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    Informazioni su questo libro

    Si tratta della copia digitale di un libro che per generazioni è stato conservata negli scaffali di una biblioteca prima di essere digitalizzato da Google

    nell’ambito del progetto volto a rendere disponibili online i libri di tutto il mondo.

    Ha sopravvissuto abbastanza per non essere più protetto dai diritti di copyright e diventare di pubblico dominio. Un libro di pubblico dominio è

    un libro che non è mai stato protetto dal copyright o i cui termini legali di copyright sono scaduti. La classificazione di un libro come di pubblico

    dominio può variare da paese a paese. I libri di pubblico dominio sono l’anello di congiunzione con il passato, rappresentano un patrimonio storico,

    culturale e di conoscenza spesso difficile da scoprire.

    Commenti, note e altre annotazioni a margine presenti nel volume originale compariranno in questo file, come testimonianza del lungo viaggio

    percorso dal libro, dall’editore originale alla biblioteca, per giungere fino a te.

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    nell’intero testo di questo libro da  http://books.google.com

    https://books.google.it/books?id=SsjCQ4AbwjwC&hl=ithttps://books.google.it/books?id=SsjCQ4AbwjwC&hl=it

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    I I I O N S I G N O B

    GUIDO

    D E I

    CONTI

    B O C C A

    V E S C O V O D I R EG GI O N EL L ’ I I I I I L L I I l P R I N C I P E

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    GIORNO

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    SUO

    SOLENNE

    INGRESSO

    I N DIOCESI

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    C H E O FF E R I V A N O

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    PERIODICO

    IL GENIO CATTOLICO

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    DALLA TIPOGRAFIA BONDAVALLI E

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    ANNL'IT

    VOTIS

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    VESTRAE n

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    P O N T IFI CE .

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    PROBATORE

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    VIRTL'TIS

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    LEPIDI

    RENUNCIATÌJS

    . EST

    . episcopus

    clvrs . VES T RI . HONOR . VOBIS . H O N O R I . EST

    clvmms .

    VESTRAE

    . D I G N I ' I ‘ A S . DIGNITA TE . EIUS . AUGETLÎR

    PASTOR .

    NOVENSILIS

    NOBILIUM . SANGUIS . PARENTUM

    GENERIS . SPLENDOREM . MORIBUS .

    ORNAT

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    ANIMUM

    . CAELESTI . SAPIENTIA .

    MODERATUR

    INGENIL'M . DOCTRINA

    .

    EXCULTUM

    AD . nam . NORMAM .

    COMPONI'I‘

    - AVE . AVE

    GUIDO

    F O R M O S I

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    ( ‘ L ' S T O S

    .

    FORMOSIOR

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    TE

    . CUSTODE

    NON . ACONITA . AUT . FALLACES   . HERBAE .

    VENI‘INI

    lNFIClEN'I‘

    . GRAMEN

    NULLA

    .

    TENTABUN'I‘ .

    CONTAGIA . GREGEM

    NULLUS . IN . OBSEPTIIM . OVILE

    LUPUS .

    IRRUMI’ET

    _

    MARIA

    DEI

    .

    MATER

    IN . CUIUS

    .

    FIDE . ET

    . PRAESIDIO

    ORDO . ET

    .

    POPULUS . REGIENSIS

    VOLENS . LUBENSQUE

    CONQUIESCIT

    eulnoum -

    noccAm

    PONTIFICALE .

    MUNUS

    . INEUNTEM

    TUERE

    UT

    . MULTA .

    PER . QUINQUENNIA

    POPULO .

    SIBI

    . CREDITO

    INTERSIT

    RELIGIONEM

    . PROVEHAT

    SUAVESQUE

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    mnonis

    IN . CIVIUM .

    MORES

    MANARE .

    GAUDEAT.

    Romue, julio Mncchxan

    AM-oMns ANGELINII'S E

    somnum I I ‘ I S I ' .

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    ed

    Immortale“

    Rettor in terra della Diva

    Sposa;

    La tua, pel mondo inter, cura amorosa

    Dimostra

    quanto

    del suo

    ben T i cale.

    I l P ara cleto, dispiegate l ’ - ‘ a l e ,

    Adombrò

    un'

    Alma

    n e l

    Santuario

    ascosa{

    Tu‘ La

    chiamasti

    a Spandere

    p i e t o s à

    Su p i c c i o l

    gre g ge

    di

    sapiefiza

    i l s a l e ;

    Re g gio,

    ch’/ergeva umil s ua

    pr'ece a DIO,‘

    Implorando

    un

    P astor

    d é l l ‘

    Aqui't3no

    Imitator perfetto alle s ue mura,

    Al

    Tuo

    Nome gioì,

    GUIDO,

    e secura

    D ' e s s e r

    c o r ' r e t t a còn

    P a t e r n z i mano,   ‘  

    L’ Inno d i grazià‘intuona a l Sotninb PIO.

    Reggio-Emilia.

    Luglio 1873.

      D o î ’ r ;

    D .

    .\xwomo anmm.

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    27/111

    «8»

    PADRE

    E

    PASTORE

     

    Sonetto

    Qui

    di

    tua

    vita

    fin da l

    primo

    albore.

    L' aura spirasti del pi ù santo a f f e t t o :

    Qui nella tua c i t t à , Padre e

    Pastore,

    Fosti fra

    mille e mille

    plausi

    e l e t t o .

    Oh, v i e n i È dolce i l r i t r o v a r r i c e t t o

    Securamente fido in

    s en

    d ‘

    amore

    Da te

    i l

    buon germe culto e

    benedetto,

    Qui produrrà d '

    ogni

    virtude

    i l

    fiore.

    Fede,

    speranza

    e caritade avita;

    Caritade

    che

    i

    suoi

    doni

    ricopre,

    E scusa

    l ’

    altrui

    fallo e t ut ti a it a

    Ah s i s v el a nd o a p pi en nel suol nalio

    Di buon

    Padre e

    P a s tor l e splendid‘ opre

    T i

    farai

    scala per

    condurci

    a

    DIO.

    Modena, Luglio

    1873.

    M. TERESA BERNARDI nata CASSIANl-INGONI.

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    28/111

    49e

    I N S I D I E

    E

    D I F E S A

    Sonetto

    Empietà baldanzosa alza l a fronte

    Con procace sogghigno e lingua sciolta,

    E

    svergognata

    va

    portando in

    volta,

    Trofei di sue vittorie, infamie ed

    ente.

    Tutte

    di

    male

    oprar l e vie pi ù pronte

    Mostra. alla

    gente

    oltracotata e

    s t o l t a :

    Regna e l l a ,

    e gi a ce

    ogni virtù sepolta.

    Di v er ac e s a pe r

    spenta

    la fonte.

    V e' qua l d ’

    orridi

    mostri infame stuolo

    Le fa siepe d’ intorno, e qual minaccia

    Cagion di

    pianto e

    miserando duolo

    Pastor, accorri, e l a fede]

    Tua

    g r e g g i a

    Mantenendo

    di

    Cristo in s ulla

    traccia,

    Dalla

    cruda difendi

    e l a

    francheggia.

    C o l l e g i o d i

    Moncalieri.

    L ug li o 1 8 73

    P . ALFONSO PAGNONE Barnabita.

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    29/111

    - e I l ) \ »

    S P E R A N Z E

    Sonetto

    Appenachè l ’ i n c s o r | a b i l f a t o ,

    Contro cui

    del

    morta]

    forza non

    regge,

    I l Pa s tor c i rapì cotanto amato

    La s ciando

    senza guida afflitto

    i l , g reg g e;

    I l Grande

    PIO Sovrano venerato, _

    Volta

    l a mente

    a

    LUI

    che'l

    ,mondoìregge,

    Te s c e l s e , o G UIDO , per l'onor _ r n i t r a t o

    A banditor d e l l a Supernalegge.

    E

    se

    mai Reggio

    un

    dì,fla

    sqoraggiata,

    Imperversaudo l a terribil tguerra,

    Che,allav Chiesa

    s i

    fa

    tanto,spietata;

    Usbergo troverà

    nella

    fermezza,

    Di

    Tua

    rocca

    s i ben

    sperimentata.

    E g l i empi dardi_zg

    rintuzzare

    avvezzga.

    Reggio-Emilia, ‘ 2 l Giugno 1873.

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    30/111

    -o]]e

    C O B A G G I I )

    Sdhetto

    (a rime

    obbligate)

    Uh d ‘ eccelso potere erede augusto,

    La Rocca ascendi che

    a

    Te venne presta,

    E fermo i n t a n t o s u l pendio r o b u s t o

    Non paventar d i da rdi 0 d i tempesta.

    Se riposa l a

    Fè sul

    sasso

    onusto

    Di

    mille palme e mille,

    ahi

    sempre

    è

    desta

    L ’ i r a crude]

    d e l

    Tentator

    v e t u s t o ,

    E l ’ infernal

    bufera

    unqua

    non

    resta.

    Fra i nos t ri p la us i ed i l comun desio

    Conquidi,

    o

    Gorno, ogni

    oste iufida e

    cruda,

    Seguendo i l genio ed i l gran cor di PIO;

    E Guerrier prode

    osa,

    contendi e

    suda,

    Ove

    spirar vedrai

    l ’

    aura di DIO,

    Emule fatto del

    Leon di

    Giuda.

    Reggio-Emilia,

    Luglio 1873.

    D. G.

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    4120

    LA

    FORTEZZA

    -M

    Sonetto

    Chi è Colei, che s u veloci piume

    Scende di ciel per lo sidereo vano,

    E a ‘ r a i

    vestita

    de 1 '

    eterno lume

    Rifulge

    in

    portamento almo, sovrano?

    Di

    lunga

    veste

    ondeggia

    aureo volume,

    Ha

    saldo

    scudo e

    invit to s c et tro

    in mano,

    E grida in

    suon

    d ’ oltremortal costume:

    Vostro poter

    contra

    mia

    possa

    è

    vano.

    G ià i

    venni velo cissimi raccoglie

    Sovra

    un Angiol

    d ’ I ta l i a ;

    ecco

    s ' avanza,

    Ecco

    a

    l u i queste pie voc i discioglie:

    - ombatti, e vinci; e

    incontro

    affanni ed onta

    Fi a sempre

    i l

    tuo bel

    c or

    fida

    mia stanza

    -

    Disse, e d ‘ un serto gli cinge a l a fronte.

    Bologna, Luglio

    1873.

    Ab.

    D. Emuco FABI.

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    32/111

    413%

    F I D U C I A

    I N

    D I O

    -M_

    Sonetto

    Almo

    Pastor,

    c ui

    i l

    sommo

    PIO

    g ià

    appel

    Degli

    Apostoli a l l ’

    alto

    magistero,

    Grave è i l Tuo pondo in questa etade f o l l a

    Che plaude

    a l blasfemar

    d e l l ‘

    empio

    altero.

    Ma

    che

    non può v irt ude, s e s i abbella

    Di carità

    e di

    fede,

    e se

    nel

    vero

    Inspirasi, che qual

    fulgente stella

    In Roma

    appar

    nel

    Successor di Piero?

    Alla Tua grog gia franco

    i l pa s so

    a f f r e t t a ,

    ( Ch'orba

    de l

    suo Pastor gemer s i udia,)

    Per

    consolar

    l a

    patria Tua

    d i l e t t a .

    Ella

    T i attende

    speranzosa

    e p i a ,

    Mentre l ' immonda’ truculenta setta

    Indietreggia a l

    gran

    nome

    di MARIA

    Mileto-Calabria,

    Luglio

    1873.

    “U

    lLI P P O

    TACCONE-GALLUCCI.

    onori

    di spada

    :

    cappa di Sua

    Santità.

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    33/111

    -411e

    LA R E L I G I O N E ANCORA D I

    SALVEZZA

    Sonetto

    9

    L a vverso

    genio con

    nov' arte stese

    Sopra

    questo giocondo elmo terreno

    Si impura nebbia e zeppa di veleno,

    Che gr a t a stanza ci a s cun

    mal

    vi

    prese

    Scorte l ‘ ordito inganno,

    allora

    chiese

    In

    dolce a tto

    ( 1 ‘

    amor

    al Nazareno,

    Che

    ritornasse i l

    fosco

    ciel

    sereno,

    C ol pianto

    agli occhi, i l

    credulo paese.

    Ma i l

    Signore

    veggendo quasi spento

    L’astro vital della maggior Nazione,

    Rilasciò

    Dite

    a l l a

    vana

    apra

    intento.

    Ch' Ei vuol, che 1 ’

    empio

    colla sua rovina

    Mostri a l l '

    I t a l i a che

    l a

    Religione,

    E

    d e l mondo l a madre e l a r e g i n a . ,

    R e g g io - Em il ia . L u g li o 1873.

    Dorr. FISICO ANTONIO Mosoarnnu.

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    34/111

    »415o

    L A NAVE E I L

    N O C C H I E R O

    Sonetto

    ,

    I ‘

    reme

    l ‘

    onda

    del mare

    a

    Piero

    i n f e s t a ,

    E qual dovunque nel

    re g giano

    l i d o ,

    Sbalza l a nave a l c i e l , mentre l’infido

    Austro l‘avvolge,

    nè i l

    s uo

    corso

    arresta.

    Di vele priva in quella parte

    e

    in

    questa

    Invano

    cerca

    di salvezza

    un nido;

    Uhè di nascosto vento i l fischio, o GUIDO,

    Rende vieppiìi crudel l ' atra tempesta.

    Cresce de’ flu tt i i l

    minaccioso

    orgoglio,

    E giàla veggio, oimè d ' antenne priva,

    Lacero

    i l

    fianco e

    d ’ ogni remo

    spoglio.

    _Ma Tu forte al timon t ’ attieui accorto,

    Frangi l '

    onde,

    l e

    s i r t i

    occulte

    schiva,

    E s ana e s alva l a riduci in porto.

    Reggio-Emilia, Luglio l 8 7 2 à .

    Avremo PIERO'I‘TI.

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    35/111

    4160

    A U G U R I O

    -om

    Sonetto

    In questi di che oscuro nembo vela,

    L ' idra

    ritenta

    del

    doglioso gregge

    Far danni, ed

    onte

    alla

    superna

    legge,

    Tessendo i fili di maligna t e l a

    Ma con

    quel lume

    c he

    i l Signor disvela

    A chi con retto

    core

    i l

    popol»regge,

    Può quei temer, che

    i l

    NONO PIO elegge.

    In

    s ì torbido mar

    spiegar l a

    vela?....

    Sacro Pastore,

    che

    l a cura imprendi

    Di

    Lui,

    (' ) ch’ or fece a l

    c i e l

    l a

    s ua

    p a r t i t a ,

    Sull’

    u sato

    sentiero

    i l

    piè

    protendi.

    E a d og ni

    verbo,

    che i l Tuo labbro suona, ,

    Spunterà un fi ore c he n e l l ' ardua v i t a ,

    ' 1 ornerà‘

    i l

    crine d ‘ immortal

    corona.

    Reg gio-Emilia,

    Luglio

    1873.

    Dorr. FISICO ANTONIO MOSCATELLI.

    ( - ) Si

    allude al

    non

    ha

    giuri defunto Monsignor Vescovo CAILO Kncclx.

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    36/111

    4171»

    I L SOCCORSO DEL

    C I E L O

    _W_

    Sonetto

    Giacea da un mese immersa

    nel

    dolore,

    Implorando

    a Pa stbr in

    sua

    difesa

    Un Samuel

    pe r z ' e l o e

    per

    candore,

    La vedova di

    Reggio

    illustre Chiesa.

    Intanto a Gorno, che di esimio amore

    Objetto er a

    a l Signor, l a

    mano

    Ei

    stesa:

    A

    L ei, dis se, ne va vigil cultore,

    Reggila, e u g u a l T i

    mostra a

    tanta impresa,

    Rompi

    ogni indugio,

    e

    di

    consiglio e scienza

    In

    tutte 1 ’ opre

    Tue r i t ' u l g a

    i l dono,

    G ià infuso in Te c on supernal sapienza.

    - Onde a prova vedrai, che accetti sono

    Non

    g li aspri

    e duri, ma c hi di clemenza

    I l sostegno

    più b e l forma a l

    s uo

    t r o n o .

    R e g g i o- E m il ia , L u g li o 1873.

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    37/111

    elSe

    A L L ’ I T A L I A

    -Wo

    Sonetto

    Quando

    i l Levita,

    che ha formato

    i l

    core

    Al

    vero ben

    della famiglia umana,

    Diceva: - t a l i a I ta l i a - ta lontana

    Da

    c hi

    t ’

    illude

    con un falso

    amore;

    Allor rapita

    da l

    novel fulgore,

    Che i fior pingeva in ogni cosa strana,

    Spregiasti,

    incauta, quella voce arcana,

    Cile t ’

    apprendea

    l ' abisso

    del

    tuo

    errore

    Ma ora che i l

    vedi

    colle tue pupille,

    Poiché s e i

    nuda

    e de sol at a

    in

    mare

    D'

    occulti

    s cog li e di procelle pieno;

    Deh

    sventurata, torna a l

    Nazareno,

    Che largirti vedrai, stando all'altare,

    Gli

    implorati

    favori

    a mille a

    mille.

    R e g g i o- E m il i a, L u g li o

    1873.

    Dorr. Frsrco ANTONIO MOSCATELLI.

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    38/111

    -419o

    A R E G G I O

    _M-

    Sonetto

    0

    R e g g io ,

    esulta

    Al Vescovile s e g g io

    Di

    tua gente patrizia

    Eg li è

    1 ’ Eletto

    Esulta e con pietà pari

    a l l ‘

    affetto

    Lista Lo accogli, avventurosa Reggio

    Smessa la pompa

    di

    mondan corteggio,

    A l popol suo da LUI s i prediletto,

    Di

    zelo

    e caritade

    ogniSuo

    detto

    Dall’

    Eterna Cittààvolger Lo

    veggio.

    ( ‘ )

    I l plauso universal che Lo precede,

    La

    gioia che

    traspare più

    che viva,

    Sprezzando

    i l

    rio livor di chi non crede;

    I l posto

    a l

    vero_fanuo s ì , c he c ede

    Fiacco l’insano

    orgoglio,

    e

    ancor

    s i scriva:

    De '

    Reggiani

    nel c or s alda è l a Fede.

    Reggio-Emilia, 12 Luglio 1873.

    D. M. A.

    HSi allude alla Pastorale diretta

    ai suoi Diocesani.

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    420°

    LA PREGHIERA

    -M

    Sonetto

    (a

    rime obbligate)

    ,

    Oacro Levita, che

    fra

    noi

    discendi

    A

    battagliar in nome del Signore,

    Di santo

    zelo

    ingagliardito i l

    core,

    E a l lume della Fè tutto t ' accendi;

    Colla

    prece

    i flagelli

    aspri e tremendi,

    E col

    duol che ne ispira un vivo amore,

    Del

    Signor calma l ‘

    ira, e buon P a s tore,

    Tutto

    intero 1 ‘

    ovil guarda e difendi.

    Ai

    traviati

    rammenta

    i l

    ben di

    D I O ,

    Ch'è

    fumo pa s se g gier la compra Gloria

    Di c hi di LUI fa abbietto

    scherno

    e rio:

    I Di'lor, che pe r l a Croce

    è

    la vittoria:

    E

    che

    a l secol

    protervo

    i l

    grande PIO

    La cervice abbassò, dirà la Storia

    Reggio-Emilia,

    24

    Luglio

    1873.

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    43/111

    “M

    -\

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    44/111

    425:»

    C A R I T A EVANGELICA

    _9M9_

    Canzone

    1

    _(Iome

    i l tepente

    rag g io

    Di benefico sol richiama a vita

    La terra oppressa da i

    rigor

    del Verno,

    Quando i l fiorito e profumato

    Maggio

    Natura.

    ‘abbella del

    suo

    riso

    eterno,

    E

    l’universo a

    nuove gioie

    invita;

    Così l ’ umana schiatta

    Levò l '

    oppressa

    fronte,

    Quando la Carità, fi glia del

    Cielo,

    Del Golgota mostrossi in vetta a l mente;

    E

    (sciolto

    i l denso velo

    Del fusco e ' r r o r ) a nuova vita t r a t t a ,

    Sentì

    svegliarsi

    i n

    core

    Soave, ignota voluttà d ' amore.

    Spirto

    da l

    c i e l disceso,

    Guidò, l a Santa, fra le

    turbe

    afflitta

    Aspre piaghe

    a sanar,

    crudeli a m b a s c e ,

    E,

    generoso,

    alla

    b e l l ’

    opra inteso

    Con quell’ amor, che dalla fè s ol nasce,

    Forge conforto a l l ’ alme derelitte.

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    45/111

    - ‘

    26‘»

    Ove è bagnato un ciglio,

    Ove sospira

    un

    core

    Sotto

    l a

    sferza

    del

    nemico f a t o ,

    Ivi guida i l suo

    piè

    forza

    d ' amore;

    geme

    abbandonato

    C hi

    di sollievo

    ha

    inopia e di consiglio;

    Chè

    i l

    buon, l ’ oppresso,

    i l

    rio

    Tutti

    afi‘ratella i l

    Messaggcr

    di DIO.

    Egli è

    d '

    amor

    l a

    f e c e ‘

    Che 1 ’ ire attuta e

    rammollis ce

    i c o r i ,

    Quando

    Nemesi iniqua empie

    faville

    Schizza ne’ petti

    a conturbar

    l a

    pace;

    Ei che raccoglie l e cocenti s t i l l e

    Di s conos ciut i e t a c i t i dolori,

    Quando a l

    deserto

    letto

    Di vedovata sposa,

    Lo

    sconforto

    s ' asside

    e l '

    abbandono.

    Oh del C a lv ar io Religion pietosa,

    Che da l sublime trono

    Pace e

    sollievo porgi a l l ’ uom

    r e i e t t o ;

    Solo

    i l

    tuo c or poteva

    Donar

    l '

    Angiol d e l l ‘

    Ara

    a i

    figli

    d ’

    Eva.

    Cicca ragion di Stato,

    Sete d’

    imperio, ansia di libertade,

    Spingon l e

    g enti a

    trucidar l e genti:

    Alle

    trombe dà

    fi a to

    L ’ ir os o Marte, e guizzan sui cruenti

    Campi, di strage sitibonde

    spade;

    La

    Morte

    spaventosa

    S ’ atteggia in gruppi strani

    Sulle

    lacere membra

    palpitanti

    De’ caduti

    campion.

    Tremano

    i

    piani

  • 8/17/2019 ascone.pdf

    46/111

    427*

    P e’ corsier scalpitanti,

    Che fiutan

    della

    pugna

    onda fumosa,

    E della

    clade

    i l

    grido

    S ’

    ode

    t r i s t e

    suonar

    di lido in l i d o .

    Tr5 i f u l m i n i e d i l a m p i

    Degli strumenti ignivomi di

    guerra,

    I l pio Ministro del Signore incede;

    E di

    Morte

    sebben l e traccie s t ampi

    Spaventose l ’ acciar, con franco piede

    Calce di Marte la commossa

    terra,

    Perché l o segue fida

    Ra vvolta

    in manto bianco

    Carità,

    che

    ( 1 ’ amor

    tutta si

    strugge,

    E ’ l turbine a sfidar, gli regge i l fianco,

    Che

    intorno

    fischia e rugge.

    Qui de ’ feriti a s colta acerbo grida,

    Là de’ spiranti a c coglie

    L’ estremo accento,

    e ne compon

    le

    spoglie

    Scialbo fantasma e

    truce,

    La lue tremenda mina c cios a avanza.

    Coll’ adunca

    s ua

    falce

    a

    mille

    a

    mille

    Vittime deplorate a l l ’ urna adduce,

    E mesto suon mandan le sacre squillo

    Ad

    annunziar

    ch’ è morta ogni speranza:

    Ma nel comune affanno,

    Fra lo

    spavento

    atroce,

    C a rit à del

    Levita

    i l petto

    accende.

    Ei

    sorge; nella

    man stringe la

    Croce,

    E dove pi ù contende

    I l

    morbo

    s t ru gg it or e

    addoppia i l

    danno,

    Ivi

    del s uo corag g io .

    Spaude

    e

    di

    s ua

    pietà

    benigno

    un

    raggio.

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    47/111

    @280

    Al

    doloroso

    l e t t o ,

    Ove l ’

    agro

    s i smania

    e

    s i

    contorce,

    Sè medesmo obliando egli s ' appressa;

    E tutto assorto in

    un

    sublime a f f e t t o ,

    Mentre, smarrita,

    la

    famiglia istessa

    Da l

    giaciglio

    terale

    i l

    p a s s o

    torce,

    Coll' alma a l ben sol presta,

    Stende la

    mano

    amica

    A f r a t e l moribondo, e lo conforta

    Ad afi‘rontar

    l ’

    indomita nemic a ,

    E

    farmaco

    gli

    porta

    Di s oa vi

    parole,

    e

    in

    cor

    gli-desta

    Speranza di perdono,

    Quando

    fia

    giunto

    dell'

    Eterno a l trono.

    Rugge i l mar pe r tempesta,

    E nocchier moribondo i l l i d o a f f e r r a ?

    I l convulso Vesèvo e r u t t a fuoco  

    E di l a p i l l i scenari funesta

    Grandin

    rovescia?‘0vvero

    echeggia i l fioco

    Legno del

    bronzo,

    ad annunziar l a

    guerra

    Che

    i l

    vorace elemento

    Porta

    a l l ’

    amato

    ostello?

    Traballa i l s uolo p er interno moto,

    Le

    cittàdevastando, ahi

    rio flagello?

    A sua mission

    devoto,

    I l Levita, afi'rontar l '

    aspro

    cimento

    Lieto

    tu

    vedi

    ognora,

    Sollievo alcor nella t e r r i b i l ’ ora.

    Ah Religion sublime,

    Che

    tanta

    spiri Carità ne’ p e t t i ,

    Salve, tr e volte santa -A

    te

    s i prostri

    L ’

    arpa

    d e l

    Vate

    c o l l e

    a r d e n t i

    rime.

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    48/111

    429:»

    Di questa terra a i pi ù

    remoti

    chiostri

    Stendi l ‘ a lo piet os a , e

    i s a cri

    detti

    Del

    tuo

    Vangel sovrano

    Odano

    l ’

    African,

    1 '

    Indo, i l Malese;

    Quegli che stolto a

    le

    f a

    guerra

    e a

    DIO,

    -

    Sappia che Iddio t i rese

    Eterna e s ola in suo volere arcano;

    E vinto

    a ’

    tuoi t ’ u l g o r i ,

    Chini la fronte, e te sua Diva adori

    Canzone,

    al

    Prence, a l Padre

    Novel, che

    Reggio

    og gi festosa

    accoglie,

    Vola senza e s i t a r ,

    quantunque umile

    Nelle modeste

    spoglie,

    Manchino a te pensier, forme leggiadro.

    Tu gli d i r a i , che Carità gentile

    Velli in

    versi

    ritrar:

    ma

    s e

    la

    Musa,

    A sublimi pensier fiacca e non usa,

    I l

    còmpito f a l l ì o ,

    La Carità,

    che

    invano

    Pingeva i l verso mio

    Con

    inesperta mano,

    La c erc hi ne l

    suo

    petto,

    C h’ i v i

    i l

    Signor l e

    die’

    fido ricette

    Reggio-Emilia 21

    Luglio

    1873.

    DOMENICO PANIZZI.

    -*v z - c - F_

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    49/111

    430:»

    Epigrammata

    '

    Pastoris munus s a cri

    t i b i , Gorno, vercndum

    Laudem addit,

    carae

    spcm

    simul et pat riae.

    Praemia

    virtutum,

    doctrinae praemia ‘sunt

    haec;

    Opportunus

    ade s temporibus patriae.|

    Faventiae. Julio 1873.

    Josnrm

    Rossu Comitis.

    I I .

    Virtus

    t e

    primaevo

    ornavit

    fiore

    iuventae,

    Atque bonus Lapidi

    moenia

    civis a m a s .

    Artes, quae cor

    permulcent, Gorno optime,

    c à l l e s ,

    I n g e n i i v i r e s

    c r e s c i t

    e t usque pudor. ‘

    Maxima

    nunc

    blando testatur

    gaudia

    vulto

    P a tria, dum nitidas infula

    s a c r a

    comas

    Prima tuas cingit: dilectus ubique vocaris

    Pastor: teque

    omnes

    laude perenne

    colunt.

    Dio mihi:

    s i es t

    magnum

    populos

    superare

    tumente s,

    Dulciter, es t ne magis, vertere

    ad

    astra

    tuos?

    Mel im e, J ul io 1873.

    DOMINICUS TACCONE-GALLUCCI.

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    50/111

    4310

    I I I .

    Te exoptant cives; longo clamore precantur,

    Teque Patrem, ut

    n a t i , cordis

    amore vocant.

    Ipsis

    lux,

    fulcrum.

    cu stos, Verique columna,

    Romanae et Sedis gloria, splendor eris.

    Regii-Lepidi. julio

    1873.

    . - \ d v .

    CAIETANUS

    CAMPANI.

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    51/111

    - ‘ h

    32:»

    T R I P U D I O

    La t u a f e s t i v a a u r o r a ,

    P a s tor

    de l

    santo

    o v i l ,

    L’

    etra sereno

    indora

    Oltre

    l ’ -

    usato s t i l .

    Tergi,

    se mai di lagrime

    Ha i

    l e pupille turgide;

    Rivesti

    l a l e t i z i a

    Del giorno non mortal,

    Quando Sîon

    porgevati

    I l dono

    nuzial.

    Sionne acqueta i

    pianti,

    Squarcia

    i l

    tuo

    negro

    vel,

    Saluta in l i e t i canti

    I l

    tuo

    P a stor nove].

    G ià di Sionne i l vertice

    I l

    divin fiume

    inebbria.

    E l e

    sacre onde sbalzano

    Sul capo del P a s tor,

    Che esulta

    a l l ’ ineffabile

    Dolcezza del Signor.

    Collegio S. Luigi

    di Bologna.

    P . DOMENICO

    Moncmnnmx

    Barnabita.

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    52/111

    433°

    VOTA

    ET GRATULATIONES

    Hendecasyllabon

    I ‘ ; c c e

    P a stor

    adest. I o ,

    Sodales,

    Sumantur

    citharae

    diu

    repostae.

    Thura

    iarn redolent, facesque

    fulgent,

    Chorum et cum

    pueris

    agunt, simulque

    Lilii sque via s rosi sque odori s

    Spargunt

    virginea

    manu puellae,

    Venisti patriae

    decus,

    Paterque,

    Venisti

    patrii decus Senatus,

    Venisti... o le pid ur n diem

    celehrem

    Te

    matres

    viduae

    suis

    maritis,

    Te

    volunt

    vidui parente

    nati,

    Unaque omne genus miserrimorum.

    Sint

    procul

    lacrymae

    proculque

    luctus,

    P a s tor laetìtiam dedit fruendam,

    P a stor

    deliciae

    suavìores,

    Dilecti populi, gregis suavis.

    Urbs

    ergo

    Lepidi

    nimìs

    beata,

    Tam c a ri c a pit is facesse iussa,

    Sic soles

    t i b i

    candidi nitescant.

    Florentia, J u l i z ' 1873.

    LEOPOLDUS DE sts. B.

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    53/111

    -e34

    P I O

    PAPA NONO

    C H E C H I A M A

    I L

    C O N T E

    G U I D O

    B O C C A

    A L

    v a s c o v r r n

    DI

    REGGIO - EMILIA

    _ -eefleo_

    Un grido feroce d i torbida gente

    Si muove

    pe r

    tutto, qual

    turbo fremente,

    Che spira spavento,

    tristezza,

    squallor.

    È grido d i

    morte L ’ a l t a r e

    del Santo

    Già per che vacilli; già in

    funebre ammanto

    Converso è del Tempio l’antico splendor.

    -

    rionfo trionfo

    -

    risuona ogni lido:

    -Vincemmo Vincemmo -risponde altro grido:

    -Del Tebro n e l l ’ onde caduto è i l

    g r a n

    Re;-

    I l regno è

    c aduto dei

    preti

    tirarmi, -

    - È a fi ‘ r a n t o i l c o l o s s o d e i perfidi inganni -

    - È morto i l nemico d e l POPOLO r e ( ' ) -

    O

    sciocchi

    beffardi tacete,

    tacete:

    Invano

    i l

    nemico g ià morto credete;

    C hi

    vinto

    v i sembr a , vincente

    sarà.

    ( 1 ' ; E g i à r is a pu to che l'erosin protestante, da religiosa divenuta politica, mira alla distru

    zione

    di ogni principio d' a u t orit à , si a iaratîco, s ia

    civile,

    in t ut ti g li ordini sociali: Dio

    a

    popola,

    '

    ecco

    l‘

    assioma

    fondamentale:

    senza

    vero Dio e senna vero popolo, ovvero, col budello

    dall’ultimo

    de i preti

    str angolare

    l ’

    ultimo

    da l

    re,

    ecco

    l a .

    finale

    illazione.

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    54/111

    -o

    in

    c

    Colà. solitario s i posa un Vegliardo,

    Che

    vive più v erde di giovin

    gagliardo,

    Che fra

    le

    catene più

    libero

    sta.

    \

    Schiacciatn l ’ avete?

    l ’ avete prigione?

    No: Ei forte non teme la

    crudatenzone;

    E

    i l mondo'si

    prostra devoto;al s uo

    piè.

    S ul s ant o

    suo

    labro la d iv a pa rol a

    Risuona d i

    v i t a ,

    che i figli consola.

    Che

    g li

    empi

    atterrisce,

    che

    avviava

    la

    l ’ è .

    Se è morto, Ei ris org e; s e èyspento, dà vita:

    Se

    giace umiliato, non ègià svanita,

    Per tutta

    la t e r r a ; s ua possa

    v i t a ] .

    -

    È

    l i b e r o ,

    e

    vivo

    -- Chi i n s u l t a a l Leone

    Che

    grave

    s i posa? -L' orrenda cagione,

    Su gli empii, è del Cielo vendetta

    f a t a ] .

    Ma veggo...

    non lungi sia un p op ol c on fu s o

    Che

    piange,

    che prega,

    che

    a l

    Veglie

    rinchiuso

    Protende l e mani fra

    speme

    e fra duol.

    E

    i l

    V eg l ie , a t t eg g i a to d ’ angelico

    r i s o ,

    Al Cielo

    innalzando

    l e palme ed

    i l

    viso,

    Già sembra l ev ars i d al lurido suol:

    G ià prega ed ottiene;

    g ià i l provvide

    Spiro

    Discende, fiammeggia, gli volita.in giro:

    Del

    popol

    pre gante compiuto e i l desir.

    E i l Ve glio sepolto r iv iv e nei figli,

    E

    cadon

    perduti

    g li

    orrendi

    consigli;

    Chi: vita riprende l ’ Eroe da l p a t i r .

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    55/111

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    56/111

    -e'37 e »

    0 Nave, che porti

    de l

    Principe

    IDDIO

    I l Figlio. l a Madre, 1 ’ intrepido PIO;

    Con GUIDO

    i l

    s uo

    gregge conduci

    sul

    Ciel.

    C i n qu e/ V en de . L u g li o

    1873.

    Teo]. Aeosrmo Ascoxvn.

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    57/111

    @380

    .Epigrammata

    Y

    I\Oll

    t e tam sacri decorant insignia honoris,

    Candor quam

    decorat protinus i l l a tuas.

    Il .

    Te Rhegî nuper

    c a su s

    miseratus

    acerbos

    Aeterna Nonus misit

    a b

    urbe Pius,

    Teque novurn tantae laudes, tantaeque coronant‘

    Divino dotes munere Pontiflcem,

    Ut

    quae, terrigenis

    difi‘undens g a udia

    olympi,

    Maiori virtus

    lamine praeniteat,

    Nemo

    queat f a c i l i s modulamine diccre p l e c t r i ,

    Ac l i s iudicio pendeat ancipiti.

    I I I .

    Quaenam turba

    modos

    iterans comitatur euntenr

    Pontiflcem antiquo sanguine progenitum?

    Praesule cum magno

    cunctarunr (plaudite,

    cives )

    Virtutum passim

    candida

    turba

    venit.

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    58/111

    Mor ta li ping i

    specie

    s i

    candida

    posset

    Virtus, s i

    posset candida

    relligio,

    Audarem

    adsiduus calamo t e pingere, c l a r i

    Qui

    Rhegl

    munus pontificale subis.

    Romae.

    J u l l ' o 1873.

    A1.01sn

    TRIPEPI.

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    59/111

    4401:»

    LE

    BATTAGLIE DEL

    S I G N O R E

    I)

    I SUOI AT LE T I

    -oeww

    Canto

    ,

    bi parlò. -Quella

    voce

    discese

    Dolce

    e

    grande

    nel

    core di

    t u t t i :

    D’ ambo i poli giulivo 1 ’

    intese

    L’ oppressore

    e l '

    oppresso tapin;

    E l e reggia ed

    i

    templi costrutti

    Col sudor d eg li s c hia vi

    sferzati,

    Di

    lor

    sangue

    e

    lor

    pi ant o b a g na t i

    A t a l

    voce

    risposero alfin.

    El parlò. -

    Dell'

    inferno l e porte

    Tenta

    invano e

    con

    f o l l e

    consiglio

    R ' r ’ a p r i r e di S a t a n l a Corte:

    Chè

    parola di Dio

    non

    muor;

    E nell’ ora d ’ estremo periglio

    Nuovi

    a t l e t i ridesta

    i l Signor.

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    . . » _ ,

    , ; . .

    È

    di questi g ià

    pronta

    l a schiera:

    G ià

    s on

    t u t t i

    legati

    a d un patto:

    È l a

    c r o c e

    l a l o r o b a n d i e r a ;

    È trionfo per

    essi i l martir.

    Han per

    meta

    l'umano riscatto

    Dalle fauci

    d’un serpe

    f a t a l e , .

    Che or tremendo

    minaccia -ed

    assale,

    Ed or mi te s ed uc e a l gioir.

    0 c e l a t i negl'

    antri sotterra,

    0

    sul campo c on fermo

    cipiglio,

    Ebber

    sempre

    feconda

    og ni g u er ra

    1 ) ' una nuova corona d ’ allor:

    Chè

    n e l l ' ora d '

    estremo

    periglio

    Raddoppiar sa l e

    forze

    i l Signor.

    Quando fiso

    è

    l o

    sguardo

    a l

    crèato.

    Ed i l c i e l o , l a terra

    ed

    i l mare

    I l

    pensiero percorre

    ammirato

    Finché vinto e compreso

    s i s t a :

    D' un sistema costante traspare

    Da

    per tutto

    i l

    d iv ino dis e g no.

    Ogni

    parte

    somiglia

    ad

    un

    regno,

    Che

    mai 1 ’ ordin‘

    turbato

    non

    ha.

    Non

    son

    g l ' astri

    d ’

    uguale chiarezza,

    Non i bruti

    hanno tuttil'

    artiglio,

    Del cipresso

    e

    del

    pino

    l ‘ altezza

    Non

    arrivan

    l ’

    erbette

    ed i

    fior,

    Nè pe r

    questo

    si.trova in periglio

    La

    gran

    le g g e

    che

    impose

    i l

    Signor.

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    61/111

    442c

    L‘ uomo solo di s pirto dot a to,

    Che del soffio divino e lo specchio,

    Per

    cui

    Dio d '

    averlo

    pla sma to

    Nel

    s uo c or s i cornpiacque

    e bèò:

    L’

    uomo solo,

    tendendo

    l ’

    orecchio

    A lusinga superba

    e mendace,

    Che lo f a di pi ù g loria c a pa c e,

    I l bel dono in fatale cangiò.

    Per

    entrare

    nel

    s a c ro r ec int o

    Del mister, tutto pone a scompiglio:

    Poi,

    furente dell' esser

    respinto,

    Ogni vincolo spezza d ’ amor-

    E perfin con estremo

    periglio

    L’

    esistenza contando a l Signor.

    Ma s ’

    irride

    i l

    Signor

    d e l l ' insulto

    Che

    ricade

    là dove

    partio,

    Da l peccato i l peccato venn’ alto

    E l a colpa l a colpa p u n ì . . . .

    G ià

    l a mente s ‘ offusca, un

    desio

    Irrequieto ed incerto l ' afl‘anna,

    Alla

    meta

    s i

    crede,

    e

    s '

    inganna ;

    Chè l a

    meta

    più

    lungi

    fuggi -

    E

    pi ù

    vita non

    hanno

    gli

    a f f e t t i

    Di fratello, di padre, e di figlio,

    All’ amplesso non 5 ’ apron pi ù p e t t i ,

    Riserbati ad un

    ferro

    uccisor:

    Ma

    n e l l '

    ora d ’

    estremo periglio

    Ne

    sottrae l a man del Signor.

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    62/111

    443»

    Ei

    la

    fede, s e

    morta,

    rinfranca;

    Quella fede, c he

    speme rincora,

    E la fievol natura,

    s e s t anc a,

    Ricompone a valore e pietà.

    Guai

    però

    se qualcuno in quest’

    ora

    Non

    s i

    desta e da stolto rimane,,

    Come chi non provvede a l dimane

    Quando sappia che pane non ha-

    Non del labro col

    querul

    lamento,

    col

    pianto che sgorga da l c i g l i o ,

    S i res is t e a fatale cimento,

    c o l l ‘

    alma in ozioso

    terror;

    Chè n e l l ’

    ora

    d ' estremo periglio

    Chi s ’

    a j u t a 1 ’

    a j u t a i l - S i g n o r .

    Nella

    lotta,

    che i l mondo or funesta,

    Perciò l ' a rc a s ic ura s ' a vanza :

    I l

    Levita tien

    alta

    la

    testa,

    E l a Croce s ’ oppone a l l ’ acciar.

    Di S'ion nella mistica

    stanza,

    Se nascosta, pur

    arde l a face,

    C ui

    g l ’ i l l u s i

    da

    un

    lampo

    fug ace

    Finalmente eclissata sperar.

    C o’ s uoi ra g gi di nuovo raggiunge

    L’ erbe intero,

    e

    mettendo

    a scompiglio

    I

    nemici, l o inv es te e i l congiunge

    In un solo e potente baglior;

    Chè n e l l ’ ora

    d '

    estremo periglio

    I

    portenti raddoppia i l Signor.

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    63/111

    - < :

    44 @

    Ta c cion t u t t i : ne’ petti

    anelanti

    Ra ttenuto s ‘ arresta

    i l

    respiro,

    E i l Profeta dagli occhi raggianti

    I l fatidico

    c an to

    intuonò:

    « Candelabro

    dorato rimiro

    Con s e i

    rami

    da l mezzo sporgenti

    Altrettante lucerne nutrenti

    Coll’

    amor che

    un

    sol

    centro

    portò;

    P oi l a

    voce

    divina

    ascoltai

    La

    qual

    disse, a d un Tempio assomiglio

    Che di nuovo

    costrur mi

    f a r a i ,

    I l doppier

    che t i

    false qu i

    ( 1 ’

    ò r .

    Chè pe r esso da estremo

    periglio

    I l s uo popol

    vuol

    salvo i l Signor

    » .

    Ed i l Tempio risorse; che tempio

    All’Uom-Dio l a terra divenne

    Con le

    mura s i

    salde,

    che l ’

    empie,

    Sempre invano contro esso cozzò.

    I l doppier

    dalla

    luce

    perenne,

    Che

    da l

    fus to pei

    rami s ’

    estende,

    Del

    lavoro

    l’immagine

    rende

    Quale i l

    divo

    architetto ideò.

    E nel

    seg g io

    di Piero s ‘

    eterna

    L’ irnrnutabil

    del

    cielo consiglio;

    A quel centro sicura s ’ imperna .

    Ogni le g g e di fede

    e

    d ‘ amor:

    nell’ ora

    d ’ estremo periglio

    I l sostegno vi pose i l Signor.

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    64/111

    445:»

    0

    beato, tre

    volte beato,

    C hi

    a

    far pa rt e del gran Candelabro,

    Fu a l l ‘

    onore

    sublime chiamato,

    Quando lotta

    novella s i f e ' h

    Non 1 ’ adula, egli è vero, alcun labro,

    lo

    attornia prestigio mondano;

    Anzi

    sempre malefica mano

    Sparge spine dinanzi a l suo p i è .

    Ma

    esso a l mondo di nulla

    s i

    cura,

    C h’

    alla

    meta tien

    f i s s o

    i l

    suo

    ciglio:

    E pi ù costa la gloria sicura,

    Più

    frequente

    a l u i palpita i l

    cor:

    Ché

    nell’ora

    d ’ estremo periglio

    Nuovi a t l e t i ridesta i l Signor.

    E

    tu,

    0 Reggio,

    devota

    e

    festosa

    Oggi

    plaudi

    a l l ‘ Atleta

    novello;

    I l

    Signore t a l gemma preziosa

    Da l tuo seno raccolse

    e

    t i diè.

    E

    qual

    prima l'avesti

    a

    fratello,

    Ora

    a

    Padre,

    Maestro

    e

    Pastore

    Tu

    1 ’ avrai: al non facile onore

    Corrispondi

    tu

    pronta

    con f è .

    Poi

    ne l

    mar che d’ intorno t i allaga,

    Di

    sozzure

    e d i

    sangue

    vermiglio,

    Di

    tua

    sorte

    t i

    faccia pres a g a

    Lo speciale divino l ' a v e r ;

    E nell' ora d ’

    estremo periglio,

    P er

    L u i , s a l v a t ’

    adduca i l S i g n o r .

    R e g g io - Em il ia , L ug l io

    1873.

    PROSPERO LIBERATI

    TAGLIAFERRI.

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    65/111

    - e 4 ? “ ) @

    A D I / I U N U S E P I S G O P I S U S G I P I E N D U M

    GOHORTATIO

    -eoeeeo

    Quam populo

    spissam,

    nuper sino principe, navim

    Nocte

    sub obs cur a

    pe r

    mare

    ventus

    a g ì t ,

    Hanc Tibi, Gorno,

    ratem jam

    dissita

    regna

    petontem,

    Ut d uc a s , i nq ui t Navita magnùs, habe.

    Exultant omnes; tono fertur ad aethera clamor,

    Et spes jam

    trepidis magna subest animis.

    As t dubius Tu haeres; vigili

    nam mente

    volutas

    Pondus, et i r a t i multa

    pericla

    maris.

    Gorno, metus e

    pone tuos ;

    jam

    sidera

    coelo

    Apparent; rectum jam T ib i ful ge t i t e r .

    Faustus

    adest Ventus

    superis

    demissus ab

    oris,

    Qui altro

    s i t

    menti subsidiumque operi,

    Ut

    tandem

    v alea s opt a ta ad littora navim

    C a s i b u s incolumem ducere, Gorno, tuam.

    R e g r ' i Lapidi

    (e x

    Episc. Sem.)

    21

    J u l z ' o

    1873.

    S a c . ANTONU annrrnear.

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    66/111

    -447

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    67/111

    -e»18°

    A D

    N O V U M

    A N T I S T I T E M

    URBEM

    PATRIAM

    INGREDIENTEM

    _

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    68/111

    449»

    Dnm populus densus testatus gaudia

    vultu

    In

    templum ma jus , te veniente, coit

    Oratum, ut numen longum tibi

    proroget aevum,

    Quo cunctis possis sterpere a d astra

    viam,

    Nunc

    sonitu

    v ir g a e r ev oc a ns , nunc

    voce

    ma gis tr a

    A recto a d frugem devia corda bonam.

    Tempore difficili ram sacram

    sumis

    agendam,

    Sed tua Christiadum j ura t uent e Deo,

    Et t i b i maturo comes

    es t

    prudentia, et i l l a ,

    Quae

    vires animis sufficit, alma Fidcs.

    Maraulae, Julio 1873 (

    S a c . LAZARI SCAPPINII

    l ì ( ) l ' l 0 1 ‘ uLillcn's Lah'nis apud Semv'nnn'um Maraulnr.

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    69/111

    4506

    [ L

    PASTOR

    NOVELLO

    -oot-

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    -

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    71/111

    ‘ ‘52»

    Eppur vide i

    suoi

    Nomi a d

    un

    tratto

    Sciorsi in polve, ed i l culto g i à s pent o;

    E da l sangue de l

    fiero

    tormento

    Vide

    sorgere

    un gregge fedel.

    Ma, c e s s a t a l ‘ orrenda f o l l i a ,

    Perchè

    mai non s i

    prostra

    a l

    Pastore?

    Perché i l fervido

    omaggio

    s i obiia

    Con

    l ’ insane e perverso

    pensar?

    E dovuto a l buon Padre i ‘ onore;

    E non f a l l a

    i l

    divino comando:

    Oh

    beato

    chi

    l ’

    umil

    dimando

    Per L ui volg e appo

    i l

    Dio d e l l ‘ altari

    O

    Re g giani i l vostro inclito esernplo,

    Onde

    siete

    cortesi,

    un modello

    Sia

    pe r

    t u t t i ,

    che fidi nel Tempio

    Van bramando l a grazia v i t a i .

    Quanto è g ra to, soavissirno

    e

    bello

    S t a r

    congiunti

    ai

    Pastore

    d’ intorno;

    E mirarlo di pregi

    s i adorno

    Sicchè appar non pi ù c os a mort al i

    E i ,

    frapposto

    tra

    i l

    cielo

    e

    l a t e r r a ,

    Alto eleva

    i l

    suo sguardo a l ’ Eterno,

    P oi i ’ a b b a s s a a l

    s uo

    gre g ge,

    e

    disserra

    I l

    suo

    labbro con volto seren:

    G ià s ’ infiamma,

    e

    a 1 ’ amore

    paterno

    Va compagno a i l ‘

    angusta

    s ua scienza:

    Spande un

    fiume

    di sacra eloquenza,

    P iù che pioggia

    in

    fecondo terren.

    Dal suo labbro sten tutti pendenti,

    Vedon t u t t i l a vi a di salute;

    E rapito s i senton l e menti

    Sollevare

    a

    l ’

    eterna

    b e l t à .

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    72/111

    . ) . 3 c »

    Vedon t u t t i

    in l e t i z i a

    compiuto

    Le

    non

    morte speranze

    dei

    giusti;

    E , re iet to da

    gli

    atrii s i

    angusti

    De

    la

    gloria,

    c hi

    merto

    non

    ha .

    Quanti pregi i Veggenti

    di

    Giuda

    Ombreggiar

    nei

    Pastori

    venturi:

    Quante doti Eg li v uol che ra c chiuda

    I l

    Dottor de

    l a grazia,

    un

    Pastor

    Quanti a f f e t t i solleciti e puri

    Brema i l

    Cristo

    in

    chi

    modera

    e

    regge

    I l

    diletto

    pusillo

    s uo

    gregge;

    T u t t o

    accoglie i l s uo

    fervido cor.

    Sacerdoti, che

    i l

    mistico

    serio

    Infiorate del Presule GUIDO,

    Apprendete che solo nel

    merto

    P o s t o

    è i l premio a l a prova gentil.

    Apprendete:

    veridico

    è

    i l

    grido

    Che l a gloria e in a ltis sime cime;

    Che

    deforma ogni

    grado

    sublime

    I l

    disdoro

    di un animo

    v i l .

    Oh

    festeggia novello

    Israele

    E t i allieta

    col

    Presul diletto:

    Gli tributa costanza fedele,

    Come a Padre pio figlio, ogni d i .

    I l tuo c or

    sia fervente

    di a f f e t t o ,

    Si raccenda di c a n di da s p en e;

    Cliè l '

    immenso

    ineffabile Bene

    Sempre a i giusti s ue grazie l a r g ì .

    Ed

    oh, GUIDO, che grande

    t i estolli

    Circonfuso di gloria

    cotanta

    Fa che in tutti i l tuo zelo rampolli,

    Come

    fior d i

    ridente st agion:

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    73/111

    -°54

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    74/111

    -955e»

    I L MAGISTEBO

    CATTOLICO-EPISCOPALE

    LA CIVILE SOCIETÀ

    --W

    Ode

    Saflìca

    Come

    allor che

    alla

    nostra umile argilla

    S‘

    infonde arcananiente

    e s i marita,

    Dispensiera

    del

    senso

    e della

    vita,

    La

    celestial favilla,

    Ne sorge

    1 '

    uom, mirabile armonia

    Di contrari elementi

    e

    medio anello

    Fra l’atomod’ a rena ed i l pi ù bello

    Angelo, che s ’ india;

    Ma s e quel nesso avvivator s i solve,

    E l '

    alma

    alla s ua

    sfera i l vol dispieg a,

    P er l o t t a

    i n t e r n a

    i l f r a l e s i

    disgrega

    In vermi, in fango, in polve:

    Così se

    ognor

    de l

    rivelato Vero,  

    Come

    stella in

    gran pelago,

    vivace

    All’uom

    risplende

    la

    divina face

    E

    ailumagli

    i l s e n t i e r o ,

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    75/111

    «affio

    In

    l e i

    s ’

    incontra

    e

    quetasi

    ogn’

    ingegno.

    In l e i del c or s i tempra ogni desio,

    E, b ello al guardo scrutator di

    Dio,

    Sorge

    di

    pa ce un regno.

    Ivi sul labbro a t u t t i è la parola

    Interprete

    fedel d e l l ’ intelletto,

    E

    nel

    legame d ’ un fraterno

    a f f e t t e

    In tutti è un ’ alma sola.

    Ivi sempre vir‘tude, onor, diritte

    Son

    cose

    sacre e

    non mendace

    suono;

    E i l d e l i t t o , sia in ceppi ovvero in t reno,

    Ha nome

    ognor:

    delitto.

    Talami c a s t i ,

    gioventù

    pedina,

    Equa ogni

    lance,

    intemerato i l foro,

    L’

    inepe

    sazio,

    non

    cruento

    1 ’ ore, I . ‘ _

    E

    ogni

    alma

    a l Tempio amica.

    Ma s e

    la

    voce, a

    cui

    da Cristoè

    data,

    Ne’

    veri

    eterni ad

    erudir la

    gente,

    Fra

    ’ l

    delirio

    mondanv suona sovente

    O

    irrisa

    e . inascoltata,

    Di dubbiezze e di error, d’ire e di voglio

    S ' apre

    n e l i ’

    uman

    cuor letta funesta,

    Come, ( 1 ’ Euro a l

    sofliar,

    nella foresta

    Si

    turbinan le foglie.

    C urve 1 ’ anima a l suolo e n e l l ’ oblio , \   A

    Di

    Lui, che

    a

    sue giustizia i l

    giorno_ha s c r i t t o ,

    L’

    uom f a

    se stesso

    un nume,

    i l pr o

    suodritto,

    E

    le g g e i l

    suo

    desio.

  • 8/17/2019 ascone.pdf

    76/111

    -a5lo

    Vedrai

    chi destro f r a ’ divieti umani,

    Come fra

    s cogli scivola i l nocchiero,

    Alla

    re a meta d'ogni s uo pensiero

    'Fa

    ch'

    ogni vi a

    s i

    appiani.

    Altri l ’ anima vende a chi l o paga

    E

    ad ogni s ol nascente umil s i prostra;

    C hi

    di Giuda

    c o l l ’

    arme esce alla giostra

    E con un

    bacio

    impiega.

    Altri

    fra i l

    vecchio altalenando

    e i l nuovo,

    «

    Di

    patria c arit à t ut to

    rovente,

    Tuona a pubblico bene, e a se , prudente,

    Va preparando un covo.

    Viete

    son de l pi ù fi a c c o le

    ragioni;

    Saggio

    è ‘ 1

    pi ù

    astuto; prodeil più

    robusto;

    E

    q u e l l o è sempre g l o r i o s o e g i u s t o ,

    Cui l ’ esito coroni.

    La plebe intanto, a cuinon più la Fede

    Fa

    dolce

    i l

    pane di

    sudor

    b a gnato, ‘

    Nè pi ù

    s i

    attende a l povero suo' stato

    fl ,

    i l Larga

    nel ciel

    mercede,

    Mentre (bieca guatando

    a ’ pingni

    censi)

    D’ un Gracco

    redentor l a speme

    avviva,

    La mano

    or

    rapitrice ed or

    furtiva

    Esercita

    in compensi.

    Di speranze e d’invidie

    un tramenio

    Ogni ordine civile agita

    e mesce;

    Di chi cerca, nè

    ottien, freme

    e

    ricrescc

    I l

    torbido

    armeggio.

  • 8/17/2019 ascone.pdf

    77/111

    -o58c

    Allora, a guidar menti, a frenar brame,

    A purgar

    templi,

    a f a r

    puntelloaitroni,

    D’

    improvvisati

    Soc ra ti e

    Seleni

    Fermenta un 'bulicame.

    Allora,

    a sprigionar dalle pastoie

    E s c a l t r i r ne’ suoi d r i t t i i l

    gre g ge umano,:

    Alla penna s i sianeia ance l a mano

    .Avvezza alle

    cesoie.

    Delle blando dottrine aila.rghi r i x i i  

    De’ propri efilci i l volge

    boe

    i

    oblio,

    E

    ( 1 ’ empie

    ciance

    invade

    un turbinio

    Fondachi, scene, t r i v i

    Oh di ben

    a l t r i

    aiuti

    ha

    mestie'r questa

    Età,

    che

    putre

    in

    fiaccide

    costurire l‘

    Non

    tien

    veci

    di

    stella un

    fatuo lume,

    Che

    s o l c o .

    l a tempesta

    Se i cuor

    non scalda la

    virtù

    del cielo,“

    Germinar

    non vi può vera virtute:   - » ‘ . Ua sospirata a i popoli:

    salute

    ; -   ' / .

    Non vien che

    da l

    Vangelo

    Non I r a molti anni, traversar fu visto   ‘ rino

    Laghi di

    sangue

    un popolo feroce,

    Da l di che apprese a

    dalpestar

    l a

    Croce

    - , -

    E=il

    Codice di Cristo

    F er ra r a, L ug l io 1873“. 1 . : I i i . ‘ i , ' . i / ‘ r , ’ . - , ,r. . ' . - . ' î f

    .1

    - Promo

    Cara“ Mamerrr.

  • 8/17/2019 ascone.pdf

    78/111

    AD

    H E G I E N S E S

    N O V O I N G R E D I E N T E E P I S C O P O

    _

    Elegia

    ,

    Ergo

    erat

    in

    f a t i s , ut

    lato occumberet

    llle

    i ' ) ,

    Tam c i t o , qu i Praesul, dnxque

    »parensqne

    f u i t

    Tam c i t o ? . . ‘ Maturus caelo,

    caelum

    ip3e petebat

    Dissolvi

    cupiens, et

    superùm

    esse

    comes.

    Sed

    tamen

    emenso sp atio cursuquc laborum,

    Quos alacri

    semper'sustulit i l l e

    animo:

    Ad Vos respiciens secum moerebat id unum,

    Mors

    s ua

    quod natos

    a patrc

    divideret.

    Quid

    moriturus

    agat,

    paulisper mente volutat;

    Dein laetus: Fato

    non

    dirimemur:

    a i t .

    Tunc sese

    et vosmet‘

    Cordi conjungit

    lesa:

    Omnium ut in Christo vita sibi una

    f o r e t .

    (‘ )

    Catone: Maccm, domo MBdÌOIMIO, Episcopns et Princcps, ab anno 1807 ad 1873

    regienscm

    rexit

    Ecclesiam.

    Eodmn

    hoc anno (1873 ) ,

    IO calandra junias,

    horu

    quinta cum

    dimitliO

    ante

    meridiana, s anat a, ut v ix it , o biit . Annina agebat satatls sane 72. Auctor, qu i praeclnras ejns

    virtntel,

    pietatein

    praener'im

    et

    prudentium,

    pulcre

    jnm

    novcrat,

    credit

    e t s on ti t, quod Christus

    Jeans,

    Pastor pastornm,

    cnjns

    Ascensionem pridio tota celebravemt

    Ecclesin,

    pastorem

    lume

    bonum,

    vi : morte sconta, ad s e t ra x is s ot .

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    79/111

    -o(i()e»

    Vix dum autem cessit terris, exorat

    Ie sum,

    Ut,

    Sibi

    jam

    voto,

    consulat Ipse gregi.

    Annuit o r a ' n t i Christus servatòr, et inquit:

    Hoc esto quod v i s , En (viden’

    ? ) ecce

    Virum

    Supplicis

    extemplo

    pertentant

    gaudia

    rnentem,

    Quem tanti virtus baud latet ulla v i r i .

    Miratur

    gestitque simul,

    dellaudat

    et hymnit,

    Pro magno et

    grates

    munere P a stor a g i t .

    Ej a igitur, Cives, cunctas depellitc curas,

    Signaque laetitiae

    qualiacumque date.

    Iam

    Templum

    ingreditur primis de

    Antistibus

    unos,

    Ignea quos decuit

    vincere

    tela Deus.

    Iam vos ailequitur, vobis jam pascua

    monstrat,

    Haec fugienda notans, i l l a adeunda monens;

    Et fontes

    quoque

    voi ' f a e c e infectosve venenor

    Aeternam in eitam voi s alientis a qua c .

    ,

    Auditis?..

    Linguis

    opus

    es t

    animisque

    favore:

    Ore nevi

    effatur Praesulis

    ipse Deus.

    Heu quot

    commemorat

    mala damna quot i l i e

    recenset,

    Immani quorum

    pendere, terra gemiti

    Iustitia et pietas a b i i t : c a sa , reg ia , v i l l a ,

    Urbe,

    forum,

    ager, plateae, compito, templa, viae,

    Omnia criminibus

    longo

    lateque redundant:

    Nox,

    tenebrae regnant, horror ubique, chaos.

    Hinc gens

    aggreditur

    gentem,

    hinc

    b e l l a ,

    horrida

    b e l l a ,

    Armisque

    et

    l i t u i s

    perstrepit emme

    solum.

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    80/111

    4616

    Saepius in caelis apparent sigma cruenta,

    Quae mentes

    terrent, damnaque mille

    ferunt.

    Vidimus et pridem montis.juga dira Vesevi,

    Quem subito in gyros ignea torsit hiems,

    Immensam a h vim flammarum ernctantia et ig nis ,

    Toforum, exesi

    pumicis,

    et cineris.

    Vidimus

    et

    fluvios,

    abruptis gurgite r i p i s ,

    Impete cum

    vasto

    per loca quaeqne rapi.

    Proh dolor Alluvie quid non periit? Seta, plantae,

    Horti,

    campi,

    aedes, oppida, rura,

    pecus.

    Et sentimus adhuc fremitus

    motusque

    tremendos

    Terrae, quae passim finditur, h i s c i t , hiat.

    Et

    cecidisse domos turresque, palatia, templa

    Fama e s t ,

    a c

    multos oppetiisse

    necem.

    .

    Haec super et coepit spar sim jam serpere pestis,

    Duraque pauperies, et

    malesuada

    fames.

    Discant

    j u stitiam moniti,

    et non

    temnere

    Divos:

    Ni l

    miseros populos, nil n i s i culpa f a c i t .

    Oh amor

    a c

    pietas gentes coniungat Iesu,

    Unus

    qu i

    potis es t omne

    fugare

    malum.

    Haec novus,

    haec

    vobis

    Antistes:

    pendite

    magni.

    Angelus

    es t m is s us : v er ba salutis habet.

    Ferrariae, J u l z ' o 1873.

    ANTONlI-_MARIAE Canonici chmru.

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    81/111

    462°

    NO N

    POSSUMUS

    “ ’

    _W_

    Canzone

    I ta l i a , I ta l i a ancor sei

    grande

    e prima

    Tra le

    infinite genti,

    Che d a l l ’ orto

    a l l ’

    occaso i l sol r a l i i e t a .

    Ancor di gloria opima

    In

    mezzo

    all’ente

    d e l i ’

    et à t i senti,

    Non pei

    b ug i a rd o v a nt o

    Di

    tua

    bu giarda

    libertà

    novella,

    Che

    ad

    ogni

    ben rubella,

    E d ’ ogni fatte rio fonte e maestra

    Ai

    misfar s i

    scapestra,

    « i E dà nel sang ue, e n e l l ’ aver di piglio: »

    Ma pe r 1 ’

    a lto di Dio

    senno e consiglio.

    (1 ) Dice 1 ‘

    Ecclesiastico:

    Gloria homim‘s m . - honore patria. P e r ques t o s‘

    intende

    d i celebrare

    i l

    nostro

    Monsignor

    Vescovo

    RoccA

    oii‘orendogli

    quesln

    Canzone

    intorno

    al

    Sommo Font.

    PIO

    12,

    l' Incompnrnbilo.

  • 8/17/2019 ascone.pdf

    82/111

    «2636

    Vieni, o a ntic a dc ’ regni arbitra

    e

    donna,

    Dietro a l l ’

    ardito

    volo

    Del

    mio

    noh servo immaginar v e r à c e . ‘

    Qual s i lungo t ’ a s s o n n à . ’ ' ;  

    Di

    tue

    grandezze

    obblio? Qual

    t i e n t i

    a l suolo,

    Qual mai schiavo pensiero?

     

    Della tua

    mente

    alfin romper conviene

    Le inoneste catene.

    Troppo a l lume del ve r pe r arte ria

    Chiudesti,

    Italia mia,

    Le

    tue veggenti un giorno acri pupille;

    E alla luce del vero Iddid

    s o r t i l l e .

    “1 “ -“'

    Ancor sei grande e prima; eppur non mostri

    Di conoscer _ t e s tes s a

    Fr a

    l e

    dens’

    ombre d e l l '

    e r i ‘ o r

    confusa.

    A vano

    i d o l

    t i

    p r o s t i ‘ i , ’

      ‘ 4

    he i n odio

    a l

    giusto e ’ à l '

    vero

    Oggitf

    ha

    messa;

    E nel veder tuo cieco _ ‘l t e c h i a m i l e v a l l j , e b a s è i i m i l a , ”

    Chiami s a v i i ‘ m p r o n t i ' ;

    Libera chiami

    schiavitù; felice

    L’ empia et à meretrice;

    Chiami gloria i l f a l l i r ;

    giare

    g l ' inganni;

    Chiami vero 1 ’ error; padri i

    tirai1ni.

    AMA

    Ancor s e i grande e prima.,Ecco tr a l ' erme

    Stanze del Vaticano, M i   .

    Ecco

    1 ’ a l t o

    t u l g o r

    d i

    t u o

    grandezze.

    Se t ue p up il le

    inferme

  • 8/17/2019 ascone.pdf

    83/111

    4640»

    A

    veder t a nt a

    luce apronsi

    invano,

    Vieni a toc ca r col dito

    Le

    gloriose gesta,

    ond‘

    è giocondo

    Per

    meraviglia.

    i l inondo;

    Pensa qual uom potea senza vicina

    Assistenza

    divina,  

    Solo,

    inerme,

    d ‘ uman braccio dispoglio,

    Fiaecar

    del

    vinto vincitor l ’

    orgoglio.

    I l

    NONO

    PIO

    fiaccollo;

    e

    de l

    Tebro

    Fra l e mancipie sponde

    Libero e solo

    in s uo

    pensier

    s estolle.

    Sol i o ,

    può

    dir,

    stenèbro

    Queste

    del

    secol

    rio

    notti

    infeconde;

    Sol i o ,

    sol io

    del Vero

    Schiudo

    quaggiù l ’ inessiccabilfonte;

    Sol io sperder s o 1 ' ente,

    Che i l c i e c o e r r o r d i t r a l i g n a ti fi g l i ‘

    Con proter'vi consigli

    Fecer

    d ’ I ta l i a mia nel chiaro nome;

    Sol

    io

    potronne

    alleggerir

    l e some.

    A Lui

    dinanzi in formidabil schiera

    Del trionfante

    Errore

    St a più forte che mai

    1 ’

    empie

    baldanza.

    In ogni

    parte impera

    Or col maestro inganno, 0 1 ‘

    col

    terrore,

    E

    a Lui, come

    Satanno

    A l l e .

    g ià

    in terra

    umanità

    di Cristo,

    Novo

    promette

    a6qnisto,

  • 8/17/2019 ascone.pdf

    84/111

    «65°»

    E di popoli plauso, e

    glorie

    nove,

    Se

    de l s uo labbro

    giove

    Al novel di Nabncco

    arduo

    colosso;

    Ma risponde i l

    gran

    PIO: Figli, non posso.

    Quindi in s ua

    prima

    onnipossanza integra

    Sta del d iv ino g i ur a

    L’ indivis a a i mortali opera etern

    Quindi i l

    c i e l

    s i

    rallegra,

    E col

    ciel

    le‘benigne creature,

    In veder che i l gran PIO,

    Contro

    1 ’

    ira

    f a ta l d ’ aspra

    fortuna,

    Tanta in

    se

    grazia aduna,

    Tanta di senno e di

    poter

    presenza,

    Che fermo in sua sentenza,  

    Non

    vinto in petto, i l

    vincitore

    atterra,

    E

    coi

    d r i t t i

    del c i e l salva la

    terra.

    C e r c a , Italia mia

    bella,

    intorno

    cerca

    Delle nuove tue sponde

    E

    delle

    p ris c he t ue storie

    veraci,

    Se con pi ù onor s i merca

    Titolo e plauso d ’ immortali fronde.

    Cerca s e alcun fu mai,

    Che

    di tuo ben più

    santamente caldo,

    Spirto avesse pi ù Saldo

    A l e v a r t u a onoranza a n o b i l segno;

    Cer c a

    se

    al cun fu degno I

    Di poter d i r : pugnai, nè m‘ ha riverso

    La

    possanza

    infernal

    d e l l ’ universo,

    I

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    85/111

    *66°»

    Ancor sei grande,

    Italia,

    ancor

    lo sei

    P el magnanimo PIO

    D’ ogni grandezza tua

    og gi più

    grande

    La s ci a che i tempi r e i

    Nel torrente s i tuflî ln dell’ oblio,

    E l e maligne genti

    Tornino a l chiaro ben dell’ intelletto.

    Lieto

    allora ogni

    petto

    Farà del vero

    risuonar la

    tromba,

    E sulla

    sacra

    tomba

    D e l

    grande

    i t a l o

    P IO

    v o r r à - s i

    s c r i v e :

    8 '

    oggi I t a l i a

    è

    ancor

    grande, a '

    LUI s ’ a s c r i v a .

     

    Per

    Lui,

    diran, del

    conquistar

    tiranno

    C e s s e

    i l libito

    a l

    dritto,

    »

    E tornò

    vano

    i l

    prepoter del f o r t e .

    Di

    coronato scanno

    Tornò, d i

    Dio

    nel nome,

    i l giure

    invitto.

    Per

    Lui bella

    sorrise

    Novellamente

    l a

    des ert a P a c e,

    . E in amplesso verace

    Colla Giustizia s i distrinse, e

    sparve

    D i spaventose l a r v e

    _ 1

    La minacciata al

    mendo empia oaterva;

    Non pi ù alla forza l a ragion fu serva.

    Ma pria, benigno É i l c i e l

    se

    non ti scampa,

    Vedrai l ‘

    amaro

    f r u t t o

    Che

    da

    impiinito

    S c e l l e r a r

    s i

    c o g l i e .

    Vedi quant’

    odio avvampa,

  • 8/17/2019 ascone.pdf

    86/111

    467°

    Quanta guerra minaccia e quanto

    l u t t o .

    Di

    regi un'ecatombe

    Oggi chi ovunque libertà più g rida

    In sen

    co’ voti

    annida;

    Spera

    templi combusti, a re

    riversa,

    Spera

    in comun converse

    Le dovizia

    veder

    degli opulenti,

    E da l sangue

    re gnar barbare

    genti.

     

    Canzon,

    fra

    genti t e n ’

    andrai, che

    sorda

    Sono a l giusto ed a l ver; ma t i rincori

    V Di

    PIO

    l ’

    esempio; e se talun

    molesto

    Trovi i l tuo

    d i r ,

    p er q ue st o

    Non tornarmi

    conquisa.

    Attendi

    i l

    poi,

    E avran

    trionfo

    i

    v a t i c i n i i

    t u o i

    Bologna, Luglio l873.

    I

    Can. CLEMENTE DE ANGELIS

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    87/111

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    88/111

    LA C R O CE E L‘ANELLO E P I S C Ù P A L I

    Sonetti

    -

    Corona

    - -_°-M‘O__

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    89/111

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    4710

    Anello

    e Croce

    in

    mistico lingua g gio

    Favellino al Tuo

    cor,

    s a c ro

    Pa s tore,

    Sia

    l ’ Anello

    d'

    amor fulgido

    raggio,

    La

    Croce sia, per Te,

    vanto ed onore.

    L’ Anello alla Tua fè

    cloni

    coraggio,

    La

    Croce

    ispiri

    a l l ’ anima

    vigore,

    T ’

    illumini

    l ' Anel

    l ’ aspro viaggio,

    T i conforti la

    Croce nel

    dolore.

    Coll’

    Anel tutte l ’

    anima

    incatena,

    Colla Croce,

    de l

    ciel le vie ne addila,

    De’

    r e i

    l e brame c o l l ’ Anel

    'ra/frena.

    Sia

    la Croce i l

    Tuo brando, o pio

    guerriero,

    Di pace s i a 1 ' A n e l s l e l l a g r a d i t a ,

    Con T e t ri onfi per la

    Croce i l

    Vero

    Reggio-Emilia, 6 Luglio 1873.

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    I I .

    Favellino a l Tuo cor, sacro Pastore,

    Gli

    eccelsi

    miti

    che a Te

    i l

    ciel

    destina,

    Soavi accenti d’ infuocato amore

    Per l a

    g r e g g i a

    fedel che

    a

    Te s ’ inchina.

    Se i e r , d el l'

    urne

    t r a i l funebre orrore,

    Piangea di morte la feral rapina ( ' )

    Della

    l e t i z i a tra i l l'ulgente albore

    Oggi,

    Gorno,

    per

    Te balda cammina.

    Deh Tu la reggi, qual pietosa madre

    Che a ’ primi passi

    i l

    bambinel

    sostiene,

    La

    scorgi

    Tu

    f r a l e nemiche squadre.

    E

    al fin di

    queste, a hi tanto amare pene,

    Alla Croce

    1 ’

    avvinci,

    odolce

    Padre,

    Del santo Anel coll’ aurea catene.

    6 Luglio 1873.

    (' ) S. E. Rev.ma Mons. CARLO MAccm Vescovo di Reggio, mancato ai vivi nel giorno 23

    di Maggio dell' anno corrente.

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    I I I .

    Sia l ' Anello

    d’ amor

    fulgido

    raggio

    Che, in quest’ esiglio di tenebre cinto,

    A noi risplende. qual divin miraggio,

    E ne liberi

    i l

    cor da colpe avvinto.

    L ' a ve st i

    (

    T e]

    ricorda)

    in

    gr a to

    omaggio

    D’

    affetto da Colui ( ’ )

    ch’or

    piangi estinto,

    Quando,

    a l l ’ estremo de l mortal viaggio,

    Fu nel grembo d e l l ' urna ahimè sospinto.

    Beh

    che quel

    pegno

    di

    cotanto a fi e t t o ,

    Presago

    a

    Te

    ( 1 ’ episcopale vanto,

    La

    viva

    fiamma T ’

    avvalori

    in petto;

    E fra

    le

    insidie dell‘ Averno intero,

    Tenga

    (di

    tè e d ’ amor

    vincolo

    santo)

    Stretto

    i l Tuo gregge

    a l l '

    Arbor

    del mistero.

    7 Luglio 1873.

    ( ‘ )

    Si allude a S. E.

    Rov.ma

    Mons.

    l’uno

    Runuug li Vescovo di Reggio, morto a l l ì

    22 Luglio 1 866, e di

    cu i

    Mons. Vescovo Conte Boom fu Vi cario Generale.

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    4740

    IV .

    La Croce s ia per Te vanto ed onore,

    Fra le

    tempeste

    d e l l ’

    iroso

    mondo;

    Tu pe r essa comba tti i l bieco

    Errore

    Sicché Abis so

    s i merda

    i l labbro

    immondo.

    Nè Ti sgomenti d’ Erebo i l livore,

    Nè degli empi r i b e l l i odio profondo;

    Colla Tua Croce fulgida

    sul core

    Abbasserai' dell‘

    armi avverse

    i l

    pondo.

    Vedi l’angue f a t a l , che sotto a l piede

    Della

    Vergin

    di Jesseavventa fiele,

    Mentr’

    Ella

    franca e maestosa incede?

    Baldo l ' affronta,

    in ferree catene

    Lo stringi ardito,

    e i l popol

    Tuo

    fedele

    -Goda

    per

    T e d e l l ’ increato Bene.

    7 _

    L u g l i o

    l 8 7 3 .

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    4751»

    L’ Anello alla

    Tua

    f e ‘ doni coraggio,

    0

    generoso, che

    pe l

    Ciel

    combatti,

    E s e nel rio S at an per vi a

    T ’ a bb at ti,

    Provi

    de l Tuo valor

    non

    dubbio assaggio.

    Qual

    s i

    sciolgon l e nevi a l

    sol

    di Maggio, .

    F

    uggan da

    Te l e

    insidie

    ed i

    misfatti,

    E

    i

    nemici di Dio vinti e disfatti, ’

    Pi an g an per T e nel tempio i l f o l l e oltraggio.

    Al

    secolo

    codardo

    impara,.o

    forte,

    Che d e l l ’

    Ara l a b a se

    è immota,

    e dura;

    Vincitrice del tempo e della morte.

    E della

    vita

    sul f a t a l sentiero,

    Se

    mai

    sfiori

    i l Tuo

    core

    aspra sventura,

    Sia l ’ Anello di gaudii a T e

    foriero

    7 Luglio 1873.

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    476»

    VI .

    La Croce

    ispiri a l l ' anima

    vigore,

    Or

    che Abisso‘

    a l Signor

    f a

    stolta

    guerra,

    E

    traviata

    e cieca ora l a terra

    Sfida

    i l

    V ic a ri o del s uo

    g r a n

    Fattore.

    D i ' fatue

    luci a l trepido

    bagliore,

    Vedi come l a pazza inciampa

    ed

    erre;

    Deh

    Tu

    l a

    Croce salvatrice

    a f f e r r a ,

    La Oroce, che di Dio calma i l furore.

    E questo

    gregge

    che

    i l

    Signor

    T'

    affida,

    Cinto

    d‘

    avidi

    lupi, inerme e solo,

    Trovi

    in

    Te

    l a sicura

    esperta

    guida;

    Sicché

    d‘

    Averno le nefande mene

    Cadan pel Tuo poter distrutte a l suolo,

    Erechi

    a

    lui la Croce ore serene.

    7 Luglio

    1873.

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    VII.

    T ’ illumini l ’ Anel l ’ aspro viaggio,

    Come stella polar scorge

    i l nocchiero,

    Quando Oceàno turbolento e

    nero

    È

    di morte

    e

    terror cupo mes s a g gio.

    E

    i l

    Tuo

    gregge che

    palpita a l

    serva g gio

    Del tracotante Averno,

    in

    s uo pensiero

    Si rinfra nc hi a q ue' l ampi , e guardi altero

    A

    quella

    meta

    che

    non

    ha

    pareggio.

    Sgombra l e notti d e l l ’ Error innesto,

    C ol gioie] che

    T i

    brilla ardente in d i t o ,

    E

    i l cammih

    c i

    ris chi are atro ed

    infesto.

    Così, vinto ( 1 ’ Abis so i l rio

    guerriero,

    Della

    pa ce

    a noi

    doni i l

    premio

    ambito,

    De’ cori,

    a Tè, l ’

    Anel porga

    l ’ impero.

    8 Luglio

    1873.

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    478*

    VIII.

    T i conforti la

    Croce

    nel

    dolore,

    Triste retaggio

    dell'

    umana vita,

    Che, quasi spina a l cespite d ’ un fiore,

    Ha

    del nostro

    cammin

    l a trama

    ordita.

    E se

    doglioso

    T i discende

    a l

    core

    I l sospiro d’ un’ anima ferita,

    De’ redenti i l Vessil, fonte d’amore,

    Alla dolente,

    Tu

    pietoso,

    addita.