a chidere gli occhi, si poteva pensare di aversi sempre dinanzi la medsima coppia. Ma l, da due mani guantate, una asciutta battuta: nitra e anitrocco dvano un saltellino, e si mettvano a girotondare. Oh che spettcolo buff o! rano vecchi dal corto respiro, i quali, facendo gli esami della lezione di bal lo a ragazzine dalle corte sottane, la rimparvano; rano o elle (l) appajate con i o minscoli isse (x) sciabolanti piroette intorno a delle majscole Be, che ricordvan o il gran castagno dell'Etna; era, qu, il professore Tale, che, sepolto in silenz io, assorto completamente ne' piedi sui, calcolava sovra il tappeto, col compasso de' stinchi, lenta coreogrfica geometra, senza badare alla poveretta compagna che si moriva di vivacit rientrata; era l invece lo studentello Tal'altro, quasi colp ito da giubilante pazza (una gazosa gli ava dato al cervello) il quale traeva in t umulto la ballerina s e gi per la sala, schiacciando calli, urtando spgoli e lacera ndo balzane; tutto sul fondo di una msica cafra, macinata da uno di que' manubri di pianoforte, detti solitamente madamigelle, vera givane strega, che, loscheggia ndo attraverso gli occhiali, picchiava fuori di tempo, le sue unghie grifagne su lla gialla dentiera del piano, gialla come la sempre patente tastiera della bocc accia di lei - ambo intonate ad un allegro feroce. Compiuto poi il lor giro, il loro, per cos dire, trottino di somarello, i baldi g arzoni cui gi doleva il ginocchio, soccorsi provvidenzialmente dalla battuta di m ani, uscvano da un'altra porta con la lor chicca incartata, il loro mucchio di mu ssolina, e ricomponndosi il cavaliere i manichini e la lattuga della camicia e la ballerina aggiustndosi in capo le rose di cencio o castigando qualche velo sul s eno che arda velleit di pudore, andvano sottobraccio nella prssima sala a rieccitare i bollenti spriti alla credenza, dove un servo imponente, pi bottoni che panno, m esceva in clici cristallini della bellssima aqua, aggiungndovi anche, per chi ne fa ceva ricerca, un cucchiarino d'argento. E, dappertutto, sorrisi che non rano altr o se non dissimulati sbadigli. L'mido della camicia si era diffuso nel sangue; il freddo morale che vince ogni stufa, permeava dovunque. A tratti, i vitrei gocci olotti delle lumiere mi parvan ghiaccioli; irrigidite cascate, gli specchi. Se di vertirsi questo, come dolce la noja! se tale la societ buona, viva allor la cattiva ! Ma anche il piede sinistro non mi voleva pi rggere. Vidi un cantuccio con la sua s edia, vidi la sedia senza occupante; e, colto il bello, la completi. Cos, venivo a trovarmi fra il pesante drappeggio d'una finestra e l'ampia gonna c olor-verdedrago d'una signora attempata, baffuta, col petronciano pien di tabacc o e le manacce sporche di guanti, ma tutta ori ed argenti come l'altare di una M adonna in fortuna. Dio buono! la signora Polonia! la clebre rompitorta, che avrebbe , a parole, seccata l'umidit - non la sua gola. E allora cerci di celare m stesso, facndomi parte, pi che potevo, del cortinaggio, e concentrando ogni mia forza visi va e intellettiva sopra una tela della parete di contro, che figurava, nello sti le taccagno del tempo, un Cristo in mezzo ai beati puperes col regna coelrum in fo ndo. Ma e s! ecco un colpo di tosse; di quella secca tossetta che un artificio oratorio . Il gelo di una domanda mi lampeggi per le spalle. E difatti: Non balla il signore? chisemi la tabaccona. Inghiotti una spiritosa insolenza che mi solleticava il palato, sovventomi a tempo che nella societ sopraffina bisogna guardarsi bene di mostrar dello sprito, penail passarne per privi; e invece risposi con uno di que' monosllabi che non fanno uncinetto n maglia. Ma, per la vecchia, tanto era. Anzi, facendo bottino degli in difesi mii campi: Il signore, proced nasalmente ha ragione di non volere ballare. Un vero cristiano no n si dimntica mai, in carnevale, della quarsima. C' da guastarsi il suo buon natura le e compromttere l'nima avvicinando tanta carne scoperta che pare una becchera. Ve da, a mo' d'esempio, la figlia della padrona di casa, e qu la signora Polonia indi cvami con l'occhialetto quant'io mirava con assi compiacenza, cio la magnfica Elda, che turbinava, per cos dire, nuda in una nebbia di seta, tutta uno scndalo! Non le se mbra che dica: rstino pure serviti?... Dio tolga, ch'io voglia far la preziosa, m a il soverchio rompe il coperchio. Tanto pi, che qu st la grande ragione, per cui l e ragazze del giorno si avnzano, salvo poche, di coricarsi col gatto Chi vuole mo' che le sposi? Amore vive di curiosit. Quando l'ha tutto frugato, il bimbo gitta va il balocco. Letto un romanzo in imprsto, ben rado che lo si compri. Invece a' m ii tempi non ne moriva nessuna col strato bianco. Ch certe cose, a mii tempi, non s i vedvano mai che a quattr'occhi. In questa, ci rasentava polcando una coppia, la cui ballerina, nanerttola orrenda , con i capelli senza rimesse e ingommati alla cute, tena, a differenza di tutte, suggellato il vestito fin sotto la bazza. Ed io gi stava per regalarla di un mal izioso commentariolo, quando fortunatamente mi prevenne la vecchia, dicendo: Mia figlia. Ah! sua figlia.. fec'io interdetto. Brava! me ne rallegro. La mia Reginuccia! esclam con orgoglio la signora Polonia, quella s, che diversa dall altre. Non alla moda, quella. Non faccio gi per vantarmi, ch non posso soffrire u na madre che porta alle stelle la sua creatura, ma la verit viene sempre al disop ra. Noi Polonia, del rimanente, siamo tutti cos; tutti fini! e in dire questo la si poneva sul cuore un manone lavascodelle. Mia figlia il pudore incarnato. Gui lasci arsi scappare in presenza di lei una mezza di quelle ambigue espressioni, troppo comuni fra la gente ordinaria! Cara innocenza! pare si muti in un braciajo di ca rbonella. La si figuri, che, ancora bambina, allorch le davamo a sfogliare qualch e volume di stampe, in cui rano imgini di statue o di bestie, che non avano speso t roppo pel sarto, prima sua cura era di loro insegnar la modestia, provvedndole tu tte, con la matita o l'inchiostro, di zendadine e di frasche. Cos, dedic la sua pr ima agugliata a un pannolino pel suo ngiol Custode che st sull'armadio della sala da pranzo; ma, per quanto la mia Reginuccia diventasse ben presto una cima di ag ucchiatrice, non ci fu verso di farle attaccare i bottoni alle brache di babbo, finch il confessore non glielo impose per penitenza. Non parlo poi del suo orrore pel matrimonio! non s' ancora, a tutt'oggi, potuta capacitare del come una moglie possa dormire in un letto solo con un marito: quanto a lei, innanzi spogliarsi (che sempre all'Ave Mara), non manca mai di voltar contro il muro ogni ritratto d i maschio, compreso quello di S. Luigino Gonzaga, che il santo particolare di ca sa. Vero , che talvolta si arrischia in qualche festina di ballo, ma sono io a fo rzarla; e che vi danza con delle persone di sesso diverso, ma per pura salute. V edr infatti il mio caro signore come stia sempre in contegno e discosta dal balle rino. Ah! noi Polonia, soggiunse, siamo tutti cos; tutti fini! e, riponendo la sua m anaccia sul cuore, esal un sospirone d'arrosticciana e cipolle. Ma il pianoforte-organetto azzittisce di botto, e i ballerini rimngono fuor d'equ ilibrio, un piede a mezz'aria, scambindosi con la civile tiepidit il slito grazie. La modestiosa (di quella modestia, s'intende, che si copre la faccia colle sottane ) tornata alla mamma; ed io debbo cderle il posto, ringrazindola anzi con un inchi no profondo. SCENA QUARTA Amor di sorella. Senonch, in quella sala, tra tante facce che ran sol bocche, nasi, occhi, e non ma i espressioni, ne scopri una, infine, spirante intelligenza e bont. Ed era l'ovale e brunetta di una fanciulla, modestamente seduta a fianco di un venerbile veccho; di quelle, in cui perdi tutto t stesso e l'animo ti si aqueta; incontrando le quali, l'uomo gentile, che cerca, non tanto una fmmina a s quanto una mamma al suo b imbo, balza di gioja, ed esclama eccola! N possbil l'inganno. Era, la faccia di lei, di quelli ampi registri scritti a majscole e sempre aperti a chiunque, ch nulla ha nno a celare; tu le scendevi per la castagnina pupilla, da una sola ombra velata , l'ombra delle lunghe sue ciglia, fin nel pensier del pensiero. La esterna armo niosssima linea non poteva sser che l'eco di una interna armona. Dove gli occhi van volentieri, anche il cuore v, n il piede tarda a seguirli. Ben presto, seppi il nome di lei - Colomba - di cui nessuno pi degno; e dal cognome G iojelli mi senti con letizia in non sconosciuto paese; ben presto, ebbi inventata una scusa per presentarmi al vecchio papp, generale in rtiro, assordato dal rumor delle pugne e mezzo cieco dal fumo, e poti assidermi presso la giovinetta, assi p resso... ...ma, oh quanto ancor