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VITA QUOTIDIANA NEL GHETTO DI VARSAVIA UN PERCORSO DI EDUCAZIONE ALLA CITTADINANZA

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VITA QUOTIDIANA NEL GHETTO DI VARSAVIA UN PERCORSO DI EDUCAZIONE ALLA

CITTADINANZA

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Da “Inverno nel mattino” di Janina Bauman “Chiesi a mio padre cosa significasse ebreo, quando avevo 5 anni…lui trovò molto difficile spiegarlo, non solo alla sua giovane figlia, ma a se stesso…C’erano ebrei poveri, ebrei benestanti come la mia famiglia e ebrei molto, ma molto più ricchi di noi…Pensai che gli ebrei si potevano riconoscere semplicemente dal loro aspetto: capelli scuri e ricciuti, occhi neri, naso a gobba. Ma anche questo non funzionava. Zio Josef era biondo…forse c’entravano in qualche modo la chiesa e la religione. Gli ebrei non andavano in chiesa…andavano in sinagoga; ma noi non andavamo neanche lì. E come i non ebrei facevamo l’albero di Natale”.

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Janina Bauman, nata Lewinson, con la sorella Sophie Ebrei polacchi ortodossi

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COSA SIGNIFICA, SECONDO VOI,

ESSERE EBREO? È RICONOSCIBILE UN EBREO?

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SI PUÓ INDIVIDUARE UN EBREO?

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Queste persone, del tutto irriconoscibili, sono state, in periodi e paesi diversi, ghettizzate.

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GHETTO

Attualmente col nome ghetto si indica un'area nella quale persone considerate (o che si considerano) di un determinato gruppo etnico, culturale o religioso, vivono in gruppo volontariamente, più o meno separati dagli altri.

Anticamente il termine ghetto indicava un quartiere della città in cui gli ebrei erano costretti ad abitare, e dove venivano rinchiusi durante la notte. Fu istituito da Papa Paolo IV nel 1555. L'ultimo ghetto di questo tipo ad essere abolito, fu quello di Roma nel 1870.

Il nazismo ripristinò i ghetti nell’Est Europa. Solo in Polonia erano 400. Durante la seconda guerra mondiale vi furono concentrati gli ebrei, privati di ogni diritto e costretti a vivere in grande miseria.

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Il piccolo ghetto di Lugo nel 1600

Foto dell’ex ghetto di Roma

GHETTO

NEL PASSATO

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Immagini di ghetti in Polonia, durante

l’occupazione nazista

GHETTO

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Campo nomadi

Baraccopoli a Nairobi

GHETTO

NEL PRESENTE

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L’INVASIONE TEDESCA Alle 12,40 del 31 agosto 1939 Hitler ordinò che l’attacco alla Polonia iniziasse alle 4,45 del mattino seguente. I tedeschi impiegarono 40 divisioni di fanteria e 14 divisioni corazzate. L’8 settembre avevano raggiunto i sobborghi di Varsavia. L’esercito polacco si ritirò a Sud-Est, ma il 17 settembre l’Armata sovietica aveva invaso la parte est del paese. Il governo polacco prese la via dell’esilio. Varsavia resistette fino al 28 settembre: perse 10.000 uomini, 50.000 rimasero feriti. Il 3 settembre, Inghilterra e Francia avevano dichiarato guerra alla Germania

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Nel 1924 A. Hitler in “MEIN KAMPF” aveva scritto:

“Esistono razze superiori destinate a comandare

e razze spregevoli destinate a servire.

Poiché i tedeschi eccellono su tutte le razze hanno il dovere di massacrare

donne e bambini che non appartengano alla razza

tedesca, e il diritto di guidare il mondo.”

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LEGGI DI NORIMBERGA

1935

Negano agli EBREI

la cittadinanza germanica

Proibiscono matrimoni e convivenze tra

"ebrei“ e “ariani”

tedesco

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Truppe tedesche sfilano a Varsavia

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Il ghetto di Varsavia fu istituito nell’ottobre 1940. I tedeschi fecero costruire dei muri per isolare un quartiere in cui avviavano ebrei espulsi dalla provincia e i 140mila ebrei di Varsavia, mentre i cristiani che vi risiedevano dovettero trasferirsi altrove. Dal 16 novembre gli ebrei non poterono più uscire dal ghetto senza speciale autorizzazione. Si trattava di gente di tutte le età, di tutte le professioni, di tutte le classi sociali, con cultura e lingua diversi (l'ebreo ortodosso parlava solo l’yiddish, l'ebreo istruito il polacco). C’erano anche ebrei convertiti che frequentavano le tre chiese del ghetto. Tutti dovevano portare una fascia al braccio, con la stella di David. (lettura 1 e 2)

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Entrata principale del ghetto. Le porte erano in tutto 14

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Gli ebrei si trasferiscono nel

ghetto

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ZONA DI RESIDENZA EBRAICA

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2,4% superficie di Varsavia

Circondato da un muro alto 3 m. e lungo 18 km circa 500.000

ebrei

IL GHETTO

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Parte del muro che separa il ghetto dal resto della città.

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Un militare tedesco sorveglia le mura del ghetto

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Alimentazione nel ghetto

ai tedeschi 2613 cal.

ai polacchi 669 cal.

agli ebrei 184 cal.

in base al razionamento spettavano

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SOVRAFFOLLAMENTO

27.000 appartamenti circa 8 persone per stanza

mancanza di medicinali, di cibo , d’igiene

epidemie: 1941, 15.750 vittime del tifo (lettura n 3)

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Interno di un’abitazione nel ghetto (lett.4)

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Donne che lavano vestiti in un rifugio per senzatetto al n. 19 di via Nalewki

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Una strada affollata del ghetto. Inverno 1941

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Il ghetto di Varsavia era amministrato da un Consiglio Ebraico, Judenrat, nominato dai tedeschi, presieduto dall'ingegnere Adam Czerniakow. Venne istituito un corpo di polizia ebraica; furono imposte delle tasse, per tentare di soccorrere i più poveri. Spettava al Consiglio fornire la manodopera richiesta dai tedeschi.

Czerniakow fa l’appello del corpo di polizia ebraico

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Un’entrata del ghetto. Un tedesco con poliziotti polacchi

Membri delle SS e poliziotti ebrei nelle strade del ghetto

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Bambini che giocano. Inverno ’41-’42

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Una strada del ghetto

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Il mercato del ghetto

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Nei primi tempi si riesce ad organizzare un reparto di maternità al n. 35 di via Twarda

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Profughi in un rifugio al n.37 di via Nalewki . Prima il rifugio era un bagno pubblico

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Nuovi arrivati celebrano Peshach in un rifugio al n. 6 di via Leszno

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Ebrei in fila per una distribuzione di zuppa

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Una mensa per i bambini

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Bambini che mangiano alla mensa ortodossa di via Twarda 21

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Dopo il pasto i bambini si lavano le mani

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Il riposo nell’orfanotrofio al n. 10 di via Graniczna

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Bambini dell’orfanotrofio di via Leszno n.127

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La fame mieteva vittime. Molti morivano nelle strade e i passanti ricoprivano i cadaveri con giornali. Nel gennaio 1942 ci furono 5.123 decessi, nel maggio 3.363. I primi a morire erano gli ammalati, i vecchi e i bambini. (Lett. 5, 6)

I bambini furono le

prime vittime della fame

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Bambini affamati in strada

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Febbraio 1941. Bambina nel ghetto

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Poveri e affamati nel ghetto di Varsavia. Molti bambini morivano per strada.

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Pietre tombali nel nuovo cimitero del ghetto

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Gli abitanti potevano uscire solo per il lavoro: sentinelle polacche e tedesche stavano a guardia delle quattordici porte di entrata, sparando sugli ebrei che si avvicinavano troppo. Le linee tranviarie, erano state interrotte (una linea speciale di tram che portava la stella di Sion, funzionava all'interno del ghetto). La posta era proibita. (lett. 7)

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Ebrei al lavoro in una fabbrica di bambole(1), di scatole(2), in una sartoria(3).

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SI ORGANIZZA LA SOLUZIONE FINALE: AVREBBE COINVOLTO

11 MILIONI DI EBREI OBIETTIVO: GASARE 2500

EBREI ALL’ORA

1942 CONFERENZA DI WANNSEE

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GEOGRAFIA DEI CAMPI

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GLI EBREI CREDEVANO DI PARTIRE PER CAMPI DI LAVORO

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Il Consiglio Ebraico annunciò la deportazione di tutti gli abitanti del ghetto, tranne quelli occupati nelle industrie tedesche, o nel Consiglio. In una foresta, a 100 km da Varsavia, fu creato un campo di sterminio: Treblinka. A Varsavia venne costruita una piattaforma di raccolta (Umschlagplatz), da dove ogni giorno partivano circa 6.000 ebrei. Dal 22 luglio al settembre 1942 più di 200.000 ebrei di Varsavia furono condotti alla morte. (lett. N 8)

Rastrellamento di ebrei, in marcia verso

l’Umschlagplatz

http://www1.yadvashem.org/exhibitions/Katz/katz_first.htm

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Gente che fugge, prima di una retata (lett. n 9)

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Varsavia. Ebrei all’Umschlagplatz in attesa di essere deportati.

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Ebrei stanno per essere caricati sui treni

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Ebrei che salgono sui

treni

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Il 22 luglio 1942 Adam Czerniakow riceve l’ordine di consegnare 6.000 ebrei ogni giorno. Scrive nel diario: "… gli ebrei di ogni età e sesso saranno trasferiti ad Est. Oggi dovranno essere consegnate le prime 6.000 persone. Ogni giorno questa sarà la cifra minima. Per il momento mia moglie è libera ma, se l'evacuazione non dovesse riuscire, sarà fucilata". Il 23 luglio Czerniakow scrive : "Sono le tre del pomeriggio. In questo momento sono pronti a partire in 4.000. Alle 16 dovranno essere 6.000. Le SS vogliono che uccida i bambini con le mie mani. Non c'è altra via d'uscita: devo morire". Czerniakow si suicidò con una fiala di cianuro.

Czerniakow e una pagina del diario

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Il tragico destino di migliaia di ebrei fu condiviso anche dal dottor Janusz Korczak (1878-1942), uno dei migliori educatori nel periodo bellico, autore di manuali scolastici e libri per l’infanzia, fondatore di diversi orfanatrofi. Fu ucciso a Treblinka, insieme con i suoi orfani, poiché non aveva voluto abbandonarli. Lettura n 10, 11

Korczak con i bambini in una foto dell’epoca

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Bambine che pelano patate nell’orfanotrofio al n. 92 di via Krochmalna, di cui era direttore Janusz Korczak.

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Gli ultimi abitanti del ghetto, vedendo che la loro sorte era segnata, si nascondevano nelle case, altri si facevano murare nelle cantine con qualche provvista, i più coraggiosi tentarono la fuga. Profondi rifugi furono scavati nel sottosuolo: prendendo inizio dalla rete delle fognature, un vero ghetto sotterraneo sorgeva a Varsavia. Iniziava la resistenza ebraica. (lett. N 12, 13, 14)

Varsavia 1943. Ebrei estratti dai bunker durante la soppressione del ghetto

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Di fronte alla minaccia della liquidazione totale del Ghetto, il 19 aprile 1943, una rivolta guidata dall’Organizzazione Militare Ebraica, scoppiò nel Ghetto, sotto la guida di un giovane di 23 anni, Mordechai Anielewicz. (Lett. n 15)

Mordechai Anielewicz L’incendio del ghetto visto dalla parte ariana

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Ebrei catturati durante l’insurrezione

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Altri ebrei catturati

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Un’intera famiglia strappata dal proprio nascondiglio

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Soldati della milizia ucraina, di guarda ai cadaveri di ebrei uccisi durante l’insurrezione

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Maggio 43. Tedeschi che hanno il compito di far saltare in aria i bunker, assieme a ebrei che sono stati catturati.

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Il ghetto ormai deserto, sta per essere distrutto. Dove sono finiti tutti i suoi abitanti?

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La rivolta durò tre settimane. Vi trovarono la morte tutti i 16 capi della rivolta. Otto giorni più tardi, un generale delle SS, Jurgen Stroop, distrusse la Grande

Sinagoga, come simbolo della totale distruzione del Ghetto di Varsavia. I sopravvissuti furono condotti nei campi di sterminio e il Ghetto fu raso al suolo.

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Il soldato Joseph Bloshe (condannato a morte nel 1969) scattò questa foto nel 1943, a prova della distruzione del ghetto, da inviare a Himmler.

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L’ultimo muro del ghetto

Le rovine del ghetto

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Il 20 ottobre del ’43 è arrestata e torturata, ma si salva. Continua ad aiutare i bambini. Finita la guerra consegna la lista ai leader della comunità ebraica, che restituiscono i bambini ai parenti. Irena ha salvato circa 2500 piccoli. Ha ricevuto il riconoscimento di “Giusto tra le nazioni” .

Irena Sendler

Irena Sendler lavorava come assistente sociale e riesce ad entrare nel ghetto con la scusa di un controllo sanitario. Organizza una rete di soccorso per gli ebrei. Fa parte dell’organizzazione segreta “Consiglio per l’aiuto degli ebrei” (Zegota) e si occupa dei bambini. Al momento delle deportazioni, ne porta via con innumerevoli stratagemmi (ceste, pacchi, ambulanze...) affidandoli a orfanotrofi e a strutture della Chiesa. Viene data loro una nuova identità, ma Irena ne conserva il vero nome per

restituirli ai genitori, a guerra finita.

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Ma la storia non finisce qui.

I sopravissuti sperarono in un

futuro diverso, che garantisse loro pace

e sicurezza. Ci fu un gran

numero di matrimoni e di nascite. La vita

riprendeva .

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1946, Due coppie nel giorno del matrimonio, in un campo profughi in Germania. A destra: Tovah e Yosef Zilberberg; a sinistra: Rachel e Yishayahu Novogrodsky,

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16 maggio 1948, genitori e bambini

a un raduno sionista, in un

campo profughi tedesco.

Tutti costoro, sopravvissuti

ai lager in Europa,

partiranno per Israele,

nato due giorni prima.

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Vita quotidiana nel Ghetto di Varsavia

- Letture scelte -

Da “Inverno nel mattino” di Janina Bauman

“Chiesi a mio padre cosa significasse ebreo, quando avevo 5 anni…lui trovò molto difficile spiegarlo,

non solo alla sua giovane figlia, ma a se stesso…C’erano ebrei poveri, ebrei benestanti come la mia

famiglia e ebrei molto, ma molto più ricchi di noi…Pensai che gli ebrei si potevano riconoscere

semplicemente dal loro aspetto: capelli scuri e ricciuti, occhi neri, naso a gobba. Ma anche questo non

funzionava. Zio Josef era biondo…forse c’entravano in qualche modo la chiesa e la religione. Gli

ebrei non andavano in chiesa…andavano in sinagoga; ma noi non andavamo neanche lì. E come i non

ebrei facevamo l’albero di Natale”.

LETTURA N 1

Fine 1941…Io porto la stella; mi ricordo che ero seduto accanto a mia madre, quando lei mi cuciva la

stella sul cappotto; cucendo cantava e mi diceva: “Che fortuna che hai, figlio mio! Sai quanti pochi

bambini hanno il diritto di portare questa stella?”

A ogni ricreazione i compagni mi saltavano addosso, i maestri guardavano la scena senza intervenire

e io tornavo a casa tutto segnato…

Io avevo l’impressione di battermi per una causa giusta. Ero un eletto, in un certo senso, secondo le

spiegazioni di mia madre. Solo che non avevo scelto di essere un eletto.

Da Claudine Vegh “Non gli ho detto arrivederci”.

Lettura N2

Le forze di occupazione naziste si erano insediate nel paese e vi avevano stabilito il loro ordine

crudele. Tutti i giorni ci giungevano notizie di esecuzioni. Nelle strade di Varsavia, gli ebrei che

indossavano l’abito tradizionale venivano fermati dai nazisti e costretti a compiere umilianti ed

estenuanti esercizi fisici di fronte ai passanti. Le loro barbe venivano crudelmente tagliate insieme a

lembi di pelle. Il bracciale bianco con la stella di Davide blu divenne obbligatorio per tutti gli ebrei

sopra i tredici anni.

Da “Inverno nel mattino” di Janina Bauman

LETTURA N 3

Il dottore che chiamammo, subito confermò i sospetti: era tifo. Ordinò alcune medicine contro i dolori

e la febbre e chiamò un’unità sanitaria. I pochi ospedali del ghetto erano pieni di malati fino a

scoppiare, le forniture di medicinali erano scarse; la sola cosa che un medico ebreo poteva fare per un

paziente ebreo era ordinargli di stare a letto, se ne aveva uno.

Da “Inverno nel mattino” di Janina Bauman

LETTURA N 4

12 giugno 1941

Il ghetto va affollandosi sempre più; abbiamo in questo momento un afflusso costante di nuovi

rifugiati.

Questi disgraziati sono laceri e scalzi, con gli occhi tragici di chi muore di fame. Sono in gran parte

donne e bambini. Affidati alla carità pubblica, vengono inviati nei cosiddetti asili, dove presto o tardi

moriranno.

Mi sono recata a visitare uno di questi rifugi. Una casa squallida, che stringe il cuore. Le pareti delle

stanze sono state abbattute per formare grandi sale: non ci sono bagni, né gabinetti, le condutture sono

distrutte. Lungo le pareti sono allineate le brande fatte di tavole coperte di stracci. Si vede qua e là

qualche sudicio piumino. Ho visto coricati sul pavimento bambini sporchi, seminudi, scossi da un

pianto convulso. In un angolo era seduta, in lacrime, una deliziosa bambina di quattro o cinque anni.

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Non ho potuto impedirmi di accarezzare i suoi capelli biondi spettinati. La bambina mi ha guardato

con i suoi grandi occhi azzurri e mi ha detto: “Ho fame”. Ho provato un sentimento di profonda

vergogna.

Dal “Diario” di Mary Berg

LETTURA N 5

4 novembre 1940

Da ogni parte del paese il popolo ebraico è arrivato a Varsavia con le mani vuote.

A migliaia mendicano per le strade, ti accerchiano, ti tirano la manica, danno prova di una

immaginazione fuori del comune per toccare il cuore dei passanti. Ho incontrato un gruppo di

bambini dai quattro ai dieci anni: con le voci ben intonate cantavano canzoni che esaltavano il dolore

degli ebrei.

Da “Cronaca del ghetto” di Kaplan

Lettura n 6.

18 aprile 1941

Due ragazzini chiedono l’elemosina nella strada vicino al nostro portone. Li vedo ogni volta che esco.

Magari sono bambine, non lo so. Hanno la testa rapata, sono coperti di stracci, i loro faccini

spaventosamente emaciati fanno venire in mente più degli uccelli che degli esseri umani.

I loro occhi neri, tuttavia, sono umani; così pieni di tristezza… Il più piccolo potrà avere cinque o sei

anni, il più grande forse dieci. Non si muovono, non parlano. Il più piccolo sta seduto sul marciapiedi,

il più grande sta in piedi e stende la mano magra come un artiglio.

Da Janina Bauman “Inverno nel mattino”

LETTURA N 7

Quando ripenso a questo primo inverno nel ghetto, sento ancora il pungente miscuglio di odori

prodotti della lampada a cherosene, la sera. Per la maggior parte del tempo non ci fu energia elettrica,

e tutte le finestre furono accuratamente oscurate, così che dopo i precoci tramonti invernali le strade

erano completamente buie – ovunque nelle città occupate della Polonia, non soltanto nel ghetto. Ma

nel ghetto era pressoché impossibile camminare la sera. C’era così tanta gente che cercava di aggirarsi

nell’oscurità delle strade che era un continuo scontrarsi e inciampare gli uni contro gli altri. Spille

fluorescenti da appuntarsi sul bavero, inventate e vendute da qualche ingegnoso artigiano a chi poteva

permettersele, erano di qualche aiuto.

La cosa che più cercavamo di evitare era il contatto fisico con gli sconosciuti. C’era già una massa di

disperati che vivevano accanto ai più fortunati…I profughi delle piccole città di provincia, privati dai

nazisti delle loro case e dei loro beni e ridotti a straccioni, erano stipati nel ghetto a forza. Gli esseri

laceri, affamati e senzatetto che sfioravamo passando per le strade erano coperti di pidocchi e spesso

soffrivano di malattie infettive.

La propaganda nazista giocava su questo fatto, sostenendo che gli ebrei erano portatori di pidocchi e

germi. I tedeschi ci temevano veramente per questo e entravano raramente nel ghetto, tranne che su

veicoli blindati. Ciò ci faceva sentire più sicuri adesso, nel ghetto, che prima, sempre esposti alla

violenza esterna.

Da “Inverno nel mattino” di Janina Bauman

LETTURA N 8

Il 22 luglio del 1942, cominciò la deportazione in massa (Aktion) degli ebrei del ghetto. Dopo qualche

giorno non c’erano più mendicanti sdraiati sui marciapiedi e non si sentivano più implorazioni

d’aiuto. I “rifiuti umani” erano stati spazzati via e messi sui treni. Anche gli orfanotrofi del ghetto, i

ricoveri per gli anziani e i precari alloggi dei profughi erano stati a poco a poco svuotati. Ora i nazisti

con l’aiuto delle truppe ucraine e lettoni, oltre che della polizia ebraica, lanciarono una caccia

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sistematica casa per casa. Gli edifici venivano circondati dalle truppe, tutte le porte e le uscite

bloccate, i residenti radunati nei cortili. Venivano controllati i loro documenti. Solo quelli in possesso

di un Ausweis che provava la loro utilità per i tedeschi erano esentati dalla deportazione. Tutti gli altri

erano costretti a mettersi in fila e a marciare verso l’Umschlagplatz. Nel frattempo, gli appartamenti

erano perquisiti; chiunque veniva trovato nascosto era di regola ucciderlo sul posto.

La casa venne circondata e isolata all’alba. Dal nostro appartamento al quinto piano udimmo lo

strepito dei soldati che irrompevano nel cortile, il suono lacerante del fischiettio, e quindi l’ordine

assordante: “Tutti gli ebrei fuori, in fretta, in fretta, tutti gli ebrei giù”. Poi lo scalpiccio di decine di

piedi che si precipitavano giù, giù verso la rovina. E quindi urla, gemiti, fischi, lamenti, dal cortile…

due soli spari… un confuso agitarsi di violenza e disperazione.

Noi restammo nel nostro appartamento. Avevamo già da tempo deciso di non obbedire, di non

scendere. Essere uccisi all’istante con un solo colpo di pistola ci sembrava assai preferibile al lungo e

lento processo di una morte dolorosa e umiliante. Inoltre non c’era alcuna speranza di sopravvivenza

nell’obbedire all’ordine, mentre poteva forse essercene qualcuna nel disobbedire. Perciò restammo

sedute immobili, in ascolto.

Ben presto ci giunse un fragore di pesanti stivali su per le scale, di serrature scardinate, di porte

abbattute: i cacciatori frugavano negli appartamenti. Li sentimmo salire sempre più su, al terzo piano,

poi al quarto... Non avevamo ormai che qualche minuto.

Aspettavamo.

Poi all’improvviso un lungo fischio lacerante e un ordine in tedesco dal cortile ad annunciare la fine

della retata, a richiamare indietro tutti i cacciatori.

Eravamo sopravvissuti.

Da Janina Bauman, “Inverno nel mattino”.

LETTURA N 9

Passammo quattro giorni nascosti dietro la credenza, quindici persone pigiate come sardine in quel

ripostiglio vuoto e oscuro. C’erano tre bambini piccoli con noi, che avrebbero potuto scoppiare a

piangere tradendo così il nostro nascondiglio in qualsiasi momento. Il caso volle che non lo facessero.

Il primo mattino il nostro appartamento venne invaso e perquisito. Potevamo sentire voci aspre e passi

pesanti provenire dalle nostre stanze. Qualcuno gettò un’occhiata dietro la credenza e disse in tedesco

che era vuota. Poi i cacciatori si allontanarono. Eravamo sopravvissute ancora una volta.

Da Janina Barman “inverno nel mattino”

Lettura n 10

Varsavia soffriva la fame, ma Januz Korczak riusciva sempre a trovare i viveri per i suoi bambini

[…]. Venne l’ordine di deportare tutti gli ebrei […].

Non si sa se avesse spiegato ai bambini del suo orfanotrofio a che cosa dovessero prepararsi e dove

sarebbero stati condotti. Si sa soltanto che quando gli assassini assalirono la casa di via Sienna 16

[…], i duecento innocenti condannati a morte non piansero […]. Si stringevano al loro maestro…

Fino ad oggi non si è saputo dove sia finito Korczak con i duecento orfani. Secondo ogni probabilità,

nessuno di loro è sopravvissuto.

Da Giosuè Perle, “La Distruzione Di Varsavia”, diario trovato sotto le macerie del ghetto.

LETTURA N 11

Agosto 1942

L’asilo infantile del dottor Januz Korczak è ora vuoto […] Abbiamo visto i tedeschi circondare la

casa. File di bambini che si tenevano per mano hanno cominciato a uscire. C’erano tra loro

creaturine di due o tre anni; i più grandi arrivavano forse ai tredici. Ognuno portava in mano un

fagotto e indossava un grembiule bianco. Camminavano a due a due, calmi, sorridendo, senza

sospettare nemmeno lontanamente la loro sorte. Il corteo era chiuso dal dottor Korczak […] La casa

ora è vuota; le guardie puliscono le stanze dei bambini assassinati .

Da Mary Berg , “Diario”.

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Lettura n 12

La seconda ondata di deportazioni cominciò il 18 gennaio 1943 quando i nazisti fecero irruzione nel

ghetto, circondarono molti edifici e deportarono i suoi abitanti a Treblinka. Liquidarono l’ospedale,

uccisero i pazienti e deportarono il personale. Molti operai che erano stati impiegati fuori del ghetto

furono inclusi fra i deportati. Le organizzazioni clandestine, male equipaggiate e scarsamente

preparate, opposero nondimeno una resistenza armata che si risolse in quattro giorni di guerriglia per

le strade… Come risultato, la seconda ondata di deportazioni venne sospesa dopo quattro giorni, nel

corso dei quali i tedeschi riuscirono a mandare solo 6.000 ebrei a Treblinka. Circa 1000 vennero

uccisi nel ghetto stesso.

Da Enciclopedia Judaica

Lettura n 13

Fuga dal ghetto.

La mamma, Sophie ed io lasciammo il ghetto di Varsavia il 25 gennaio 1943. Verso sera ci mettemmo

addosso tutti i vestiti che avevamo e ci riempimmo le tasche dei nostri piccoli tesori: nel mio caso, il

mio diario e la fotografia di Roman. Portare dei fagotti con noi era fuori questione, visto che

dovevamo fingere di andare a lavorare. Ci unimmo alla folla di operai radunati nel cortile del

Consiglio ebraico e ci presentammo alla guardia di servizio, che aveva promesso a Julian di farci

uscire dal ghetto. Ci disse di allinearci in testa alla colonna e ben presto ci trovammo a guidare la

misera processione verso l’uscita del ghetto. L’attraversammo in fretta, seguite dagli operai. Ora

eravamo oltre le mura. Nel più profondo silenzio, la colonna procedeva attraverso la zona deserta che

separava il ghetto dalla parte “ariana”.

Da Janina Bauman “Inverno nel mattino”

LETTURA N 14

PROCLAMA

Pena di morte per chi presta assistenza agli ebrei che hanno abbandonato le aree residenziali ebraiche

senza permesso.

Numerosi ebrei hanno recentemente abbandonato senza permesso le aree residenziali a cui erano stati

assegnati. Essi si trovano ancora nel distretto di Varsavia.

Con ciò dichiaro che, in virtù degli attuali decreti…non soltanto gli ebrei che hanno abbandonato le

aree residenziali loro assegnate saranno puniti con la pena di morte, ma che la stessa punizione verrà

applicata a qualsiasi persona che consapevolmente assiste tali ebrei… Con ciò ordino alla popolazione

di Varsavia di informare immediatamente la più vicina stazione di polizia della presenza di qualsiasi

ebreo…

Varsavia 6 settembre 1942

L’Alto Comandante delle SS e della Polizia

Distretto di Varsavia

Lettura N 15

Il mattino seguente fui svegliata dal fragore di violente esplosioni. Era il giorno dopo la Domenica

delle Palme e per un po’, nel dormiveglia, mi chiesi perché mai qualcuno avesse scelto di annunciare

la resurrezione con sei giorni di anticipo. Ma ben presto mi resi conto che stava accadendo qualcosa di

diverso. Si sentiva un violento crepitare di mitragliatrici. Halina corse fuori in vestaglia per vedere

cosa stava accadendo. Tornò sconvolta. La gente per la strada sapeva già: una battaglia infuriava

dietro le mura del ghetto.

Da “Inverno nel mattino” di Janina Bauman