cinofili stanchi mag giu 2015
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Quando noi di CINOFILI STANCHI partim-
mo nel settembre 2012 con questa avventura,
mai ci saremmo aspettati di ricevere tanta at-
tenzione dal pubblico cinofilo. Forse è il fat-
to che personaggi appartenenti a sigle ed ide-
e diverse si siano uniti per cooperare in qual-
cosa di nuovo senza alcun preconcetto, forse
l’amicizia che comunque fra noi è nata e che
ci spinge a continuare la pubblicazione di
questo magazine, o forse è il fatto che cer-
chiamo costantemente di rendere chiaro chi
sia effettivamente il nostro amico a quattro
zampe, cercando di smentire tutte le leggen-
de e dicerie che ancor oggi, nel 2015, sono
presenti nel pensiero della gente.
Nonostante tutto, per noi resta un piacere
portare avanti questo progetto.
Buona lettura a tutti.
La Redazione
Carolina Dog
3
Editoriale pag. 2
Cani al cinema: La gang dei dobermann pag. 4
Il Pedigree pag. 6
Cuccioli: gioco e diversità pag. 14
Collare o Pettorina? pag. 20
Mitologie cinofile pag. 24
Ti piacerebbe essere tenuto per il collo? pag. 28
Gli eroi del Sol Levante pag. 30
I cani nella Poesia pag. 38
Umorismo canino pag. 39
SOMMARIO
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di Giovanni Padrone - La gang dei do-
bermann è un film del 1972 ed è la sto-
ria di un abile dog trainer che addestra
sei dobermann (Dillinger, Bonnie,
Clyde, Pretty Boy Floyd , Baby Face Nel-
son , e Ma Barker ) per effettuar5e una
rapina in banca. Il film è stato girato inte-
ramente in esterna presso Simi Valley, Ca-
lifornia . Avendo avuto un discreto succes-
so, il film fu seguito da due sequel LA
GANG DEI DOBERMANN COLPISCE
ANCORA (1973) e IL SUPERCOLPO
DEI CINQUE DOBERMANN D’ORO (in
quest’ultimo film, al contrario dei due pre-
cedenti in cui il cast è composto da attori
sconosciuti, fanno parte del cast Fred A-
staire e James Franciscus).
La trama del primo episodio: Eddie, capo d'una piccola banda che include la sua fidanzata June, no-
nostante varie imprese andate a vuoto, è un maniaco del colpo perfetto e aspira a comandare una
gang di robots. A tale scopo ingaggia Barney, un ex aviere esperto di cani da guerra, e gli affida l'i-
struzione di sei cani doberman. Barney non tarda ad accorgersi delle finalità disoneste a cui dovrebbe
collaborare, ma finisce con l'adattarsi anche perché nel frattempo June è diventata la sua amante. In
un vasto locale attrezzato con gigantografie della banca designata, i cani vengono istruiti a compiere
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tutte le operazioni di una rapina perfetta
e irresistibile, guidati a distanza da spe-
ciali fischietti dosati secondo l'udito di
ognuno. Giunto il gran giorno, tutto si
svolge secondo i piani prestabiliti: i cani
tornano alla base con le borse colme di
dollari ma guidati da June, perché Gar-
ney ha abbandonato il colpo. June decide di scagliare i cani contro Eddie e i suoi compari che ne
vengono straziati, ma poi volendoli richiamare per portarsi via tutti i soldi, si rende conto che nel
frattempo il suo piccolo bulldog è fuggito tenendo fra i denti l'astuccio dei fischietti.
Nel secondo episodio, i 6 dobermann vengono richiamati
dagli ultrasuoni di tre aspiranti mascalzoni e cominciano con
il donare loro il bottino arraffato nella impresa precedente.
Poi, addestrati a dovere, penetrano nella direzione di un par-
tito politico e si impossessano di milioni che non porranno
denunciarsi essendo stati elargiti sotto banco. Tuttavia secondo le buone regole del criminale che non
vuole essere diseducativo, il ritorno alla base comporterà una sorpresina...
Infine, nell’ultimo episodio Lucky, un agente speciale, vuole in-
castrare il boss Solly Kramer e per farlo si lancia nel mondo delle
scommesse clandestine, facendo in modo di essere in debito con
il malvivente di un'ingente somma di denaro. Per avere una co-
pertura, intanto si fa assumere al circo Septimus dove lega sin da
subito con il clown e con la cavallerizza Justine. Inseguito dagli
scagnozzi di Kramer, si imbatte in Daniel, un ex galeotto che vi-
ve in una roulotte insieme ai suoi cinque cani doberman, predi-
cando i precetti di amore dettati dalla Bibbia. Lucky cerca di
convincerlo a preparare un numero con i suoi animali per lo spet-
tacolo e a partecipare alla rapina al circo. E' questa la trappola
che sta preparando al suo rivale. Daniel sembra non accettare, ma c'è ancora spazio per i colpi di sce-
na.
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di Davide Bressi - Il pedigree è un argomento sempre discusso tra i
"non addetti ai lavori". Se ne sente parlare spesso di questo documento,
ma raramente in modo esaustivo. Specifico che il pedigree non è solo
quel documento, come molti pensano, che permette al cane di accedere
alle esposizioni di bellezza. Chiarisco subito questo punto, perchè spes-
so sento persone che chiedono di acquistare un cucciolo senza pedigree
esclamando la solita frase (che ciclicamente rimbomba nella mia testa)
"A me il pedigree non serve, non devo far gare.."
Il Certificato d'iscrizione al Registro Origini Italiano (abbreviazione
R.O.I.) ovvero il pedigree, è più di questo. E' un documento ufficiale,
una carta d'identità molto dettagliata che viene rilasciato, per il nostro
territorio, solo dall'Ente Cinofilia Italiana, affiliata a sua volta alla Fede-
razione Cinologica Internazionale. In esso sono racchiuse molte infor-
mazioni utili che spiegherò più avanti nel dettaglio. Nel pedigree è raffi-
gurato l'albero genealogico del cane: genitori, nonni, bisnonni e trisnon-
ni. Da qui si può capire l'effettiva importanza di questo documento. In-
fatti l'albero genealogico, attraverso i nomi dei soggetti presenti in esso,
fornisce la possibilità di raccogliere molte informazioni preziose anche
sulla progenie. Informazioni sanitarie come il grado di displasia dei ri-
produttori, ma anche informazioni quali i titoli di campione italiano/
internazionale di lavoro o bellezza, e titoli vari come brevetti, prove di
selezione, campione sociale, campione riproduttore, ecc. E' quindi al-
quanto riduttivo affermare che il pedigree non sia importante. Attual-
mente però mi sento di dire che in Italia i controlli sulle cucciolate sono
saltuari, non sempre le delegazioni Enci dislocate sul territorio eseguo-
no controlli serrati sulle cucciolate. In questo senso il deposito del cam-
pione biologico (DNA) dei riproduttori, è un valido strumento per veri-
ficare la parentela del cucciolo con quest'ultimi.
La legge italiana specifica chiaramente che cane senza pedigree non è
da considerarsi cane di razza e aggiunge che vendere cani non di razza è
vietato. Vi rimando alla lettura del Decreto legislativo del 30 Dicembre
1992, n. 529 inserito a fondo pagina.
Il pedigree è uno strumento identificativo di un soggetto all'interno di
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una razza. Per far sì che il cucciolo abbia l'iscrizione al R.O.I. ovviamente è in-
dispensabile che anche i genitori figurino in tale registro.
Per i cani che non possiedono pedigree, ma che rispecchiano la tipicità della raz-
za è possibile ottenere l'iscrizione al Registro Supplementare Riconosciuti
(R.S.R.). Tale documento non ha la stessa valenza di un pedigree R.O.I. ed è ri-
conoscibile perchè di colore verde. Questo registro è aperto solo ad alcune razze
(vedi link http://www.enci.it/documenti/RSR_ESCL_PRIMAGEN.pdf). L'iscri-
zione al R.S.R. si ottiene partecipando ad un'esposizione di bellezza organizzata
dall'Enci. I cani giudicati "tipici" avranno il Certificato d'iscrizione al Registro
Supplementare Riconosciuti (R.S.R.) e il cane figurerà come capostipite. I cuc-
cioli nati dall'accoppiamento di un soggetto con iscrizione al R.S.R. e un sog-
getto iscritto al R.O.I. avranno a loro volta l'iscrizione al R.S.R. Solo la cuccio-
lata appartenente alla quarta generazione potrà richiedere l'iscrizione al R.O.I.
Riassumendo, l'iscrizione al R.S.R. è un percorso lungo riservato solo ad alcune
razze, che permetterà in futuro di avere cucciolate con pedigree R.O.I. L'Enci ha
istituito nel suo sito ufficiale un "data base" dove è possibile accedervi per con-
sultare tutti i pedigree semplicemente inserendo il numero di microchip del cane
o altre informazioni quali il nome del cane e nome del proprietario o allevatore.
Dunque è possibile verificare la genealogia anche prima di acquistare il cuccio-
lo.
Vediamo nello specifico le pratiche burocratiche che l'allevatore occasionale o di
professione deve sbrigare per dotare la cucciolata del pedigree. Innanzi tutto il
proprietario della fattrice deve compilare un documento chiamato "Modello
A" entro 25 giorni dalla data di nascita della cucciolata e consegnarlo alla Dele-
gazione ENCI competente per territorio in cui sono verificabili fattrice e cuccio-
li. Successivamente, entro 90 giorni dalla data di nascita della cucciolata dovrà
compilare il "Modello B" per la denuncia d'iscrizione della cucciolata, presen-
tandolo alla Delegazione ENCI competente per territorio. Questi modelli sono
scaricabili gratuitamente sempre dal sito Enci, di facile compilazione e com-
prensione per tutti.
La modulistica ha un prezzo molto ridotto, a differenza di quanto si possa pensa-
re. Il "Modello A" ha un costo di euro 14,50 più tasse di segreteria di euro 8,50.
Mentre il "Modello B" viene calcolato a cucciolo. Per ogni cucciolo deve essere
versato un importo di euro 20 più tasse di segreteria di euro 8,50. Queste sono le
spese a carico dell'allevatore. Il ritiro del pedigree è a carico del proprietario del
cucciolo che dovrà versare alla delegazione Enci di zona un importo di euro
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13,50 più tasse di segreteria
(quelle ci sono sempre) di euro
8,50. Come potete notare sono
importi esegui ben distanti dalle
richieste di alcuni che fanno il
solito giochetto sul prezzo del
cucciolo con o senza pedigree.
Da qui si valuta anche la serietà
di un allevatore. Vi rimando per
completezza ad un altro articolo,
una mini guida per scegliere un
cucciolo evitando possibili tra-
nelli: "La scelta del cucciolo". A tal proposito apro una breve parentesi dicendo che gli
allevamenti amatoriali e professionali (questi ultimi intesi con partita iva) con affisso ri-
conosciuto dall'Enci sottoscrivono il "Codice Etico Allevatori" che impone di osservare
alcune regole volte al miglioramento della razza e alla diffusione di una corretta cultura
cinofila. Infine sottolineo che un cane con pedigree non vi assicura di aver scelto un buon
cucciolo, ma come detto prima vi fornisce dei dati ai quali attingere per fare eventuali
controlli. Il proprietario di un cane senza pedigree, troverà difficoltà nel reperire un altro
cane per l'accoppiamento, nessun allevatore o privato che lavora con serietà acconsentirà
ad un accoppiamento nel quale uno o entrambi i soggetti sono sprovvisti di tale documen-
to.
Dunque possiamo riassumere dicendo che i cani di razza, dotati di Pedigree sono tutti
censiti presso l'ENCI (Ente riconosciuto dal Ministero delle risorse agricole alimentari e
forestali) e il titolo di proprietà è costituito proprio dall'intestazione di detto Pedigree, cer-
tificato in pergamena, con bollo in rilievo, rilasciato esclusivamente dall'Enci a distanza
di qualche mese dalla data di nascita del cucciolo.
Questo documento riporta il nome degli antenati sia paterni che materni del cane, la raz-
za, il sesso, l'allevatore, il numero del microchip, la data di nascita e il nominativo del
proprietario. La cessione di ogni esemplare provvisto di Pedigree deve risultare dal certi-
ficato stesso, mediante annotazione nell'apposito spazio con ratifica del Gruppo Cinofilo
competente per territorio. In caso di mancanza di tale annotazione e della relativa ratifica,
la cessione non è valida: il passaggio di proprietà, infatti non si può perfezionare con la
semplice consegna fisica dell'animale ("traditio brevi manu"), ma solo con il trasferimen-
to formale e relative annotazioni.
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All'interno del Pedigree, oltre alla raffigurazione
dell'albero genealogico, troviamo le seguenti diciture:
GRUPPO: Indica il gruppo di appartenenza della raz-
za del nostro cane.
Al NUMERO: È il numero di registrazione assegnato
dall'ENCI al vostro cane.
DEL CANE: Il nome del cane per intero comprensivo
di affisso riconosciuto ed assegnato dalla FCI e
dall'ENCI. Per Affisso s'intende la denominazione di
un allevamento destinato a distinguerne i prodotti. Es-
so precede o segue il nome individuale del cane, nato
da una fattrice della quale il titolare dell'affisso risulta
proprietario. (Es.: Calisto of Brs Passion), dove Cali-
sto sta come nome e of Brs Passion sta come affisso.
NATO IL: La data di nascita del cane
SESSO: Il sesso del cane
DI RAZZA: La razza del cane
MARCATURA: Qui va annotata la sigla dell'allevamento tatuata (punzonatura sul cane
interno orecchio destro) o il numero di microchip del cane. Il tatuaggio è un insieme di
numeri e lettere. È molto importante. In caso di smarrimento o furto del cane, tramite
questo numero si può risalire al proprietario. Il metodo di assegnazione del numero con la
sigla, si differenzia in caso di cani con Affisso o meno. Per il microchip il discorso non
cambia, se non per la differenza di metodo (meno traumatico per il cane). Il chip si inseri-
sce sotto l'epidermide del cane, dietro l'orecchio, nel collo. Oggi il microchip è obbligato-
rio per l'iscrizione di cucciolata ed anche per iscrivere un soggetto alle gare. (vedi dispo-
sizioni in merito)
MANTELLO: Colore del mantello del cane
ALLEVATORE IL SIGNOR: Nome dell'allevatore (o il suo affisso) proprietario della fat-
trice, preceduto da un numero di riconoscimento e seguito dall'indirizzo.
NOTE: Nelle Note verranno aggiunti dei dati degni di attenzione, come i controlli ufficia-
li sulla Displasia dell'Anca ed altri.
Decreto legislativo del 30 Dicembre 1992, n. 529
Il Decreto legislativo del 30 Dicembre 1992, n. 529 sancisce il divieto di vendita di ani-
mali sprovvisti di pedigree ed esalta il concetto di animale di razza pura. Di seguito vi
proponiamo uno stralcio del Decreto in questione.
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Art. 1. - 1. Il presente decreto disciplina:
a) l'istituzione, per gli animali, compresi nell'elenco di cui all'allegato II del Trattato isti-
tutivo della Comunità Economica Europea, ed appartenenti a specie e razze diverse da
quelle regolamentate dalla legge 15 gennaio 1991, n. 30, del relativo libro genealogico,
così come definito nell'allegato al presente decreto;
b) l'istituzione, per le specie e razze autoctone di cui alla lettera a), che presentino limitata
diffusione, per le quali non siano istituiti i libri genealogici, del relativo registro
anagrafico, cosi' come definito nell'allegato al presente decreto;
c) la riproduzione dei detti animali secondo le norme stabilite, per ciascuna razza e
specie, dai relativi disciplinari dei libri genealogici o registri anagrafici di cui al
successivo art. 2;
d) la commercializzazione degli stessi animali e dello sperma, degli ovuli e degli
embrioni ad essi relativi, secondo le norme stabilite, per ciascuna razza e specie, dai
relativi disciplinari dei libri genealogici o dei registri anagrafici, nonche' sulla base della
apposita certificazione genealogica, di cui al successivo art. 5.
Art. 2.
1. I libri genealogici ed i registri anagrafici sono istituiti, previa approvazione con decreto
del Ministro dell'agricoltura e delle foreste, dalle associazioni nazionali di allevatori di
specie o di razza, di cui all'art. 1, lettere a) e b), dotate di personalita' giuridica ed in
possesso dei requisiti stabiliti con provvedimento del Ministro dell'agricoltura e delle
foreste. Detti libri genealogici e registri anagrafici sono tenuti dalle menzionate
associazioni sulla base di appositi disciplinari, approvati anch'essi con decreto del
Ministro dell'agricoltura e delle foreste.
2. Salvo che il fatto costituisca reato, il responsabile dell'associazione nazionale a cio'
preposto che custodisce i libri genealogici ed i registri anagrafici di cui al comma 1 in
difformita' delle prescrizioni contenute negli appositi disciplinari e' punito con la sanzione
amministrativa del pagamento di una somma da L. 5.000.000 a L. 30.000.000.
Art. 3.
1. I soggetti delle specie e razze di cui all'art. 1, originari dei Paesi membri della
Comunita' economica europea, sono ammessi alla riproduzione, sia in fecondazione
naturale che per inseminazione artificiale, purche' in possesso dei requisiti genealogici ed
attitudinali disciplinati dalla normativa comunitaria. Alle stesse condizioni è altresì
ammesso l'impiego di materiale seminale, di ovuli ed embrioni provenienti da animali
originari di tali Paesi.
2. I soggetti delle specie e razze di cui all'art. 1, provenienti da Paesi terzi, sono ammessi
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alla riproduzione, sia in
fecondazione naturale che per
inseminazione artificiale, alle
stesse condizioni stabilite in
Italia per i riproduttori delle
medesime specie e razze,
purche' in possesso dei requisiti
genealogici ed attitudinali,
stabiliti con decreto del
Ministro dell'agricoltura e delle
foreste. Alle stesse condizioni e'
altresi' ammesso l'impiego di
materiale seminale, di ovuli ed
embrioni provenienti da animali originari di detti Paesi. Non sono ammesse condizioni
piu' favorevoli di quelle riservate ai riproduttori originari dei Paesi comunitari.
3. Salvo che il fatto costituisca reato, chiunque ammette alla riproduzione animali in
violazione delle prescrizioni contenute nei commi 1 e 2 e' punito con la sanzione
amministrativa del pagamento di una somma da L. 10.000.000 a L. 60.000.000.
Art. 4.
1. Il Ministero dell'agricoltura e delle foreste, su parere dell'Istituto sperimentale per la
zootecnia, puo' autorizzare, anche in deroga a quanto stabilito nell'art. 1, comma 1, lettera
c) e nei libri genealogici o nei registri anagrafici ad essi relativi, l'impiego di riproduttori
e di materiale di riproduzione a fini di ricerca e di sperimentazione.
Art. 5.
1. E' consentita la commercializzazione di animali di razza di origine nazionale e comuni-
taria, nonché dello sperma, degli ovuli e degli embrioni dei medesimi, esclusivamente
con riferimento a soggetti iscritti ai libri genealogici o registri anagrafici, di cui al prece-
dente art. 1, comma 1, lettere a) e b), e che risultino accompagnati da apposita certifica-
zione genealogica, rilasciata dall'associazione degli allevatori che detiene il relativo libro
genealogico o il registro anagrafico.
2. E' ammessa, altresì, la commercializzazione di animali di razza originari dei Paesi ter-
zi, per i quali il Ministro dell'agricoltura e delle foreste abbia con proprio provvedimento
accertato l'esistenza di una normativa almeno equivalente a quella nazionale. Alle stesse
condizioni e' ammessa la commercializzazione dello sperma, degli ovuli e degli embrioni
provenienti dai detti animali originari dei Paesi terzi. Non sono ammesse condizioni più
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favorevoli di quelle riservate agli ani-
mali di razza originari dei Paesi co-
munitari.
3. Salvo che il fatto costituisca reato,
chiunque commercializza gli animali
indicati nei commi 1 e 2 in violazione
delle prescrizioni ivi contenute e' pu-
nito con la sanzione amministrativa
del pagamento di una somma da L.
10.000.000 a L. 60.000.000.
Art. 6.
1. I disciplinari di cui all'art. 2 attualmente vigenti in materia di istituzione e tenuta dei
libri genealogici e dei registri anagrafici, sono modificati in conformità alla normativa co-
munitaria ed alle disposizioni di cui al presente decreto.
2. Con decreto del Ministro dell'agricoltura e delle foreste si provvederà al recepimento
della normativa tecnica emanata dalla Comunità Economica Europea in applicazione del-
la direttiva 91/174/CEE.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale de-
gli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo
e di farlo osservare.
Dato a Roma, addì 30 dicembre 1992
ALLEGATO
Libro genealogico. Per il libro genealogico si intende il libro tenuto da un'associazione
nazionale di allevatori dotata di personalità giuridica o da un ente di diritto pubblico, in
cui sono iscritti gli animali riproduttori di una determinata razza con l'indicazione dei loro
ascendenti e delle prestazioni riproduttive e produttive.
Registro anagrafico. Per registro anagrafico si intende il registro tenuto da un'associazio-
ne nazionale di allevatori dotata di personalità giuridica o da un ente di diritto pubblico,
in cui sono annotati gli animali riproduttori di una determinata razza con l'indicazione dei
loro ascendenti, se noti, e delle eventuali prestazioni riproduttive e produttive.
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di Angelo Romanò - La crescita in un ambiente pieno
di stimoli è importante, non solo per la crescita fisica,
ma anche mentale. Saper distinguere ciò che può essere
normale da quello che non lo è, solo l'esperienza e l'abi-
lità stessa del cane di discernerlo può fare la differenza
tra un carattere equilibrato e uno meno equilibrato.
All’inizio, quando il cucciolo arriva a casa nostra, tutto
sarà nuovo per lui, odori, rumori, persone, oggetti, in-
somma avrà una settimana se non addirittura due intense
e di forte emozione. Accoglierlo per noi non sarà diffici-
le, anzi, saremo a sua completa disposizione e forniremo
attenzioni importanti. Cerchiamo però di vederle però anche dal suo punto di vista:
non ha mai visto tante persone che si aggirano attorno a lui e fino a poco tempo fa
giocava con la mamma e i fratelli azzuffandosi e tentando di evitare i morsi, ogni tan-
to la mamma lo sgridava bloccandolo e a volte girandolo per aria per fargli capire che
certe cose non dovevano essere fatte. Ora la comunicazione cambia, non vede più i
suoi simili ma vede animali a due zampe, alti e grossi, che si avvicinano e vogliono
prenderlo e stringerlo a se. Detto così è inquietante ma d’altra parte penso che rispetti
la maggior parte delle esperienze che un cucciolo fa quando arriva in un ambiente di-
verso dal suo, ovvero il nostro.
Passati i primi giorni però prende confidenza e comincia a fare giochi da cucciolo ti-
rando pantaloni, mordendo le mani, abbaiando, insomma attirando la nostra attenzio-
ne e cercando un modo per coinvolgerci nel suo mondo, il mondo del suo gioco. A
questo punto mi viene da dire che non siamo noi che dobbiamo insegnargli qualche
cosa, ma è lui che ci sta insegnando ad interagire in modo corretto (per il suo punto di
vista). Da cucciolo ad istruttore, questa è la sua percezione, non vedendovi giocare
nello stesso modo dei fratelli o dei suoi simili vi sta invitando a condividere la sua re-
altà e percezione delle cose. E’ lui che sta insegnando a voi un metodo di comunica-
zione nuovo, diverso, più semplice ed immediato del vostro, più preciso, dove la pa-
rola non esiste se non per avvertire o attirare l’attenzione.
Noi, d’altro canto, ci comporteremo come goffi attori, tentando di mimare o scim-
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miottare i suoi comportamenti tanto
che le prime volte sarà intento a capire
cosa vogliamo da lui. L’impostazione
del gioco è importante per lui, ma lo è
anche per noi per tentare di capire cosa
preferisce. Sul come impostare una
buona relazione, abbiamo già parlato
nei numeri scorsi, oggi ci occuperemo
di comprendere come gioca lui per mi-
gliorare le nostre capacità di interazio-
ne e per fornirgli una palestra che possa aiutare a formare il suo carattere in maniera
corretta.
Il gioco del cucciolo si basa su assalti, inviti, corse per scappare, corse per rincorrere,
mordere, contatto, salti e non meno importante relazione sociale. Incominciamo da
quest’ultimo concetto, relazione sociale: nel gioco non è importante vincere, ma ciò
che più è importante è divertirsi, concetto che esiste in ambito competitivo ma che si
è un po’ perso nel tempo dando più importanza al risultato individuale. Voi e il vostro
cucciolo siete una squadra, ricordatevelo, serve a lui ma serve anche a voi, quindi nel
gioco una volta vinco io e l’altra vinci tu. Lo scambio di ruolo è importante, più im-
portante del gioco stesso, è il punto focale dove noi possiamo interagire con lui e lui
può interagire con noi … conoscere, comprendere, capire. Vi sono anche lati negativi,
ovvero dove lui pensa di poter vincere sempre e quindi ad esempio permettersi di
montare il nostro braccio, fare pipì sulle scarpe o comunque evidenziare uno stato so-
ciale più elevato rispetto al nostro considerandoci delle risorse piuttosto che guide
nella loro crescita.
Assalti e inviti sono all’ordine del giorno,
così come le corse per scappare o rincorrer-
ci, una volta la preda la fa lui e una volta
noi, ma attenzione che noi non siamo cani e
non vogliamo che cresca cercando di mor-
dere qualsiasi persona, quindi dobbiamo
utilizzare altri strumenti per migliorare il
gioco. Proviamo ad interagire usando og-
getti, come un legnetto, una pallina o una maglietta annodata, per invogliarlo a gioca-
re con noi. Sicuramente la sua attenzione viene concentrata sul prendere l’oggetto una
volta in movimento. Lanciare un bastone per lui ricorda andare a predare un animale,
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ovvero correre, visualizzarlo, raggiun-
gerlo e prenderlo. Il riporto, se inse-
gnato correttamente, è per lui
l’anticipazione del lancio successivo e
quindi continuare il gioco.
Ma non serve solo questo, serve di più.
Sebbene la nostra influenza possa in
qualche modo aiutarci nella relazione,
il cucciolo ha bisogno di crescere ed
interagire sempre di più con i suoi si-
mili. Le diverse abilità naturali sono
per lui uno stimolo ulteriore per fare di più e meglio. L’allenamento e la costanza formano
il suo futuro carattere come in una vera palestra. Si inizia con esercizi semplici di scambio,
fino ad arrivare a vere e proprie sfide dove l’abilità nello schivare, parare colpi e risponde-
re diventano fondamentali per la sua sopravvivenza. Si, perché lui effettivamente non sa
che la protezione possiamo dargliela noi, ma la cerca di giorno in giorno da solo costruen-
do con fatica il suo futuro ed agendo indipendentemente per conquistarla.
Vi sono molti aspetti da migliorare
come ad esempio il movimento e la
coordinazione, le strategie migliori
che gli permettano di primeggiare su
un avversario, il controllo del morso
e quindi l’uso corretto della bocca, un
uso che si apprende da piccoli con i
fratelli ma che si deve successiva-
mente sviluppare con un confronto
continuo, insomma c’è un mondo da
esplorare e da scoprire per lui, mondo
che non si ferma a noi e altri cani ma che può, e a mio avviso deve, includere anche altre
razze per meglio migliorare la sua percezione del mondo e per meglio crescere senza alcun
timore.
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In vendita nelle migliori librerie on line
(per info sull’acquisto del libro cartaceo:
giovannipadrone@gmail.com)
DISPONIBILE ON LINE in formato
pdf ed epub (Kindle Amazon)
In quanti e quali modi i cani cercano di farsi capire dai proprietari? Come comunicano fra loro?
Questo libro è il frutto di 5 anni di studio, uno studio approfondito, della etologia e del compor-
tamento sociale dell’unica specie animale che nel corso della propria storia ha deciso di evol-
versi in compagnia dell’Homo sapiens. Scoprirete che il cane ha un linguaggio sociale, relazio-
nale, emozionale ed affettivo molto complesso che è frutto di una evoluzione durata milioni di
anni, pervenuta dagli antichi Canidi che l’hanno preceduto nel corso della storia evolutiva della
Terra.
Attraverso le esperienze dirette ed il confronto con gli studi scientifici Giovanni Padrone, edu-
catore cinofilo studioso dell’etologia e della evoluzione del cane (per le quali ha già pubblicato
nel 2012 ‘E il cane decise di incontrare l’uomo’) affronta i vari aspetti che spesso sono ragio-
ne di conflitto da parte del genere umano, cercando di spiegare chiaramente tutte le sfaccettatu-
re del comportamento canino. Allo scopo di rendere questo testo più completo, egli ha osserva-
to per diverse settimane un gruppo di cani randagi viventi sulle colline vicino a Ravenna e ne ha
annotato le similitudini e le differenze rispetto ai cani che vivono in compagnia dell’uomo.
Nel libro è presente anche un ampio etogramma del cane, dove sono identificati e descritti oltre
150 comportamenti che il nostro amico a 4 zampe attua nelle proprie interazioni sociali ed am-
bientali. Un libro per tutti coloro che desiderano ampliare le proprie conoscenze sull’etologia
del Canis familiaris.
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di Marcello Messina - Riporto un articolo di Alexandra Braatz, nota cinofila teutonica, che
finalmente da una informativa corretta su entrambi i mezzi di controllo dei cani.
Collare o Pettorina?
Domanda a bruciapelo, collare o pettorina? La questione divide il mondo cinofilo: “Cosa dovreb-
be indossare il cane?”
La fisioterapista per cani, Britta Kutscher, con un sor-
prendente appello pro collare…
Collare o Pettorina? Non è una questione di gusto! E
anche l’aspetto di chi assume il ruolo del leader non
è importante, che sia il cane o il proprietario, non è
fondamentale. Anatomia, biomeccanica e fisica ci di-
cono invece quale decisione è quella giusta.
Distribuzione della pressione Per chiarire il punto della discussione, se collare o
pettorina siano la scelta giusta per il cane, la cosa mi-
gliore da fare è guardare i fatti inerenti la natura. La
moda della pettorina è nata da una riflessione fisica
corretta:maggiore la superficie di contatto, minore la
pressione su un punto. Per distanziarsi da metodi duri
si pensava a come togliere pressione dal collo del cane ed è venuta l’idea di distribuire la
pressione. Misurazioni con appositi strumenti hanno dimostrato che effettivamente la pres-
sione su un punto diminuisce, però vengono esercitati pressioni su punti che non possono
assolutamente sostenere pressioni. L’uso della pettorina può essere giustificato per questio-
ni di salute, ma alla fine la decisione spetta al proprietario.
L’anatomia del collo Il cane è un cacciatore e nonostante
l’addomesticazione ha mantenuto le sue caratteri-
stiche fisiche. Indipendentemente se cane da com-
pagnia o cane da caccia, in linea generale lo sche-
letro di tutti i cani è uguale, tranne pochi dettagli
come ad esempio la forma della testa. E tutti i cani
hanno gli stessi muscoli con le stesse funzioni. Da
predatore il cane necessita di una muscolatura del
collo molto robusta visto che la preda continua a
ribellarsi una volta afferrata. Il cane la tiene istinti-
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vamente saldamente, non vuole morire di fame. La rachide cervicale è composta da 7 verte-
bre cervicali ed è la parte più mobile della colonna vertebrale e ammortizza molto bene le
strattonate della preda che lotta per la sua vita. Anche cani di piccola taglia possono sopraf-
fare una preda molto più grande di loro. Per esempio un Terrier di piccola stazza è in grado
di uccidere un cervo, con grande stupore del suo proprietario.
L'uso della pettorina è destinato ad alleviare il collo del cane.
Caso particolare cani da slitta Il punto di traino della pettorina per Husky è alla
base della coda e permette a tutto il corpo di agire
liberamente. L’alta forza di traino è richiesta sem-
pre solo per poco tempo, il peso da trainare solita-
mente si divide su diversi cani e il cane da slitta
cammina quasi sempre con il rimorchio pratica-
mente in orizzontale, per citare solo alcune caratte-
ristiche di questa particolare pettorina.
L’idea di far indossare una pettorina non è una in-
venzione degli addestratori moderni. Ha le sue ori-
gini nel lavoro dei cani da slitta. Così un Husky tira
una slitta senza subire danni. Però si tratta di una
pettorina concepita in modo completamente diver-
sa rispetto alle pettorine commerciali per l’uso co-
mune e dove il cane non deve tirare.
Avete mai notato quando due cani si azzuffano,come si strattonano e trascinano… O quale
cane non adora giocare a tira e molla con un giocattolo? Con questi giochi è più facile che
si danneggiano i denti che la colonna cervicale, altrimenti la specie canina si sarebbe estinta
per mancanza di successo durante la caccia. Ergo: Il rachide cervicale è molto mobile e è
avviluppato da una muscolatura molto ben sviluppata. Con questa mobilità perdona anche
qualche strattonata laterale.
La delicata regione toracica Simile ad un ramo di salice che appe-
na spezzato è morbido ed elastico pe-
rò essiccato si spezza senza grande
sforzo, anche nell'anatomia del cane è
decisivo se la forza viene esercitata su
una parte muscolosa o su delle parti
rigide dove sotto la pelle le ossa sono
poco protette. Cosa caratterizza que-
sta regione del corpo? Il torace è il
portatore della pettorina. Il torace è
costituito da 13 vertebre toraciche. Da
ciascuna vertebra parte una coppia di
costole che fa un grande arco verso il
22
basso. Allo sterno, che è fatto di piccole ossicine simili a vertebre, le costole si riuniscono
più o meno direttamente e chiudono il torace. Le ossa dello sterno formano una sezione
mobile. Lo sterno umano invece è una piastra ossea rigida. Sui lati a destra e sinistra si tro-
vano le scapole, che sono collegate solo con dei muscoli. Un collegamento osseo come la
clavicola umana manca al cane. Le scapole formano dalla parte davanti assieme all'omero
le articolazioni scapolo-omerale. Si possono sentire bene alla parte anteriore del torso a de-
stra e sinistra allo sterno centrale. Qua pizzica. Quando parti delle pettorina sfregano o cal-
cano nelle ascelle possono verificarsi lesioni o irritazioni.
Nastri che scivolano Guardando bene si può no-
tare che ad ogni passo c'è
abbastanza libertà di movi-
mento per il cane. Se le
articolazioni della spalla
sono limitate per influenza
esterna , come ad esempio
la pettorina norvegese,
non solo disagio al cane
(quale donna non ha mai
imprecato per una bretella
del reggiseno che era scivolata giù? E andare a fare sport così?) ma crea anche uno sforzo
maggiore alle articolazioni sottostanti, soprattutto alle articolazioni del gomito. Le scapole
si muovono decisamente avanti e indietro, così che strisce di tessuto che poggiano qui di-
sturbano la naturale economia di movimento. Adesso la cintura del petto poggia sullo ster-
no, o almeno dovrebbe. Chi non ha mai provato a mettere una tavola in equilibrio su un ro-
tolo? Al minimo movimento del rotolo la tavola scivola giù. Molto simile è la situazione
della cintura toracica della pettorina. Visto che il cane è una creatura mobile, la cintura tora-
cica non ha nessuna chance di rimanere sullo sterno. Scivola da una parte e calca sulle arti-
colazioni molto delicate tra costole e sterno. O scivola nelle ascelle. Qua scorrono impor-
tanti nervi e vasi sanguigni che forniscono le gambe. Se parti della pettorina producono
pressione o sfregamento nelle ascelle possono manifestarsi lesioni ai muscoli e/o irritazioni
dei nervi fino alla paralisi.
Però nemmeno costole e sterno gradiscono la pressione.
Le cinghie di gran parte delle pettorine limitano le articolazioni di spalla e gomito.
Limitazione della respirazione Le cinghie laterali del petto portano, in caso di una tirata laterale del cane, maggior peso
sullo sterno mobile del cane. Inoltre queste cinghie scorrono sopra le costole. La funzione
delle costole è di allargarsi e contrarsi nuovamente per produrre la sovra-e sottopressione
nel torace, necessaria per la respirazione. Ancora una domanda alle signore: come ci si sen-
te quando si deve correre con un reggiseno di una circonferenza minore del necessario? Ai
signori manca il fiato solo al pensiero di una tale restrizione. Ora mi verrà probabilmente
23
ribadito che non bisogna stringere la pettorina così tanto. Ma anche il solo fatto di tirare al
guinzaglio è sufficiente per avere come effetto una limitazione della respirazione . Un altro
fattore a provocare disagio sono le grosse fibbie di molte pettorine che poggiano sulle co-
stole. Se non si toglie subito la pettorina quando il cane si deve o vuole sdraiare , le fibbie
calcano sul periostio sensibile delle costole. A chi piace dormire sulle briciole, per non par-
lare di cosettine in metallo e plastica?
Con la schiena lunga Anche chi pensa di proteggere la lunga schiena del suo bassotto purtroppo si sbaglia! Il fat-
tore decisivo è che sorge una piega (spezzatura) della colonna vertebrale: l’occhiello del
guinzaglio si trova sopra la parte centrale/posteriore della colonna vertebrale toracica. La
direzione di tiro ,e quindi l’angolo di leva, dipende dall'altezza del cane in relazione all'al-
tezza del conduttore. Più piccolo è il cane, maggiore è la piega della colonna vertebrale a
guinzaglio teso. Le misurazioni di pressione hanno dimostrato che la distribuzione di pres-
sione più risparmiante si raggiunge con un collare largo e morbido in cui tutte le fibbie e
l’occhiello del guinzaglio sono posizionato sulla parte superiore del collo.
Decidete voi stessi Ci sono solo alcune eccezioni mediche per le quali è giusto
scegliere la pettorina. Queste includono infortuni o malattie
al collo, anche la tendenza al collasso tracheale (instabilità
della trachea).Detto questo: scegliete voi gli attrezzi per con-
durre il vostro cane da un altro punto di vista che non
sia per moda o imposto dalle rigorose regole di un campo
d’addestramento. Ognuno deve decidere da solo cosa sembra
il mezzo migliore per ogni singolo cane.
Britta Kutscher, nata nel 1965, è una fisioterapista qualificata e osteopata per cani e cavalli.
Ha dei cani da più di 20 anni, pratica sport cinofilo e usa il suoi due amici su quattro zampe
come co-terapeuta. Nata a Dortmund lavora nel suo studio privato come fisioterapista a
Karby sul mar Baltico.
Tradotto dal tedesco
Fonte:
"Der Hund" 7/10. Redaktion DER HUND Wilhelmsaue 37-10713 Berlin Fax: 0 30/4 64 06-
3 13 E-Mail: derhund@bauernverlag.de
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‘URINARE SOLLEVANDO LA GAMBA E
GRATTANDO IL TERRENO SONO SEGNI DI
DOMINANZA. Per carità evita al tuo cane di fa-
re questo’. ‘Parbleu’ (come direbbe il commissario Maigret) ho borbottato quando mi è stato riferito da
un conoscente ciò che gli ha detto un addestratore
consultato per qualche problema di gestione del proprio Akita Inu. ‘Dunque, un cane che solleva la
zampa per urinare e rilasciare le proprie tracce chi-
miche (fondamentali feromoni attraverso i quali vengono emessi i segnali identificativi del cane che
li deposita) e gratta il terreno, secondo questa perso-na esprimerebbe ‘dominanza’ da parte del cane’,
ribatto io. E questi fa un cenno di assenso con la testa.
Questo falso etologico è presente nella cinofilia italiana probabilmente da lungo tempo. Non si sa chi fu il primo a diffonderlo, né perché fu diffuso. Ma questo poco importa. Quello che
importa, invece, è che atteggiamenti analoghi male interpretati hanno portato ad avere cani
ansiosi sempre più ansiosi e cani bulli sempre più bulli. Se chi diffonde questi teoremi, ba-sasse gli stessi su studi scientifici, molto probabilmente la sua mentalità muterebbe di molto
la prospettiva della propria visione delle capacità cognitive e sociali del cane. Dubito forte-mente che chi asserisce tanto, sia consapevole che il cane ha una mente molto capace e raffi-
nata e sappia bene come comportarsi nella propria società.
Quello che ci dice la ricerca sul marcamento urinario ha, infatti, un significato molto profon-do nel contesto sociale della comunicazione canina. Marcando una superficie verticale (come
il tronco di un albero) e subito dopo grattando il terreno con le zampe posteriori, il nostro a-mico a quattro zampe compie un atto in cui avvengono tre cose:
1. Rilascia attraverso le urine feromoni di deposito identificativi.
“C’era una volta un lupo cattivo…” e ora non c’è più. In questa rubrica vogliamo trattare
dei tanti miti e leggende che governano il pensiero di certa cinofilia, quella cinofilia autore-
ferenziale che mai si aggiorna da un punto di vista scientifico (troppa fatica) e che allo stes-
so tempo si considera la verità assoluta in tutto l’Universo. Ma nell’Universo ci sono civiltà
molto più evolute della nostra che già da tempo hanno abbandonato le favole e le mitologie
per adattarsi ad un cosmo fatto di fisica e matematica, di materia, antimateria e materia
oscura, di gravità, forza elettromagnetica e concretezza.
Del resto l’oro dei Nibelunghi non è mai stato trovato, la Terra è sferica e non piatta e le
mosche si sa da tempo che non nascono per generazione spontanea...
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2. Attraverso lo sfregamento delle zampe posteriori rilascia altri feromoni di deposito
(emessi tramite le ghiandole interdigitali).
3. Grattando il terreno con le unghie lascia una traccia fisica.
Quando il cane urina su una superficie in cui è presente la traccia odorosa di un altro cane, ope-ra un overmarking, una sovramarcatura. Gli scienziati avanzano tre ipotesi in merito:
1. Il cane lo fa perché vuole ottenere una sorta di ‘mescolanza di gruppo’ (Blending). Que-sto probabilmente è vero per quanto riguarda le specie selvatiche che convivono nello
stesso territorio, come ad esempio una famiglia di lupi. Potrebbe essere vero anche per
cani che convivono, ma probabilmente non è così per cani che si frequentano raramente o che non si sono mai visti.
2. Sovrapporre il proprio odore a quello di un intruso. Anche in questo caso pare che molte
specie selvatiche attuino questo comportamento in risposta ai marcamenti che intrusi rila-sciano nel proprio territorio. Per quanto riguarda il cane domestico, forse è il caso prima
di stabilire cosa sia per lui un ‘territorio’. 3. Ottenere in ogni caso un proprio odore distinto dagli altri depositati. Questa è probabil-
mente l’ipotesi più logica: in questo modo il cane farà capire a tutti gli eventuali riceventi
di essere stato in quel determinato luogo. A proposito di questa ultima ipotesi, un esperi-mento di qualche anno fa condotto sui criceti (R. Johnston ed altri - Golden hamsters
recognize individuals, not just individual scents) ha evidenziato il fatto che i maschi ten-
dono ad ignorare i marcamenti precedenti all’ultimo, il solo che viene analizzato.
Nel cane il comportamento di overmarking potrebbe essere utilizzato proprio con le stesse mo-
dalità e motivazioni della terza ipotesi, questo perché molti cani con particolari problemi ad ambientarsi in luoghi sconosciuti tendono ad emettere minzioni in eccesso e questo li rende più
quieti: sembra, infatti, che sentire il proprio odore agisca sulla serotonina.
Dunque, nessun cane armato di elmetto e moschetto per dominare il mondo… o per meglio di-re di pompa idraulica per domare gli incendi. Il marcamento non è nient’altro che uno dei tanti
mezzi che il cane utilizza per comunicare ai propri simili determinati messaggi. In questo caso, potrebbe essere un semplice ‘Ehi, amico… Sono stato qui!!!’
Giovanni Padrone
Bibliografia
D. Berthoud thesis - Communication through scents: Environmental factors af-fecting the uri-
ne marking behavior of the domestic dog, Canis familiaris, kept as a pet – 2010 - Anglia Ru-skin University
S. K. Pal - Urine marking by free-ranging dogs (Canis familiaris) in relation to sex, season,
place and posture – 2003 - Applied Animal Behaviour Science n. 80, pp. 45–59 T. D. Wyatt – Pheromones and Animal Behavior – 2003 – Cambridge University Press
P. Hardik, G. Priyanshee – Pheromones in Animal World: Types, Detection and its Application – 2014 – Scholars Academic Journal of Biosciences n. 2 pp. 22 - 26
26
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di Debora Segna - Personalmente
se qualcuno mi dovesse chiedere
quale accessorio utilizzare per porta-
re a passeggio il proprio cane, senza
ombra di dubbio, consiglierei la pet-
torina per una serie di motivi che vi
spiegherò più avanti. Non voglio fa-
re battaglie, che ormai vanno avanti
da anni, su diversi social network
per quanto riguarda questo argomen-
to, quello che voglio fare è solo dar-
vi delle informazioni, basate su ri-
cerche scientifiche, per far sì che possiate scegliere gli strumenti più adatti al vostro cane con
maggior consapevolezza, visto che i nostri amici a quattro zampe il più delle volte non hanno
libero arbitrio.
Esclusi tutti quegli strumenti coercitivi, come il collare elettrico,
che con sentenza n. 38034/13 depositata il 17 settembre dalla
Corte di Cassazione, sezione III Penale sembrerebbe che ormai
sia vietato dalla legge, in quanto nuoce gravemente al benessere
psicofisico dell’animale, oppure l’ancora gettonatissimo e pur-
troppo non vietato dalla legge collare a strangolo (o strozzo); il
classico collare, da sempre utilizzato da moltissimi proprietari di
cani, è uno strumento che di per sé può anche andar bene se il ca-
ne non tira al guinzaglio, ma è sempre così? Non dobbiamo di-
menticare che il cane è un essere vivente e come tale
l’imprevedibilità è al primo posto.
Anche se generalmente il nostro cane non tira al guinzaglio, ci
potrebbero essere mille motivi per i quali potrebbe essere incenti-
vato a farlo, come uno stimolo improvviso (un gatto, un odore,
un suono forte) e quindi non possiamo mai essere sicuri che non lo farà.
Ma cosa accade quando il cane tira al guinzaglio?
La pressione del collare intorno al collo fa sì che il
sangue non affluisca più in modo normale al cervel-
lo, provocando così stress ed una sensazione di pau-
ra. Inoltre le continue sollecitazioni sul collo, a lun-
go andare, possono provocare danni alle vertebre
cervicali. In conseguenza dell’uso inappropriato del
collare, sono stati riscontranti molti altri problemi,
tra cui: disturbi alla tiroide, danni alla spina dorsale
e cecità.
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Il collo è una parte molto delicata e questo vale sia per gli esseri umani sia per i cani. Il senso di
soffocamento non credo che piaccia a nessuno né tantomeno ad un cane. Non solo il collare può
provocare danni fisici ma la pressione esercitata sul collo non farà mai sentire il vostro cane com-
pletamente rilassato, perché il suo stato emotivo è alterato per via di tutti i motivi sopra descritti,
con la conseguenza che potrebbe non riuscire a relazionarsi con altri cani e persone nella maniera
corretta, manifestando aggressività o paura.
Una pettorina oltre a non fare danni aiuterà il vostro cane a comunicare in modo equilibrato, sem-
pre che alla base ci sia innanzitutto, una sana relazione fra il cane ed il proprietario altrimenti nes-
suno strumento potrà compiere alcuna magia.
Un cane non socievole non è un cane in equilibrio con il mondo.
Bibliografia:
1. Studio condotto dagli psicologi canini Dr. Anders Halgren, in cooperazione con alcuni
psicoterapisti e osteopati. Per approfondimenti sullo studio si consiglia la lettura di “Dogs
with back problems”.
2. Studio condotto dal veterinario Dr. Are Thoresen
3. Pauli AM, Bentley E, Diehl KA, Miller PE 2006. “Effects of the application of neck
pressure by a collar or harness in intraocular pressure in dogs” Journal of the American
Animal Hospital Association. Vol.42, 207-211
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di Giovanni Padrone
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Mi sono già occupato di razze canine giap-
ponesi (lo Shiba Inu) in uno dei primi nu-
meri di CINOFILI STANCHI riportando
un articolo scientifico di un ricercatore del
Sol Levante. Ora vorrei affrontare, dal
punto di vista delle origini e dell'evoluzio-
ne, lo sviluppo di queste razze. Salta subi-
to all'occhio che nelle undici razze presenti
ci sono alcuni intrusi. Il primo è il Tosa
Inu ed è molto recente: fu allevato e svi-
luppato soprattutto da inglesi ed olandesi
nel secolo scorso incrociando cani locali
(Shikoku Ken) con molossoidi e braccoidi
di provenienza europea (Old English Bull-
dog, Mastino, San Bernardo, German Pointer, Great Dane e Bull Terrier). Una in-
tromissione tutta da valutare, vista la difficoltà di gestione presente in questo cane,
molto scontroso e spesso aggressivo.
La seconda razza non autoctona è il Chin o
Spaniel giapponese, meno recente in quanto fu
introdotto in Giappone nel periodo medievale.
Originario della Cina e del Tibet, il Chin venne
portato in Giappone attorno al 732 d.C., quando
i sovrani coreani della dinastia Silla donarono
alla corte imperiale del Sol Levante i progenito-
ri di questa razza. In Giappone questi cani ot-
tennero un grande successo, tanto da essere ve-
nerati come animali sacri per volontà dell'impe-
ratore. Durante lo shogunato di Tsunayoshi To-
kugawa (1680-1709) il Chin venne impiegato
come piccolo cane da salotto nel Castello di E-
do.
Il terzo è il Terrier giapponese. Si tratta di una
razza molto recente interamente costruita, svilup-
pata sempre nel secolo scorso, al pari del Tosa
Inu. Questi cani sono stati allevati nell’Ovest del
Giappone attraverso l’accoppiamento di alcuni
esemplari di Black and Tan Toy Terrier, Fox Ter-
rier a pelo liscio e English White Terrier,
quest’ultimo ormai scomparso. Per molti anni
questi accoppiamenti non dettero prodotti omo-
genei, ma successivamente, grazie all’aiuto di
molti amatori, si riuscì a fissare i caratteri princi-
pali della razza.
32
La quarta razza non originaria del Giappone è lo
Spitz giapponese. Si tratta di un cane di compagnia
che gli allevatori nipponici hanno creato fra gli anni
'20 e '30 del secolo scorso incrociando varie razze
spitz ad iniziare dal German Spitz, del quale mantie-
ne buona parte delle caratteristiche. In questo caso,
però, gli allevatori fissarono il pelo bianco fra i ca-
ratteri standard della razza.
Sulla quinta razza ritenuta da altri
'non aborigena' (dal latino 'ab ori-
gine' = originario del luogo) ho
molti dubbi che sia così. In effetti il
Sakhalin Husky o Karafuto Ken è a
tutti gli effetti un cane giapponese,
poiché geograficamente le isole Sa-
khalin appartengono all'arcipelago
giapponese, i suoi abitanti sono di
etnia giapponese e poco importa
che l'isola sia diventata russa a se-
guito di vari conflitti (fra impero
giapponese e zarista) e conclusosi
con l'armistizio del 2 settembre 1945 alla fine della seconda guerra mondiale con
l'annessione dell'intera isola all'allora Unione delle Repubbliche Socialiste Sovieti-
che (URSS). Se dovessimo andare per l'origine dei cani giapponesi, nessuno di que-
sti sarebbe veramente giapponese, poiché i loro antenati arrivarono nel corso dell'ul-
timo periodo glaciale (intorno a 10.000/11.000 anni fa) dal continente asiatico (via
Corea e Cina) in compagnia dei primi colonizzatori, una popolazione di pescatori
che oggi conosciamo come Popolo Jomon (lo si è visto con lo shiba inu, nel prece-
dente articolo), quando il Giappone era una lunga lingua di terra attaccata al conti-
nente asiatico. Quindi, lascerei in un limbo di incertezza la presunta non origine
giapponese del Karafuto Ken, da molti ritenuto l'antenato dell'Akita Inu. Un cane di
taglia medio-grande con caratteristiche analoghe a quelle dei cani giapponesi
'originali'. Si tratta di una razza molto rara, sull'orlo dell'estinzione, poiché conta po-
chissimi membri (alcune decine); in passato fu utilizzata come cane da slitta in alcu-
ne spedizioni nel continente Antartico.
Ed ora discutiamo delle origini di tutte quelle razze che sono ascrivibili a cani di tipo
spitz / nordico. Tutti traggono le loro origini da quei primi piccoli cani che arrivaro-
no in compagnia del popolo Jomon. Si dice, quindi, che questi antichi cani furono
gli antenati dello Shiba Inu ('cane di Shiba'), ma nella realtà tutte le razze di cani a-
borigene del suolo nipponico si perdono nei meandri della Preistoria giapponese e
vanno tutti nella direzione dei cani Jomon. Sappiamo da cronache del 18.mo secolo
che in Giappone, originariamente non esistevano cani di grossa taglia. Il cane tipico
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indigeno era "per lo più di colore rosso e di medie dimensioni", come si afferma in
una dissertazione latina di un testimone, alla fine del 18mo secolo. [2] I cani giappo-
nesi derivano, come si evince dalle analisi molecolari, dai cani emigrati dal conti-
nente asiatico nel periodo Jomon e Yayoi (dal 10.000 aC fino al 300 aC) con i primi
coloni. Questi cani sono l'origine comune (Nobuo Shigehara) di tutte le razze giap-
ponesi successive e hanno trasferito il gene IGF1 in tutto l'arcipelago nipponico.
Confrontando le misurazioni dei resti di cani Jomon con quelli dei cani successivi si
dimostra che i discendenti dei cani Jomon hanno mantenuto una dimensione abba-
stanza costante vicino a quella dell'attuale Shiba. [3] Grossi cani non esistevano in
Giappone fino al 14mo secolo in cui sono stati importati i cosiddetti "cani stranie-
ri" (kara inu o Token). Dall'inizio dello shogunato Tokugawa nel 17 ° secolo furono
importati dall'Europa cani sempre più grandi e furono utilizzati dallo shogun e dai
samurai come uno status symbol e per la caccia[4]. Al momento dello shogunato, nel
periodo in cui venivano allevati i cani più forti per i combattimenti, apparve l'Akita
Inu. Allo stesso modo si sviluppò il Tosa Inu, che fu sviluppato dallo Shikoku. Akita
e Shikoku furono allevati ed incrociati con i cani importati dall'Olanda. e
dall’Europa Per soddisfare la domanda dei cani europei, la capitale Edo, l'attuale To-
kyo, improvvisamente si riempì di esperti di cani, come fu raccntato nei diari del
post trading olandese Deshima in Nagasaki Bay. [5]
I cani venivano allevati per la caccia in Giappone fin dai tempi antichi. Soprattutto i
nobili cacciavano con il falco (takagari) che era una prerogativa e lo sport del Tenno,
poi dello shogun e dei suoi vassalli, i daimyo. Per questa classe dirigente l'alleva-
mento di cani fu accuratamente controllato come parte della falconeria; c'era un uffi-
cio d'onore per l'allevamento del cane (Inukai GASHIRA o inuhiki), che in seguito
divenne parte del Ministero di Hawking. [6] I cani dovevano essere in grado di tene-
re traccia dela preda al momento della scoperta fino a quando il cacciatore era sul
posto con il suo falco. In allevamento, grande importanza fu data a questa qualità di
caccia, mentre non vi era alcun motivo per modificare le dimensioni del cane.
Per la gente comune in Giappone la caccia era vietata dal governo e dalla dottrina
buddista. Intorno al 1690 Engelbert Kaempfer, medico e naturalista della Compagnia
delle Indie olandese in Giappone, notò: "Greyhounds e cani d'acqua non sono noti;
quando cacciano, i giapponesi utilizzano cani normali." [ 7] Non prima della fine
dello shogunato nel 1867 fu permesso alla gente comune di cacciare utilizzando un
cane da caccia specifico, il Kari Inu. Durante questo periodo fu permesso di cacciare
anche cacciagione più grande (cinghiale, cervo) che era cacciata dai cacciatori pro-
fessionisti (Matagi) con razze più grandi come Kishu e Shikoku che erano più adatti
a questo scopo.
L'origine esatta del Kari Inu (letteralmente "cane da caccia") non è nota. Il nome era,
come al solito in Giappone, un termine collettivo per diverse popolazioni di cani che
erano utilizzati per la caccia. Philipp Franz von Siebold, un fisico e naturalista tede-
sco che visse in Giappone fra il 1823 e 1830 al servizio degli olandesi, ebbe una
buona impressione del Kari Inu. Oltre a una descrizione, nel suo Fauna Japonica
(1842) fu stampato un disegno del Kari Inu. Secondo questo, il Kari Inu assomiglia-
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va sia al cane Jomon storico che allo Shiba Inu di oggi. Le seguenti immagini mo-
strano la ricostruzione di un cane Jomon, il Kari Inu e una corrente varietà di Shiba,
il cosiddetto Jomon Shiba. Lo stesso Siebold considerava il Kari Inu come l'unica
razza autoctona del Giappone.
Note bibliografiche [1] Nathan B. Sutter, Carlos D. Bustamante, Kevin Chase, et. al.: A Single IGF1 Al-
lele Is a Major Determinant of Small Size in Dogs, Science 316 (2007), pp. 112-
115. [2] Olaus Wernberg: Fauna Japonica, Uppsala 1822, p. 5: "colore plerumque rubro,
communis est; mediocris magnitudinis". The real author of this dissertation was
the well-respected Swedish naturalist Carl Peter Thunberg, pupil of the famous
botanist Carl von Linné (Carolus Linnaeus) and later successor on Linné's chair
at Uppsala University. Thunberg stayed in Japan from 1775 to 1776. [3] Nobuo Shigehara, Hitomi Hongo: Ancient remains of Jomon dogs from Neolithic
sites in Japan, in: Susan Janet Crockford (ed.): Dogs Through Time. An Archaeo-
logical Perspective, Oxford 2000, pp. 61-67; Michiko Chiba, Yuichi Tanabe, Ta-
kashi Tojo, Tsutomu Muraoka: Japanese Dogs. Akita, Shiba, and Other Breeds,
Kodansha International, Tokyo, New York, London 2003, p. 62. [4] Beatrice M. Bodart-Bailey: The Dog Shogun. The Personality and Policies of To-
kugawa Tsunayoshi, University of Hawai'i Press 2006, p. 132. [5] Paul van der Velde, Rudolf Bachofner (eds.): The Deshima Diaries. Marginalia
1700-1740, Tokyo 1992, p. 276. Not only large dogs were in demand but also
small ones. On the wish list of a Japanese sovereign (daimyô) from 1633 were
"the largest dogs that can be obtained. The smallest pooches of all, which have
artistic capabilities." Unpublished diaries (dagregisters) of the VOC, cited by
Wolfgang Michel: Von Leipzig nach Japan. Der Chirurg und Handelsmann Ca-
spar Schamberger (1623-1706), München 1999, p. 111. With such dogs appa-
rently one could make an impression in Japan where only medium-sized dogs
were usual. [6] Beatrice M. Bodart-Bailey: The Laws of Compassion, Monumenta Nipponi-
ca 40/2 (1985), pp. 163-189.
35
36
37
E’ DISPONIBILE ON LINE in formato pdf ed epub (per kindle Amazon)
Su Amazon.it e le migliori librerie online
Da quando gli antenati del cane 130.000 anni fa lasciarono la vita sel-
vatica per convivere insieme all’uomo, qualcosa è cambiato. Infatti, no-
no-stante in natura fosse già presente la convivenza fra specie diverse,
cane e uomo hanno esaltato ai massimi livelli la cooperazione interspe-
cifica, arrivando a veri e propri scambi culturali: il cane impara
dall’uomo e l’uomo impara dal cane. E’ questo l’unico modo che
l’essere umano ha per poter carpire dal proprio compagno i segreti che
lo rendono un animale particolare, una sinfonia a 4 zampe.
Il libro racconta le origini, l’evoluzione, la psicologia e tutti i meccani-
smi che sono alla base di questo straordinario binomio unico nel suo
genere ed unico in Natura; è rivolto a tutti i cinofili, dall’uomo e dalla
donna comune al professionista che intendono aggiornare le proprie co
-noscenze e magari vedere sotto un altro punto di vista cosa sia vivere il
proprio cane. In formato PDF.
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CUORE DI CANE
(Maria Monti)
Quando venisti a prendermi
ero così piccolo,
entrai nella tua mano.
Dicesti che ero
il più bello della cucciolata.
Mi portasti a casa. Un bimbo.
tuo figlio, mi accettò con gioia.
Divenimmo amici.
Cresciuto, mi insegnasti
il gioco della caccia. Mi dicevi:
Bravo! Qualcuno ti chiedeva:
Lo vendi Rispondevi « no » e
il mio cuore di cane ne gioiva,
io ti amavo, anche se mai
mi facevi una carezza.
Gli anni sono passati;
son diventato cieco, sordo,
malandato, dimenticato,
solo; con poco pane e acqua.
Quando ti sento passare
il mio cuore di cane freme
di gioia. Vorrei venirti incontro
ma son legato e la catena è corta.
Stasera hai detto al figlio,
ormai divenuto uomo;
« Domani uccido il cane
o lo abbandono, non serve più,
è un peso morto ».
« Signore Iddio, fai che stanotte
io muoia sotto il suo tetto,
che egli non debba sentire
il rimorso del suo gesto».
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Cinofili Stanchi nasce dall’idea di tre cinofili
(Marcello Messina, Gianluca Gherghi e Giovan-
ni Padrone) che hanno unito le proprie menti
ed esperienze per creare un punto di riferi-
mento per chi vive col proprio cane e necessita
di corrette informazioni per migliorare il pro-
prio regime di vita.
‘Cinofili stanchi’, perché stanchi della totale di-
sinformazione che regna nella cinofilia nostrana,
stanchi di chi fa marketing sulla ignoranza delle
persone, stanchi delle leggende metropolitane
che sembrano governare le menti di chi do-
vrebbe diffondere una corretta cultura cinofila
e non lo fa.
Chiunque desideri contribuire col proprio sa-
pere sarà ben accetto dopo aver aderito al no-
stro codice etico che pone avanti a tutto il be-
nessere psicofisico del cane.
I FONDATORI
SIAMO SU FACEBOOK
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Periodico gratuito di informazione cinofila
I nostri collaboratori (educatori, addestrato-
ri, allevatori e cinofili professionisti) sono presenti a Carpi (MO), Castellazzo Novare-
se (NO), Parma, Ravenna, Ancona, Velletri e San Marco in Lamis (FG).
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Cerca di essere una brava persona come il tuo cane pensa tu sia. Per questa e tante altre ragioni non
maltrattare, né abbandonare il tuo migliore amico. Chi maltratta o abbandona un cane
non è una brava persona.
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