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BIBL. NAZIONALE
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ALBUM PORTICO
A S UA E C C EL LE NZ A REVEREIIDISSIMA
I I I O N S I G N O B
GUIDO
D E I
CONTI
B O C C A
V E S C O V O D I R EG GI O N EL L ’ I I I I I L L I I l P R I N C I P E
NELL'
AUSPICATO
GIORNO
DEL
SUO
SOLENNE
INGRESSO
I N DIOCESI
MWV
OMAGGIO
C H E O FF E R I V A N O
P L A U D E N T I N E L L A F A U S T I S S I I I I I
C I R C O S T A N l e
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REGGlANG
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PERIODICO
IL GENIO CATTOLICO
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REGGIfl-EMILIA
DALLA TIPOGRAFIA BONDAVALLI E
GASPARINI
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. D I G N I ' I ‘ A S . DIGNITA TE . EIUS . AUGETLÎR
PASTOR .
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NOBILIUM . SANGUIS . PARENTUM
GENERIS . SPLENDOREM . MORIBUS .
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TENTABUN'I‘ .
CONTAGIA . GREGEM
NULLUS . IN . OBSEPTIIM . OVILE
LUPUS .
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FIDE . ET
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ORDO . ET
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VOLENS . LUBENSQUE
CONQUIESCIT
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A
P I O
I X
PONTEFICE
MASSIMO
M
Sonetto
1
b i i
b e n e d e t t o , o Sommo
ed
Immortale“
Rettor in terra della Diva
Sposa;
‘
La tua, pel mondo inter, cura amorosa
Dimostra
quanto
del suo
ben T i cale.
I l P ara cleto, dispiegate l ’ - ‘ a l e ,
Adombrò
un'
Alma
n e l
Santuario
ascosa{
Tu‘ La
chiamasti
a Spandere
p i e t o s à
Su p i c c i o l
gre g ge
di
sapiefiza
i l s a l e ;
Re g gio,
ch’/ergeva umil s ua
pr'ece a DIO,‘
Implorando
un
P astor
d é l l ‘
Aqui't3no
Imitator perfetto alle s ue mura,
Al
Tuo
Nome gioì,
GUIDO,
e secura
D ' e s s e r
c o r ' r e t t a còn
P a t e r n z i mano, ‘
L’ Inno d i grazià‘intuona a l Sotninb PIO.
Reggio-Emilia.
Luglio 1873.
D o î ’ r ;
D .
.\xwomo anmm.
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«8»
PADRE
E
PASTORE
Sonetto
Qui
di
tua
vita
fin da l
primo
albore.
L' aura spirasti del pi ù santo a f f e t t o :
Qui nella tua c i t t à , Padre e
Pastore,
Fosti fra
mille e mille
plausi
e l e t t o .
Oh, v i e n i È dolce i l r i t r o v a r r i c e t t o
Securamente fido in
s en
d ‘
amore
Da te
i l
buon germe culto e
benedetto,
Qui produrrà d '
ogni
virtude
i l
fiore.
Fede,
speranza
e caritade avita;
Caritade
che
i
suoi
doni
ricopre,
E scusa
l ’
altrui
fallo e t ut ti a it a
Ah s i s v el a nd o a p pi en nel suol nalio
Di buon
Padre e
P a s tor l e splendid‘ opre
T i
farai
scala per
condurci
a
DIO.
Modena, Luglio
1873.
M. TERESA BERNARDI nata CASSIANl-INGONI.
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49e
I N S I D I E
E
D I F E S A
Sonetto
Empietà baldanzosa alza l a fronte
Con procace sogghigno e lingua sciolta,
E
svergognata
va
portando in
volta,
Trofei di sue vittorie, infamie ed
ente.
Tutte
di
male
oprar l e vie pi ù pronte
Mostra. alla
gente
oltracotata e
s t o l t a :
Regna e l l a ,
e gi a ce
ogni virtù sepolta.
Di v er ac e s a pe r
spenta
la fonte.
V e' qua l d ’
orridi
mostri infame stuolo
Le fa siepe d’ intorno, e qual minaccia
Cagion di
pianto e
miserando duolo
Pastor, accorri, e l a fede]
Tua
g r e g g i a
Mantenendo
di
Cristo in s ulla
traccia,
Dalla
cruda difendi
e l a
francheggia.
C o l l e g i o d i
Moncalieri.
L ug li o 1 8 73
P . ALFONSO PAGNONE Barnabita.
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S P E R A N Z E
Sonetto
Appenachè l ’ i n c s o r | a b i l f a t o ,
Contro cui
del
morta]
forza non
regge,
I l Pa s tor c i rapì cotanto amato
La s ciando
senza guida afflitto
i l , g reg g e;
I l Grande
PIO Sovrano venerato, _
Volta
l a mente
a
LUI
che'l
,mondoìregge,
Te s c e l s e , o G UIDO , per l'onor _ r n i t r a t o
A banditor d e l l a Supernalegge.
E
se
mai Reggio
un
dì,fla
sqoraggiata,
Imperversaudo l a terribil tguerra,
Che,allav Chiesa
s i
fa
tanto,spietata;
Usbergo troverà
nella
fermezza,
Di
Tua
rocca
s i ben
sperimentata.
E g l i empi dardi_zg
rintuzzare
avvezzga.
Reggio-Emilia, ‘ 2 l Giugno 1873.
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-o]]e
C O B A G G I I )
Sdhetto
(a rime
obbligate)
Uh d ‘ eccelso potere erede augusto,
La Rocca ascendi che
a
Te venne presta,
E fermo i n t a n t o s u l pendio r o b u s t o
Non paventar d i da rdi 0 d i tempesta.
Se riposa l a
Fè sul
sasso
onusto
Di
mille palme e mille,
ahi
sempre
è
desta
L ’ i r a crude]
d e l
Tentator
v e t u s t o ,
E l ’ infernal
bufera
unqua
non
resta.
Fra i nos t ri p la us i ed i l comun desio
Conquidi,
o
Gorno, ogni
oste iufida e
cruda,
Seguendo i l genio ed i l gran cor di PIO;
E Guerrier prode
osa,
contendi e
suda,
Ove
spirar vedrai
l ’
aura di DIO,
Emule fatto del
Leon di
Giuda.
Reggio-Emilia,
Luglio 1873.
D. G.
-
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4120
LA
FORTEZZA
-M
Sonetto
Chi è Colei, che s u veloci piume
Scende di ciel per lo sidereo vano,
E a ‘ r a i
vestita
de 1 '
eterno lume
Rifulge
in
portamento almo, sovrano?
Di
lunga
veste
ondeggia
aureo volume,
Ha
saldo
scudo e
invit to s c et tro
in mano,
E grida in
suon
d ’ oltremortal costume:
Vostro poter
contra
mia
possa
è
vano.
G ià i
venni velo cissimi raccoglie
Sovra
un Angiol
d ’ I ta l i a ;
ecco
s ' avanza,
Ecco
a
l u i queste pie voc i discioglie:
- ombatti, e vinci; e
incontro
affanni ed onta
Fi a sempre
i l
tuo bel
c or
fida
mia stanza
-
Disse, e d ‘ un serto gli cinge a l a fronte.
Bologna, Luglio
1873.
Ab.
D. Emuco FABI.
-
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413%
F I D U C I A
I N
D I O
-M_
Sonetto
Almo
Pastor,
c ui
i l
sommo
PIO
g ià
appel
Degli
Apostoli a l l ’
alto
magistero,
Grave è i l Tuo pondo in questa etade f o l l a
Che plaude
a l blasfemar
d e l l ‘
empio
altero.
Ma
che
non può v irt ude, s e s i abbella
Di carità
e di
fede,
e se
nel
vero
Inspirasi, che qual
fulgente stella
In Roma
appar
nel
Successor di Piero?
Alla Tua grog gia franco
i l pa s so
a f f r e t t a ,
( Ch'orba
de l
suo Pastor gemer s i udia,)
Per
consolar
l a
patria Tua
d i l e t t a .
Ella
T i attende
speranzosa
e p i a ,
Mentre l ' immonda’ truculenta setta
Indietreggia a l
gran
nome
di MARIA
Mileto-Calabria,
Luglio
1873.
“U
lLI P P O
TACCONE-GALLUCCI.
onori
di spada
:
cappa di Sua
Santità.
-
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-411e
LA R E L I G I O N E ANCORA D I
SALVEZZA
Sonetto
9
L a vverso
genio con
nov' arte stese
Sopra
questo giocondo elmo terreno
Si impura nebbia e zeppa di veleno,
Che gr a t a stanza ci a s cun
mal
vi
prese
Scorte l ‘ ordito inganno,
allora
chiese
In
dolce a tto
( 1 ‘
amor
al Nazareno,
Che
ritornasse i l
fosco
ciel
sereno,
C ol pianto
agli occhi, i l
credulo paese.
Ma i l
Signore
veggendo quasi spento
L’astro vital della maggior Nazione,
Rilasciò
Dite
a l l a
vana
apra
intento.
Ch' Ei vuol, che 1 ’
empio
colla sua rovina
Mostri a l l '
I t a l i a che
l a
Religione,
E
d e l mondo l a madre e l a r e g i n a . ,
R e g g io - Em il ia . L u g li o 1873.
Dorr. FISICO ANTONIO Mosoarnnu.
-
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»415o
‘
L A NAVE E I L
N O C C H I E R O
Sonetto
,
I ‘
reme
l ‘
onda
del mare
a
Piero
i n f e s t a ,
E qual dovunque nel
re g giano
l i d o ,
Sbalza l a nave a l c i e l , mentre l’infido
Austro l‘avvolge,
nè i l
s uo
corso
arresta.
Di vele priva in quella parte
e
in
questa
Invano
cerca
di salvezza
un nido;
Uhè di nascosto vento i l fischio, o GUIDO,
Rende vieppiìi crudel l ' atra tempesta.
Cresce de’ flu tt i i l
minaccioso
orgoglio,
E giàla veggio, oimè d ' antenne priva,
Lacero
i l
fianco e
d ’ ogni remo
spoglio.
_Ma Tu forte al timon t ’ attieui accorto,
Frangi l '
onde,
l e
s i r t i
occulte
schiva,
E s ana e s alva l a riduci in porto.
Reggio-Emilia, Luglio l 8 7 2 à .
Avremo PIERO'I‘TI.
-
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4160
A U G U R I O
-om
Sonetto
In questi di che oscuro nembo vela,
L ' idra
ritenta
del
doglioso gregge
Far danni, ed
onte
alla
superna
legge,
Tessendo i fili di maligna t e l a
Ma con
quel lume
c he
i l Signor disvela
A chi con retto
core
i l
popol»regge,
Può quei temer, che
i l
NONO PIO elegge.
In
s ì torbido mar
spiegar l a
vela?....
Sacro Pastore,
che
l a cura imprendi
Di
Lui,
(' ) ch’ or fece a l
c i e l
l a
s ua
p a r t i t a ,
Sull’
u sato
sentiero
i l
piè
protendi.
E a d og ni
verbo,
che i l Tuo labbro suona, ,
Spunterà un fi ore c he n e l l ' ardua v i t a ,
' 1 ornerà‘
i l
crine d ‘ immortal
corona.
Reg gio-Emilia,
Luglio
1873.
Dorr. FISICO ANTONIO MOSCATELLI.
( - ) Si
allude al
non
ha
giuri defunto Monsignor Vescovo CAILO Kncclx.
-
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4171»
I L SOCCORSO DEL
C I E L O
_W_
Sonetto
Giacea da un mese immersa
nel
dolore,
Implorando
a Pa stbr in
sua
difesa
Un Samuel
pe r z ' e l o e
per
candore,
La vedova di
Reggio
illustre Chiesa.
Intanto a Gorno, che di esimio amore
Objetto er a
a l Signor, l a
mano
Ei
stesa:
A
L ei, dis se, ne va vigil cultore,
Reggila, e u g u a l T i
mostra a
tanta impresa,
Rompi
ogni indugio,
e
di
consiglio e scienza
In
tutte 1 ’ opre
Tue r i t ' u l g a
i l dono,
G ià infuso in Te c on supernal sapienza.
- Onde a prova vedrai, che accetti sono
Non
g li aspri
e duri, ma c hi di clemenza
I l sostegno
più b e l forma a l
s uo
t r o n o .
R e g g i o- E m il ia , L u g li o 1873.
-
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elSe
A L L ’ I T A L I A
-Wo
Sonetto
Quando
i l Levita,
che ha formato
i l
core
Al
vero ben
della famiglia umana,
Diceva: - t a l i a I ta l i a - ta lontana
Da
c hi
t ’
illude
con un falso
amore;
Allor rapita
da l
novel fulgore,
Che i fior pingeva in ogni cosa strana,
Spregiasti,
incauta, quella voce arcana,
Cile t ’
apprendea
l ' abisso
del
tuo
errore
Ma ora che i l
vedi
colle tue pupille,
Poiché s e i
nuda
e de sol at a
in
mare
D'
occulti
s cog li e di procelle pieno;
Deh
sventurata, torna a l
Nazareno,
Che largirti vedrai, stando all'altare,
Gli
implorati
favori
a mille a
mille.
R e g g i o- E m il i a, L u g li o
1873.
Dorr. Frsrco ANTONIO MOSCATELLI.
-
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-419o
A R E G G I O
_M-
Sonetto
0
R e g g io ,
esulta
Al Vescovile s e g g io
Di
tua gente patrizia
Eg li è
1 ’ Eletto
Esulta e con pietà pari
a l l ‘
affetto
Lista Lo accogli, avventurosa Reggio
Smessa la pompa
di
mondan corteggio,
A l popol suo da LUI s i prediletto,
Di
zelo
e caritade
ogniSuo
detto
Dall’
Eterna Cittààvolger Lo
veggio.
( ‘ )
I l plauso universal che Lo precede,
La
gioia che
traspare più
che viva,
Sprezzando
i l
rio livor di chi non crede;
I l posto
a l
vero_fanuo s ì , c he c ede
Fiacco l’insano
orgoglio,
e
ancor
s i scriva:
De '
Reggiani
nel c or s alda è l a Fede.
Reggio-Emilia, 12 Luglio 1873.
D. M. A.
HSi allude alla Pastorale diretta
ai suoi Diocesani.
-
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420°
LA PREGHIERA
-M
Sonetto
(a
rime obbligate)
,
Oacro Levita, che
fra
noi
discendi
A
battagliar in nome del Signore,
Di santo
zelo
ingagliardito i l
core,
E a l lume della Fè tutto t ' accendi;
Colla
prece
i flagelli
aspri e tremendi,
E col
duol che ne ispira un vivo amore,
Del
Signor calma l ‘
ira, e buon P a s tore,
Tutto
intero 1 ‘
ovil guarda e difendi.
Ai
traviati
rammenta
i l
ben di
D I O ,
Ch'è
fumo pa s se g gier la compra Gloria
Di c hi di LUI fa abbietto
scherno
e rio:
I Di'lor, che pe r l a Croce
è
la vittoria:
E
che
a l secol
protervo
i l
grande PIO
La cervice abbassò, dirà la Storia
Reggio-Emilia,
24
Luglio
1873.
-
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“M
-\
-
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425:»
C A R I T A EVANGELICA
_9M9_
Canzone
1
_(Iome
i l tepente
rag g io
Di benefico sol richiama a vita
La terra oppressa da i
rigor
del Verno,
Quando i l fiorito e profumato
Maggio
Natura.
‘abbella del
suo
riso
eterno,
E
l’universo a
nuove gioie
invita;
Così l ’ umana schiatta
Levò l '
oppressa
fronte,
Quando la Carità, fi glia del
Cielo,
Del Golgota mostrossi in vetta a l mente;
E
(sciolto
i l denso velo
Del fusco e ' r r o r ) a nuova vita t r a t t a ,
Sentì
svegliarsi
i n
core
Soave, ignota voluttà d ' amore.
Spirto
da l
c i e l disceso,
Guidò, l a Santa, fra le
turbe
afflitta
Aspre piaghe
a sanar,
crudeli a m b a s c e ,
E,
generoso,
alla
b e l l ’
opra inteso
Con quell’ amor, che dalla fè s ol nasce,
Forge conforto a l l ’ alme derelitte.
-
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- ‘
26‘»
Ove è bagnato un ciglio,
Ove sospira
un
core
Sotto
l a
sferza
del
nemico f a t o ,
Ivi guida i l suo
piè
forza
d ' amore;
Nè
geme
abbandonato
C hi
di sollievo
ha
inopia e di consiglio;
Chè
i l
buon, l ’ oppresso,
i l
rio
Tutti
afi‘ratella i l
Messaggcr
di DIO.
Egli è
d '
amor
l a
f e c e ‘
Che 1 ’ ire attuta e
rammollis ce
i c o r i ,
Quando
Nemesi iniqua empie
faville
Schizza ne’ petti
a conturbar
l a
pace;
Ei che raccoglie l e cocenti s t i l l e
Di s conos ciut i e t a c i t i dolori,
Quando a l
deserto
letto
Di vedovata sposa,
Lo
sconforto
s ' asside
e l '
abbandono.
Oh del C a lv ar io Religion pietosa,
Che da l sublime trono
Pace e
sollievo porgi a l l ’ uom
r e i e t t o ;
Solo
i l
tuo c or poteva
Donar
l '
Angiol d e l l ‘
Ara
a i
figli
d ’
Eva.
Cicca ragion di Stato,
Sete d’
imperio, ansia di libertade,
Spingon l e
g enti a
trucidar l e genti:
Alle
trombe dà
fi a to
L ’ ir os o Marte, e guizzan sui cruenti
Campi, di strage sitibonde
spade;
La
Morte
spaventosa
S ’ atteggia in gruppi strani
Sulle
lacere membra
palpitanti
De’ caduti
campion.
Tremano
i
piani
-
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427*
P e’ corsier scalpitanti,
Che fiutan
della
pugna
onda fumosa,
E della
clade
i l
grido
S ’
ode
t r i s t e
suonar
di lido in l i d o .
Tr5 i f u l m i n i e d i l a m p i
Degli strumenti ignivomi di
guerra,
I l pio Ministro del Signore incede;
E di
Morte
sebben l e traccie s t ampi
Spaventose l ’ acciar, con franco piede
Calce di Marte la commossa
terra,
Perché l o segue fida
Ra vvolta
in manto bianco
Carità,
che
( 1 ’ amor
tutta si
strugge,
E ’ l turbine a sfidar, gli regge i l fianco,
Che
intorno
fischia e rugge.
Qui de ’ feriti a s colta acerbo grida,
Là de’ spiranti a c coglie
L’ estremo accento,
e ne compon
le
spoglie
Scialbo fantasma e
truce,
La lue tremenda mina c cios a avanza.
Coll’ adunca
s ua
falce
a
mille
a
mille
Vittime deplorate a l l ’ urna adduce,
E mesto suon mandan le sacre squillo
Ad
annunziar
ch’ è morta ogni speranza:
Ma nel comune affanno,
Fra lo
spavento
atroce,
C a rit à del
Levita
i l petto
accende.
Ei
sorge; nella
man stringe la
Croce,
E dove pi ù contende
I l
morbo
s t ru gg it or e
addoppia i l
danno,
Ivi
del s uo corag g io .
Spaude
e
di
s ua
pietà
benigno
un
raggio.
-
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@280
Al
doloroso
l e t t o ,
Ove l ’
agro
s i smania
e
s i
contorce,
Sè medesmo obliando egli s ' appressa;
E tutto assorto in
un
sublime a f f e t t o ,
Mentre, smarrita,
la
famiglia istessa
Da l
giaciglio
terale
i l
p a s s o
torce,
Coll' alma a l ben sol presta,
Stende la
mano
amica
A f r a t e l moribondo, e lo conforta
Ad afi‘rontar
l ’
indomita nemic a ,
E
farmaco
gli
porta
Di s oa vi
parole,
e
in
cor
gli-desta
Speranza di perdono,
Quando
fia
giunto
dell'
Eterno a l trono.
Rugge i l mar pe r tempesta,
E nocchier moribondo i l l i d o a f f e r r a ?
I l convulso Vesèvo e r u t t a fuoco
E di l a p i l l i scenari funesta
Grandin
rovescia?‘0vvero
echeggia i l fioco
Legno del
bronzo,
ad annunziar l a
guerra
Che
i l
vorace elemento
Porta
a l l ’
amato
ostello?
Traballa i l s uolo p er interno moto,
Le
cittàdevastando, ahi
rio flagello?
A sua mission
devoto,
I l Levita, afi'rontar l '
aspro
cimento
Lieto
tu
vedi
ognora,
Sollievo alcor nella t e r r i b i l ’ ora.
Ah Religion sublime,
Che
tanta
spiri Carità ne’ p e t t i ,
Salve, tr e volte santa -A
te
s i prostri
L ’
arpa
d e l
Vate
c o l l e
a r d e n t i
rime.
-
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429:»
Di questa terra a i pi ù
remoti
chiostri
Stendi l ‘ a lo piet os a , e
i s a cri
detti
Del
tuo
Vangel sovrano
Odano
l ’
African,
1 '
Indo, i l Malese;
Quegli che stolto a
le
f a
guerra
e a
DIO,
-
Sappia che Iddio t i rese
Eterna e s ola in suo volere arcano;
E vinto
a ’
tuoi t ’ u l g o r i ,
Chini la fronte, e te sua Diva adori
Canzone,
al
Prence, a l Padre
Novel, che
Reggio
og gi festosa
accoglie,
Vola senza e s i t a r ,
quantunque umile
Nelle modeste
spoglie,
Manchino a te pensier, forme leggiadro.
Tu gli d i r a i , che Carità gentile
Velli in
versi
ritrar:
ma
s e
la
Musa,
A sublimi pensier fiacca e non usa,
I l
còmpito f a l l ì o ,
La Carità,
che
invano
Pingeva i l verso mio
Con
inesperta mano,
La c erc hi ne l
suo
petto,
C h’ i v i
i l
Signor l e
die’
fido ricette
Reggio-Emilia 21
Luglio
1873.
DOMENICO PANIZZI.
-*v z - c - F_
-
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430:»
Epigrammata
'
Pastoris munus s a cri
t i b i , Gorno, vercndum
Laudem addit,
carae
spcm
simul et pat riae.
Praemia
virtutum,
doctrinae praemia ‘sunt
haec;
Opportunus
ade s temporibus patriae.|
Faventiae. Julio 1873.
Josnrm
Rossu Comitis.
I I .
Virtus
t e
primaevo
ornavit
fiore
iuventae,
Atque bonus Lapidi
moenia
civis a m a s .
Artes, quae cor
permulcent, Gorno optime,
c à l l e s ,
I n g e n i i v i r e s
c r e s c i t
e t usque pudor. ‘
Maxima
nunc
blando testatur
gaudia
vulto
P a tria, dum nitidas infula
s a c r a
comas
Prima tuas cingit: dilectus ubique vocaris
Pastor: teque
omnes
laude perenne
colunt.
Dio mihi:
s i es t
magnum
populos
superare
tumente s,
Dulciter, es t ne magis, vertere
ad
astra
tuos?
Mel im e, J ul io 1873.
DOMINICUS TACCONE-GALLUCCI.
-
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4310
I I I .
Te exoptant cives; longo clamore precantur,
Teque Patrem, ut
n a t i , cordis
amore vocant.
Ipsis
lux,
fulcrum.
cu stos, Verique columna,
Romanae et Sedis gloria, splendor eris.
Regii-Lepidi. julio
1873.
. - \ d v .
CAIETANUS
CAMPANI.
-
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51/111
- ‘ h
32:»
T R I P U D I O
La t u a f e s t i v a a u r o r a ,
P a s tor
de l
santo
o v i l ,
L’
etra sereno
indora
Oltre
l ’ -
usato s t i l .
Tergi,
se mai di lagrime
Ha i
l e pupille turgide;
Rivesti
l a l e t i z i a
Del giorno non mortal,
Quando Sîon
porgevati
I l dono
nuzial.
Sionne acqueta i
pianti,
Squarcia
i l
tuo
negro
vel,
Saluta in l i e t i canti
I l
tuo
P a stor nove].
G ià di Sionne i l vertice
I l
divin fiume
inebbria.
E l e
sacre onde sbalzano
Sul capo del P a s tor,
Che esulta
a l l ’ ineffabile
Dolcezza del Signor.
Collegio S. Luigi
di Bologna.
P . DOMENICO
Moncmnnmx
Barnabita.
-
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433°
VOTA
ET GRATULATIONES
Hendecasyllabon
‘
I ‘ ; c c e
P a stor
adest. I o ,
Sodales,
Sumantur
citharae
diu
repostae.
Thura
iarn redolent, facesque
fulgent,
Chorum et cum
pueris
agunt, simulque
Lilii sque via s rosi sque odori s
Spargunt
virginea
manu puellae,
Venisti patriae
decus,
Paterque,
Venisti
patrii decus Senatus,
Venisti... o le pid ur n diem
celehrem
Te
matres
viduae
suis
maritis,
Te
volunt
vidui parente
nati,
Unaque omne genus miserrimorum.
Sint
procul
lacrymae
proculque
luctus,
P a s tor laetìtiam dedit fruendam,
P a stor
deliciae
suavìores,
Dilecti populi, gregis suavis.
Urbs
ergo
Lepidi
nimìs
beata,
Tam c a ri c a pit is facesse iussa,
Sic soles
t i b i
candidi nitescant.
Florentia, J u l i z ' 1873.
LEOPOLDUS DE sts. B.
-
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-e34
P I O
PAPA NONO
C H E C H I A M A
I L
C O N T E
G U I D O
B O C C A
A L
v a s c o v r r n
DI
REGGIO - EMILIA
_ -eefleo_
Un grido feroce d i torbida gente
Si muove
pe r
tutto, qual
turbo fremente,
Che spira spavento,
tristezza,
squallor.
È grido d i
morte L ’ a l t a r e
del Santo
Già per che vacilli; già in
funebre ammanto
Converso è del Tempio l’antico splendor.
-
rionfo trionfo
-
risuona ogni lido:
-Vincemmo Vincemmo -risponde altro grido:
-Del Tebro n e l l ’ onde caduto è i l
g r a n
Re;-
I l regno è
c aduto dei
preti
tirarmi, -
- È a fi ‘ r a n t o i l c o l o s s o d e i perfidi inganni -
- È morto i l nemico d e l POPOLO r e ( ' ) -
O
sciocchi
beffardi tacete,
tacete:
Invano
i l
nemico g ià morto credete;
C hi
vinto
v i sembr a , vincente
sarà.
( 1 ' ; E g i à r is a pu to che l'erosin protestante, da religiosa divenuta politica, mira alla distru
zione
di ogni principio d' a u t orit à , si a iaratîco, s ia
civile,
in t ut ti g li ordini sociali: Dio
a
popola,
'
ecco
l‘
assioma
fondamentale:
senza
vero Dio e senna vero popolo, ovvero, col budello
dall’ultimo
de i preti
str angolare
l ’
ultimo
da l
re,
ecco
l a .
finale
illazione.
-
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54/111
-o
in
c
Colà. solitario s i posa un Vegliardo,
Che
vive più v erde di giovin
gagliardo,
Che fra
le
catene più
libero
sta.
\
Schiacciatn l ’ avete?
l ’ avete prigione?
No: Ei forte non teme la
crudatenzone;
E
i l mondo'si
prostra devoto;al s uo
piè.
S ul s ant o
suo
labro la d iv a pa rol a
Risuona d i
v i t a ,
che i figli consola.
Che
g li
empi
atterrisce,
che
avviava
la
l ’ è .
Se è morto, Ei ris org e; s e èyspento, dà vita:
Se
giace umiliato, non ègià svanita,
Per tutta
la t e r r a ; s ua possa
v i t a ] .
-
È
l i b e r o ,
e
vivo
-- Chi i n s u l t a a l Leone
Che
grave
s i posa? -L' orrenda cagione,
Su gli empii, è del Cielo vendetta
f a t a ] .
Ma veggo...
non lungi sia un p op ol c on fu s o
Che
piange,
che prega,
che
a l
Veglie
rinchiuso
Protende l e mani fra
speme
e fra duol.
E
i l
V eg l ie , a t t eg g i a to d ’ angelico
r i s o ,
Al Cielo
innalzando
l e palme ed
i l
viso,
Già sembra l ev ars i d al lurido suol:
G ià prega ed ottiene;
g ià i l provvide
Spiro
Discende, fiammeggia, gli volita.in giro:
Del
popol
pre gante compiuto e i l desir.
E i l Ve glio sepolto r iv iv e nei figli,
E
cadon
perduti
g li
orrendi
consigli;
Chi: vita riprende l ’ Eroe da l p a t i r .
-
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-
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-e'37 e »
0 Nave, che porti
de l
Principe
IDDIO
I l Figlio. l a Madre, 1 ’ intrepido PIO;
Con GUIDO
i l
s uo
gregge conduci
sul
Ciel.
C i n qu e/ V en de . L u g li o
1873.
Teo]. Aeosrmo Ascoxvn.
-
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@380
.Epigrammata
Y
I\Oll
t e tam sacri decorant insignia honoris,
Candor quam
decorat protinus i l l a tuas.
Il .
Te Rhegî nuper
c a su s
miseratus
acerbos
Aeterna Nonus misit
a b
urbe Pius,
Teque novurn tantae laudes, tantaeque coronant‘
Divino dotes munere Pontiflcem,
Ut
quae, terrigenis
difi‘undens g a udia
olympi,
Maiori virtus
lamine praeniteat,
Nemo
queat f a c i l i s modulamine diccre p l e c t r i ,
Ac l i s iudicio pendeat ancipiti.
I I I .
Quaenam turba
modos
iterans comitatur euntenr
Pontiflcem antiquo sanguine progenitum?
Praesule cum magno
cunctarunr (plaudite,
cives )
Virtutum passim
candida
turba
venit.
-
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Mor ta li ping i
specie
s i
candida
posset
Virtus, s i
posset candida
relligio,
Audarem
adsiduus calamo t e pingere, c l a r i
Qui
Rhegl
munus pontificale subis.
Romae.
J u l l ' o 1873.
A1.01sn
TRIPEPI.
-
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4401:»
LE
BATTAGLIE DEL
S I G N O R E
I)
I SUOI AT LE T I
-oeww
Canto
,
bi parlò. -Quella
voce
discese
Dolce
e
grande
nel
core di
t u t t i :
D’ ambo i poli giulivo 1 ’
intese
L’ oppressore
e l '
oppresso tapin;
E l e reggia ed
i
templi costrutti
Col sudor d eg li s c hia vi
sferzati,
Di
lor
sangue
e
lor
pi ant o b a g na t i
A t a l
voce
risposero alfin.
El parlò. -
Dell'
inferno l e porte
Tenta
invano e
con
f o l l e
consiglio
R ' r ’ a p r i r e di S a t a n l a Corte:
Chè
parola di Dio
non
muor;
E nell’ ora d ’ estremo periglio
Nuovi
a t l e t i ridesta
i l Signor.
-
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. . » _ ,
, ; . .
È
di questi g ià
pronta
l a schiera:
G ià
s on
t u t t i
legati
a d un patto:
È l a
c r o c e
l a l o r o b a n d i e r a ;
È trionfo per
essi i l martir.
Han per
meta
l'umano riscatto
Dalle fauci
d’un serpe
f a t a l e , .
Che or tremendo
minaccia -ed
assale,
Ed or mi te s ed uc e a l gioir.
0 c e l a t i negl'
antri sotterra,
0
sul campo c on fermo
cipiglio,
Ebber
sempre
feconda
og ni g u er ra
1 ) ' una nuova corona d ’ allor:
Chè
n e l l ' ora d '
estremo
periglio
Raddoppiar sa l e
forze
i l Signor.
Quando fiso
è
l o
sguardo
a l
crèato.
Ed i l c i e l o , l a terra
ed
i l mare
I l
pensiero percorre
ammirato
Finché vinto e compreso
s i s t a :
D' un sistema costante traspare
Da
per tutto
i l
d iv ino dis e g no.
Ogni
parte
somiglia
ad
un
regno,
Che
mai 1 ’ ordin‘
turbato
non
ha.
Non
son
g l ' astri
d ’
uguale chiarezza,
Non i bruti
hanno tuttil'
artiglio,
Del cipresso
e
del
pino
l ‘ altezza
Non
arrivan
l ’
erbette
ed i
fior,
Nè pe r
questo
si.trova in periglio
La
gran
le g g e
che
impose
i l
Signor.
-
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442c
L‘ uomo solo di s pirto dot a to,
Che del soffio divino e lo specchio,
Per
cui
Dio d '
averlo
pla sma to
Nel
s uo c or s i cornpiacque
e bèò:
L’
uomo solo,
tendendo
l ’
orecchio
A lusinga superba
e mendace,
Che lo f a di pi ù g loria c a pa c e,
I l bel dono in fatale cangiò.
Per
entrare
nel
s a c ro r ec int o
Del mister, tutto pone a scompiglio:
Poi,
furente dell' esser
respinto,
Ogni vincolo spezza d ’ amor-
E perfin con estremo
periglio
L’
esistenza contando a l Signor.
Ma s ’
irride
i l
Signor
d e l l ' insulto
Che
ricade
là dove
partio,
Da l peccato i l peccato venn’ alto
E l a colpa l a colpa p u n ì . . . .
G ià
l a mente s ‘ offusca, un
desio
Irrequieto ed incerto l ' afl‘anna,
Alla
meta
s i
crede,
e
s '
inganna ;
Chè l a
meta
più
lungi
fuggi -
E
pi ù
vita non
hanno
gli
a f f e t t i
Di fratello, di padre, e di figlio,
All’ amplesso non 5 ’ apron pi ù p e t t i ,
Riserbati ad un
ferro
uccisor:
Ma
n e l l '
ora d ’
estremo periglio
Ne
sottrae l a man del Signor.
-
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443»
Ei
la
fede, s e
morta,
rinfranca;
Quella fede, c he
speme rincora,
E la fievol natura,
s e s t anc a,
Ricompone a valore e pietà.
Guai
però
se qualcuno in quest’
ora
Non
s i
desta e da stolto rimane,,
Come chi non provvede a l dimane
Quando sappia che pane non ha-
Non del labro col
querul
lamento,
Nè
col
pianto che sgorga da l c i g l i o ,
S i res is t e a fatale cimento,
Nè
c o l l ‘
alma in ozioso
terror;
Chè n e l l ’
ora
d ' estremo periglio
Chi s ’
a j u t a 1 ’
a j u t a i l - S i g n o r .
Nella
lotta,
che i l mondo or funesta,
Perciò l ' a rc a s ic ura s ' a vanza :
I l
Levita tien
alta
la
testa,
E l a Croce s ’ oppone a l l ’ acciar.
Di S'ion nella mistica
stanza,
Se nascosta, pur
arde l a face,
C ui
g l ’ i l l u s i
da
un
lampo
fug ace
Finalmente eclissata sperar.
C o’ s uoi ra g gi di nuovo raggiunge
L’ erbe intero,
e
mettendo
a scompiglio
I
nemici, l o inv es te e i l congiunge
In un solo e potente baglior;
Chè n e l l ’ ora
d '
estremo periglio
I
portenti raddoppia i l Signor.
-
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- < :
44 @
Ta c cion t u t t i : ne’ petti
anelanti
Ra ttenuto s ‘ arresta
i l
respiro,
E i l Profeta dagli occhi raggianti
I l fatidico
c an to
intuonò:
« Candelabro
dorato rimiro
Con s e i
rami
da l mezzo sporgenti
Altrettante lucerne nutrenti
Coll’
amor che
un
sol
centro
portò;
P oi l a
voce
divina
ascoltai
La
qual
disse, a d un Tempio assomiglio
Che di nuovo
costrur mi
f a r a i ,
I l doppier
che t i
false qu i
( 1 ’
ò r .
Chè pe r esso da estremo
periglio
I l s uo popol
vuol
salvo i l Signor
» .
Ed i l Tempio risorse; che tempio
All’Uom-Dio l a terra divenne
Con le
mura s i
salde,
che l ’
empie,
Sempre invano contro esso cozzò.
I l doppier
dalla
luce
perenne,
Che
da l
fus to pei
rami s ’
estende,
Del
lavoro
l’immagine
rende
Quale i l
divo
architetto ideò.
E nel
seg g io
di Piero s ‘
eterna
L’ irnrnutabil
del
cielo consiglio;
A quel centro sicura s ’ imperna .
Ogni le g g e di fede
e
d ‘ amor:
Là
nell’ ora
d ’ estremo periglio
I l sostegno vi pose i l Signor.
-
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445:»
0
beato, tre
volte beato,
C hi
a
far pa rt e del gran Candelabro,
Fu a l l ‘
onore
sublime chiamato,
Quando lotta
novella s i f e ' h
Non 1 ’ adula, egli è vero, alcun labro,
Nè
lo
attornia prestigio mondano;
Anzi
sempre malefica mano
Sparge spine dinanzi a l suo p i è .
Ma
esso a l mondo di nulla
s i
cura,
C h’
alla
meta tien
f i s s o
i l
suo
ciglio:
E pi ù costa la gloria sicura,
Più
frequente
a l u i palpita i l
cor:
Ché
nell’ora
d ’ estremo periglio
Nuovi a t l e t i ridesta i l Signor.
E
tu,
0 Reggio,
devota
e
festosa
Oggi
plaudi
a l l ‘ Atleta
novello;
I l
Signore t a l gemma preziosa
Da l tuo seno raccolse
e
t i diè.
E
qual
prima l'avesti
a
fratello,
Ora
a
Padre,
Maestro
e
Pastore
Tu
1 ’ avrai: al non facile onore
Corrispondi
tu
pronta
con f è .
Poi
ne l
mar che d’ intorno t i allaga,
Di
sozzure
e d i
sangue
vermiglio,
Di
tua
sorte
t i
faccia pres a g a
Lo speciale divino l ' a v e r ;
E nell' ora d ’
estremo periglio,
P er
L u i , s a l v a t ’
adduca i l S i g n o r .
R e g g io - Em il ia , L ug l io
1873.
PROSPERO LIBERATI
TAGLIAFERRI.
-
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- e 4 ? “ ) @
A D I / I U N U S E P I S G O P I S U S G I P I E N D U M
GOHORTATIO
-eoeeeo
Quam populo
spissam,
nuper sino principe, navim
Nocte
sub obs cur a
pe r
mare
ventus
a g ì t ,
Hanc Tibi, Gorno,
ratem jam
dissita
regna
petontem,
Ut d uc a s , i nq ui t Navita magnùs, habe.
Exultant omnes; tono fertur ad aethera clamor,
Et spes jam
trepidis magna subest animis.
As t dubius Tu haeres; vigili
nam mente
volutas
Pondus, et i r a t i multa
pericla
maris.
Gorno, metus e
pone tuos ;
jam
sidera
coelo
Apparent; rectum jam T ib i ful ge t i t e r .
Faustus
adest Ventus
superis
demissus ab
oris,
Qui altro
s i t
menti subsidiumque operi,
Ut
tandem
v alea s opt a ta ad littora navim
C a s i b u s incolumem ducere, Gorno, tuam.
R e g r ' i Lapidi
(e x
Episc. Sem.)
21
J u l z ' o
1873.
S a c . ANTONU annrrnear.
-
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-447
-
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-e»18°
A D
N O V U M
A N T I S T I T E M
URBEM
PATRIAM
INGREDIENTEM
_
-
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449»
Dnm populus densus testatus gaudia
vultu
In
templum ma jus , te veniente, coit
Oratum, ut numen longum tibi
proroget aevum,
Quo cunctis possis sterpere a d astra
viam,
Nunc
sonitu
v ir g a e r ev oc a ns , nunc
voce
ma gis tr a
A recto a d frugem devia corda bonam.
Tempore difficili ram sacram
sumis
agendam,
Sed tua Christiadum j ura t uent e Deo,
Et t i b i maturo comes
es t
prudentia, et i l l a ,
Quae
vires animis sufficit, alma Fidcs.
Maraulae, Julio 1873 (
S a c . LAZARI SCAPPINII
l ì ( ) l ' l 0 1 ‘ uLillcn's Lah'nis apud Semv'nnn'um Maraulnr.
-
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4506
[ L
PASTOR
NOVELLO
-oot-
-
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-
-
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‘ ‘52»
Eppur vide i
suoi
Nomi a d
un
tratto
Sciorsi in polve, ed i l culto g i à s pent o;
E da l sangue de l
fiero
tormento
Vide
sorgere
un gregge fedel.
Ma, c e s s a t a l ‘ orrenda f o l l i a ,
Perchè
mai non s i
prostra
a l
Pastore?
Perché i l fervido
omaggio
s i obiia
Con
l ’ insane e perverso
pensar?
E dovuto a l buon Padre i ‘ onore;
E non f a l l a
i l
divino comando:
Oh
beato
chi
l ’
umil
dimando
Per L ui volg e appo
i l
Dio d e l l ‘ altari
O
Re g giani i l vostro inclito esernplo,
Onde
siete
cortesi,
un modello
Sia
pe r
t u t t i ,
che fidi nel Tempio
Van bramando l a grazia v i t a i .
Quanto è g ra to, soavissirno
e
bello
S t a r
congiunti
ai
Pastore
d’ intorno;
E mirarlo di pregi
s i adorno
Sicchè appar non pi ù c os a mort al i
E i ,
frapposto
tra
i l
cielo
e
l a t e r r a ,
Alto eleva
i l
suo sguardo a l ’ Eterno,
P oi i ’ a b b a s s a a l
s uo
gre g ge,
e
disserra
I l
suo
labbro con volto seren:
G ià s ’ infiamma,
e
a 1 ’ amore
paterno
Va compagno a i l ‘
angusta
s ua scienza:
Spande un
fiume
di sacra eloquenza,
P iù che pioggia
in
fecondo terren.
Dal suo labbro sten tutti pendenti,
Vedon t u t t i l a vi a di salute;
E rapito s i senton l e menti
Sollevare
a
l ’
eterna
b e l t à .
-
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. ) . 3 c »
Vedon t u t t i
in l e t i z i a
compiuto
Le
non
morte speranze
dei
giusti;
E , re iet to da
gli
atrii s i
angusti
De
la
gloria,
c hi
merto
non
ha .
Quanti pregi i Veggenti
di
Giuda
Ombreggiar
nei
Pastori
venturi:
Quante doti Eg li v uol che ra c chiuda
I l
Dottor de
l a grazia,
un
Pastor
Quanti a f f e t t i solleciti e puri
Brema i l
Cristo
in
chi
modera
e
regge
I l
diletto
pusillo
s uo
gregge;
T u t t o
accoglie i l s uo
fervido cor.
Sacerdoti, che
i l
mistico
serio
Infiorate del Presule GUIDO,
Apprendete che solo nel
merto
P o s t o
è i l premio a l a prova gentil.
Apprendete:
veridico
è
i l
grido
Che l a gloria e in a ltis sime cime;
Che
deforma ogni
grado
sublime
I l
disdoro
di un animo
v i l .
Oh
festeggia novello
Israele
E t i allieta
col
Presul diletto:
Gli tributa costanza fedele,
Come a Padre pio figlio, ogni d i .
I l tuo c or
sia fervente
di a f f e t t o ,
Si raccenda di c a n di da s p en e;
Cliè l '
immenso
ineffabile Bene
Sempre a i giusti s ue grazie l a r g ì .
Ed
oh, GUIDO, che grande
t i estolli
Circonfuso di gloria
cotanta
Fa che in tutti i l tuo zelo rampolli,
Come
fior d i
ridente st agion:
-
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-°54
-
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-955e»
I L MAGISTEBO
CATTOLICO-EPISCOPALE
LA CIVILE SOCIETÀ
--W
Ode
Saflìca
Come
allor che
alla
nostra umile argilla
S‘
infonde arcananiente
e s i marita,
Dispensiera
del
senso
e della
vita,
La
celestial favilla,
Ne sorge
1 '
uom, mirabile armonia
Di contrari elementi
e
medio anello
Fra l’atomod’ a rena ed i l pi ù bello
Angelo, che s ’ india;
Ma s e quel nesso avvivator s i solve,
E l '
alma
alla s ua
sfera i l vol dispieg a,
P er l o t t a
i n t e r n a
i l f r a l e s i
disgrega
In vermi, in fango, in polve:
Così se
ognor
de l
rivelato Vero,
Come
stella in
gran pelago,
vivace
All’uom
risplende
la
divina face
E
ailumagli
i l s e n t i e r o ,
-
8/17/2019 ascone.pdf
75/111
«affio
In
l e i
s ’
incontra
e
quetasi
ogn’
ingegno.
In l e i del c or s i tempra ogni desio,
E, b ello al guardo scrutator di
Dio,
Sorge
di
pa ce un regno.
Ivi sul labbro a t u t t i è la parola
Interprete
fedel d e l l ’ intelletto,
E
nel
legame d ’ un fraterno
a f f e t t e
In tutti è un ’ alma sola.
Ivi sempre vir‘tude, onor, diritte
‘
Son
cose
sacre e
non mendace
suono;
E i l d e l i t t o , sia in ceppi ovvero in t reno,
Ha nome
ognor:
delitto.
Talami c a s t i ,
gioventù
pedina,
Equa ogni
lance,
intemerato i l foro,
L’
inepe
sazio,
non
cruento
1 ’ ore, I . ‘ _
E
ogni
alma
a l Tempio amica.
Ma s e
la
voce, a
cui
da Cristoè
data,
Ne’
veri
eterni ad
erudir la
gente,
Fra
’ l
delirio
mondanv suona sovente
O
irrisa
e . inascoltata,
Di dubbiezze e di error, d’ire e di voglio
S ' apre
n e l i ’
uman
cuor letta funesta,
Come, ( 1 ’ Euro a l
sofliar,
nella foresta
Si
turbinan le foglie.
C urve 1 ’ anima a l suolo e n e l l ’ oblio , \ A
Di
Lui, che
a
sue giustizia i l
giorno_ha s c r i t t o ,
L’
uom f a
se stesso
un nume,
i l pr o
suodritto,
E
le g g e i l
suo
desio.
-
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76/111
-a5lo
Vedrai
chi destro f r a ’ divieti umani,
Come fra
s cogli scivola i l nocchiero,
Alla
re a meta d'ogni s uo pensiero
'Fa
ch'
ogni vi a
s i
appiani.
Altri l ’ anima vende a chi l o paga
E
ad ogni s ol nascente umil s i prostra;
C hi
di Giuda
c o l l ’
arme esce alla giostra
E con un
bacio
impiega.
Altri
fra i l
vecchio altalenando
e i l nuovo,
«
Di
patria c arit à t ut to
rovente,
Tuona a pubblico bene, e a se , prudente,
Va preparando un covo.
Viete
son de l pi ù fi a c c o le
ragioni;
Saggio
è ‘ 1
pi ù
astuto; prodeil più
robusto;
E
q u e l l o è sempre g l o r i o s o e g i u s t o ,
Cui l ’ esito coroni.
La plebe intanto, a cuinon più la Fede
Fa
dolce
i l
pane di
sudor
b a gnato, ‘
Nè pi ù
s i
attende a l povero suo' stato
fl ,
i l Larga
nel ciel
mercede,
Mentre (bieca guatando
a ’ pingni
censi)
D’ un Gracco
redentor l a speme
avviva,
La mano
or
rapitrice ed or
furtiva
Esercita
in compensi.
Di speranze e d’invidie
un tramenio
Ogni ordine civile agita
e mesce;
Di chi cerca, nè
ottien, freme
e
ricrescc
I l
torbido
armeggio.
-
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77/111
-o58c
Allora, a guidar menti, a frenar brame,
A purgar
templi,
a f a r
puntelloaitroni,
D’
improvvisati
Soc ra ti e
Seleni
Fermenta un 'bulicame.
Allora,
a sprigionar dalle pastoie
E s c a l t r i r ne’ suoi d r i t t i i l
gre g ge umano,:
Alla penna s i sianeia ance l a mano
.Avvezza alle
cesoie.
Delle blando dottrine aila.rghi r i x i i
De’ propri efilci i l volge
boe
i
oblio,
E
( 1 ’ empie
ciance
invade
un turbinio
Fondachi, scene, t r i v i
Oh di ben
a l t r i
aiuti
ha
mestie'r questa
Età,
che
putre
in
fiaccide
costurire l‘
Non
tien
veci
di
stella un
fatuo lume,
Che
s o l c o .
l a tempesta
Se i cuor
non scalda la
virtù
del cielo,“
Germinar
non vi può vera virtute: - » ‘ . Ua sospirata a i popoli:
salute
; - ' / .
Non vien che
da l
Vangelo
Non I r a molti anni, traversar fu visto ‘ rino
Laghi di
sangue
un popolo feroce,
Da l di che apprese a
dalpestar
l a
Croce
- , -
E=il
Codice di Cristo
F er ra r a, L ug l io 1873“. 1 . : I i i . ‘ i , ' . i / ‘ r , ’ . - , ,r. . ' . - . ' î f
.1
- Promo
Cara“ Mamerrr.
-
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AD
H E G I E N S E S
N O V O I N G R E D I E N T E E P I S C O P O
_
Elegia
,
Ergo
erat
in
f a t i s , ut
lato occumberet
llle
i ' ) ,
Tam c i t o , qu i Praesul, dnxque
»parensqne
f u i t
Tam c i t o ? . . ‘ Maturus caelo,
caelum
ip3e petebat
Dissolvi
cupiens, et
superùm
esse
comes.
Sed
tamen
emenso sp atio cursuquc laborum,
Quos alacri
semper'sustulit i l l e
animo:
Ad Vos respiciens secum moerebat id unum,
Mors
s ua
quod natos
a patrc
divideret.
Quid
moriturus
agat,
paulisper mente volutat;
Dein laetus: Fato
non
dirimemur:
a i t .
Tunc sese
et vosmet‘
Cordi conjungit
lesa:
Omnium ut in Christo vita sibi una
f o r e t .
(‘ )
Catone: Maccm, domo MBdÌOIMIO, Episcopns et Princcps, ab anno 1807 ad 1873
regienscm
rexit
Ecclesiam.
Eodmn
hoc anno (1873 ) ,
IO calandra junias,
horu
quinta cum
dimitliO
ante
meridiana, s anat a, ut v ix it , o biit . Annina agebat satatls sane 72. Auctor, qu i praeclnras ejns
virtntel,
pietatein
praener'im
et
prudentium,
pulcre
jnm
novcrat,
credit
e t s on ti t, quod Christus
Jeans,
Pastor pastornm,
cnjns
Ascensionem pridio tota celebravemt
Ecclesin,
pastorem
lume
bonum,
vi : morte sconta, ad s e t ra x is s ot .
-
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-o(i()e»
Vix dum autem cessit terris, exorat
Ie sum,
Ut,
Sibi
jam
voto,
consulat Ipse gregi.
Annuit o r a ' n t i Christus servatòr, et inquit:
Hoc esto quod v i s , En (viden’
? ) ecce
Virum
Supplicis
extemplo
pertentant
gaudia
rnentem,
Quem tanti virtus baud latet ulla v i r i .
Miratur
gestitque simul,
dellaudat
et hymnit,
Pro magno et
grates
munere P a stor a g i t .
Ej a igitur, Cives, cunctas depellitc curas,
Signaque laetitiae
qualiacumque date.
Iam
Templum
ingreditur primis de
Antistibus
unos,
Ignea quos decuit
vincere
tela Deus.
Iam vos ailequitur, vobis jam pascua
monstrat,
Haec fugienda notans, i l l a adeunda monens;
Et fontes
quoque
voi ' f a e c e infectosve venenor
Aeternam in eitam voi s alientis a qua c .
,
Auditis?..
Linguis
opus
es t
animisque
favore:
Ore nevi
effatur Praesulis
ipse Deus.
Heu quot
commemorat
mala damna quot i l i e
recenset,
Immani quorum
pendere, terra gemiti
Iustitia et pietas a b i i t : c a sa , reg ia , v i l l a ,
Urbe,
forum,
ager, plateae, compito, templa, viae,
Omnia criminibus
longo
lateque redundant:
Nox,
tenebrae regnant, horror ubique, chaos.
Hinc gens
aggreditur
gentem,
hinc
b e l l a ,
horrida
b e l l a ,
Armisque
et
l i t u i s
perstrepit emme
solum.
-
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4616
Saepius in caelis apparent sigma cruenta,
Quae mentes
terrent, damnaque mille
ferunt.
Vidimus et pridem montis.juga dira Vesevi,
Quem subito in gyros ignea torsit hiems,
Immensam a h vim flammarum ernctantia et ig nis ,
Toforum, exesi
pumicis,
et cineris.
Vidimus
et
fluvios,
abruptis gurgite r i p i s ,
Impete cum
vasto
per loca quaeqne rapi.
Proh dolor Alluvie quid non periit? Seta, plantae,
Horti,
campi,
aedes, oppida, rura,
pecus.
Et sentimus adhuc fremitus
motusque
tremendos
Terrae, quae passim finditur, h i s c i t , hiat.
Et
cecidisse domos turresque, palatia, templa
Fama e s t ,
a c
multos oppetiisse
necem.
.
Haec super et coepit spar sim jam serpere pestis,
Duraque pauperies, et
malesuada
fames.
Discant
j u stitiam moniti,
et non
temnere
Divos:
Ni l
miseros populos, nil n i s i culpa f a c i t .
Oh amor
a c
pietas gentes coniungat Iesu,
Unus
qu i
potis es t omne
fugare
malum.
Haec novus,
haec
vobis
Antistes:
pendite
magni.
Angelus
es t m is s us : v er ba salutis habet.
Ferrariae, J u l z ' o 1873.
ANTONlI-_MARIAE Canonici chmru.
-
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462°
NO N
POSSUMUS
“ ’
_W_
Canzone
I ta l i a , I ta l i a ancor sei
grande
e prima
Tra le
infinite genti,
Che d a l l ’ orto
a l l ’
occaso i l sol r a l i i e t a .
Ancor di gloria opima
In
mezzo
all’ente
d e l i ’
et à t i senti,
Non pei
b ug i a rd o v a nt o
Di
tua
bu giarda
libertà
novella,
Che
ad
ogni
ben rubella,
E d ’ ogni fatte rio fonte e maestra
Ai
misfar s i
scapestra,
« i E dà nel sang ue, e n e l l ’ aver di piglio: »
Ma pe r 1 ’
a lto di Dio
senno e consiglio.
(1 ) Dice 1 ‘
Ecclesiastico:
Gloria homim‘s m . - honore patria. P e r ques t o s‘
intende
d i celebrare
i l
nostro
Monsignor
Vescovo
RoccA
oii‘orendogli
quesln
Canzone
intorno
al
Sommo Font.
PIO
12,
l' Incompnrnbilo.
-
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«2636
Vieni, o a ntic a dc ’ regni arbitra
e
donna,
Dietro a l l ’
ardito
volo
Del
mio
noh servo immaginar v e r à c e . ‘
Qual s i lungo t ’ a s s o n n à . ’ ' ;
Di
tue
grandezze
obblio? Qual
t i e n t i
a l suolo,
Qual mai schiavo pensiero?
Della tua
mente
alfin romper conviene
Le inoneste catene.
Troppo a l lume del ve r pe r arte ria
Chiudesti,
Italia mia,
Le
tue veggenti un giorno acri pupille;
E alla luce del vero Iddid
s o r t i l l e .
“1 “ -“'
Ancor sei grande e prima; eppur non mostri
Di conoscer _ t e s tes s a
Fr a
l e
dens’
ombre d e l l '
e r i ‘ o r
confusa.
A vano
i d o l
t i
p r o s t i ‘ i , ’
‘
“
‘
‘ 4
he i n odio
a l
giusto e ’ à l '
vero
Oggitf
ha
messa;
E nel veder tuo cieco _ ‘l t e c h i a m i l e v a l l j , e b a s è i i m i l a , ”
Chiami s a v i i ‘ m p r o n t i ' ;
Libera chiami
schiavitù; felice
L’ empia et à meretrice;
Chiami gloria i l f a l l i r ;
giare
g l ' inganni;
Chiami vero 1 ’ error; padri i
tirai1ni.
AMA
Ancor s e i grande e prima.,Ecco tr a l ' erme
Stanze del Vaticano, M i .
Ecco
1 ’ a l t o
t u l g o r
d i
t u o
grandezze.
Se t ue p up il le
inferme
-
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4640»
A
veder t a nt a
luce apronsi
invano,
Vieni a toc ca r col dito
Le
gloriose gesta,
ond‘
è giocondo
Per
meraviglia.
i l inondo;
Pensa qual uom potea senza vicina
Assistenza
divina,
Solo,
inerme,
d ‘ uman braccio dispoglio,
Fiaecar
del
vinto vincitor l ’
orgoglio.
I l
NONO
PIO
fiaccollo;
e
là
de l
Tebro
Fra l e mancipie sponde
Libero e solo
in s uo
pensier
s estolle.
Sol i o ,
può
dir,
stenèbro
Queste
del
secol
rio
notti
infeconde;
Sol i o ,
sol io
del Vero
Schiudo
quaggiù l ’ inessiccabilfonte;
Sol io sperder s o 1 ' ente,
Che i l c i e c o e r r o r d i t r a l i g n a ti fi g l i ‘
Con proter'vi consigli
Fecer
d ’ I ta l i a mia nel chiaro nome;
Sol
io
potronne
alleggerir
l e some.
A Lui
dinanzi in formidabil schiera
Del trionfante
Errore
St a più forte che mai
1 ’
empie
baldanza.
In ogni
parte impera
Or col maestro inganno, 0 1 ‘
col
terrore,
E
a Lui, come
Satanno
A l l e .
g ià
in terra
umanità
di Cristo,
Novo
promette
a6qnisto,
-
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«65°»
E di popoli plauso, e
glorie
nove,
Se
de l s uo labbro
giove
Al novel di Nabncco
arduo
colosso;
Ma risponde i l
gran
PIO: Figli, non posso.
Quindi in s ua
prima
onnipossanza integra
Sta del d iv ino g i ur a
L’ indivis a a i mortali opera etern
Quindi i l
c i e l
s i
rallegra,
E col
ciel
le‘benigne creature,
In veder che i l gran PIO,
Contro
1 ’
ira
f a ta l d ’ aspra
fortuna,
Tanta in
se
grazia aduna,
Tanta di senno e di
poter
presenza,
Che fermo in sua sentenza,
Non
vinto in petto, i l
vincitore
atterra,
E
coi
d r i t t i
del c i e l salva la
terra.
C e r c a , Italia mia
bella,
intorno
cerca
Delle nuove tue sponde
E
delle
p ris c he t ue storie
veraci,
Se con pi ù onor s i merca
Titolo e plauso d ’ immortali fronde.
Cerca s e alcun fu mai,
Che
di tuo ben più
santamente caldo,
Spirto avesse pi ù Saldo
A l e v a r t u a onoranza a n o b i l segno;
Cer c a
se
al cun fu degno I
Di poter d i r : pugnai, nè m‘ ha riverso
La
possanza
infernal
d e l l ’ universo,
I
-
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*66°»
Ancor sei grande,
Italia,
ancor
lo sei
P el magnanimo PIO
D’ ogni grandezza tua
og gi più
grande
La s ci a che i tempi r e i
Nel torrente s i tuflî ln dell’ oblio,
E l e maligne genti
Tornino a l chiaro ben dell’ intelletto.
Lieto
allora ogni
petto
Farà del vero
risuonar la
tromba,
E sulla
sacra
tomba
D e l
grande
i t a l o
P IO
v o r r à - s i
s c r i v e :
8 '
oggi I t a l i a
è
ancor
grande, a '
LUI s ’ a s c r i v a .
Per
Lui,
diran, del
conquistar
tiranno
C e s s e
i l libito
a l
dritto,
»
E tornò
vano
i l
prepoter del f o r t e .
Di
coronato scanno
Tornò, d i
Dio
nel nome,
i l giure
invitto.
Per
Lui bella
sorrise
Novellamente
l a
des ert a P a c e,
. E in amplesso verace
Colla Giustizia s i distrinse, e
sparve
D i spaventose l a r v e
_ 1
La minacciata al
mendo empia oaterva;
Non pi ù alla forza l a ragion fu serva.
Ma pria, benigno É i l c i e l
se
non ti scampa,
Vedrai l ‘
amaro
f r u t t o
Che
da
impiinito
S c e l l e r a r
s i
c o g l i e .
‘
Vedi quant’
odio avvampa,
-
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467°
Quanta guerra minaccia e quanto
l u t t o .
Di
regi un'ecatombe
Oggi chi ovunque libertà più g rida
In sen
co’ voti
annida;
Spera
templi combusti, a re
riversa,
Spera
in comun converse
Le dovizia
veder
degli opulenti,
E da l sangue
re gnar barbare
genti.
Canzon,
fra
genti t e n ’
andrai, che
sorda
Sono a l giusto ed a l ver; ma t i rincori
V Di
PIO
l ’
esempio; e se talun
molesto
Trovi i l tuo
d i r ,
p er q ue st o
Non tornarmi
conquisa.
Attendi
i l
poi,
E avran
trionfo
i
v a t i c i n i i
t u o i
Bologna, Luglio l873.
I
Can. CLEMENTE DE ANGELIS
-
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-
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LA C R O CE E L‘ANELLO E P I S C Ù P A L I
Sonetti
-
Corona
- -_°-M‘O__
-
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4710
Anello
e Croce
in
mistico lingua g gio
Favellino al Tuo
cor,
s a c ro
Pa s tore,
Sia
l ’ Anello
d'
amor fulgido
raggio,
La
Croce sia, per Te,
vanto ed onore.
L’ Anello alla Tua fè
cloni
coraggio,
La
Croce
ispiri
a l l ’ anima
vigore,
T ’
illumini
l ' Anel
l ’ aspro viaggio,
T i conforti la
Croce nel
dolore.
Coll’
Anel tutte l ’
anima
incatena,
Colla Croce,
de l
ciel le vie ne addila,
De’
r e i
l e brame c o l l ’ Anel
'ra/frena.
Sia
la Croce i l
Tuo brando, o pio
guerriero,
Di pace s i a 1 ' A n e l s l e l l a g r a d i t a ,
Con T e t ri onfi per la
Croce i l
Vero
Reggio-Emilia, 6 Luglio 1873.
-
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I I .
Favellino a l Tuo cor, sacro Pastore,
Gli
eccelsi
miti
che a Te
i l
ciel
destina,
Soavi accenti d’ infuocato amore
Per l a
g r e g g i a
fedel che
a
Te s ’ inchina.
Se i e r , d el l'
urne
t r a i l funebre orrore,
Piangea di morte la feral rapina ( ' )
Della
l e t i z i a tra i l l'ulgente albore
Oggi,
Gorno,
per
Te balda cammina.
Deh Tu la reggi, qual pietosa madre
Che a ’ primi passi
i l
bambinel
sostiene,
La
scorgi
Tu
f r a l e nemiche squadre.
E
al fin di
queste, a hi tanto amare pene,
Alla Croce
1 ’
avvinci,
odolce
Padre,
Del santo Anel coll’ aurea catene.
6 Luglio 1873.
(' ) S. E. Rev.ma Mons. CARLO MAccm Vescovo di Reggio, mancato ai vivi nel giorno 23
di Maggio dell' anno corrente.
-
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I I I .
Sia l ' Anello
d’ amor
fulgido
raggio
Che, in quest’ esiglio di tenebre cinto,
A noi risplende. qual divin miraggio,
E ne liberi
i l
cor da colpe avvinto.
L ' a ve st i
(
T e]
ricorda)
in
gr a to
omaggio
D’
affetto da Colui ( ’ )
ch’or
piangi estinto,
Quando,
a l l ’ estremo de l mortal viaggio,
Fu nel grembo d e l l ' urna ahimè sospinto.
Beh
che quel
pegno
di
cotanto a fi e t t o ,
Presago
a
Te
( 1 ’ episcopale vanto,
La
viva
fiamma T ’
avvalori
in petto;
E fra
le
insidie dell‘ Averno intero,
Tenga
(di
tè e d ’ amor
vincolo
santo)
Stretto
i l Tuo gregge
a l l '
Arbor
del mistero.
7 Luglio 1873.
( ‘ )
Si allude a S. E.
Rov.ma
Mons.
l’uno
Runuug li Vescovo di Reggio, morto a l l ì
22 Luglio 1 866, e di
cu i
Mons. Vescovo Conte Boom fu Vi cario Generale.
-
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4740
IV .
La Croce s ia per Te vanto ed onore,
Fra le
tempeste
d e l l ’
iroso
mondo;
Tu pe r essa comba tti i l bieco
Errore
Sicché Abis so
s i merda
i l labbro
immondo.
Nè Ti sgomenti d’ Erebo i l livore,
Nè degli empi r i b e l l i odio profondo;
Colla Tua Croce fulgida
sul core
Abbasserai' dell‘
armi avverse
i l
pondo.
Vedi l’angue f a t a l , che sotto a l piede
Della
Vergin
di Jesseavventa fiele,
Mentr’
Ella
franca e maestosa incede?
Baldo l ' affronta,
in ferree catene
Lo stringi ardito,
e i l popol
Tuo
fedele
-Goda
per
T e d e l l ’ increato Bene.
7 _
L u g l i o
l 8 7 3 .
-
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4751»
L’ Anello alla
Tua
f e ‘ doni coraggio,
0
generoso, che
pe l
Ciel
combatti,
E s e nel rio S at an per vi a
T ’ a bb at ti,
Provi
de l Tuo valor
non
dubbio assaggio.
Qual
s i
sciolgon l e nevi a l
sol
di Maggio, .
F
uggan da
Te l e
insidie
ed i
misfatti,
E
i
nemici di Dio vinti e disfatti, ’
Pi an g an per T e nel tempio i l f o l l e oltraggio.
Al
secolo
codardo
impara,.o
forte,
Che d e l l ’
Ara l a b a se
è immota,
e dura;
Vincitrice del tempo e della morte.
E della
vita
sul f a t a l sentiero,
Se
mai
sfiori
i l Tuo
core
aspra sventura,
Sia l ’ Anello di gaudii a T e
foriero
7 Luglio 1873.
-
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476»
VI .
La Croce
ispiri a l l ' anima
vigore,
Or
che Abisso‘
a l Signor
f a
stolta
guerra,
E
traviata
e cieca ora l a terra
Sfida
i l
V ic a ri o del s uo
g r a n
Fattore.
D i ' fatue
luci a l trepido
bagliore,
Vedi come l a pazza inciampa
ed
erre;
Deh
Tu
l a
Croce salvatrice
a f f e r r a ,
La Oroce, che di Dio calma i l furore.
E questo
gregge
che
i l
Signor
T'
affida,
Cinto
d‘
avidi
lupi, inerme e solo,
Trovi
in
Te
l a sicura
esperta
guida;
Sicché
d‘
Averno le nefande mene
Cadan pel Tuo poter distrutte a l suolo,
Erechi
a
lui la Croce ore serene.
7 Luglio
1873.
-
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VII.
T ’ illumini l ’ Anel l ’ aspro viaggio,
Come stella polar scorge
i l nocchiero,
Quando Oceàno turbolento e
nero
È
di morte
e
terror cupo mes s a g gio.
E
i l
Tuo
gregge che
palpita a l
serva g gio
Del tracotante Averno,
in
s uo pensiero
Si rinfra nc hi a q ue' l ampi , e guardi altero
A
quella
meta
che
non
ha
pareggio.
Sgombra l e notti d e l l ’ Error innesto,
C ol gioie] che
T i
brilla ardente in d i t o ,
E
i l cammih
c i
ris chi are atro ed
infesto.
Così, vinto ( 1 ’ Abis so i l rio
guerriero,
Della
pa ce
a noi
doni i l
premio
ambito,
De’ cori,
a Tè, l ’
Anel porga
l ’ impero.
8 Luglio
1873.
-
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478*
VIII.
T i conforti la
Croce
nel
dolore,
Triste retaggio
dell'
umana vita,
Che, quasi spina a l cespite d ’ un fiore,
Ha
del nostro
cammin
l a trama
ordita.
E se
doglioso
T i discende
a l
core
I l sospiro d’ un’ anima ferita,
De’ redenti i l Vessil, fonte d’amore,
Alla dolente,
Tu
pietoso,
addita.