tesi magistrale sofia schiavone (1)

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Università Degli Studi di Roma Tre Dipartimento di Ingegneria Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Civile Per La Protezione Dai Rischi Naturali Trattamento di acque di vegetazione di olifici: Analisi del Ciclo di Vita di impianto con separatori a membrana Relatori: Prof. Pietro Prestininzi Candidata: Sofia Schiavone Ing. Silvano Tosti Correlatore: Ing. Marco Incelli A.A. 2015/2016

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Page 1: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

Università Degli Studi di Roma Tre

Dipartimento di Ingegneria

Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Civile Per La Protezione

Dai Rischi Naturali

Trattamento di acque di vegetazione di olifici: Analisi del Ciclo di

Vita di impianto con separatori a membrana

Relatori: Prof. Pietro Prestininzi Candidata: Sofia Schiavone

Ing. Silvano Tosti

Correlatore: Ing. Marco Incelli

A.A. 2015/2016

Page 2: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

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Indice

1 Introduzione...............................................................................................................2

1.1 Scopo del lavoro ............................................................................................................ 2

2 Panorama generale.....................................................................................................4

2.1 L’olio di oliva nella storia ............................................................................................. 4

2.2 La produzione di olio di oliva nel mondo e nel bacino del Mediterraneo, in Italia e nel

Lazio..........................................................................................................................................7

2.3 La composizione chimica dell’olio ............................................................................. 11

2.4 Gli oleifici ................................................................................................................... 14

2.5 Le olive e l’estrazione del olio .................................................................................... 14

3 Sottoprodotti dell’industria olearia e normativa.......................................................31

3.1 Le foglie di Ulivo ........................................................................................................ 31

3.2 Le acque di vegetazione .............................................................................................. 31

3.3 Il problema ambientale- Da rifiuto a risorsa ............................................................... 37

3.4 Le sanse ....................................................................................................................... 62

3.5 Il nocciolino ................................................................................................................ 66

3.6 Aspetti normativi per lo scarico dei reflui (D.L. 07/2015) .......................................... 67

3.7 Aspetto Normativo acque reflue (152/2006) ............................................................... 73

4 Case study: Analisi ambientale del frantoio Fontana Laura....................................77

4.1 Generalità sul Life Cycle Assessment ......................................................................... 78

4.2 Definizione dell’obiettivo e del campo di applicazione dello studio .......................... 83

4.3 Valutazione dell’impatto ............................................................................................. 92

4.4 Analisi dei risultati ...................................................................................................... 94

5 Proposta di impianto per il trattamento delle AV....................................................96

5.1 Il modello di simulazione ............................................................................................ 96

5.2 Risultati dell’analisi del ciclo di vita del frantoio FL con trattamento delle AV ...... 104

6 Confronto di sostenibilità ambientale e conclusioni..............................................108

Ringraziamenti..............................................................................................................110

Bibliografia...................................................................................................................111

Page 3: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

2

1 INTRODUZIONE

Le acque reflue derivanti dalla lavorazione dell'olio di oliva vengono definite “acque di

vegetazione”. Sono costituite dall'acqua contenuta nella drupa, dalle acque di lavaggio e

da quelle di processo. Lo smaltimento delle acque di vegetazione (AV) risulta essere

uno dei maggiori elementi di criticità del settore oleario poiché la piccola e media

impresa non riesce a sostenere i costi che comportano gli impianti per la depurazione.

Per questo motivo continua ad essere praticato lo spandimento sui terreni che implica

sia problemi di costo ma, soprattutto, ambientali. Infatti le AV presentano un alto

contenuto inquinante e ne vengono prodotte ingenti quantità. Smaltendo le AV sui

terreni agricoli, si potrebbero riscontrare problemi di fertilità dei suoli e potrebbero

determinare la contaminazione delle falde idriche del sottosuolo [1].

Negli ultimi anni, l'interesse per le questioni ambientali è aumentato, insieme all’ idea

che le scelte dei consumatori possono effettivamente migliorare le prestazioni del

sistema produttivo. Uno dei metodi prediletti per poter assegnare le “Eco-labels” (cioè

un indicatore della sostenibilità del processo produttivo di immediata interpretazione

per il consumatore) risulta essere l’analisi del ciclo di vita del prodotto/processo (o Life

Cycle Assessment, LCA). Questi studi sono principalmente volti a valutare

l’“EcoProfile” del prodotto individuando le specifiche fasi, lungo il suo ciclo di vita,

che forniscono un importante contributo all'impatto ambientale totale, in modo da

suggerire l’attuazione di misure differenti per migliorarle [2]. La produzione di olio

d'oliva è un'attività tipica dell'area mediterranea. Lo scopo principale della LCA

applicata alla produzione di olio d'oliva è quello di migliorare le prestazioni ambientali

della catena di produzione locale, laddove i punti risultano più critici.

1.1 SCOPO DEL LAVORO

Questa tesi di laurea ha lo scopo di complementare la ricerca sulle acque di vegetazione,

il loro riutilizzo e la loro depurazione, che da anni viene portata avanti nel centro di

ricerca ENEA di Frascati. La ricerca sulle AV nei centri ENEA nasce intorno al anno

2009 da parte del prof. Massimo Pizzichini. Il brevetto Pizzichini permette di separare

le AV, attraverso la tecnologia di filtrazione tangenziale, e recuperare cinque frazioni

liquide che sono tutte di interesse applicativo; per esempio attraverso la microfiltrazione

Page 4: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

3

e l’ultrafiltrazione è possibile separare i polifenoli e venderli all’industria farmaceutica,

mentre l’acqua che deriva dall’osmosi inversa sarà sterile ma ricca di potassio, quindi

impegnabile nell’industria delle bevande. Questo lavoro è stato successivamente portato

avanti, sotto una nuova luce, dalle ricerche di Silvano Tosti e Mirko Sansovini. Da

queste ricerche è stato evidenziato che le acque di vegetazione, se opportunamente

pretrattate, possono essere usate per produrre una miscela gassosa, ricca di idrogeno,

CO2, metano, CO e altri gas, da utilizzare per scopi energetici. II brevetto depositato

dall’ENEA riguarda lo sviluppo di un processo per il trattamento delle AV che vengono

filtrate, concentrate e poi inviate in un reattore dove, attraverso una reazione di

reforming viene prodotta la miscela gassosa. La sostenibilità economica del processo è

stata dimostrata in lavori precedenti [3]. Il passo successivo è quello di dimostrare la

sostenibilità ambientale di tale processo, evidenziando se l’alternativa proposta, oltre ad

abbattere i costi, abbatta anche l’impatto ambientale del processo. L’intento finale di

questo studio è quello di dimostrare, tramite un’analisi LCA, e quindi completa di ogni

step del processo produttivo, il vantaggio ambientale che si può trarre da questo

trattamento delle acque di vegetazione. Sulla base dell’analisi del ciclo di vita effettuata

sarà anche possibile ottenere, in futuro, delle certificazioni ambientali [4]. L’analisi del

ciclo di vita è stata fatta con il software SimaPro 8, mentre i bilanci di massa necessari

per quantificare la quantità di energia e calore necessari per il trattamento delle AV sono

stati fatti con il software Aspen One Engineering.

Il lavoro è strutturato in sei capitoli, Il primo ha carattere introduttivo, il secondo

inquadra in modo generale la produzione di olio di oliva nel mondo, la composizione

chimica dell’olio, la strutta del frantoio e i metodi di estrazione. Il terzo capitolo è

dedicato ai sottoprodotti dell’industria olearia e alla normativa che li regola, nel quarto

si svolge un’analisi del ciclo di vita del processo produttivo dell’olio di oliva per

l’oleificio reale studiato mentre il quinto propone un impianto di trattamento per le

acque di vegetazione. Nel sesto capitolo, infine, si confrontano gli impatti ambientali

delle due soluzioni e se ne traggono le conclusioni.

Page 5: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

4

2 PANORAMA GENERALE

L'olio di oliva è un alimento tipico dell'area mediterranea, un prodotto antichissimo e di

pregio. La cultura del olio di oliva ha origine lontane e lungo i secoli sono state

implementate nuove tecniche che hanno permesso un’ottimizzazione del processo di

produzione. Di seguito verrà inquadrato in generale il percorso dell’olio di oliva nella

storia.

2.1 L’OLIO DI OLIVA NELLA STORIA

L’olivo ha accompagnato la storia dell’uomo dagli albori della civiltà fino ai nostri

giorni. E’ simbolo di sacralità e di pace (la colomba biblica tornò da Noè con un ramo

di ulivo nel becco per annunciare il ritiro delle acque dalla terra).

La leggenda narra che per aggiudicarsi la protezione su Atene, capitale dell’Ellade,

gareggiarono Poseidone, dio del mare, e Atena, figlia di Zeus e dea della saggezza.

Poseidone colpì con il suo tridente la roccia (su cui successivamente sarebbe sorta

l’Acropoli) e da questa fece venir fuori una fonte d’acqua marina ed un cavallo più

veloce del vento. Atena piantò il primo ulivo, albero che, per millenni, con i suoi frutti

avrebbe dato un succo meraviglioso che gli uomini avrebbero potuto usare per la

preparazione dei cibi, per la cura del corpo e per la guarigione delle ferite e delle

malattie. La vittoria fu assegnata ad Atena che così divenne la padrona della città che da

lei prese il nome.

Per quanto riguarda l’Italia, è importante sottolineare che la presenza di noccioli di oliva

in contesti archeologici è documentata fino al Mesolitico. Tali attestazioni non

significano necessariamente che già in epoca preistorica l’olivo venisse coltivato, anche

perché all’esame dei noccioli non è possibile stabilire se si trattasse di olivastri oppure

di olivi domestici. Certamente il passaggio da una fase di semplice conoscenza della

pianta a quella del suo sfruttamento agricolo avrà richiesto un lungo periodo, ma porta a

dubitare sulle teorie che sostengono che l’olivo sia stato introdotto in Italia dai primi

coloni greci. Il vero problema, dunque, è definire il periodo in cui è cominciata la loro

coltivazione in età storica, momento importante che segna l’inizio dello sfruttamento

razionale delle campagne, tipico della civiltà urbana. Le evidenze linguistiche, letterarie

ed archeologiche permettono di affermare che, già fra l’VIII e il VII sec. a.C. non solo

Page 6: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

5

la coltivazione dell’olivo era praticata, ma esistevano colture organizzate che, grazie al

clima mediterraneo, ben presto permisero la formazione di un surplus destinato agli

scambi. [5]

Catone, Plinio e Columella e tutti gli scrittori latini di agricoltura più famosi hanno

lasciato insegnamenti sulla coltivazione dell’olivo e sulla produzione dell’olio. E noto,

ad esempio, che l’olio che si otteneva dalla torchiatura era piuttosto denso e che, per

farlo diventare più fluido, occorreva riscaldare l’ambiente in cui veniva preparato, per

questo l’olio aveva spesso odore di fumo. Gli autori antichi descrivono minuziosamente

le macchine impiegate dai Greci e dai Romani per la torchiatura delle olive; le scoperte

archeologiche hanno poi permesso di controllare e di completare le loro testimonianze.

La prima fase della preparazione dell’olio d’oliva consisteva nello schiacciamento dei

frutti con due pietre cilindriche: l’operazione di schiacciamento era seguita in modo

assai semplice, facendo rotolare una pietra cilindrica avanti e indietro sopra le olive

poste in un contenitore. Il “frantoio” romano, puntualmente descritto da Columella (I

sec. d.C.) era di un tipo assai simile a quelli usati anche in età moderna.

Dopo la frangitura, le olive venivano pressate con presse a trave. I resti più antichi

conosciuti di una pressa e di un bacino per schiacciare le olive sono quelli rinvenuti a

Creta che appartengono al periodo minoico (1880-1500 a.C. ca.). La pressa a trave

applica il principio della leva: un’estremità della trave era appoggiata in un incavo del

muro, o fra due pilastri di pietra, l’altra veniva tirata giù o spesso caricata con pesi

(uomini e pietre). Le olive, sistemate in sacchi o tra tavole di legno, venivano

schiacciate sotto la parte centrale della trave e il succo era raccolto in un recipiente

sistemato sotto il piano della pressa. La massa da pressare era, invece, racchiusa in vari

modi: dentro fiscoli di corda, giunchi intrecciati, o cesti. Oppure: “le olive venivano

schiacciate dentro cesti di vimini o mettendo la pasta tra due asticelle” (Plinio).

Quindi l’olio veniva messo a decantare in vasche che precedevano il lacus destinato alla

raccolta finale del prodotto. [6]

A partire dal tardo impero (IV sec. a.C.) la storia del bacino mediterraneo si avvia verso

un lungo periodo di guerre e carestie; si produce poco e in regime autarchico e anche

l’olivicoltura ristagna. Si dovrà attendere la ripresa dopo il Mille quando, soprattutto per

Page 7: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

6

opera delle comunità monastiche, si darà un nuovo impulso all’agricoltura, con la

bonifica di terreni paludosi e la messa a dimora di nuove piante di vite e di olivo.

Il Rinascimento ritrova l’olivo, insieme alla vite, gran protagonista dell’agricoltura.

Il secolo XX, con l’arrivo delle nuove tecnologie, ha visto notevolmente semplificato il

lavoro di raccolta e di molitura, consentendo prezzi migliori ed una più rapida

diffusione del prodotto.

I nostri antenati ignoravano le proprietà nutritive dell’olio di oliva ma ne avevano fatto

il condimento base della propria alimentazione, povera ma sana ed esaltata nei sapori e

nei profumi [7].

2.1.1 La nascita della problematica ambientale

Risulta evidente quindi che nel corso dei secoli l’uomo si sia sempre servito dell’olio di

oliva e che abbia, dunque, sviluppato diverse filiere che hanno permesso il

consolidamento del processo produttivo. Fino ai primi anni del ventunesimo secolo,

d’altra parte, l’interesse per il problema ambientale risulta quasi del tutto assente.

Solamente negli ultimi decenni infatti la maggiore sensibilità maturata nei confronti

dell’ambiente ha permesso di spostare l’attenzione su consumi, integrazione e

valorizzazione dei prodotti di scarto nei diversi sistemi di produzione. Tale esigenza si è

resa necessaria soprattutto a causa di tre fattori tra loro concatenati:

- Il motivo economico che mira alla riduzione dei costi del processo produttivo;

- Il motivo normativo, legato alle direttive e legislazioni sempre più stringenti,

soprattutto nelle società occidentali, in relazione allo smaltimento di materiali di

scarto e delle emissioni di inquinanti;

- Il motivo sociale, dipendente dallo sviluppo da parte del consumatore di una

coscienza ambientale che mira alla sostenibilità.

Quanto detto prima ha portato il problema energetico e ambientale dei processi

produttivi a diventare un tema di cruciale importanza. Diventa necessario rendere il

processo sostenibile da un punto di vista ambientale di sfruttamento delle risorse, per

garantire l’integrità chimica e fisica del ecosistema.

Da queste osservazioni nasce questa trattazione. La tesi proposta mira a mettere in luce i

punti meno sostenibili del processo produttivo del olio di oliva e li studia in modo da

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7

proporre alternative sostenibili dal punto di vista ambientale ed economico. Si cerca

quindi di valorizzare il più possibile i prodotti di scarto e di lavorazione ponendo le basi

a processi che, nel tempo, garantiscano il rispetto della salute e dell’ambiente.

2.2 LA PRODUZIONE DI OLIO DI OLIVA NEL MONDO E NEL BACINO DEL

MEDITERRANEO, IN ITALIA E NEL LAZIO.

Globalmente sono coltivati oltre 750 milioni di piante di olivo, il 95% delle quali si

trova all'interno del bacino del Mediterraneo. La maggior parte della produzione

mondiale proviene dal sud Europa, dal nord Africa e dal Medio Oriente. Della

produzione europea, il 93% proviene da Spagna, Italia e Grecia.

Figure 1 Composizione % produzione UE, 2015 - Fonte Unaprol

La Spagna è il Paese con il maggior numero di piante di olivo (più di 300 milioni) ed è

insieme all’Italia il principale produttore ed esportatore al mondo di olio di oliva. Dei

2.1 milioni di ha di oliveti, il 92% sono dedicati alla produzione di olio. La produzione

annuale media varia a causa dei naturali cicli della raccolta, ma normalmente si aggira

tra 600,000 e 1,000,000 di tonnellate, delle quali sono il 20% viene esportato. Circa

l'80% delle coltivazioni è concentrato in Andalusia (Jaèn), la più vasta area di

coltivazione dell'olivo al mondo. In Spagna i consumi di olio di oliva si aggirano

intorno a 350 mila t, con un consumo pro-capite di 10 kg annui.

Spagna 54%

Italia 20%

Grecia 19%

Portogallo 6%

Altri 1%

Page 9: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

8

L'Italia è il secondo produttore europeo; 2/3 della produzione sono rappresentati da olio

extra-vergine con 39 DOP e 1 IGP diffuse su tutto il territorio nazionale. In Italia ci son

circa 7000 frantoi con una produzione di circa 600.000 tonnellate di olio. Il 90% della

produzione proviene dalle regioni del Sud Italia: Sicilia, Calabria e Puglia. In Italia i

consumi olio medi si aggirano intorno a 650 mila t l’anno, con un consumo pro-capite

di 12 kg annui. Pertanto, la produzione italiana non riesce a garantire il fabbisogno

nazionale.

La Grecia destina circa il 60% della sua terra coltivata agli oliveti. E' il principale

produttore al mondo di olive nere e possiede più varietà di qualunque altro Paese al

mondo. La Grecia è al terzo posto in termini di produzione con più di 132 milioni di

piante, che producono circa 350.000 tonnellate di olio di oliva all'anno di cui l'82% è

rappresentato da olio extra vergine. Circa metà della produzione annuale di olio in

Grecia viene esportato. La Grecia esporta in modo particolare verso i Paesi dell’Unione

Europea, soprattutto l'Italia, che riceve circa i 3/4 delle esportazioni complessive. I

Greci consumano annualmente 200,000 t d’olio di oliva e detengono il primato a livello

mondiale per consumo pro-capite, che si aggira intorno a 20 kg annui.

Gli altri Paesi produttori del Mediterraneo, sono: Tunisia, Turchia, Siria, Marocco e

Algeria.

Nel panorama extra-europeo l'Australia produce alcuni dei migliori oli al mondo,

principalmente grazie alle ottime condizioni di coltivazione, la ricchezza dei suoli e la

mancanza dei principali fitofarmaci tradizionalmente impiegati in olivicoltura.

L’Australia produce circa 19,000t all’anno e soddisfa 1/3 del fabbisogno interno. L'olio

di oliva australiano viene esportato in Asia e in Europa.

La Repubblica Sudafricana produce olio extra vergine di oliva con una produzione

costantemente in aumento. Produce annualmente 1.200 tonnellate di olio, questa cifra

non è elevata se confrontate con quelle europee ma è sufficiente a soddisfare il 20% del

fabbisogno interno [8].

Per quanto riguarda le aree di consumo si confermano essere le più importanti l’Unione

europea e gli Stati Uniti, rispettivamente con una quota del 56% e del 10% del totale.

Page 10: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

9 Figure 3 Produzione % di olio di oliva per regione, 2002-2008 – ISTAT*

Il 48% del valore delle esportazioni dell’UE è diretto verso gli Stati Uniti soltanto, il

10% verso il Giappone e il 6-7% ciascuno verso Australia, Corea del Sud, Canada e

Brasile.

L’Italia esporta principalmente il proprio olio negli Stati Uniti (34%), in Germania

(12%) e in Francia (8%). [9]

Figure 2 Ripartizione % dell'export italiano, 2015- Fonte Unapol su dati Gti

Produzione del olio di oliva in Italia

L'Italia è quindi il secondo produttore europeo di olio di oliva con una produzione

nazionale media di oltre 6

milioni di quintali, due terzi

dei quali extravergine. Il

patrimonio olivicolo italiano è

stimato in 150 milioni di

piante distribuite su una

superficie di 1.165.458 ha.

L’olivicoltura è presente in 18

regioni su 20, essa è

principalmente diffusa nelle

Regioni meridionali e

Stati Uniti 34%

Germania 12%

Francia 8%

Regno Unito 7%

Canada 6%

Giappone 5%

Svizzera 3%

Australia 2%

Paesi bassi 2%

Altri 21%

Page 11: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

10

insulari. La produzione di olio di oliva è prerogativa del sud Italia. La Puglia, Calabria e

la Sicilia hanno un'incidenza nella produzione nazionale di oltre l'85% di tutto l'olio di

oliva prodotto nel paese.

*Le percentuali sono il risultato di una media basata su dati ISTAT e ISMEA relative alle campagne

olearie dal 2002 al 2008, che mettono in evidenza le regioni più vocate alla coltivazione dell’olivo e alla

produzione di olio di oliva. La Puglia vanta il più alto numero di aziende olivicole (267.203), seguita da

Sicilia (196.352), Calabria (136.016) e Campania (112.093). Basilicata e Sardegna hanno un numero

notevolmente inferiore di aziende ad indirizzo olivicolo.

Table 1 Produzione (t) italiana di olio extravergine d’oliva nelle campagne olivicole (2004-2007)- ISMEA

Campagne Olivicole (anno)

Zone di

produzione 2004 2005 2006 2007*

Nord Italia 7.662 6.616 5.739 6.139

Centro Italia 108.214 74.720 81.325 51.094

Sud Italia 678.683 574.405 516.189 442.835

Totale Italia 794.559 655.741 603.253 500.068

* Stima.

Da quanto precedentemente detto si evince immediatamente che, in un mondo in cui la

produzione di olio si aggira intorno ai tre milioni di tonnellate per anno, la gestione e il

controllo dei processi di estrazione e di smaltimento dei reflui sia fondamentale.

Questa considerazione risulta ancora più importante se si considera che la produzione di

olio si concentra in pochi mesi all’anno. Il periodo di vendemmia varia tra luglio e

ottobre (nell’emisfero boreale) e tra febbraio e aprile (nell’emisfero australe): Questo

comporta enormi impieghi di risorse idriche ed energetiche.

Per comprendere meglio il processo di estrazione dell’olio e avere una visione ampia e

completa dei parametri fondamentali di regolazione, atti ad ottimizzare il processo e a

controllare i prodotti di scarto, verrà di seguito fatta un’analisi dei diversi processi

produttivi.

Page 12: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

11

Produzione di olio di oliva nel Lazio

L’olivicoltura nel Lazio ricopre circa 86mila ettari di superficie, di cui l’81% in collina,

il 15% nelle montagne interne e solo il 4% in terreni di pianura. La coltivazione

dell’olivo e la produzione dell’olio rappresentano una delle principali attività del

territorio laziale. I frantoi sono oltre 300 tra aziendali e interaziendali con una

produzione di olio d’oliva pari a ventiduemila tonnellate annuali.

La produzione di olio extravergine di oliva laziale vanta alcuni oli di eccellenza, a

denominazione di origine protetta.

L’area dei Castelli Romani è particolarmente famosa per la produzione di olio di oliva.

L’olio Castelli Romani nasce da uliveti che radicano su terreni vulcanici da cui mutuano

una particolare aromaticità. In questa zona si coltivano diverse varietà di oliva, le quali

sono raccolte a partire da ottobre e fino, al più tardi, anche nei mesi di dicembre e

gennaio. Dalla prima spremitura si ottiene un olio di colore giallo dorato con riflessi

verdi; il profumo è fruttato, vegetale, erbaceo e, in alcune produzioni, piacevolmente

floreale; in bocca è moderatamente dolce, piccante e con retrogusto amarognolo[10].

2.3 LA COMPOSIZIONE CHIMICA DELL’OLIO

Le diverse famiglie di composti chimici che sono presenti nell’olio di oliva si trovano

distribuiti nei vari tessuti che compongono la drupa, e a causa della loro polarità e

solubilità vengono a trovarsi in quantità diverse nell’olio. Quest’ultimo è composto per

circa il 98-95% da trigliceridi e, per la restante parte, da sostanze liposolubili e da

composti polari, presenti prevalentemente nella polpa matura e nella mandorla del

nocciolo, che si trovano disciolti nell’olio per ragioni naturali o per motivi tecnologici.

I componenti non gliceridici possono essere suddivisi in due categorie: le sostanze

sensibili all’azione di alcali concentrati, definite saponificabili, tra cui ricordiamo i

fosfolipidi e le clorofille che rivestono un ruolo importante sia dal punto di vista

nutrizionale che da quello merceologico; le sostanze che non subiscono alcuna

alterazione se sottoposte all’azione di alcali concentrati, definite insaponificabili, come

gli alcoli, gli idrocarburi, gli steroli, i tocoferoli.

Page 13: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

12

I trigliceridi

Come è stato visto i trigliceridi costituiscono circa il 95-98% dell’olio di oliva e si

trovano quasi esclusivamente nella polpa. La caratteristica peculiare della composizione

trigliceridica dell’olio di oliva è rappresentata dal particolare equilibrio nella

composizione acidica: rispetto agli altri grassi alimentari risulta più elevata la

percentuale di acido oleico e quella del linoleico. Questa elevata percentuale di acidi

grassi mono- e poli-insaturi risulta particolarmente importante da un punto di vista

medico: Infatti, gli acidi grassi insaturi sono essenziali per la dieta e devono essere

assunti direttamente, in quanto possono essere sintetizzati dall’organismo solo in

quantità limitata. Dopo l’assunzione essi vengono trasformati in altri composti,

funzionando da precursori di molecole che svolgono nell’organismo azione regolatrice

di importanti funzioni fisiologiche, come l’aggregazione piastrinica, la pressione

arteriosa, la contrazione muscolare.

L’insaponificabile

Come è stato detto in precedenza esso rappresenta solo una piccola parte dell’olio, dal

2% al 5%. Molti di questi composti rivestono un ruolo prevalentemente merceologico,

per la identificazione della qualità e genuinità del prodotto, altri invece hanno

importanza anche da un punto di vista medico, nutrizionale ed edonistico.

Gli steroli

Questi costituiscono una importante classe di riferimento negli studi e nelle analisi

sull’olio di oliva. Essi costituiscono una sorta di impronta digitale che consente la

identificazione delle sostanze grasse di origine diversa. Lo sterolo caratteristico degli oli

vegetali è il b-sitosterolo, mentre quello caratteristico degli oli di origine animale è il

colesterolo.

I polifenoli e i tocoferoli

Queste due classi di composti sono probabilmente le più importanti tra quelle costituenti

i componenti minori polari, e tra di esse un ruolo principale è svolto dai polifenoli.

Le ragioni di tale importanza sono riconducibili in modo sintetico alle seguenti:

-Sono composti che prevengono le reazioni di ossidazione a carico degli acidi grassi e

quindi contribuiscono alla stabilità dell’olio nel tempo, ritardandone l’irrancidimento;

Page 14: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

13

-Prevengono ed inibiscono le reazioni di tipo radicalico nell’organismo umano,

limitando la formazione di molecole anomale che possono alterare il regolare

funzionamento delle membrane cellulari.

La concentrazione di tocoferoli, o vitamina E, diminuisce all’aumentare del tempo di

conservazione, specialmente se l’olio viene conservato in recipiente aperto non protetto

dalla luce. I polifenoli sono soggetti, al pari dei tocoferoli, a degradazione durante la

conservazione, ma la loro concentrazione assoluta dipende soprattutto dalla coltivazione

e dal periodo di raccolta; essi infatti si trovano in concentrazione maggiore nelle olive

verdi, ed il loro tenore cala con la maturazione.

Nell’olio essi svolgono oltre al già citato ruolo di tutela dall’ossidazione, anche un

importante ruolo edonistico. Essi infatti influiscono sul gusto, contribuendo alla nota

amara e piccante degli oli freschi. La loro degradazione porta a consistenti cambiamenti

nel gusto, che nel tempo perde le caratteristiche di fruttato ed amaro per evidenziare la

nota di dolce.

I polifenoli hanno interesse farmacologico e cosmetico e vengono impiegati in preparati

medicinali capillaro-protettivi ed in prodotti anti-età. Le proprietà farmacologiche

principali della oleoeuropeina sono l’azione coronaro-dilatatrice, quella ipoglicemica e

quella anticolesterolemica.

Questi composti, siccome si estraggono dalle olive, sono considerati sostanze naturali,

al pari delle vitamine. L'importanza dell'inserimento di alimenti "funzionali", soprattutto

di origine vegetale, nella dieta trova una rilevante base scientifica, nella presenza di

sostanze capaci di ritardare l'ossidazione lipidica e proteica, con una conseguente

attività di "protezione" dell'organismo umano nei confronti dei meccanismi degradativi

di tipo ossidativi. Tali scoperte, sulle proprietà antiossidanti dei polifenoli, sono state

confermate a livello internazionale ed hanno subito spostato l’interesse verso il

riutilizzo, piuttosto che verso la depurazione, che ha solo un costo e non un ritorno

economico [11].

Le componenti volatili

Essi quindi sono quei composti di piccole dimensioni e di bassa tensione di vapore, che

più facilmente entrano in contatto con le cellule olfattive, sollecitando una sensazione

Page 15: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

14

odorosa. Sono quelli che contribuiscono al profumo dell’olio, ma sono anche quelli che

ci avvertono della presenza di un eventuale difetto dell’olio. [12]

2.4 GLI OLEIFICI

L’oleificio è un'industria agraria nella quale si attua un processo di estrazione, con

metodi di tipo meccanico, dell'olio contenuto nella polpa delle drupe di olive. I vecchi

oleifici erano generalmente delle strutture su tre livelli che permettevano di sfruttare la

forza di gravità per la movimentazione del prodotto nel corso della lavorazione.

La struttura era ubicata in genere all'interno dei centri abitati poiché lo smaltimento

dell'acqua di vegetazione avveniva mediante riversamento nella rete fognaria urbana.

Gli oleifici moderni invece, grazie all'evoluzione e l’automazione dei metodi e dei

processi, hanno modificato completamente la tipologia costruttiva rispetto agli antichi

oleifici. Questi sono infatti sviluppati in un unico livello, al quale può eventualmente

aggiungersi un livello interrato o seminterrato con funzioni di stoccaggio del prodotto

trasformato. Un’altra differenza fondamentale è l’ubicazione del oleificio. Nei tempi

moderni infatti si trova fuori dai centri urbani dal momento che le acque di vegetazione

non possono più essere smaltite in fognatura. In questo modo si rende più agevole il

transito degli automezzi e lo smaltimento dei rifiuti [13].

2.5 LE OLIVE E L’ESTRAZIONE DEL OLIO

2.5.1 Introduzione al processo

Le olive sono i frutti della Specie Olea Europaea, anche detta ulivo. Si tratta di un

albero sempreverde autoctono del bacino del Mediterraneo, dell'Africa e dell'Asia, che

nei secoli è stato esportato anche altrove; presenta caratteristiche specifiche in base alle

varietà ma in generale ha un fusto corto e tozzo che non supera gli 8-15m di altezza,

delle foglie verdi o argentee, di forma allungata e dei fiori bianchi. I suoi frutti sono

delle piccole drupe, dette olive. Queste sono di colore verde in stato acerbo ma, al

sopraggiungere della maturazione, inscuriscono tendendo al viola per poi divenire

totalmente nere.

Le olive hanno la struttura tipica della drupa, pertanto sono composte da un picciolo col

quale l'oliva rimane vincolata alla pianta fino alla caduta/raccolta, da un epicarpo

Page 16: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

15

esterno (cioè la buccia), da un mesocarpo intermedio (la polpa delle olive contenente i

vacuoli lipidici a loro volta protetti da alcuni enzimi), da un endocarpo o nocciolo, cioè

il mezzo di proliferazione del olivo. Esse maturano solitamente in ottobre, ma il

momento ideale per la raccolta varia, oltre che in base al tipo di olivo, in ragione delle

condizioni climatiche stagionali e della tecnica colturale utilizzata. Durante la

maturazione dell'oliva si ha un graduale aumento della percentuale di olio ed una

progressiva diminuzione di quella acquosa. E' quindi importante che la raccolta avvenga

al momento opportuno e con i metodi più idonei.

Vi sono diversi metodi per la raccolta delle olive, tra questi si ricordano:

- La raccolta, che può avvenire per caduta spontanea o per pettinatura. La prima è

economicamente molto vantaggiosa, in quanto è sufficiente aspettare che le

olive cadano spontaneamente nelle reti stese sul terreno; presenta però un

importante difetto in quanto le olive si staccano dall'albero quando sono

eccessivamente mature e ciò determina un decadimento delle qualità

organolettiche e nutrizionali dell'olio (incremento dell'acidità libera). Come

vedremo più avanti infatti un olio è tanto più pregiato quanto minore è la sua

acidità. La pettinatura consiste nel pettinare i rami degli alberi con dei grossi

rastrelli; questa operazione determina il distacco delle drupe e di qualche foglia

ma non incide sulla struttura arborea. Anche in questo caso andranno posti dei

teli sotto gli olivi per facilitare la raccolta delle olive cadute.

- La brucatura a mano, un metodo di raccolta ottimo perché raccogliendo le olive

a mano si può effettuare una cernita delle migliori e preservarne l'integrità. A

causa degli insostenibili costi di manodopera si tratta però di una soluzione

impraticabile nelle grosse produzioni e risulta invece molto diffusa a livello

casalingo, dove consente di ottenere prodotti di qualità superiore.

Tra la raccolta delle olive e la conseguente pressatura deve intercorrere il minor tempo

possibile, per impedire la degradazione enzimatica dei trigliceridi, che porterebbe ad un

aumento dell'acidità libera e ad una maggiore tendenza all'irrancidimento.

Le olive che giungono al frantoio devono essere innanzitutto pulite da foglie, terra e

quant'altro possa danneggiare le caratteristiche organolettiche dell'olio e lo stesso

impianto. Le drupe subiranno quindi uno o più passaggi in macchinari di aspirazione e

Page 17: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

16

vasche di lavaggio. Sempre a questo livello, per la produzione di oli particolarmente

pregiati, si può effettuare una cernita a mano, allontanando le olive che non rispondono

agli standard qualitativi. [14]

Diverse filiere produttive sono nate, negli ultimi due secoli, dallo sviluppo di nuove

tecniche di estrazione dell’olio di oliva. Le caratteristiche chimiche e fisiche dell’olio

sono fortemente influenzate dal tipo di processo con

cui è stato estratto.

I processi comunemente utilizzati per l’estrazione

dell’olio negli oleifici sono essenzialmente tre:

- Per pressione (metodo classico, discontinuo),

anche detto “Tradizionale”

- Per centrifugazione (metodo moderno,

continuo), o anche “A tre fasi”

- Per percolamento mediante filtrazione

selettiva (metodo moderno, continuo), o “A due

fasi”.

Table 2 Metodi di estrazione nei frantoi in Italia - “Tecnologie di lavorazione delle olive in frantoio. Rese di

estrazione e qualità dell'olio”, Luciano di Giovacchio,2010

Olio

prodotto

[t]

Frantoio

metodo

Pressione

Frantoio metodo

Centrifugazione

Totale frantoi

operanti

Totale

Italia 525,512 2.656 3.081 5.737

Nel ciclo di funzionamento tre fasi la pasta olive, addizionata opportunamente di acqua

(caratteristica del ciclo a 3 fasi), viene inviata alla centrifuga che separa la pasta nei suoi

tre componenti, sansa, acqua di vegetazione e mosto olio. L'olio e l'acqua di vegetazione

sono inviati ai separatori centrifughi per estrarre l'olio. Nel ciclo a due fasi non si

utilizza l'aggiunta di acqua di diluizione, ma non separando le acque di vegetazione

Figure 4 Macchina per il lavaggio e la defogliazione delle olive

Page 18: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

17

dalla sansa quest’ultima risulta molto umida e quindi molto più ingombrante e pesante,

il ché rende lo smaltimento più costoso e l’ingombro spaziale molto maggiore.

I vantaggi principali che spingono un frantoiano nel scegliere di fare un frantoio a ciclo

continuo piuttosto che un frantoio tradizionale (per pressione) sono in generale il

limitato ingombro di tutti i macchinari che compongono il frantoio, la lavorazione

continua, la riduzione della mano d’opera e l’automazione delle attività di pulizia.

D’altra parte il processo continuo ha un più elevato costo dei macchinari

(principalmente il decanter) e di manutenzione e consuma più energia elettrica.

Tutti i metodi di estrazione dell’olio dalle olive richiedono che queste vengano

preventivamente frantumate e ridotte in una pasta da cui sia facile estrarre il liquido,

mescolanza di acqua, olio e particelle solide, detto mosto oleoso. Una buona molitura

deve pertanto disintegrare bene la polpa, così da rompere le pareti delle cellule oleifere

contenenti le gocce di olio, senza d’altra parte sminuzzare troppo il nocciolo, i cui

frantumi debbono essere abbastanza grossi da facilitare la fuoriuscita del mosto oleoso.

Alla macinazione del frutto si deve accompagnare un buon rimescolamento della pasta,

detto comunemente gramolatura, tale da far riunire in gocce sempre più grosse le

goccioline d’olio disperse nell’acqua di vegetazione e favorirne la separazione dalla

stessa. Successivamente dalla pasta sottoposta a gramolatura, si devono separare la parte

solida detta sansa, dal mosto oleoso. Una volta dunque che le olive sono state molite,

che la pasta ottenuta è stata ben rimescolata per favorire quei fenomeni fisici che

portano all’aggregazione delle gocce d’olio disperse nell’ambiente acquoso, che la parte

liquida è stata separata dalla solida, non resta che procedere all’ultima operazione di

estrazione dell’olio, con metodi che vanno dall’affioramento naturale fino all’impiego

di macchine più o meno complesse. [14]

I processi presentano delle differenze tra loro ma molte fasi sono comuni perciò, onde

evitare ripetizioni, si è preferito illustrare i blocchi del processo mettendo in luce le

principali differenze.

2.5.2 Operazione di defogliazione e lavaggio delle olive

Come detto precedentemente, la raccolta delle olive provoca anche la caduta delle

foglie. In passato quando gli oleifici erano dotati solo del sistema a pressione,

Page 19: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

18

l’eliminazione delle foglie avveniva tramite la cernita manuale delle olive. Alla fine

degli anni Sessanta del secolo scorso, con l’introduzione del sistema continuo a tre fasi

è stata incorporata al resto dei macchinari anche la macchina automatica per eliminare

le foglie e lavare le olive. Queste operazioni vengono di solito effettuate da una sola

macchina che esegue in sequenza le due operazioni e che ha dimensioni variabili in

relazione alla capacità di lavorazione dell’oleificio.

La defogliatrice/lavatrice ha lo scopo di eliminare

dalle olive le foglie, i residui dei fitofarmaci, i

ramoscelli ed altro affinché le olive siano pulite e

pronte per la spremitura. Questo macchinario

consente dapprima il lavaggio delle olive che, a

ondate, vengono sommerse dall’acqua contenuta

nel sottostante cassone e mossa da apposita pompa

di circolazione e, successivamente, elima le foglie

e tutto il materiale vegetale libero mediante una forte aspirazione la cui efficienza viene

agevolata dal movimento di vibrazione della griglia su cui si muovono le olive. [15]

La presenza di foglie e/o di altro materiale vegetale dall’olivo può influenzare alcune

caratteristiche di qualità dell’olio, come il colore, l’aroma e il gusto.

Il lavaggio delle olive deve essere effettuato con acqua potabile, da ricambiare con

frequenza tal da assicurare l’igiene dell’operazione e da evitare l’insorgere di cattivi

odori. La quantità di acqua utilizzata per il lavaggio delle olive varia in relazione alla

quantità di impurezze e di materiale estraneo presente e, fin dai primi lavaggi, essa

appare di colore scuro e melmoso per la terra presente. [14]

Table 3 Valori medi del grado di inquinamento delle acque di lavaggio

Valori medi di alcuni parametri indicativi del grado di inquinamento dell'acqua di

lavaggio delle olive

Determinazioni Acqua di lavaggio delle olive

COD [g/l] 7,9-10,3

Solidi [%] 0,5-0,7

Olio [%] 0,10-0,16

Figure 5 Macchina per il lavaggio delle olive con ricircolo dell'acqua

Page 20: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

19

2.5.3 Il processo di preparazione della pasta di olive

Dopo le operazioni di defogliazione e lavaggio comuni a tutti i sistemi, le olive devono

essere assoggettate ad altre operazioni che hanno al finalità di preparare una pasta la cui

fase oleosa possa essere separata dalle altre fasi costituenti l’impasto. L’estrazione

dell’olio dalle olive con mezzi meccanici è resa possibile da un insieme di procedure

che si effettuano nel oleificio e che sono finalizzate a liberare le gocce di olio dai tessuti

vegetali che le contengono e a raggruppare le piccole gocce in gocce più grandi e quindi

più semplici da separare. L’olio, per la maggior parte, è presente nei vacuoli delle

cellule delle olive e risulta facilmente estraibile da essi con mezzi meccanici che lo

rendono “libero”; Una minima parte dell’olio si trova però nel citoplasma e risulta

molto difficile da estrarre e, in genere, confluisce nella sansa o nelle acque di

vegetazione.

2.5.4 Operazioni di frangitura delle olive

Tra le operazioni che si compiono per liberare l’olio risulta molto importante la

frangitura delle olive che determina la rottura delle cellule della polpa contenenti l’olio.

Nel processo continuo a tre o due fasi questo passaggio viene effettuato dal frangitore

mentre nel processo tradizionale dalle molazze o macine di granito.

Le macine di granito sono impiegate nei processi tradizioni che adottano il sistema della

pressione e sono, di solito, 2 o 6 macine che operano per circa 20 minuti a seconda delle

dimensione delle macine e della quantità di olive caricata e prepara la pasta di olive per

la gramolatura. Gli impianti a macine sono costituiti dalle seguenti parti:

- Macina a fondo di granito di diametro

variabile,

- Bacino di acciaio con apertura per lo

scarico della pasta,

- Macine di granito di forma cilindrica,

dimetro di 120-140 mm e peso di circa 3

tonnellate,

- Raschiatori per la rimozione della pasta di

olive,

Figure 6 Frantoio a due macine di granito con raschiatori e pale per lo scarico della pasta di olive

Page 21: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

20

- Pale per lo scarico della pasta alla gramolatrice,

- Organi di movimento con motori elettrici.

La molitura con le molazze è morbida e tale da non comportare rischi di incremento

termico dell’impasto.

Il frangitore, è la macchina che nei frantoi a

flusso continuo sostituisce la più

tradizionale molazza. Il frangitore può

essere metallico a martelli fissi o a dischi.

Quello a martelli fissi ha una velocità di

rotazione di circa 2550 rpm e risulta essere

una rottura violenta mentre quello a dischi

ha una velocità di rotazione di circa 1400 rpm

e risulta, pertanto, meno violento.

Aumentando la violenza della frangitura,

come conseguenza della maggiore velocità relativa dei martelli, si ottengono oli più

amari e piccanti e si innalza la temperatura del impasto dai 10 °C per il frangitore a

martelli fissi a 4 °C per quello a dischi andando ad alterare la quantità di sostanze

fenolitiche presenti [16]. Il frangitore meccanico è in grado di consentire una più elevata

capacità produttiva e necessita di minor manutenzione (le molazze devono tenersi

particolarmente pulite) e non penalizza la qualità del prodotto. Le olive frantumate

confluiranno poi in una gramolatrice.

2.5.5 Operazioni di gramolazione

La pasta di olive ottenuta dopo l’operazione di frangitura deve essere sottoposta a

un’ulteriore operazione tecnologica per preparare al meglio l’impasto per la successiva

separazione dell’olio: la

gramolazione.

Essa consiste nel lento

rimescolamento della pasta

ottenuta dalla molitura, per una

durata e ad una temperatura che

Figure 7 Frangitore metallico a denti (o a dischi), 1400 rpm

Figure 8 Pasta di olive nella gramolatrice

Page 22: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

21

possono essere diverse a seconda della qualità dell’olio che si prevede di ottenere e della

pasta in lavorazione. Il movimento lento e continuo della pasta serve a far sì che,

rompendo la membrana che le avvolge, le minute goccioline di olio si aggreghino in

gocce più grandi che possano essere facilmente allontanate dalla pasta. Mentre prima di

questo processo si trova l’olio disperso in acqua e materiale citoplasmatico, dopo questa

fase si troverà l’acqua dispersa in olio. Dal punto di vista chimico-fisico, la

gramolazione svolge una funzione di capitale importanza completando il processo,

iniziato durante la molitura, di disgregamento delle strutture cellulari del frutto per

liberare gli enzimi in esse contenuti. Questa fase avvia una complessa serie di reazioni

chimiche che conducono alla formazione di composti volatili, all’insieme dei quali si

attribuiscono le note olfattive positive dell’olio che si ricava.

I parametri fondamentali di questa fase del processo produttivo sono:

- La temperatura della pasta: Incrementi di temperatura riducono la viscosità

della pasta, favorendo la successiva separazione delle fasi liquide (acqua ed

olio) da quelle solide.

- La durata della gramolazione: Incrementare la durata determina un aumento

della resa di estrazione in olio; l’aumento della temperatura è

progressivamente minore con l’aumentare del tempo di gramolazione.

Tuttavia è da tener presente che gli incrementi di temperatura e di durata

dell’operazione influiscono negativamente sul tenore degli antiossidanti naturali

presenti nell’olio di oliva. In particolare, l’incremento di temperatura determina

l’aumento del numero di perossidi nell’olio; anche le caratteristiche organolettiche

possono essere negativamente influenzate da valori troppo elevati di temperatura a

causa dell’incremento di polifenoli, responsabili del gusto amaro. Inoltre, durante la

permanenza della pasta di olive all’interno della gramolatrice, i polifenoli contenuti

nella fase acquosa vanno incontro ad una elevata ossidazione, determinando un

passaggio di composti fenolici dalla fase oleosa a quella acquosa, andando a pesare

particolarmente sulle acque di vegetazione. Tempi lunghi di gramolazione, pertanto,

impoveriscono l’olio di questi componenti.

Page 23: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

22

La gramolazione perciò, bensì sia importante ai fini della resa in olio, deve essere

condotta con temperature della pasta e tempi di gramolazione opportunamente

controllati, per ottenere risultati ottimali anche sotto l’aspetto qualitativo.

La gramolazione avviene nella gramolatrice, un macchinario costituito da una vasca

generalmente rivestita da una camicia d’acqua mantenuta alla temperatura impostata

(compresa tra i 25°C e i 30°C). La massa viene

tenuta in lento e costante movimento per tempi

variabili tra 30 min e 60-75 min. A seconda del

tipo di impianto cui la pasta gramolata sarà

inviata, può essere aggiunta una certa quantità di

acqua al fine di fluidificare l’impasto. Se la

temperatura dell’acqua aggiunta è

particolarmente alta (es. 50°C o più), si possono

aumentare le rese di estrazione grazie alla minor

viscosità dell’olio che diventa più facilmente

estraibile, ma certamente a discapito della

qualità, come detto prima. [14]

2.5.6 Separazione dell’olio dalla pasta di olive

Una volta finita la fase di gramolazione, la pasta di olive viene sottoposta ad un

processo di estrazione che consiste nella separazione del mosto oleoso (miscela di olio

ed acqua di vegetazione) dalla sansa, la frazione solida costituita dai frammenti di

nocciolo, dalle buccette e da frammenti di polpa. L'estrazione è attuata con sistemi

alternativi che sfruttano principi meccanici concettualmente differenti: l’estrazione per

pressione, per centrifugazione o per percolamento (quest’ultima non verrà trattata in

questa sede). Il mosto d'olio e la sansa hanno caratteristiche differenti secondo il

metodo d'estrazione impiegato, vi sono anche profonde differenze nell'impianto, nella

qualità del prodotto, nell'organizzazione del lavoro e nella stessa gestione.

2.5.6.1 Sistema di estrazione per pressione

Il sistema di estrazione per pressione è il metodo tradizionale. Si stima che il 50% dei

frantoi italiani operi ancora con questa tecnica [17]. Una pila di fiscoli contenenti la

pasta olearia gramolata, viene sottoposta a pressione per farne uscire le fasi liquide, olio

Figure 9 Presse idraulica e fiscoli per l'estrazione dell'olio

Page 24: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

23

ed acqua di vegetazione. I fiscoli moderni sono dei diaframmi circolari in fibra sintetica

di polipropilene al 100% per alimenti. Questi vengono imbevuti nella pasta di olive per

poi essere impilati e messi sotto la presa che permette l’estrazione.

Al centro del piatto è inserito un cilindro forato (detto foratina) che ha lo scopo di

mantenere la pila in verticale e favorire il deflusso del mosto d’olio anche lungo l’asse

centrale della pila. La costruzione della pila avviene secondo un ordine standard: il

fiscolo è infilato lungo la foratina. Sul primo diaframma, adagiato sul fondo del piatto,

si dispone uno strato di pasta d’oliva spesso 3 cm, si sovrappone un secondo diaframma

e un secondo strato di pasta e così via. Complessivamente si costruisce una pila

composta dalla sovrapposizione di 60 diaframmi alternati a 60 strati di pasta, 20 dischi

d’acciaio e 20 diaframmi senza pasta. Il quantitativo di pasta impiegato corrisponde ad

una partita di olive molite con la molazza [17].

L’operazione di spremitura si inizia azionando la pompa idraulica che, spingendo dal

basso il carrello, comprime la torre contro la trave superiore della incastellatura. In

queste condizioni la pasta di olive, per effetto della pressione, riduce il suo volume

liberando le fasi liquide che possono filtrare attraverso il panello di solido e le maglie

dei fiscolo dando luogo a due flussi, uno centripeto che fluisce attraverso la foratina

centrale, e l’altro centrifugo che scende e sgocciola dalla parte esterna della torre per

essere raccolto sul piatto del sottostante carrello.

Terminata l’operazione di spremitura dopo circa 60 minuti, si inviano leggeri getti di

acqua di rete sulla torre spremuta dagli appositi ugelli situati nei piatti fissi superiori

della pressa, al fine di far sgocciolare tutto il mosto oleoso residuo sulla superficie

esterna della torre. Quindi, si ferma la pompa idraulica e si apre la valvola di tenuta fino

a tornare alle condizioni iniziali. Il carrello con la composta spremuta si riporta nella

zona in cui si effettua lo scarico della sansa e il carico della pasta di olive sui fiscoli. La

pila di fiscoli viene smontata e dai diaframmi viene rimossa la sansa utilizzando

apposite macchine e lavandoli, per poi essere riutilizzati.

Il mosto oleoso raccolto nel pozzetto situato dietro la presa si avvia alla successiva

separazione dell’olio dall’acqua di vegetazione che come vedremo verrà realizzata

tramite una centrifuga verticale.

Page 25: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

24

Al fine di garantire la produzione di olio di buona qualità il frantoio, operante con la

pressione, deve tenere in considerazione i seguenti punti critici del sistema:

- Cambiare annualmente i diaframmi filtranti,

- Assicurarsi sulla qualità delle olive,

- Assicurare la pulizia continua dei locali e dei macchinari,

- Ridurre al minimo l’utilizzo dell’acqua, specialmente nella separazione del

mosto oleoso.

Al frantoio a molazze viene riconosciuto fondamentalmente il merito di realizzare la

frangitura delle olive senza eccessive sollecitazioni meccaniche, senza determinare

pregiudizievoli emulsionamenti e senza pericoli di inquinamenti da metalli, che sono

tutti requisiti importanti in rapporto alla qualità dell’olio. Esso, inoltre, consente di poter

preparare le paste rapportando la frangitura alle caratteristiche delle olive, riducendo i

noccioli in frantumi di dimensioni volute, di realizzare una rottura delle cellule molto

profonda garantendo la formazione di goccioline di olio di maggiori dimensioni

sostituendo parzialmente la successiva gramolazione e di non provocare aumenti di

temperatura della pasta [14].

Il sistema a pressione permette una buona resa di olio per il quantitativo di olive trattate

ma ultimamente gli oleifici tendono a preferire il sistema di estrazione per

centrifugazione poiché necessitano di una minore quantità di mano d’opera e di

operazioni di manutenzione e pulizia dell’impianto. Gli oleifici tradizionali sono in

genere, rappresentati da privati che prestano il servizio di molitura ai produttori di olive

e mantengono il sistema della pressione al fine di non perdere la clientela affezionata al

prodotto olio ottenuto con le macine e con la pressa

2.5.6.2 Sistema della centrifugazione

Come nel sistema a pressione, questa fase del processo produttivo consiste nella

separazione della fase liquida, costituita dal mosto oleoso, dalla fase solida (sansa).

L’evoluzione in questi ultimi anni continua a fare grandi passi. Gli idroestrattori,

normalmente chiamate centrifughe di pasta o decanter, stanno evolvendosi sino a

raggiungere ottimi risultati sia qualitativi che di efficienza. Sono attualmente presenti

sul mercato decanter per la lavorazione tradizionale standard a “tre fasi”, ovvero olio,

Page 26: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

25

acqua di vegetazione e sansa con acqua aggiunta, e per la laborazione a “due fasi” olio e

sansa senza acqua aggiunta.

Nel sistema a ciclo continuo, la pasta passa dalla gramola alla centrifuga, attraverso

pompe volumetriche (pompe mono-vite) o a vite senza fine, con aggiunta di una

quantità definita di acqua possibilmente a temperatura controllata.

L’interno della centrifuga è costituito da un cono, normalmente di acciaio inossidabile

che gira a circa 2800/3400 rpm. In questa sede, per effetto della forza centrifuga

interagente sul diverso peso specifico dei componenti, avviene la separazione pasta-

mosto.

- La fase solida, costituita dai frantumi di nòcciolo e dalla fibra vegetale, ha il

peso specifico più alto, circa 1,2 g/cm3, e si dispone, pertanto, nella parte più

periferica, sulla superficie interna del tamburo, da cui viene continuamente

rimossa e fatta avanzare verso la bocca di scarico, posta nella parte conica, dalla

coclea interna rotante a una velocità di poco superiore a quella del tamburo.

- La fase liquida acquosa, immiscibile con l’olio e avente un peso specifico

variabile da 1,02 a 1,09 g/cm3, si dispone secondo un anello circolare

intermedio, tra quello della sansa e quello dell’olio, e si muove, in senso

contrario rispetto alla sansa, verso l’ugello di uscita posto all’altra estremità del

decanter, a un’altezza inferiore (rispetto a un piano orizzontale di riferimento,

per esempio il pavimento) a quella a cui si trova la bocca di scarico della sansa.

- La fase liquida oleosa, immiscibile con l’acqua di vegetazione e avente il peso

specifico più basso, variabile da 0,915 a 0,920 g/cm3, si dispone secondo una

corona circolare più interna e si muove nello stesso senso dell’acqua, verso un

diverso ugello di uscita posto a un’altezza superiore a quella dell’ugello da cui

esce l’acqua[18].

La pasta, esaurita quasi completamente d’olio, ma con un alto contenuto d’acqua (in

alcuni casi oltre il 50%, soprattutto nel processo a due fasi), viene ad essere allontanata

quale sansa, il mosto invece viene avviato alla separazione finale. La sansa costituisce

un sotto-prodotto che, in generale, viene inviato ai sansifici (Uno stabilimento

industriale in cui si effettua la lavorazione della sansa) sia per la produzione dell’olio di

Page 27: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

26

sansa, decisamente più scadente rispetto all'extra vergine di oliva e viene in generale

usato come concime, sia per essere essiccato e smaltito nel terreno agricolo.

Le operazioni descritte, pur riducendo di molto la mano d’opera necessaria rispetto al

sistema a presse, lasciano un margine di discrezionalità minore. Risulta importante

tenere sotto controllo la quantità, la qualità e la temperatura dell’acqua che si aggiunge

alla pasta. Quest’acqua deve essere aggiunta nella minor quantità possibile, deve essere

potabile, possibilmente decalcarizzata e senza residui di cloro e non fredda (temperatura

ideale di circa 28°).

I tradizionalisti preferiscono l’estrazione per pressione alle centrifughe perché

quest’ultime, lavorando con aggiunta d’acqua, operano un “lavaggio” dell’olio poiché il

prodotto ha un contenuto in componenti polari minori superiore a quello contenuto

dall’olio prodotto con sistema tradizionale, e nella varie fasi i polifenoli sono distribuiti

in modo differente. Pertanto si ritiene che l’aggiunta d’acqua nella lavorazione di fatto

contribuisca ad una alterazione dei composti aromatici, ma risultano più resistenti al

degrado naturale. Per quanto riguarda la resa non si hanno grandi differenze, anche se

generalmente è più facile conseguire risultati leggermente superiori con le centrifughe.

Per le centrifughe il problema igienico è estremamente più semplice, è sufficiente

operare all’inizio ed alla fine della lavorazione un lavaggio automatico di tutto il

macchinario che essendo tutto in acciaio inox, non presenta rischi di trattenere e cedere

odori e sapori sgradevoli [19].

Figure 10 Centrifuga orizzontale per la separazione del mosto oleoso dalla sansa

Page 28: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

27

Per ottenere la separazione del liquido dal solido viene utilizzata, nel processo continuo

a tre fasi, una centrifuga a bassa velocità detta decanter. Il mosto oleoso raccolto in

uscita dal decanter viene infine inviato al separatore centrifugo per l’ultima fase del

processo di estrazione dell’Olio Extra Vergine di Oliva.

2.5.7 Separazione dell’olio dalle acque di vegetazione

L’ultima fase del Processo Produttivo è costituita dalla separazione dell’olio dall’acqua

di vegetazione.

Ogni sistema di lavorazione delle olive prevede, alla fine del processo, la separazione

delle fasi liquide da quella solida secondo le seguenti modalità:

- Il sistema della pressione lascia la fase solida (sansa) all’interno della torre di

fiscoli e fa defluire la parte liquida, costituita da olio e da acqua di vegetazione

(mosto oleoso), in un pozzetto da cui viene ripresa e avviata al separatore

centrifugo verticale;

- Il sistema continuo della centrifugazione a 3 fasi separa in maniera continua e

distinta le 3 fasi che sono rappresentate, rispettivamente, dalla sansa, dall’olio,

più o meno impuro per la presenza di acqua, e dalla fase acquosa costituita da

acqua di vegetazione diluita e da minime quantità di olio, presente allo stato

libero o in emulsione o racchiuso nei frammenti vegetali che inevitabilmente

confluiscono nella fase acquosa;

- Il sistema continuo della centrifugazione a 2 fasi separa in maniera continua e

distinta, da una parte, la fase semisolida costituita dalla sansa e dall’acqua di

vegetazione e, dall’altra, la fase liquida costituita prevalentemente da olio in

presenza di quantità più o meno evidenti di acqua di vegetazione e di frammenti

vegetali

Un tempo la separazione dell’olio dall’acqua di vegetazione avveniva per sfioramento:

Il mosto, lasciato riposare per un certo periodo, faceva affiorare l’olio, più leggero

dell’acqua, che veniva pescato con un particolare cucchiaio dalla superficie della vasca

di raccolta.

Al giorno d’oggi si usano le centrifughe verticali (dette separatori) che consentono

ottimi risultati, sia per la velocità di separazione che per l’elevata affidabilità del

Page 29: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

28

macchinario. Questa centrifuga raccoglie in ingresso il mosto oleoso proveniente dal

decanter e, centrifugando ad elevata velocità, restituisce in uscita olio extra vergine di

oliva ed acque reflue. Il separatore centrifugo consiste in un serbatoio cilindrico

contenente il tamburo ruotante costituito da una serie di dischi conici forati e

sovrapposti. Il mosto d’olio, immesso dall’alto entra nel tamburo ed è sottoposto ad una

centrifugazione a 4000 giri al minuto. Il principio è quello classico della separazione per

centrifugazione di un liquido composto da elementi di diverso speso specifico: per

effetto fisico i materiali più pesanti si dispongono all’esterno ed i più leggeri all’interno;

inoltre in presenza di sedimenti solidi fa sì che quest’ultimi si depositino nella periferia

dei coni di centrifugazione [16].

La maggior parte degli impianti dispone ormai di due separatori, uno dell’olio (che

toglie l’acqua residua) ed uno dell’acqua (che recupera l’olio che è rimasto). In

aggiunta, le ultime macchine prodotte si dispongono automaticamente per l’espulsione

dei residui solidi, provvedendo all’autopulizia dei dischi lamellari di separazione.

L’olio extra vergine di oliva viene inviato in delle vasche di raccolta di acciaio, a

contatto con l’aria, per sfruttare la sedimentazione spontanea della morchia (residui

solidi che potrebbero rendere torbido l’olio appena centrifugato) e sarà pronto per essere

confezionato.

Le acque reflue vengono invece raccolte e smaltite secondo normativa, come si vedrà

più avanti.

Figure 11 Vista di un frantoio con molazze

Page 30: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

29

Chiarire gli aspetti legati ai processi di estrazione è fondamentale per comprendere

quanto sia importante lo studio di queste industrie considerando anche la stagionalità

dell’utilizzo di tali quantità di acqua, a cui segue una produzione di acque di

vegetazione. Questo implica la presenza di una quantità considerevole di prodotti non

immediatamente smaltibili se non con lavorazioni successive. La produzione annuale di

olio d’oliva in Italia consuma più di 8.000.000 di tonnellate di acqua e produce

contemporaneamente più di 4.600.000 tonnellate di acqua di vegetazione e più di

6.800.000 tonnellate di sansa umida [14]. La distribuzione disomogenea della

disponibilità di acqua e

l’eccesso di acque di

vegetazione in pochi mesi

l’anno, sarà determinante

nella definizione e nella

scelta di molti parametri

progettuali e sarà uno degli

elementi critici proprio nelle

valutazioni di tipo tecnico,

pratico ed economico.

Figure 12 Schema di funzionamento della centrifuga per la separazione dell'olio dalle AV

Page 31: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

30

Sansa

Centrifugazione

Olio Acque di vegetazione

Mosto oleoso

(AV + olio) Olio

Sansa Umida Sansa

Sistema centrifugo Sistema per pressione

A due fasi A tre fasi Mosto oleoso

(AV + olio)

Gramolatura

Estrazione

Arrivo delle olive

Defogliazione e lavaggio

Frangitura

Figure 13 Schema funzionale di un frantoio tradizionale o con centrifuga

Page 32: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

31

3 SOTTOPRODOTTI DELL’INDUSTRIA OLEARIA E NORMATIVA

La lavorazione delle olive in frantoio finalizzata alla produzione di olio extravergine di

oliva destinato al consumo diretto determina anche la produzione di sottoprodotti che

possono rappresentare, per l’oleificio, una fonte di reddito o, al contrario, un aggravio di

costi per il loro smaltimento.

Il problema dello smaltimento dei reflui dell’industria olearia è particolarmente

avvertito nei paesi del mediterraneo, dove può raggiungere il 10-20% del costo di

produzione dell’olio [20].

I sottoprodotti dell’attività del frantoio, che opera con i sistemi della pressione o della

centrifugazione a tre fasi sono i seguenti: foglie di olivo; sansa vergine di oliva; acqua

di vegetazione delle olive; nocciolino. Nel caso della lavorazione delle olive con il

sistema della centrifugazione a due fasi, invece, i sottoprodotti dell’oleificio saranno gli

stessi sopra elencati, tranne l’acqua di vegetazione.

3.1 LE FOGLIE DI ULIVO

Come visto precedentemente (Par. 2.5.2) la raccolta delle olive determina la

contemporanea caduta delle foglie, la cui presenza può essere anche elevata. In genere,

tutti gli oleifici operano la separazione delle foglie che, pertanto, rappresentano un

sottoprodotto da smaltire razionalmente e nel rispetto della normativa e dell’ambiente. Il

modo più comune di smaltimento delle foglie consiste nel riciclarle sul terreno, in

genere l’oliveto stesso, meglio se sminuzzate, con apposita macchina, e interrate. Altra

destinazione delle foglie può essere quella dell’essiccamento naturale e della successiva

utilizzazione come combustibile nei focolari domestici o negli impianti termoelettrici

che si stanno diffondendo nelle varie regioni. Le foglie d’olivo, tuttavia, sono una fonte

potenziale di sostanze fenoliche poiché contengono glucosidi fenolici e oleuropeina.

Questa sostanza naturale ha un interesse farmacologico per le sue proprietà ipotensive

che se oppurtunamente trattate con solventi potrebbero essere estratte.

3.2 LE ACQUE DI VEGETAZIONE

L’acqua di vegetazione (AV) è il sottoprodotto liquido che si ottiene negli oleifici

quando si lavorano le olive per estrarre l’olio con i sistemi meccanici della pressione e

Page 33: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

32

della centrifugazione a tre fasi. Le AV sono il principale sottoprodotto dei processi

tradizionali e processi a tre fasi e, allo stesso tempo, il più critico dal punto di vista

ambientale sia per le concentrazioni di inquinanti che contengono sia per l’ingente

quantità che viene prodotta, pari quasi alla totalità in peso delle olive trattate. Esse sono

costituite dalla frazione liquida, separata per centrifugazione, del mosto oleoso e dalle

acque di lavaggio nonché dalle acque di diluizione della pasta, nel caso di processo a

centrifgazione. Il lavaggio delle olive, che si effettua mediante apposita macchina dopo

la defogliazione, richiede l’impiego di acqua potabile e il volume finale delle acque

residuate dall’operazione ammonta a circa il 10% della quantità giornaliera di olive

poste in lavorazione. Questo sottoprodotto viene, in genere, miscelato con l’acqua di

vegetazione prodotta dall’oleificio e ne segue la via dell’utilizzazione prevista che, nel

caso degli oleifici italiani, è per lo più quella dello spargimento controllato sul terreno

agrario, così come consentito e regolato dalla legislazione vigente.

3.2.1 Aspetto e composizione

Per quanto riguarda l’aspetto, le AV presentano una colorazione scura talvolta quasi

nera e sono caratterizzate da un odore

molto intenso, che ricorda la drupa da cui

derivano. Il colore scuro è legato alla

presenza di pigmenti di natura

catecolmelaninica costituito da un polimero

che si forma dagli o-difenoli (di cui il

refluo è ricco), in particolare dalla

oleocianina per l’azione dell’ossidazione fenolica ed in presenza dell’aria [21]. Tali

sostanze hanno origine dalla drupa giacché l’acqua di costituzione delle AV ammonta

circa al 40-50% in peso della drupa mentre i costituenti rimanenti, quali l’acqua di

lavaggio delle olive e degli impianti, contribuiscono alle AV in quote minori; infatti

l’acqua di lavaggio delle olive è presente mediamente per il 5-10% in peso delle olive

lavorate a cui si aggiungono le acque di lavaggio dell’impianto che incidono, anche

esse, per il 5-10% in peso. Per il metodo tradizionale, in cui non vi sono contributi

aggiuntivi di acque o altri agenti, le AV prodotte corrispondono circa al 50-65 % in

Figure 14 Acque di vegetaione e olio di oliva in uscita dalla centrifuga – Frantoio Torresi

Page 34: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

33

peso delle drupe lavorate; nel processo di estrazione a tre fasi, invece, il contributo

aggiuntivo di acqua necessaria a fluidificare il mosto porta ad una produzione di acque

pari al 90-120% in peso rispetto alla drupa lavorata[22].

3.2.2 Caratteristiche chimico-fisiche

Le AV provenienti dalla produzione dell’olio extravergine di oliva, a prescindere dal

tipo di oleificio o dall’area geografica in cui si trova, hanno caratteristiche chimiche

molto simili. La stessa cosa non si può dire per le caratteristiche quantitative, che

variano notevolmente a seconda della situazione che si va a considerare. Si può quindi

affermare che, in generale, queste sono costitute da una soluzione acquosa ad alto

contenuto di sostanze organiche (come ad esempio zuccheri riduttori, acidi organici,

poli-alcoli) e minerali (di cui i principali sono potassio, fosforo e calcio) oltre a tutti i

composti vegetali in sospensione all’interno della soluzione [23].

Nello studio del potenziale carico inquinante attribuito ai composti organici, si fa

riferimento a dei parametri che permettono di quantificarne l’attività biologica. Bisogna

tenere presente che questi parametri, brevemente spiegati in seguito, seppur efficaci per

l’analisi, permettono solo una misura indiretta del tenore di sostanze organiche presenti

in un'acqua.

-TOC (Total Organic Carbon) in italiano Carbonio Organico Totale, è una misura della

quantità di carbonio legato in un composto organico ed è spesso utilizzato come

indicatore non-specifico della qualità delle acque o nell'analisi dei fumi dei processi di

combustione [24]. Di solito viene espresso in termini di percentuale in peso (wt%)

rispetto ad un determinato composto o soluzione.

-COD (Chemical Oxygen Demand) in italiano Richiesta Chimica di Ossigeno,

rappresenta la quantità di ossigeno necessaria per la completa ossidazione per via

chimica dei composti organici e inorganici presenti in un campione di acqua. Viene

misurato in milligrammi di ossigeno per litro di soluzione[mgO2/l] [25].

-BOD5 (Biochemical Oxygen Demand) si definisce come la quantità di O2 che viene

utilizzata in cinque giorni dai microorganismi aerobi (inoculati o già presenti in

soluzione da analizzare) per decomporre (ossidare) al buio e alla temperatura di 20 °C le

sostanze organiche presenti in un litro d'acqua o di soluzione acquosa. Viene

Page 35: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

34

normalmente espresso in milligrammi di ossigeno per litro di soluzione[mgO2/l]

consumati in cinque giorni [26]. Il BOD5 è una misura indiretta del contenuto di materia

organica biodegradabile presente in un campione d'acqua o soluzione acquosa ed è uno

dei parametri più in uso congiuntamente al COD e al TOC.

Una volta definiti questi parametri è possibile passare alla trattazione delle

caratteristiche chimico-fisiche delle AV.

La Tabella 4 illustra i principali costituenti della soluzione evidenziando la forte

variabilità delle concentrazioni dei composti sia a parità di processo di estrazione,

confrontando i valori massimi e minimi i quali dipendono dalla materia prima

impiegata, sia a parità di materia prima utilizzata, fornendo un confronto tra processi

produttivi.

Page 36: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

35

Table 4 Variazione dei costituenti delle AV nei processi centrifughi e tradizionali - M. Taccari, Utilizzazione dei

Reflui Oleari Bioconversioni mediante Fermentazione e Compostaggio di Acque di Vegetazione per la produzione di

Bio-Fertilizzanti, 2008.

Parametri Processo continuo a

centrifugazione

Processo discontinuo a

pressatura

MIN MAX MIN MAX

pH 5,1 5,8 4,7 5,5

Acqua (%) 79,8 91,7 90,4 96,5

COD(g/l) 54,1 318 29 79

BOD5(g/l) 19 134 17 41

Residuo secco a 105°C 8,3 20 3,5 9,6

Composti organici (%) 7,22 18,3 2,6 8

Sostanze grasse (%) 0,02 1 0,5 2,3

Sostanze azotate (%) 1,2 2,4 0,17 0,4

Zuccheri (%) 2 8 0,5 2,6

Acidi organici (%) 0,5 1,5 --- ---

Polialcoli (%) 1 1,5 0,9 1,4

Pectine, tannini (%) 1,3 1,7 0,23 0,5

Polifenoli (%) 1,2 2,4 0,3 0,8

Sostanze minerali a

550°C

1 1,7 0,2 0,5

Fosforo (%) 0,14 0,23 0,03 0,07

Potassio (%) 0,47 0,81 0,11 0,24

Calcio (%) 0,01 0,06 0,01 0,03

Magnesio (%) 0,06 0,1 0,01 0,03

In base a questi dati è possibile fare le seguenti osservazioni. Il pH risulta essere molto

basso a prescindere dal metodo di estrazione impiegato, questo si deve alla presenza

degli acidi organici presenti nelle olive, i quali partecipano alle reazioni di

fermentazione della materia organica: maggiore sarà il tempo di residenza delle AV e

minore sarà il pH poiché si raggiunge un maggior grado di fermentazione. Il pH basso

permette di classificare le AV come acque fortemente acide. I Sali presenti nella

soluzione si generano dalle reazioni biochimiche nelle olive e provengono

Page 37: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

36

essenzialmente dal terreno, questo li rende particolarmente legati alla composizione

biologica, tipologia, posizione e agenti esterni del terreno in cui si trovano. Come

emerge da diverse indagini, gli elementi minerali maggiormente presenti sono il

potassio (200 mg/L per impianti a pressione e circa la metà per quelli a

centrifugazione), l’azoto (544-404 mg/L) e il fosforo (485-185 mg/L) mentre altri come

lo zinco, il cobalto, il piombo ed il rame hanno concentrazioni minori [27].

Gli elementi sopracitati non sono però responsabili della scarsa biodegradabilità delle

AV, lo sono invece altri composti organici come:

- Gli zuccheri. Sono le sostanze organiche prevalenti, presenti specialmente gli zuccheri

fermentescibili quali glucosio (70%), mannitolo (14%), fruttosio (10%), saccarosio

(5%), galattosio (1%) e cellulosa[20];

- Gli acidi organici;

- Gli alcoli fenolici. Sono gli elementi più critici sia dal punto di vista ambientale, a

causa dell’azione fitotossica sulla microbiologia dei terreni e acque, sia da quello

industriale poiché presentano molte problematiche di processo soprattutto negli impianti

di smaltimento;

- I lipidi. Sono presenti nell’olio residuo trasportato dalle AV e il contenuto varia

sensibilimente da 0,5 g/l a 50 g/l, una variazione molto ampia e importante; ciò è legato

alla varietà del lotto di olive, allo stato di maturazione, dello stoccaggio e del degrado

che le olive possono aver subito fra la raccolta e la spremitura. La concentrazione

risulta, comunque, particolarmente influenzato dalla tecnologia estrattive come si può

notare dalla tabella 4.

Questi composti organici sono responsabili dell’alto tasso di COD e BOD5 presenti

nelle AV, che sono di fondamentale importanza. Infatti un valore di COD troppo

elevato impedisce lo scarico diretto dei reflui in corsi di acqua superficiale o in

fognatura poiché i valori superano ampiamente quelli massimi previsti dalla normativa

vigente, la legge italiana consente lo scarico nei sistemi fognari di acqua il cui COD non

sia superiore a 500 mg/L mentre per lo scarico in acque superficiali il limite ammesso è

pari a 160 mg/L (D.Lgs.152/06 - Allegato 5 alla parte terza). Lo scarico delle acque di

vegetazione è uno dei problemi fondamentali a cui deve far fronte l’oleificio, infatti,

Page 38: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

37

non potendolo scaricare nella fognatura urbana, per questioni logistiche ed economiche,

questi preferiscono rincorrere a vasche di raccolta (di solito interrate) dove stoccare il

refluo per tempi più o meno lunghi a seconda delle necessità. In questo frangente di

tempo la concentrazione di alcuni componenti organici facilmente fermentescibili può

diminuire anche notevolmente, per azione dei microrganismi aerobi ed anaerobi in

grado di decomporli. Questo sistema riscontra diverse problematiche, sia di gestione sia

economiche, giacchè il costo dello smaltimento si stima essere di circa 10 €/ton.

3.3 IL PROBLEMA AMBIENTALE- DA RIFIUTO A RISORSA

L’adozione di sistemi colturali e di allevamento sempre più intensivi, uniti a tecniche di

trasformazione delle produzioni agrarie progressivamente più sofisticate e

industrializzate ha portato, nel corso degli anni, ad un crescente sfruttamento delle

risorse naturali e, nel contempo, al manifestarsi di alcuni problemi non trascurabili a

livello di compatibilità ambientale dell’intero modello produttivo.

Come accennato prima, la gestione delle AV risulta particolarmente delicata dal punto

di vista della sostenibilità ambientale. Lo smaltimento di queste incontra infatti

numerosi ostacoli poiché, sebbene il carico inquinante sia modesto, lo spandimento sui

terreni viene impedito dall’enorme quantità prodotta in un ristretto lasso di tempo. Ciò

risulta dannoso sia per il terreno che viene contaminato con un’enorme inibizione

dell’attività biologica, che per le falde acquifere che verrebbero contaminate con un alto

tasso tossico. Purtroppo, nonostante i dati ambientali siano ben chiari, lo spandimento

sul terreno risulta ancora oggi la tecnica preferita per lo smaltimento delle AV per

esigenze sia pratiche che di costi legati agli impianti di depurazione. Soltanto negli

ultimi anni la normativa si è fatta più esigente nel controllo dello spandimento delle

acque di vegetazione, che deve essere monitorato e può avvenire nei tempi e modalità

descritte dal decreto regionale di appartenenza. Anche qui, per questioni pratiche e di

discontinuità dei controlli, l’osservanza di tale legge risulta difficoltosa e lo

sversamento difficilmente controllabile. La normativa vigente risulta pertanto

inadeguata a garantire la sostenibilità ambientale dello smaltimento.

La nascita di una coscienza ambientale nella società moderna tende a cambiare il

significato di rifiuto, vedendolo non più come qualcosa da smaltire ma come una

Page 39: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

38

possibile risorsa da ritrasformare in un elemento utile. Questa nuova concezione del

rifiuto che diventa risorsa sta apportando dei grossi cambiamenti nelle aziende che

vogliono tenersi al passo con le nuove politiche ambientali e che mirano a soddisfare un

pubblico ad esse interessato. Sono nate, come vedremo più avanti, moltissime

certificazioni ambientali e processi di valutazione che stanno modificando il concetto di

sostenibilità di un prodotto, azienda o processo produttivo. La tendenza negli ultimi

anni è quindi quella di cercare di riciclare le AV, limitando il più possibile lo

sversamento e cercando di trasformare il rifiuto in risorsa. Le acque di vegetazione,

attraverso opportune trasformazioni fisico-chimiche, possono essere trasformate in

prodotti ad alto valore chimico-energetico da una parte e, dall’altra, in un prodotto di

scarto con un carico inquinante pressoché nullo.

Nei laboratori ENEA, per esempio, sono stati brevettati due tipi di impianti per il

trattamento delle acque di vegetazione. Il primo, che vedremo più avanti nel dettaglio,

di M. Pizzichini e C. Russo, studia le tecnologie separative mediante membrana.

Tramite questo processo a membrane separative è possibile separare le AV, con

tecnologia di filtrazione tangenziale, in cinque frazioni liquide di composizione chimica

diversa. Le prime due frazioni, risultato della micro e ultra filtrazione, risultano

impoverite in polifenoli e possono essere destinate al processo anaerobico per produrre

energia (1 m3 produce, attraverso processi di cogenerazione del biogas, 99 kWh di

energia elettrica). Le frazioni 3 e 4 risultanti dalla nano filtrazione e dall’osmosi inversa

contengono le molecole bioattive antiossidanti che possono essere polverizzate e rese

stabili e commercializzabili (ad esempio per gli integratori alimentari). La quinta

frazione, ovvero il permeato di osmosi inversa, rappresenta circa il 70% in volume delle

AV grezze di partenza ed è costituita da un’acqua ultrapura, sterile e povera di sali, ma

ricca di potassio cloruro e quindi di interesse per l’industria delle bevande. Come

emerge da questo esempio si parte da un sottoprodotto da smaltire (AV) per produrre

molecole di interesse biomedico ed energia verde e trasformare un’acqua non potabile

in risorsa idrica bevibile e curativa. Questo tipo di trattamento è destinato soprattutto ad

un olio proveniente da agricoltura biologica, quindi privo di prodotti chimici che

possano alterare i sottoprodotti permeati impedendo la loro commercializzazione [11].

L’altro brevetto ENEA, di S. Tosti e M. Sansovini, offre una valida soluzione per

fronteggiare l’impatto ambientale delle AV, evitare i costi di smaltimento e

Page 40: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

39

contemporaneamente produrre una miscela di gas combustibile: Cioè rende possibile

trasformare in risorsa energetica l’acqua di vegetazione. Nel processo le acque di

vegetazione vengono prima filtrate e concentrate e poi inviate in un reattore dove,

attraverso una reazione di reforming, viene prodotta la miscela gassosa. Nel caso venga

utilizzato un reattore a membrana è possibile separare direttamente idrogeno ultra puro e

ottenere rese di reazione molto elevate. L’energia necessaria ad alimentare il processo di

reforming, che incide notevolmente sui costi di gestione, può essere fornita dalla

combustione delle sanse, dalla combustione dei gas prodotti e dai recuperi termici delle

apparecchiature di processo.

Si vedranno in seguito le risorse che vengono maggiormente sfruttate nella produzione

dell’olio di oliva.

Le risorse idriche

L’elevato consumo idrico necessario per la produzione dell’olio di oliva rappresenta

uno dei principali impatti ambientali, in particolare per quanto riguarda il processo a tre

fasi. Infatti, in questo processo, la pasta oleosa che esce dalla gramolatrice, prima di

essere inviata all’estrattore centrifugo (decanter), deve essere fluidificata con acqua

calda; questo comporta una produzione ingente di AV e, a sua volta, una difficoltà di

smaltimento delle stesse. Come già accennato esistono in commercio decanter definiti

“a due fasi”, che potendo lavorare senza alcuna aggiunta di acqua, consentono risparmi

della risorsa idrica e riduzione della quantità di acque reflue. Tuttavia il processo a due

fasi, pur eliminando quasi del tutto il problema delle AV, genera delle problematiche

legate alla difficoltà della sansa residua che risulta essere molto umida e di difficile

lavorazione; la mistura umida dovrebbe essere poi successivamente lavorata in appositi

siti con enormi dispendi economici ed energetici che vanificano del tutto gli sforzi per

una soluzione sostenibile.

Le risorse energetiche

I consumi energetici sono generalmente riconducibili ai consumi termici per il

riscaldamento dell’acqua nel processo di estrazione unitamente a consumi elettrici legati

al funzionamento complessivo dell’impianto. A questi andrebbero aggiunti i consumi,

variabili in base alla soluzione adottata, di eventuali impianti di trattamento delle AV

Page 41: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

40

che possono comprendere processi ad alta temperatura, quali distillazioni o reazioni di

diffusione in membrane o altri. Di tale aspetto se ne parlerà in maniera più ampia e

dettagliata nei prossimi capitoli.

L’utilizzo e la contaminazione del suolo e delle falde acquifere superficiali

La contaminazione del suolo e delle falde acquifere è un argomento di forte dibattito

soprattutto in ambito biologico. Sebbene la contaminazione delle falde sia accertata da

diversi studi con risultati più o meno omogenei, per quanto riguarda la contaminazione

del suolo ci sono diversi studi che portano a conclusioni spesso contrastanti; tali

incongruenze sono legate alla forte variabilità dei parametri operativi quali la

composizione del terreno e delle AV ma anche dalle modalità di somministrazione di

quest’ultime, dalla velocità di decomposizione, dalle misure effettuate. Ci sono poi

indicatori delle qualità strutturali del suolo (quali la porosità, la stabilità degli aggregati,

la ritenzione idrica, la permeabilità) dai quali è possibile ottenere informazioni preziose

sulla tollerabilità del terreno alle AV. In generale da questi studi si può evincere che

l’alterazione del terreno tramite le AV provoca:

-Una diminuzione della microporosità superficiale durante le prime settimane a cui

segue, dopo circa un mese, un aumento progressivo della stessa; lo sversamento

massiccio provoca gravi danneggiamenti della struttura microbiologica soprattutto in

terreni argillosi che comporta una irreversibile riduzione della porosità,

-Una diminuzione della stabilità degli aggregati indotta dalla porosità a cui è fortemente

legata; la successiva decomposizione dei polimeri organici deprime la capacità

stabilizzante della sostanza organica, per cui sono necessarie successive e oculate

somministrazioni di acque di vegetazione,

-Effetti fitotossici attenuati con una somministrazione ritardata; in genere, per

permettere l’abbattimento della componente fenolica, sarebbe necessario conservare le

AV per poi sversarle in primavera con ovvi inconvenienti di stoccaggio e/o trasporto,

-Un aumento dell'idrorepellenza nei suoli e, nell'immediato, un’ulteriore diminuzione di

infiltrazione con ulteriori rischi di scorrimento superficiale oppure di sommersione, a

seconda della giacitura del suolo,

Page 42: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

41

-Una diminuzione del pH (fino a 5) indotta dalle reazioni degli acidi organici. Bisogna

tener presente che il pH viene scarsamente influenzato se lo sversamento avviene

secondo i limiti di legge,

- Un aumento della conducibilità elettrica indotta dalla maggiore presenza di sali nelle

acque di vegetazione; può essere in alcune occasioni fonte di inquinamento poiché

altera sensibilmente la frazione liquido-solida del terreno [28].

Gli studi che hanno prodotto risultati così contrastanti hanno fatto nascere una diatriba

sulla possibilità di sversare liberamente le AV nel terreno. Questo dibattito è ancora in

atto e viene alimentato dalla duplice funzione microbiologicamente inibitoria e

fertilizzante delle AV. Esse, in relazione alla composizione della mistura e al terreno

trattato, possono prevalere complessivamente nell’uno o l’altro effetto. In generale,

comunque, si riscontra nella maggior parte degli studi un’attività fitotossica delle AV

nei primi mesi dello sversamento su terreni, dovuta soprattutto alla presenza dei

polifenoli che contrastano fortemente l’attività microbiologica (con un conseguente

abbassamento del pH) seguito da una fase successiva di effetto fertilizzante legata alla

decomposizione dei polifenoli e alla presenza di minerali ed elementi cardine per il

fissaggio di questi (ad esempio fosforo e molecole fissatrici di azoto). Tale descrizione

del fenomeno, per quanto veritiera, risulta però essere troppo semplicistica e non adatta

a descrivere il fenomeno nella sua completezza.

Anche se le AV risultano sostanzialmente prive di agenti patogeni, l’effetto a medio-

lungo termine sulle caratteristiche micro-biologiche del terreno provocato dallo

spargimento delle AV risulta essere di difficile caratterizzazione. Lo studio più

approfondito nel tempo potrebbe essere un ottimo metro di giudizio per valutare se

proibire o meno lo sversamento delle AV sui terreni [29].

Di notevole importanza, quando si studiano le AV, risulta essere anche la componente

fenolitica. Come visto prima (cap 2.4) questi hanno molte qualità positive per la salute

umana, ma quando si tratta dello smaltimento sono le componenti più problematiche. La

peculiarità di alcuni di questi risiede nella loro lenta biodegradabilità e nell'azione

antimicrobica; sono proprio i polifenoli, dunque, ad essere responsabili dell’effetto

inquinante poiché tali effetti ostacolano sensibilmente la biodegradazione delle acque di

vegetazione, rallentando quindi la naturale riduzione del carico inquinante dei reflui. Per

Page 43: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

42

la trattazione in questione risultano di particolare interesse i polifenoli solubili in acqua i

quali sono anche responsabili di fenomeni di inibizione di germinazione, crescita e

sviluppo di diverse piante erbacee e fenomeni di eutrofizzazione. Dal punto di vista

macroscopico, infatti, è stato osservato un effetto erbicida in terreni trattati con reflui

oleari. Studiando poi la diffusione nel terreno è stata dimostrata la presenza di fenoli in

pozzi, anche profondi, localizzati in una zona ad elevata densità di piccoli e medi frantoi

dove lo sversamento dei reflui oleari nei campi è pratica comune. Le conseguenze dal

punto di vista microbiologico sono innumerevoli; l’apporto dei reflui di frantoio (e

quindi di polifenoli) nel terreno provoca inizialmente una generale diminuzione della

microflora totale, probabilmente dovuta alla presenza di composti batteriostatici e/o

battericidi per alcuni ceppi. In seguito si assiste ad una crescita della microflora che

raggiunge e supera i valori iniziali in un periodo variabile tra le 7 e le 15 settimane. Si è

rilevato comunque che, a dosi non eccessive (fino a 160 m3/ha), non si riscontrano

effetti negativi sulla reattività biologica complessiva dei suoli trattati. Inoltre è stato

evidenziato in alcune misurazioni la presenza di lieviti riconducibili alle AV

congiuntamente ad un arricchimento della popolazione di batteri azotofissatori liberi.

Gli azotofissatori liberi sono un importante fattore per la fertilità del terreno. Molti

ceppi azotofissatori sono infatti buoni produttori di regolatori di crescita, sostanze che

giocano un ruolo fondamentale nel metabolismo della pianta [28].

Da quanto detto si evince che i problemi connessi con la presenza dei polifenoli nel

terreno non è tanto legata ad un’azione tossica diretta nei confronti degli organismi

biologici, quanto agli effetti antiossidanti e batteriostatici, che possono influenzare i

cicli dei nutrienti organici e minerali presenti nel terreno.

3.3.1 Trattamenti delle AV

Le acque di vegetazione delle olive, per quanto detto prima, pur non contenendo

sostanze tossiche, sono considerate refluo a tasso inquinante fra i più elevati nell’ambito

dell’industria agro-alimentare per la presenza di composti ad attività biostatica, quali in

particolare i polifenoli. Il trattamento delle acque di vegetazione delle olive è molto

difficoltoso a causa dell’alto contenuto di materiale organico (COD, BOD) e del fatto

che la loro produzione è concentrata nel periodo della raccolta dei frutti (dalla metà di

ottobre fino a gennaio/fine febbraio) e non è distribuita nell’arco dell’anno. I polifenoli,

Page 44: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

43

da una parte, sono inibenti dei microorganismi, inibiscono l’attività delle cellule e di

altri enzimi e dei microorganismi responsabili della degradazione anaerobia delle acque

di vegetazione, dall’altra queste acque sono anche caratterizzate da un’elevata carica

inquinante a causa sia dell’alto contenuto in sali e in sostanza organica sia dell’elevata

acidità. Per tali motivi, la legge n° 319/76 (legge Merli) e successive, hanno vietato lo

scarico dei reflui in corsi d’acqua o nelle fognature urbane, se non dopo adeguata

depurazione. Infatti, nel primo caso le sostanze organiche contenute nelle acque reflue

sarebbero degradate a spese dell’ossigeno disciolto nel corpo d’acqua ricevente, che

così ne risulterebbe fortemente impoverito. In caso di immissione delle acque reflue in

fognatura si potrebbero verificare corrosioni, formazione di fanghi nelle strutture

fognarie, con pericolo di ostruzione totale o parziale, e soprattutto un cattivo

funzionamento, per sovraccarico, degli impianti di depurazione progettati e

dimensionati per il trattamento di soli scarichi civili. Per ridurre il potenziale inquinante

dei reflui sono stati proposti diversi sistemi di depurazione (incenerimento,

ultrafiltrazione, concentrazione, ecc.) che però non sono in grado di ridurre il tasso

inquinante ai livelli fissati dalle norme di legge a costi economicamente accessibili per

la maggior parte dei frantoi, che sono per lo più di piccole dimensioni, e che, comunque,

producono fanghi di difficile smaltimento. Gli elevati consumi energetici dei diversi

sistemi, inoltre, costituirebbero di fatto una causa di inquinamento. Anche il lagunaggio,

pur non richiedendo grossi investimenti, è difficilmente praticabile poiché è ad attività

molto lenta e può produrre cattivi odori che si diffondono su ampie superfici.

In seguito verranno illustrati i principali e più diffusi metodi di trattamento delle acque

di vegetazione.

3.3.1.1 Spandimento e Fertirrigazione

Per i motivi sopra elencati gran parte dei frantoi, pur attraverso difficoltà burocratiche

ed implicazioni giudiziarie, risolvono il problema dello smaltimento delle acque di

vegetazione mediante spargimento sul terreno, seguendo le prescrizioni legislative

regionali, emanate sulla base della normativa nazionale. In particolare, con la Legge 574

dell’11 novembre 1996, vengono riconosciute alle acque di vegetazione delle proprietà

fertilizzanti. In effetti, diversi Enti di ricerca italiani e stranieri, tra cui l’ENEA di

Page 45: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

44

Frascati, stanno valutando gli effetti della distribuzione dei reflui tal quali sul terreno

agrario (fertirrigazione).

La possibilità di utilizzazione agronomica dei reflui è strettamente legata alla

problematica più generale della qualità delle acque irrigue. Trattandosi, infatti, di reflui

diluiti a basso contenuto di elementi fertilizzanti, la pratica dell’utilizzazione

agronomica può essere, essenzialmente, assimilata all’irrigazione o alla fertirrigazione

piuttosto che allo spandimento di fanghi o di altri tipi di reflui solidi.

Gli inconvenienti ipotizzati per tale tecnica sono collegati all’elevata acidità e all’alto

contenuto in sali ed in polifenoli, nonché alle possibili difficoltà nell’operazione di

spargimento con autobotti in caso di cattivo tempo e di difficile accesso al terreno. In

particolare, come detto prima, i composti fenolici sono caratterizzati da lenta

biodegradabilità e da un’azione antimicrobica che ostacola sensibilmente la naturale

riduzione del carico inquinante dei reflui e inibisce la germinazione, la crescita e lo

sviluppo di diverse piante erbacee (effetto erbicida). In relazione a tali possibili

inconvenienti, va però considerato che il suolo è un substrato ad elevata reattività in

quanto:

- Trattiene come un filtro le sostanze in sospensione; l’argilla, l’humus ed i colloidi

organici di neoformazione fissano i sali minerali (si formano carbonati, solfati, umati di

calcio, idrossidi di ferro e di alluminio, ecc.);

- I microrganismi favoriscono la rapida decomposizione dei costituenti organici,

compresi i polifenoli e i lipidi; anche molti ioni (potassio, calcio, magnesio, fosfato e

nitrato in particolare), vengono organicati dalla flora batterica del terreno;

- In relazione ai polifenoli, va considerato che l’effetto fitotossico è limitato nel tempo

anche per la loro maggiore degradabilità alla luce e all’aria.

Diverse sperimentazioni [30] sul bacino del Mediterraneo hanno mostrato i seguenti

risultati.

Effetti sulle colture

Oltre alla presenza di sostanze potenzialmente tossiche per le piante, dannose per il

terreno o inquinanti per l’acqua di falda, un elemento da tener sempre presente quando

Page 46: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

45

si pratica irrigazione con acque di qualità non eccellente è sicuramente la salinità. Dal

punto di vista quantitativo per salinità s’intende la concentrazione di sali solubili, che

esprime la quantità dei composti chimici presenti in forma ionica. La salinità, cioè la

concentrazione totale di sali solubili, può essere misurata direttamente in stufa (mg/L o

ppm) misurando i solidi totali disciolti (TDS, questo metodo è applicabile in assenza di

carbonati), oppure attraverso la misura della conducibilità elettrica della soluzione (EC,

mS cm-1 a 25 °C).

La concentrazione di sali solubili può vincolare, anche pesantemente, l’utilizzabilità

delle acque per scopi irrigui.

Nel terreno i sali solubili più comuni sono i cationi calcio (Ca2+), magnesio (Mg2

+) e

sodio (Na+) e gli anioni cloro (Cl

-), solfato (SO4

2-) e bicarbonato (HCO3

-). A questi si

accompagnano, in molti terreni, quantità più ridotte di potassio (K+), ammonio (NH4

+),

nitrato (NO3-) e carbonato (CO3

2-). Gli effetti dei sali sulle piante dipendono

dall’aumento della pressione osmotica della soluzione circolante nel terreno, oltre che

da fenomeni di fitotossicità. L’aggiunta di un sale ad una soluzione ne aumenta infatti la

pressione interna; la dissoluzione di sali nella soluzione circolante nel terreno comporta

quindi che l’acqua si venga a trovare ad una pressione globale (potenziale idrico del

terreno) superiore a quella che si aveva in precedenza o che si sarebbe avuta in assenza

di sali. Quando il potenziale idrico del terreno raggiunge valori superiori alla forza di

suzione, cioè alla forza con cui le piante possono assorbire, l’assunzione di acqua da

parte delle piante non è più possibile, e quanto maggiore sarà il potenziale idrico del

terreno, ovvero la tensione che agisce sulla soluzione circolante, tanto più difficile sarà

per le piante la nutrizione idrica. In altre parole quanto più salina sarà la soluzione, tanto

minore sarà l’acqua a disposizione delle piante, pur a parità di umidità del terreno [31].

Effetti sul terreno

La salinità non ha effetti solo sulle piante, ma anche sulle caratteristiche chimico-fisiche

dei terreni. L’impiego di acque anomale può provocare l’acidificazione o

l’alcalinizzazione di un terreno. L’acidificazione può derivare dalla presenza nelle

acque di agenti chimici, che possono essere anioni (solfati, borati, clorati) o composti

dello zolfo. L’alcalinizzazione, invece, deriva dall’impiego di acque saline (es. ricche di

sali di sodio, cloruri, carbonati e bicarbonati). Sono più suscettibili alla salinità i terreni

Page 47: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

46

argillosi: i terreni più sciolti, infatti, sentono meno l’azione negativa dello ione sodio e

vengono più facilmente dilavati nei periodi piovosi, trattenendo meno i sali (Giardini e

Borin, 1988).

Da alcune prove è emerso che i reflui, anche in dosi molto elevate (400 m3/ha)

influenzano le caratteristiche del terreno essenzialmente nello strato superficiale (15

cm). Dopo la somministrazione delle acque di vegetazione il pH del terreno è diminuito

leggermente poi, dopo 3-4 mesi, è tornato alla normalità o a valori appena superiori.

Ciò è attribuibile a due effetti: uno permanente dovuto alla notevole quantità di potassio

contenuta nelle acque di vegetazione che, entrando nel complesso di scambio argilloso,

dà luogo a reazioni di idrolisi alcalina, e l’altro temporaneo dovuto all’abbondante

produzione di ammoniaca in seguito alla demolizione batterica delle sostanze organiche

apportate dalle acque stesse. L’innalzamento del pH è di notevole importanza in quanto

favorisce lo sviluppo di forme microbiche preposte alla produzione di nitriti e nitrati.

La formazione della crosta superficiale nel terreno è diminuita il che, riducendo

l’infiltrazione dell’acqua, aumenta i rischi di erosione. D’altra parte, sui terreni trattati,

non si sono manifestati cattivi odori.

Effetti sulle acque di percolazione

Nelle acque di percolazione, recuperate alla profondità di 30 cm da terreni trattati con

400 m3 /ha di acque di vegetazione, i contenuti in sostanza organica, ammoniaca, nitriti

e nitrati, pur aumentando inizialmente, sono rimasti sempre a livelli molto contenuti,

compresi nel range di oscillazioni stagionali osservate nel terreno di controllo.

Anche il fosforo, come l’azoto, costituisce un elemento essenziale per la crescita delle

piante, ma un suo eccessivo apporto, assieme a quello di sali di azoto, può provocare

Figure 15 Spandimento illegale delle AV a Brindisi - Corpo forestale dello Stato, Puglia

Page 48: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

47

fenomeni di eutrofizzazione, specialmente nei corpi idrici recettori delle acque

superficiali [32]. Non avendo però una conoscenza certa degli effetti a lungo termine, la

Normativa impone una distanza della falda non inferiore ai 10 m di profondità, distanza

di rispetto dai centri abitati e dalle aree di captazione delle acque potabili, esclusione dei

terreni con colture ortive in atto, gelati, innevati, inondati o saturi d’acqua, adeguata

distanza (almeno 10 metri) dai corsi d’acqua e dagli arenili per le acque marino-costiere

e lacunali, non utilizzo in terreni caratterizzati da eccessiva pendenza (>15%), nei

boschi, ecc. (si veda L. 574/96 e DM 6 luglio 2005).

3.3.1.2 La filtrazione convenzionale

La filtrazione è usata per rimuovere i solidi contenuti nel refluo, argilla, limo, materiale

organico naturale, precipitati derivanti da altri trattamenti, Ferro, Manganese e

microrganismi. La separazione è realizzata con l’aiuto di mezzi porosi, setti o filtri, che

trattengono, nella maggior parte dei casi, i solidi e consentono al liquido di defluire. In

queste tipologie di filtrazione grossolana, i filtri possono essere costituiti da strati di

sabbia, ghiaia o carbone o carbone attivo che aiutano, in alcuni casi, a rimuovere anche

le particelle più piccole. La filtrazione chiarifica l’acqua e aumenta l’efficacia delle

disinfezioni. Essa può essere applicata da sola o come pre-trattamento, prima

dell’applicazione di un’altra tecnologia. La filtrazione può essere naturale o forzata con

l’applicazione di pressione (pressione di filtrazione) dal lato dell’alimentazione o di

vuoto (vuoto di filtrazione) dal lato del filtrato [20]. Si ottiene un residuo solido che

deve essere smaltito o riciclato secondo i casi. Oltre ai sistemi classici di filtrazioni,

esistono dei processi di filtrazione mediante membrane, soprattutto tangenziali, di cui si

parlerà ampiamente nei paragrafi successivi.

3.3.1.3 La Separazione a membrana

Le tecnologie separative mediante membrana (TSM) si basano sull'impiego di filtri

semipermeabili o iono-selettivi per mezzo dei quali è possibile ottenere la separazione

dei soluti organici e inorganici a livello molecolare e ionico e dei solventi in cui sono

disciolti. Le separazioni avvengono per un processo fisico, di filtrazione selettiva

attraverso un filtro speciale (membrana) in cui la “driving force” è rappresentata dalla

pressione idraulica, o da un gradiente di concentrazione fra i due lati della membrana,

oppure da una differenza di temperatura; pertanto non richiedono sostanze chimiche per

Page 49: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

48

operare le separazioni richieste. I processi di separazione sono spesso diversi ma in

generale sono caratterizzati dal seguente principio di funzionamento: la soluzione da

trattare (alimento) attraversa la membrana che, fungendo da filtro, si lascia attraversare

dal permeato (o diluito) ma trattiene il retentato (o concentrato).

Nei centri ricerca ENEA di Frascati e Casaccia sono stati brevettati e messi a punto

processi a membrana di particolare interesse sia per la detriziazione (eliminazione del

trizio all’interno della soluzione nell’ambito del ciclo del combustibile per i reattori a

fusione nucleare sperimentali), sia processi di estrazione di polifenoli da acque di

vegetazione dell’industria olearia. La prima applicazione descritta interessa soprattutto

le membrane metalliche perpendicolari mentre la seconda applicazione fa uso delle

membrane tangenziali polimeriche e/o ceramiche oppure membrane metalliche [33].

Classificazione delle membrane

Classificazione secondo:

- Il materiale costruttivo, in questo caso si avranno le membrane polimeriche (60°C),

ceramiche (100°C) o metalliche (800°C). La maggior parte delle membrane

polimeriche ha una buona resistenza a moderata variazioni di pH ma sono poco

resistenti nei riguardi dei solventi organici e del cloro oltre a presentare maggiori

problemi legati alla pulizia. Le membrane ceramiche sono meno reattive in termini

chimici, ma si sporcano più facilmente, soprattutto nello stadio di microfiltrazione.

- Il grado di selettività, che comprende sia la porosità della membrana stessa che la

forza motrice, ossia la pressione osmotica e quindi il gradiente di pressione della

membrana oltre che alla pressione nominale di lavoro a cui essa opera. Infatti i

processi si avvalgono di differenze di pressione più o meno elevate per consentire il

passaggio del permeato (costituito da acqua e da una parte delle sostanze in essa

disciolte) oltre la membrana stessa, attraverso le porosità che le costituiscono. In

base alle dimensioni dei fori i processi di filtrazione vengono denominati:

o Microfiltrazione (MF) con porosità nominale 100-200 Å e pressione operativa

fino a 5 bar. Con tali membrane si possono rimuovere particelle sospese, lieviti,

pigmenti, emulsioni e batteri; un processo con membrane MF, può sostituire il

trattamento di chiariflocculazione nel ciclo di potabilizzazione delle acque

grezze;

Page 50: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

49

o Ultrafiltrazione (UF) con porosità nominale 20 -200 Å e pressione operativa fino

a 20 bar. Possono rimuovere colloidi, batteri, virus, zuccheri e proteine e vengono

utilizzate molto per la depurazione delle acque di vegetazione insieme a membrane

di nanofiltrazione e osmosi inversa;

o Nanofiltrazione (NF), porosità nominale 10 -20 Å e pressione fino a 50 bar.

Possono rimuovere gli ioni bivalenti;

o Osmosi inversa (OI) porosità nominale 1 - 10 Å e pressione operativa fino a 150

bar. Possono rimuovere ioni. L'osmosi inversa può essere utilizzata ad esempio

per la dissalazione a scopo potabile, per la depurazione di acqua a scopo

industriale e farmaceutico. Il permeato è costituito da acqua ultra pura con tracce

di Sali [34].

La figura 16 mostra un campione di soluzione filtrata: Il

campione a sinistra mostra il ritentato dall’osmosi inversa, quello

al centro quello dell’osmosi inversa concentrato ulteriormente,

infine sulla destra il permeato che ne risulta.

- Modalità operativa in relazione alla modalità di filtrazione rispetto al flusso in

ingresso nel reattore a membrana [35].

o Membrane tangenziali ossia membrane il cui permeato viene separato

tangenzialmente rispetto alla corrente di ingresso. Tali membrane sono per la

maggior parte di tipo ceramico o polimerico;

o Membrane (o membrane perpendicolari) separano il fluido in direzione

ortogonale rispetto al flusso di ingresso; tali membrane sono soprattutto

metalliche.

Figure 16 Soluzione, permeato e ritentato - Fonte ERSAF

Figure 17 Filtrazione perpendicolare (a sinistra) e filtrazione tangenziale (a destra)- Fonte Synder

Page 51: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

50

Table 5 Schema riassuntivo delle caratteristiche tecniche delle tecnologie a membrane1

Microfiltrazione

(MF)

Ultrafiltrazione

(UF)

Nanofiltrazione

(NF)

Osmosi Inversa

(OI)

Pressione di

lavoro [bar]

Idrostatica 1-4 Idrostatica 1-10 Idrostatica 20-40 Idrostatica 15-60

Meccanismo Filtrazione fisica Filtrazione per

assorbimento

Solubilità /

Diffusione

Solubilità /

Diffusione

Cut off 0.1 -20 µm 1-100 kD 100-250 D 10-100 D / 1-10 Å

Tipo di

membrana

Polimerica o

ceramica

(simmetrica)

Spessore: 10-150

µm

Polimerica o

ceramica

(asimmetrica)

Separazione:

0.1-1 µm

Polimerica

(asimmetrica) o

composita

Separazione:

0.1-1 µm

Polimerica

(asimmetrica) o

composita

Separazione:

0.1-1 µm

Configurazione

della

membrana

Spirale avvolta,

Fibre cave,

tubolare,

Ceramica,

inorganica

Spirale avvolta,

Fibre cave,

Tubolare

Spirale avvolta,

tubolare

Spirale avvolta,

Tubolare

- MF: microfiltrazione

- UF: ultrafiltrazione

- NF: nanofiltrazione

- OI: osmosi inversa

1 Nella definizione e scelta delle specifiche di membrana vengono riportate come unità di misura delle dimensioni caratteristiche

il “cut off” (ossia della selettività specifica) di membrane (dimensione dei pori) sia il micron, che indica la lunghezza, sia l’angstrom

(Å, sottomultiplo del micron) che il dalton, che invece rappresenta un peso molecolare: non c’è una corrispondenza diretta tra le

due misure, ma sono utilizzate entrambe per indicare e classificare la tipologia di sostanze filtrate mediante le membrane.

Page 52: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

51

Le membrane tangenziali

Le membrane tangenziali maggiormente utilizzate nel settore industriale sono

polimeriche o ceramiche e vengono attualmente studiate presso il centro ricerca

Casaccia dell’ENEA; nello stesso centro sono stati messi a punto impianti operanti con

reattori a membrana di tipo MF, UF, NF, OI per l’estrazione di polifenoli e altri

componenti puri per l’industria cosmetica, farmaceutica ed alimentare. In un processo

separativo classico la filtrazione consente di recuperare l’effluente permeato e quello

concentrato e non viene impiegato calore, quindi la filtrazione può avvenire anche a

basse temperature in modo da non danneggiare molecole termolabili. Le TSM

tangenziali utilizzano soltanto energia elettrica per il funzionamento di una pompa che

deve garantire un flusso idraulico adeguato per consentire la filtrazione. Ogni singola

tecnica separativa richiede condizioni idrodinamiche definite, per altro dipendenti dalle

caratteristiche ingegneristiche del modulo di membrana. Le condizioni fluido-dinamiche

sono alla base del buon funzionamento e della ottimizzazione del processo separativo.

In MF ed UF il trasporto attraverso la membrana è principalmente regolato da fenomeni

convettivi, mentre in NF e soprattutto in OI il trasporto è per lo più di tipo diffusivo. Le

molecole filtrate si solubilizzano nella matrice della membrana (polimero) e diffondono

sull’altro lato della membrana. Un esempio tipico è la diffusione della molecola

dell’acqua, rispetto ai sali minerali, nelle membrane polimeriche di poliammide

impiegate nell’OI. Le applicazioni di tecnologie a membrane tangenziali vanno dal

recupero di mangime, sieroproteine, peptidi, lattosio, sali minerali ed acqua dal siero di

latte/scotta, al trattamento delle acque di vegetazione per l’estrazione di polifenoli, al

recupero dei reflui di cartiere. Nella trattazione in questione ci si soffermerà soprattutto

sul trattamento delle acque di vegetazione [3].

Il brevetto Pizzichini per le acque di vegetazione (AV)

Il brevetto Pizzichini permette di utilizzare le tecnologie di separazione a membrana per

l’estrazione di polifenoli ultra puri il cui impiego è largamente diffuso nel settore

alimentare e farmaceutico/cosmetico. Le ricerche finora condotte sulle AV si sono

basate su una logica di esclusiva depurazione puntando all'ossidazione dei polifenoli

con processi chimico-fisici o tecniche di fermentazione aerobica o anaerobica,

quest’ultima adottata solamente in caso di impianti oleari di grande taglia.

Page 53: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

52

L'Enea ha sviluppato un processo di trattamento, incentrato sul frazionamento delle AV

con tecnologie di membrane, al fine di recuperare e riutilizzare separatamente la

componente polifenolica, il resto della sostanza organica e l'acqua. Una volta prodotte

dal processo di estrazione, le AV subiscono un processo di aggiustamento del pH in

campo acido (pH 3-4,5) per evitare un’eccessiva ossidazione (fermentazione) dei

polifenoli. L’acidificazione della soluzione avviene attraverso l’aggiunta del cloruro di

idrogeno e acido citrico. A questa segue un’operazione di idrolisi enzimatica tramite

aggiunta di un complesso enzimatico per rompere i legami tra sostanza organica e

polifenoli ed aumentare così la concentrazione dei polifenoli liberi in soluzione; il

tempo di residenza in questa fase è di 3-5 ore ad una temperatura di 30-45 °C.

Successivamente le AV vengono centrifugate per rimuovere i solidi sospesi. Le AV

pretrattate sono poi microfiltrate con membrane ceramiche tubolari al fine di rimuovere

nella frazione concentrato residui di sostanze sospese ed olio. Il permeato di MF è

trattato in UF per frazionare macromolecole come proteine, colloidi, aggregati

molecolari nel concentrato. Il permeato di UF è nanofiltrato recuperando nella frazione

concentrato di NF i polifenoli con peso molecolare superiore a 200-300 D. Il permeato

di NF è concentrato in OI ottenendo nel concentrato di OI una frazione ricca di

polifenoli a basso peso molecolare (< 200-300 D). Il permeato di OI è un'acqua ultra

pura di origine vegetale da utilizzarsi come base per l'industria delle bevande o da

riutilizzarsi nel ciclo produttivo o in agricoltura. Le frazioni concentrate separate in

centrifuga, in MF ed UF, contenenti la sostanza organica delle AV priva o impoverita

del contenuto polifenolico, possono essere impiegate per la produzione di biogas in

processi di fermentazione anaerobica. I concentrati di NF e di OI, contenenti le

componenti polifenoliche, possono essere impiegati come integratori nell'industria

alimentare o nel settore nutraceutico. Le ricerche in corso attualmente in Enea

(Casaccia) puntano ad ottimizzare il processo di pretrattamento per facilitare le

successive operazioni di filtrazione con tecnologie di membrane e alla raffinazione dei

concentrati di NF e di OI. I concentrati di NF e di OI, costituiti principalmente da una

soluzione di polifenoli, glucidi e Sali minerali, possono essere trattati per isolare e

purificare la componente polifenolica.

Page 54: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

53

Figure 18 Schema di processo del brevetto Pizzichini con relative quantità separate.

L’impianto mostrato è finalizzato per il recupero di componenti fenolici da acque di

vegetazione spingendo il processo verso l’ottenimento di prodotti ultra puri. Tale scelta

impone però delle limitazioni dal punto di vista economico e gestionale poiché bisogna

sottoporre le membrane a pressioni molto elevate portandole ai limiti operativi

ammissibili; ciò innesca un meccanismo di più frequente rottura delle membrane che

quindi devono essere sostituite frequentemente con un aggravio dei costi fissi da

sostenere. La gestione in tal senso diventa complessa, pertanto tale impianto non si

presta ad essere integrato in oleifici o impianti di estrazione dell’olio, bensì in ambito

chimico-farmaceutico dove i margini di guadagno legati alla vendita o utilizzo di

polifenoli riesce a giustificare la spesa di gestione e manutenzione dell’impianto.

Tuttavia una forte limitazione di tale impianto è legata all’alta variabilità della soluzione

di AV in ingresso; in particolare l’utilizzo di AV provenienti da colture trattate con

pesticidi impedisce l’estrazione delle soluzioni concentrate in polifenoli rendendo di

fatto insostenibile tale soluzione. Dunque questo tipo di impianto si dimostra essere

adatto esclusivamente per elaborare AV provenienti da coltivazioni di tipo biologico

[11].

Page 55: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

54

3.3.1.4 Reattori termochimici per il trattamento delle AV

Come visto, quindi, il processo Pizzichini presenta delle limitazioni non trascurabili,

soprattutto per la richiesta di utilizzare olive provenienti da una filiera assolutamente

biologica. Questo impedisce quindi che il processo possa essere addottato da tutti i

frantoi di piccole e medie dimensioni. Inoltre, dalle analisi tecnico-economiche svolte,

emerge anche che la filtrazione tramite osmosi inversa risulta molto dispendiosa e non

conveniente economicamente [3].

Per questi motivi, nei laboratori di Frascati, è stata proposta un’alternativa, con una

modifica concettuale di base: mentre nell’impianto precedentemente proposto

l’attenzione veniva posta sull’interesse merceologico del retentato, con il nuovo

processo l’interesse viene posto sull’utilizzo di questo come fonte per produrre syngas

(energia verde) attraverso reazioni di reforming. Si rimanda per i dettagli del processo al

paragrafo 1 del capitolo 5.

Elementi di calcolo per impianti di filtrazione a membrana

Gli elementi per la caratterizzazione di sistemi di filtrazione a membrana possono essere

diversi a seconda del tipo di membrana, spesso anche del tipo di applicazione. Senza

entrare nel dettaglio costruttivo della membrana (quindi senza andare alla ricerca dei

valori di porosità, dimensione fori, geometria ecc.), si possono definire degli indicatori

macroscopici per la definizione delle caratteristiche principali che la membrana dovrà

avere per operare secondo le specifiche di impianto.

Per dimensionare e avere tutti gli strumenti per indentificare una membrana da catalogo

è necessario calcolare [36]:

- VCR, ossia rapporto di concentrazione di volumi (o fattore di concentrazione CF), è

definito come il rapporto tra il volume iniziale V0 e il volume del retentato Vc

- VR, ovvero la percentuale di riduzione di volume, è una grandezza derivata dal VCR

ed indica la percentuale di riduzione del permeato rispetto all’alimento;

Page 56: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

55

- R, cioè la ritenzione. Indica l’efficienza della membrana nel trattenere una particolare

specie.

Indicando con CA la concentrazione della specie nell’alimento e con CP la

concentrazione della specie nel permeato si ha:

Quando CA = CP la specie passa completamente attraverso la membrana quindi R = 0;

se, al contrario, CP = 0 allora R = 100 % ma nei casi pratici la ritenzione non raggiunge

mai il 100 %.

- Flusso, consiste nella definizione della portata espressa per unità di superficie (L/m2h)

del permeato; praticamente si tratta di una velocità di permeazione e dipende dal

particolare tipo da membrana, quindi è un valore valutabile sperimentalmente.

-La pressione osmotica Δπ che può essere valutata secondo l’espressione:

Con

-v1: Volume molare del solvente

-x: Frazione molare del soluto

-R: Costante dei gas

-T: Temperatura della soluzione (°K)

Tipologie d’impianto di filtrazione a membrana

Nella filtrazione a membrana è impossibile separare completamente la frazione solida

da quella liquida, ma si può semplicemente arrivare ad un prodotto concentrato in solidi

e ad un permeato che ne è praticamente privo. Gli impianti di MF, UF, NF, OI sono

sostanzialmente simili. La sostanziale differenza risiede nella pressione di esercizio:

Page 57: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

56

pochi bar nella UF e MF, qualche decina di bar nella NF, fino al centinaio di bar per OI

a seconda della pressione osmotica della soluzione.

Le soluzioni d’impianto possono essere impianti discontinui, impianti continui o, come

in questo caso, impianti continui con ricircolo:

che sono impianti di tipo misto. Quando

l’impianto entra in funzione, la valvola A è

chiusa e il retentato viene completamente

riciclato inviandolo sulla aspirazione della

pompa del circuito di riciclo. Quando il

retentato (per effetto del continuo prelievo del

permeato) ha raggiunto il livello di

concentrazione desiderato, si apre la valvola A

in modo da prelevare parte del prodotto. Contemporaneamente si alimenta il circuito di

riciclo con la soluzione contenuta nel serbatoio e con una portata uguale alla portata di

prodotto concentrato prelevato più quella di permeato. In questo modo l’alimentazione

raggiunge immediatamente una concentrazione pari a quella del prodotto concentrato

nel circuito di riciclo. In questo tipo d’impianto si opera sempre ad una concentrazione

equivalente a quella finale di un processo discontinuo e pertanto è necessario utilizzare

una maggior superficie di membrana.

Tipologie di moduli per membrane

Le membrane, singole o in gruppo, con le relative strutture di supporto sono contenute

in delle unità dette moduli, mentre il sistema comprensivo di modulo e membrana si

definisce reattore a membrana. Le membrane ceramiche e metalliche hanno una

struttura modulare ben definita

poiché i materiali costruttivi sono per

lo più rigidi. Perciò spesso la

tipologia di queste è determinata

dalla sua formatura che, per ragioni

costruttive, è spesso cilindrica, cava e

a modulo tubulare multicanale: questi tubi hanno un diametro di 6-12 mm e una

lunghezza dell’ordine del metro [37]. Si trovano anche in forma di "monoliti", sempre

Figure 19 Schema impianto continuo con ricircolo

Page 58: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

57

della lunghezza dell’ordine del metro, attraversati da più canali del diametro di qualche

millimetro e forma varia. I contenitori alloggiano più monoliti costituendo quindi

un’unica unità operativa.

Quanto si tratta di membrane polimeriche, vista la malleabilità del materiale, si

necessita di una struttura di supporto chiamata modulo. Quando si tratta di residui ricchi

di solidi sospesi o impurità in grado di intasare facilmente le membrane, si preferiscono

le seguenti configurazioni modulistiche:

-Modulo tubolare: La membrana (a forma di tubo) è sistemata e supportata all'interno di

un tubo poroso o forato (diametro: 10÷25 mm, lunghezza 1÷3 m), nel quale viene

inviata l'alimentazione. Il tubo a sua volta è alloggiato in un contenitore cilindrico che

serve a raccogliere il permeato. Tale modulo non presenta spazi morti e pertanto è

facilmente pulibile e sterilizzabile. E’ usato soprattutto nei processi di ultrafiltrazione e

microfiltrazione.

Figure 20 Conformazione di membrane tubolari ceramiche[1].

-Modulo a spirale avvolta: Usata soprattutto nei processi di osmosi inversa,

nanofiltrazione ed ultrafiltrazione perché consente di racchiudere un’alta superficie di

membrana polimerica in un volume ridotto. Il modulo, è formato da fogli di membrana

polimerica stesi su un supporto che funge da spaziatore e sigillati sui tre lati. Il lato

aperto è fissato ad un tubo centrale di raccolta del permeato ed i diversi fogli così

costruiti sono avvolti a spirale attorno al tubo centrale, formando un cilindro.

L'alimentazione entra nel modulo in modo da lambire l'intera superficie della membrana

Page 59: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

58

uscendo dalla parte opposta. Il permeato che ha attraversato la membrana viene raccolto

nel tubo centrale e convogliato all'esterno.

3.3.1.5 Digestione anaerobica

La digestione anaerobica affronta la questione dello smaltimento non in termini di

“gestione dei reflui oleari”, ma piuttosto in termini di “valorizzazione delle risorse”.

Esso consiste nella decomposizione della materia organica mediante organismi che

operano in anaerobiosi, ossia in assenza di ossigeno molecolare, come O2, o legato ad

altri elementi, come nel caso dell’azoto nitrico, NO3-. La conversione di substrati

organici complessi porta alla formazione di biogas, in particolare metano, il cui

processo avviene attraverso una catena trofica anaerobica.

I polifenoli presenti nei reflui oleari, a causa delle loro caratteristiche anti-ossidanti e

anti-microbiche, limitano fortemente i fenomeni degradativi oltre ad essere responsabili

dell’inibizione di germinazione, crescita e sviluppo delle diverse piante erbacee [38]. La

rimozione di queste sostanze aromatiche deve essere effettuata in modo selettivo senza

abbattere altre sostanze organiche che contribuiscono alla produzione di biogas.

Molteplici vantaggi si possono avere da un’azione combinata tra processo anaerobico, a

monte, e aerobico, a valle. Il digestato in uscita dall’impianto è semistabilizzato con

Figure 21 Conformazione di membrane polimeriche a spirale avvolta [1].

Page 60: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

59

conseguente riduzione della carica patogena e delle emissioni di sostanze odorifere;

inoltre il calore generato dalla fase anaerobica può essere sfruttato per le esigenze

energetiche del processo aerobico, che permette la riduzione della CO2 emessa [39].

Generalità del processo

La degradazione biologica della sostanza organica in condizione di anaerobiosi

determina la formazione di diversi prodotti, i più abbondanti dei quali sono due gas: il

metano ed il biossido di carbonio. Essa coinvolge diversi gruppi microbici interagenti

tra loro: i batteri idrolitici, i batteri acidificanti (acetogeni ed omoacetogeni) ed, infine, i

batteri metanigeni, quelli cioè che producono metano e CO2, con prevalenza del gas di

interesse energetico, che rappresenta circa i 2/3 del biogas prodotto. I batteri metanigeni

occupano quindi solo la posizione finale della catena trofica anaerobica. Il metano, poco

solubile in acqua, passa praticamente nella fase gassosa, mentre la CO2 si ripartisce in

fase gassosa e nella fase liquida.

L’attività biologica anaerobica è stata evidenziata in un ampio intervallo di temperatura:

tra 5 e + 70°C. Esistono, tuttavia, differenti specie di microrganismi classificabili in

base all’intervallo termico ottimale di crescita: psicrofili (temperature inferiori a 20°C),

mesofili (temperature comprese tra i 20°C ed i 40°C) e termofili (temperature superiori

ai 45°C).

L’industrializzazione biotecnologica di questo processo naturale ha consentito di

passare dall’iniziale concetto di stabilizzazione estensiva della sostanza organica in

ambienti naturali a veri e propri processi industriali per la produzione di biogas. Ciò a

partire da diversi substrati organici quali acque derivanti dall’industria agro-alimentare,

fanghi di supero degli impianti di trattamento acque reflue, deiezioni animali, biomasse

di natura agricola, residui organici industriali e la frazione organica di rifiuti urbani.

Page 61: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

60

Il processo di digestione anaerobica è schematicamente illustrato in figura 22.

Sostanza

organica

-Carboidrati

-Proteine

-Lipidi

Batteri idrolitici fermentativi

100%

23% 52% Acetat

i

H2+CO

2 Batteri omoacetogenici

Batteri metanigeni

acetoclastici

Batteri metanigeni

idrogenotrofi

CH4+C

O2 CH4+CO2

75%

-Acidi grassi

-Alcoli,ecc.

Batteri acetogenici

5% 20%

Figure 22 Schema del processo di digestione anaerobica - Metcalf e Eddy, 1991

Page 62: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

61

Lo Schema di flusso quantitativo dei diversi cammini metabolici del processo di

digestione anaerobica è schematicamente illustrato in figura 23.

Le AV spesso vengono trattate unitamente alle sanse esauste poiché la mistura di

alimento dei digestori deve essere caratterizzata da una modesta umidità per favorire le

reazioni di acidificazione e metanizzazione. Le AV, anche se dal punto di vista del

contenuto organico sarebbero ottime per la digestione, tuttavia presentano una quantità

in polifenoli troppo alta da poter essere digerite in un processo di digestione poiché

l’attività fitotossica dei polifenoli inibirebbe totalmente le reazioni di ossidazione e

quindi tutto il processo di bio-digestione. Dunque si rende necessario un trattamento per

l’eliminazione della componente fenolica prima di poter processare la soluzione in un

digestore. Spesso la digestione anaerobica viene praticata attraverso pretrattamenti

microbiologici che consistono nell’aggiunta di batteri o fanghi atti a promuovere le

reazioni di digestione. La funzione di batteri è quella di digerire la materia organica

generando prodotti più semplici e rendere la mistura più adatta al processo di

acidificazione e metanizzazione attraverso un processo di degradazione metabolica [40].

Da quanto emerso, si evidenzia una notevole versatilità di tali sottoprodotti a

“trasformarsi” da mero residuo a risorsa e materia prima riutilizzabile in diversi settori

Acidi

organici

H

Acido

acetico

CH

4

Acetogene

si

Idrolisi e

fermentazione

Sostanza organica

complessa

Metanogene

sisi

Figure 23 Schema di flusso quantitativo dei diversi cammini metabolici nel processo di DA - Metcalf e Eddy, 1991

Page 63: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

62

economici e produttivi. Ognuna di esse, infatti, trova applicazioni pratiche in ambiti

diversi a seconda delle matrici trattate, delle tecnologie adottate e dei prodotti ottenibili.

Si è visto come le AV siano d’interesse per i vari settori d’impiego oltre a quello

agricolo (le industrie mangimistiche, farmaceutiche, cosmetiche, alimentari, floro-

vivaistiche e il comparto energetico). La scelta verso una tecnologia di trattamento

piuttosto che un'altra deve essere dettata da un’analisi attenta sia delle tipologie di

sottoprodotti disponibili in loco (a livello sia di singola azienda sia di comprensorio) che

delle possibilità d’impiego presenti (sia diretto in azienda o agricoltura che altri

eventuali mercati di sbocco). La necessità quindi di mettere a disposizione di un’utenza

diffusa sistemi di trattamento dei reflui oleari semplici, affidabili, flessibili e di facile

gestione, ha orientato, negli ultimi anni, l’indagine verso l’uso dei processi, soprattutto

biologici che garantiscano la sostenibilità e l’integrazione dei reflui in un sistema

sinergico ed efficiente.

3.4 LE SANSE

La sansa di oliva, che consiste nel residuo solido ottenuto dalla pasta di olive, ha

rappresentato, soprattutto nel passato e ancora oggi, il sottoprodotto più importante per

l’oleificio poiché le sue caratteristiche possono essere tali da renderla utilizzabile quale

materia prima per l’estrazione dell’olio di sansa, mediante solvente, da parte dei

sansifici. Fino agli anni Sessanta, quando l’unico sistema di lavorazione delle olive era

quello della pressione, la destinazione della sansa, infatti, era l’industria estrattiva

dell’olio di sansa (il sansificio) che, acquistando il sottoprodotto, assicurava all’oleificio

un reddito aggiuntivo. Con l’introduzione, nel settore della trasformazione delle olive,

del sistema continuo di centrifugazione a 3 fasi, tuttavia, le caratteristiche della sansa di

oliva cambiarono in maniera tale che il suo valore commerciale si ridusse al punto da

non rappresentare più un reddito per il frantoio. La perdita di valore della sansa di oliva

divenne ancora più marcata con la comparsa, nel frantoio oleario, dei decanter a 2 fasi,

da cui si ottiene un sottoprodotto solido molto umido, di consistenza melmosa e non

accettata dal sansificio.

La sansa è costituita dalle pellicole della buccina, dai noccioli e dai residui della polpa.

Dal punto di vista qualitativo le sanse possiedono caratteristiche abbastanza simili sia

che provengano da impianti a pressione sia da impianti a centrifuga. Le differenze di

Page 64: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

63

questi tipi di sanse riguardano un ristretto numero di costituenti la cui variabilità,

dipendente dal particolare processo adottato, condiziona fortemente la consistenza del

sottoprodotto. Risulta utile la definizione di alcuni termini di seguito riportati, si

vedranno quindi le caratteristiche di questi prodotti.

- Sansa Vergine: Sanse di prima spremitura ossia che non hanno subito alcun

trattamento dopo la produzione; contengono numerosi composti organici e inorganici di

origine vegetale molti dei quali di origine oleosa ma non contengono additivi.

- Sansa Umida (Alperujo): Pasta umida derivante dal sistema di centrifugazione a due

fasi impiegato per l’estrazione dell’olio di oliva.

- Sansa Esausta: Sansa che ha subito lavorazioni successive alla prima spremitura e da

cui è stata estratta la componente oleosa che costituisce l’olio di sansa; è un prodotto

granulare e fibroso che resta dopo la disoleazione della sansa grezza costituto da lignina

e cellulosa, ha buone caratteristiche ai fini della combustione nelle caldaie e può essere

compostato, bruciato, impiegato per il riscaldamento, come integratore in mangimistica

o smaltito sull’oliveto [41].

I sottoprodotti solidi dell’industria olearia sono, quindi, costituiti da sansa vergine,

sansa esausta e nocciolino. Tali sottoprodotti si rendono disponibili, annualmente,

nell’arco di un ristretto lasso di tempo compreso tra la metà di ottobre e la fine di marzo.

3.4.1 Aspetto e caratteristiche chimico-fisiche

Le sanse hanno caratteristiche e umidità differenti secondo il processo di estrazione

adottato. Il grado di umidità delle sanse è molto variabile in quanto dipende dal sistema

di estrazione adottato. Quelle provenienti da frantoi con sistemi tradizionali a pressione

hanno un contenuto di acqua variabile tra 20 e 30%, quelle derivanti da impianti

continui a tre fasi hanno un contenuto di acqua del 48-54%, che può arrivare al 58-70%

per quelle derivanti da impianti continui a due fasi. Quando il sottoprodotto sansa viene

ceduto (o venduto) ad un sanseificio la maggiore umidità comporta sia maggiori

difficoltà nella lavorazione, sia costi di essiccazione più elevati, oltre ad una minore

quantità di olio prodotto per unità di volume di sanse trattate. Si passa, infatti, dal 6-7%

di olio recuperabile in sanse provenienti da sistemi tradizionali a pressione al 4-5% di

quelle da sistemi continui a tre fasi. Infatti, quando le sanse vergini, sia quelle

Page 65: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

64

Figure 24 Sansa immagazzinata all'esterno di un frantoio in Sicilia – Fonte AIPO

provenienti dai sistemi continui, che da quelli tradizionali, vengono portate nei

sanseifici, vengono sottoposte a una lavorazione che, mediante l’uso di esano, permette

di estrarre l’olio in esse ancora contenuto. Il processo produttivo prevede una fase di

essiccazione, che porta l’umidità residua della sansa all’8-12%, una fase di estrazione

dell’olio mediante solvente, seguita dalla distillazione, per recuperare il solvente, ed una

raffinazione dell’olio estratto per farlo divenire commestibile. La sansa esausta, invece,

viene usata soprattutto come combustibile. L'olio di sansa viene successivamente

raffinato per essere utilizzato ai fini alimentari in miscela con olio vergine d'oliva [42]

Nelle sanse inoltre c’è una componente residua anche di polifenoli la cui presenza si

manifesta maggiormente negli impianti a due fasi; tale conclusione risulta di facile

deduzione poiché la sansa esausta del processo a due fasi è costituita dalla pasta

integrale semplicemente disoleata e non diluita come invece avviene per il processo a

tre fasi in cui la centrifugazione verticale permette l’eliminazione dei polifenoli

concentrandoli nell’acqua di vegetazione. Inoltre, come accennato, il processo a tre fasi

genera una minore quantità di sansa, che risulta anche meno umida. Le sanse esauste

degli impianti a tre fasi sono povere in polifenoli, perciò le misture di questo tipo sono

caratterizzate da un odore sgradevole indotto

da un’attività di fermentazione abbastanza

stabile e presenta una colorazione bruna.

Tuttavia questa si dimostra essere

maggiormente versatile poiché può essere

lavorata con facilità e presenta maggiori

opportunità di valorizzazione. Dalle tabelle 6

e 7 è possibile confrontare le caratteristiche di

sanse esauste d’impianti di centrifugazione a

due e tre fasi e tradizionale.

Page 66: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

65

Table 6 Dr. Giuseppe D’Angelo – Caratterizzazione della sansa di oliva mediante tecnica diagnostica non invasiva

NIRS

Caratteristiche della sansa da impatto tradizionale a tre fasi

Umidità (105 °C) 52

pH 5.2

Azoto totale % 0.96

Fosforo totale % 0.56

Carbonio organico totale % 60.45

Rapporto C/N 62.97

Table 7 Dr. Giuseppe D’Angelo – Caratterizzazione della sansa di oliva mediante tecnica diagnostica non invasiva

NIRS

Caratteristiche della sansa da impatto a due fasi

Umidità (105 °C) 62

pH 5.19

Azoto totale % 0.97

Fosforo totale % 0.35

Carbonio organico totale % 94.5

Rapporto C/N 46.6

Le sanse umide (Tab. 7) presentano caratteristiche congruenti con i valori

di quella proveniente da impianto tradizionale a tre fasi (Tab. 6), ad

eccezione del contenuto di umidità che presentano valori medi del 62% ma

con un intervallo di variabilità molto ampio (dal 46,5% al 77,8%) e del

contenuto fenolico riportato in tabella.

Si vedrà in seguito come queste proprietà rendano le sanse, soprattutto

quelle provenienti dagli impianti a tre fasi, particolarmente adatte come

fertilizzanti se pur con diversi accorgimenti [3].

3.4.2 Trattamenti delle Sanse

Come chiarito prima la sansa non è un rifiuto ma un sottoprodotto. L’eventuale

assoggettamento della sansa alla disciplina dei rifiuti comporterebbe notevoli costi, non

agevolmente sopportabili dai frantoi, specie se di minori dimensioni. Si pensi, ad

Page 67: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

66

esempio, oltre ai costi di trasporto e smaltimento/recupero, anche ai costi inerenti

all’osservanza delle norme dettate in tema di documentazione per i produttori di rifiuti

speciali, o anche all’obbligo di trasportare i rifiuti con veicoli adibiti esclusivamente a

tale scopo; tale obbligo applicato a materie naturali e non pericolose come la sansa può

risultare davvero sproporzionato e privo di senso oltreché molto costoso.

Come detto prima, le sanse risultano molto versatili per i trattamenti, effettuati

attraverso uno dei seguenti processi:

- Spandimento sul terreno (Senza rilevanze tecnologiche),

- Compostaggio,

- Digestione anaerobica,

- Combustione,

- Pirolisi.

Si potrebbero classificare i processi tecnologici secondo due tipologie distinte:

- Processi termochimici, sono processi ad alta temperatura che permettono la

conversione attraverso reazioni governate da parametri termodinamici e cinetici

di ossidazione della materia organica contenuta nelle sanse;

- Processi biologici, sono processi a bassa temperatura che coinvolgono agenti

biologici catalizzatori quali batteri, funghi ecc. che operano la conversione

attraverso una processi metabolici di digestione della materia organica.

3.5 IL NOCCIOLINO

Il nocciolino è la parte legnosa e più rigida che si trova al centro dell’oliva. Esso è

importante durante la frangitura, soprattutto quella tradizionale con le molazze, perché

favorisce la rottura delle membrane e quindi la fuoriuscita dell’olio. In molti oleifici,

alla fine del processo, la sansa esausta viene ammucchiata all’aperto, il nocciolino viene

estratto da essa e successivamente stoccato in sacchi “big-bag” per poi essere venduto,

rappresentando buona parte del fatturato dell’oleificio. Infatti, il nocciolino, è

caratterizzato da un’alta densità di lignina e si presta bene a essere bruciato. Inoltre il

nocciolino, legato alla sansa, conferisce a quest’ultima buone proprietà termiche

rendendola utilizzabile come combustibile, previo essiccamento.

Page 68: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

67

3.6 ASPETTI NORMATIVI PER LO SCARICO DEI REFLUI (D.L. 07/2015)

La legislazione vigente relativa al trattamento dei reflui oleari è regolata dal decreto del

Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 6 luglio 2005; tale decreto istruisce sui

“Criteri e sulle norme tecniche generali per la disciplina regionale dell’utilizzazione

agronomica delle acque di vegetazione e degli scarichi dei frantoi oleari”.

Gli scarichi delle aziende agricole

La disciplina generale degli scarichi è contenuta nella parte terza, titolo III, Capo III del

decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Tale decreto, che riorganizza in un unico testo

tutta la normativa in materia ambientale, sostituisce, per quanto riguarda la tutela delle

acque e la gestione delle risorse idriche la previgente disciplina rappresentata dal D.Lgs

152/99.

Il D.Lgs 152/2006 definisce lo scarico, all’articolo 74, comma 1, come “qualsiasi

immissione di acque reflue in acque superficiali, sul suolo, nel sottosuolo e in rete

fognaria, indipendentemente dalla loro natura inquinante, anche sottoposte a preventivo

trattamento di depurazione.”

Il D.Lgs 152/2006, classifica anche gli scarichi in tre categorie, in base alla qualità dei

reflui scaricati, per poterne differenziare il relativo regime. Queste sono:

- “acque reflue domestiche”: acque reflue provenienti da insediamenti di tipo

residenziale e da servizi. Derivanti prevalentemente dal metabolismo umano e da

attività domestiche;

- “acque reflue industriali”: qualsiasi tipo di acque reflue provenienti da edifici od

installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, differenti

qualitativamente dalle acque reflue domestiche e da quelle meteoriche di dilavamento,

intendendosi per tali anche quelle venute in contatto con sostanze o materiali, anche

inquinanti, non connessi con le attività esercitate nello stabilimento;

- “acque reflue urbane”: il miscuglio di acque reflue domestiche, di acque reflue

industriali, e/o di quelle meteoriche di dilavamento convogliate in reti fognarie, anche

separate, e provenienti da agglomerato

Page 69: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

68

3.6.1 Riferimenti normativi

La normativa integra il Decreto legislativo 152/99 che, a sua volta, recepisce la direttiva

91/676/CEE (Direttiva Nitrati) dell’Unione Europea. Quanto disciplinato in questo

decreto ministeriale “concerne l’intero ciclo (produzione, raccolta, stoccaggio, trasporto

e spandimento) dell’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione dei frantoi

oleari e delle sanse umide”. Al D.L. 152/99 fa anche riferimento il Decreto ministeriale

del 06/07/2005 sui “Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale

dell'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e degli scarichi dei frantoi

oleari, di cui all'articolo 38 del Decreto Legislativo 11 maggio 1999, n. 152”

3.6.2 Limiti di Accettabilità di Spandimento

L’articolo 2 del D.L. 152/99 fa riguarda i limiti di accettabilità per lo spandimento dei

reflui oleari:

1. L'utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione ai sensi dell'articolo 1 è

consentita in osservanza del limite di accettabilità di cinquanta metri cubi per ettaro di

superficie interessata nel periodo di un anno per le acque di vegetazione provenienti da

frantoi a ciclo tradizionale e di ottanta metri cubi per ettaro di superficie interessata nel

periodo di un anno per le acque di vegetazione provenienti da frantoi a ciclo continuo.

2. Qualora vi sia effettivo rischio di danno alle acque, al suolo, al sottosuolo o alle altre

risorse ambientali, accertato a seguito dei controlli eseguiti ai sensi del comma 2

dell'articolo 3, il sindaco con propria ordinanza può disporre la sospensione della

distribuzione al suolo oppure ridurre il limite di accettabilità

Mentre il D.M. del 06/07/2005 aggiunge che “Lo spandimento delle acque di

vegetazione e delle sanse umide deve essere praticato nel rispetto di criteri generali di

utilizzazione delle sostanze nutritive ed ammendanti e dell’acqua in esse contenute che

tengano conto delle caratteristiche pedogeomorfologiche, idrologiche ed agroambientali

del sito e che siano rispettosi delle norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed

urbanistiche.”

La progressiva sostituzione dei frantoi tradizionali a pressione con i nuovi sistemi a

estrazione centrifuga ha determinato delle modifiche nelle caratteristiche dei

sottoprodotti, come l’incremento dell’umidità delle sanse e una maggiore diluizione

Page 70: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

69

della componente solida presente nelle acque di vegetazione. Per questo motivo la legge

152/99 prevede dosi massime diversificate secondo il metodo di estrazione adottato: 50

m3/ha le acque di vegetazione prodotte da impianti a ciclo tradizionale e 80 m3/ha per

acque di vegetazione originate da impianti a ciclo continuo. Per tutelare l’ambiente la

normativa vieta anche lo spandimento nel periodo delle piogge, poiché porterebbe ad

una diffusione delle sostanze contenute nelle AV fino alle falde acquifere; in tal senso la

legge detta le linee guida sulla base delle quali le regioni dovranno emanare ordinanze

specifiche.

Per quanto riguarda le sanse, la legge n. 748 del 1984, nel punto 4 dell’articolo 1 nella

definizione del termine “fertilizzante” comprende prodotti minerali, organici e organo–

minerali, che si suddividono in “concimi” e “ammendanti e correttivi”. Definisce le

sanse come un ammendante vegetale semplice non compostato (quindi applicata al

terreno senza specifici limiti quantitativi) se risponde ai requisiti di umidità (massimo

50%), pH (compreso tra 6 e 8,5), carbonio organico sul secco (minimo 40%), azoto

organico sul secco (almeno 80% dell’azoto totale), rame totale sul secco (massimo 150

ppm), zinco totale sul secco (massimo 500 ppm), contenuto in torba sul tal quale

(massimo 20% sul tal quale). Sono altresì fissati i seguenti tenori massimi in metalli

pesanti, espressi sulla sostanza secca: piombo totale 140 ppm, cadmio totale 1,5 ppm,

nichel totale 50 ppm, mercurio totale 1,5 ppm [41].

3.6.3 Esclusione di alcune categorie di terreno

L’articolo 4 della normativa vigente fa riferimento anche all’“Esclusione di talune

categorie di terreni”.

1. Fatti salvi il divieto di spandimento su terreni non adibiti ad usi agricoli e le

esclusioni di cui all'articolo 5 della legge n. 574 del 1996, le acque di vegetazione e le

sanse umide non si possono spandere ove ricorrano i seguenti casi: a) distanza inferiore

a 10 metri dai corsi d’acqua misurati a partire dalle sponde e dagli inghiottitoi e doline,

ove non diversamente specificato dagli strumenti di pianificazione; b) distanza inferiore

ai 10 metri dall’inizio dell’arenile per le acque marino costiere e lacuali; c) terreni con

pendenza superiore al 15 % privi di sistemazione idraulico agraria; d) boschi; e) giardini

ed aree di uso pubblico; f) aree di cava.

Page 71: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

70

2. Le regioni possono stabilire ulteriori divieti in prossimità di strade pubbliche […] o in

ottemperanza a strumenti di pianificazione di bacino o piani di tutela regionale, nonché

per riposo temporaneo di siti ove le acque di vegetazione e le sanse umide siano state

distribuite per diversi anni consecutivi.

Inoltre, disciplina le modalità di spandimento “…lo spandimento delle acque di

vegetazione deve essere realizzato assicurando una idonea distribuzione ed

incorporazione delle sostanze sui terreni in modo da evitare conseguenze tali da mettere

in pericolo l’approvvigionamento idrico, nuocere alle risorse viventi ed al sistema

ecologico; …lo spandimento delle acque di vegetazione si intende realizzato in modo

tecnicamente corretto e compatibile con le condizioni di produzione nel caso di

distribuzione uniforme del carico idraulico sull’intera superficie dei terreni in modo da

evitare fenomeni di ruscellamento”.

3.6.4 Autorizzazioni

Le autorizzazioni per lo spandimento delle AV e delle sanse è previsto previa

comunicazione annuale da parte del responsabile dell’oleificio il quale deve far

pervenire, almeno 30 giorni prima, una richiesta di spandimento al sindaco del comune

di riferimento. La comunicazione deve essere redatta secondo le indicazioni del decreto

del 6 Luglio 2005. L’attività di spargimento deve essere disciplinata dalla regione di

riferimento “garantendo nel contempo la tutela dei corpi idrici potenzialmente

interessati e in particolare il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di qualità

di cui al presente decreto”[41]. Inoltre l’articolo 6 del D.M. introduce l’obbligo di un

registro di lavorazione: “In ogni frantoio che produce e intende avviare allo

spandimento sul terreno le acque di vegetazione e le sanse umide deve essere presente

un registro di lavorazione contenente almeno i seguenti dati relativi alle operazioni di

molitura mensili: a) totale olive entrate (in kg); b) totale olive molite (in kg); c) totale

olio ottenuto (in kg); d) totale sansa ottenuta in base alle percentuali relative alle singole

tipologie d’impianto (in kg).

3.6.5 Stoccaggio

L’articolo 5 regola lo stoccaggio e il trasporto delle acque di vegetazione. Lo stoccaggio

delle acque di vegetazione, destinate all’utilizzazione agronomica, è permesso per un

periodo di tempo massimo di 30 giorni. Nelle fasi di stoccaggio e trasporto delle acque

Page 72: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

71

di vegetazione è vietata la miscelazione delle stesse con effluenti zootecnici,

agroindustriali o con i rifiuti di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006. 4.

Per calcolare la capacità minima dei contenitori di stoccaggio delle acque di vegetazione

si fa riferimento ai seguenti parametri: a) volume delle acque di vegetazione

comprensivo delle acque di lavaggio delle olive, prodotte in 30 giorni sulla base della

potenzialità effettiva di lavorazione del frantoio nelle 8 ore; b) apporti delle

precipitazioni, che possono incrementare il volume delle acque se non si dispone di

coperture adeguate; c) franco di sicurezza di almeno 10 centimetri. Nelle fasi di

trasferimento e stoccaggio delle acque di vegetazione, le regioni individuano gli

accorgimenti tecnici e gestionali atti a limitare le emissioni di odori molesti e la

produzione di aerosol e stabiliscono i tempi e le modalità di gestione e conservazione

della documentazione relativa al trasporto. Lo stoccaggio ed il trasporto delle sanse

umide è regolato dall’articolo 6 e prevede una regolamentazione del tutto equivalente a

quanto riportato nell’articolo 5 [43].

3.6.6 Trasporto e Inosservanze

Le regioni regolano, secondo la legge, il trasporto delle AV e delle sanse. Queste norme

prevedendo almeno che vengano fornite le seguenti informazioni (comma 9 articolo 5):

a) gli estremi identificativi del frantoio da cui originano le acque di vegetazione

trasportate e del legale rappresentate dello stesso; b) la quantità delle acque trasportate;

c) la identificazione del mezzo di trasporto; d) gli estremi identificativi del destinatario e

l’ubicazione del sito di spandimento; e) gli estremi della comunicazione redatta dal

legale rappresentante del frantoio da cui originano le acque trasportate.

Le Regioni stabiliscono inoltre i tempi di conservazione della documentazione di cui al

comma 9; stabiliscono altresì le modalità da seguire in caso di conferimento delle acque

di vegetazione ad un contenitore di stoccaggio ubicato al di fuori del frantoio.

Secondo quanto stabilito dall’articolo 8 del decreto del 6 luglio 2005, denominato

“Inosservanza delle norme tecniche per l’utilizzazione agronomica”, le regioni

prevedono l’adozione di sanzioni che prevedono anche interdizioni secondo la gravità

delle violazioni per le ipotesi d’inosservanza delle norme tecniche stabilite dalle

medesime [44].

Page 73: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

72

Table 8 Tabella riassuntiva del quadro normativo vigente.

NORMATIVA SULL’IMPIEGO AGRONOMICO DEI REFLUI OLEARI

Rifermenti

normativi

- Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 6 luglio 2005

- Decreto legislativo n. 152 del 1999

- Legge n. 574 del 1996

- Legge n. 748 del 1984

Limiti di

accettabilità

Acque di vegetazione

- 50 m3/ha/anno AV da impianti tradizionali

- 80 m3/ha/anno AV da ciclo continuo.

Sanse Senza specifici limiti quantitativi se

la sansa risponde ai requisiti stabiliti

dalla legge 19 ottobre 1984, n. 748

(ammendante vegetale semplice non

compostato).

Esclusione di

talune categorie

di terreno

Le acque di vegetazione e le sanse non si possono spandere su terreni:

1.Non adibiti ad usi agricoli

2.Con distanza inferiore a dieci metri dai corsi d’acqua e, lungo le coste, con

distanza inferiore ai dieci metri dall’inizio dell’arenile;

3.Con pendenza superiore al 15% privi di sistemazione idraulico agraria;

4.Boschivi; con giardini, aree di uso pubblico e aree di cava.

Comunicazione

preventiva

Comunicazione annuale, da parte del rappresentante legale del frantoio al sindaco

almeno trenta giorni prima dell’inizio dello spandimento, comprendente una

relazione tecnica (modelli nell’allegato 1 e 2 del DM 6/07/2005).

Stoccaggio

Acque di vegetazione:

-Le regioni definiscono la capacità dei

contenitori di stoccaggio delle acque di

vegetazione;

-Il fondo e le pareti dei contenitori di

stoccaggio devono essere impermeabilizzati;

nel caso di contenitori in terra, gli stessi

devono essere dotati di un fosso di guardia

perimetrale dimensionato e isolato

idraulicamente dalla normale rete scolante;

-Le regioni individuano gli accorgimenti

tecnici e gestionali atti a limitare le emissioni

di odori molesti e la produzione di aerosol;

-Divieto di spandimento fino a quando

perdurano le piogge e i terreni sono saturi

d’acqua.

Sanse:

-Contenitori di stoccaggio capaci di

contenere le sanse nei periodi in cui

l’impiego agricolo è impedito da

motivazioni agronomiche,

climatiche o disposizioni

normative;

-I contenitori per lo stoccaggio

devono essere adeguatamente

impermeabilizzati e coperti al fine

di evitare fenomeni di percolazione

e infiltrazione.

Trasporto

La documentazione di trasporto deve riportare:

-Estremi identificativi del frantoio e del legale rappresentate dello stesso;

-Quantità delle acque trasportate;

-identificazione del mezzo di trasporto;

-Estremi identificativi del destinatario e ubicazione del sito di spandimento;

estremi della comunicazione.

Controlli e

Inosservanze

Le regioni prevedono l’adozione di sanzioni secondo la gravità delle violazioni

delle norme.

Il sindaco, sulla base dei risultati di controlli, può impartire specifiche prescrizioni,

ivi inclusa la riduzione dei limiti di accettabilità.

Page 74: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

73

Questa breve panoramica della normativa di riferimento per i sottoprodotti dell’industria

olearia mette in luce quanto sia oneroso, in termini economici ma anche di tempo e di

risorsa umana, l’attuazione di uno smaltimento a norma di legge. Per questo, e anche

per la stagionalità della produzione e della manodopera spesso non sufficiente, lo

smaltimento illegale dei reflui oleari, in modo non controllato e oltre i limiti di legge,

costituisce oggi una diffusa alternativa all’attività di regolare utilizzazione agronomica.

Questa pratica genera gravi danni per l’ambiente e per i depuratori comunali che vanno

in avaria a causa del sopraggiungere improvviso di tali riversamenti a monte nel sistema

fognario con problemi gravi di intasi. Infatti spesso singoli soggetti committenti e

singoli trasportatori, onde evitare di raggiungere i siti di gestione autorizzati, riversano i

reflui oleari in tombini, pozzi, fiumi o terreni in modo disarticolato e puntiforme sul

territorio;

Per quanto riguarda le sanzioni, l’autorità comunale è competente a comminare le

sanzioni amministrative in materia di utilizzazione agronomica delle acque di

vegetazione e delle sanse umide ai sensi dell’art. 8 della legge n. 574 del 1996. A tale

proposito è interessante citare i risultati della campagna di controllo tesa a contrastare il

fenomeno degli scarichi illeciti dei frantoi nella provincia di Bari nel 2009: Le

irregolarità, oggetto di sanzioni penali e amministrative in materia di trattamento e

smaltimento delle acque reflue, sono state rilevate nel 25 per cento delle aziende

sottoposte ai controlli. Quindici le comunicazioni di reato a carico dei titolari dei frantoi

oleari per scarichi in rete fognaria, nel sottosuolo, per smaltimento abusivo di acque di

vegetazione sul suolo; trentuno le sanzioni amministrative per un importo complessivo

pari a 75mila euro. L'intervento condotto dalla forestale ha evidenziato gli effetti

negativi degli scarichi illegali: grave impatto ambientale, un danno nella qualità del

processo depurativo i cui costi aggiuntivi finiscono per ricadere su tutti i cittadini [45].

3.7 ASPETTO NORMATIVO ACQUE REFLUE (152/2006)

La normativa in materia ambientale per le acque reflue N°152 del 2006 stabilisce in

maniera ampia e dettagliata le modalità e i limiti delle acque reflue facendo una

distinzione e classificazione per le varie tipologie di acque reflue. In questa sede ci si

limiterà a dare una breve descrizione inerente all’uso delle AV.

Page 75: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

74

La legge è composta da 6 parti distinte secondo le seguenti macro aree:

1. Disposizioni comuni e principi generali;

2. Procedure per la valutazione ambientale strategica (VAS), per la valutazione

d'impatto ambientale (VIA) e per l'autorizzazione ambientale integrata (IPPC);

3. Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione, di tutela delle

acque dall'inquinamento e di gestione delle risorse idriche;

4. Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati;

5. Norme in materia di tutela dell'aria e di riduzione delle emissioni in atmosfera;

a. Disposizioni per particolari installazioni;

6. Norme in materia di tutela risarcitoria contro i danni all'ambiente.

La trattazione relativa alle AV si trova nella sezione in materia di difesa del suolo (parte

terza); le acque, su disposizione della legge 152/99, classifica le AV come refluo

industriale. Dunque i valori limiti ammissibili per lo sversamento delle acque di

vegetazione fanno riferimento alla Tabella 9 estrapolata dagli allegati della sezione di

riferimento.

Tra tutti i valori, quelli di maggior interesse (poiché sono i più critici) per la valutazione

delle AV considerando lo sversamento in fognatura, sono:

- Il pH che deve essere compreso fra 5,5 e 9,5;

- Il COD che deve essere inferiore a 500 mg/L;

- Il BOD5 che deve essere inferiore a 250 mg/L;

- Il contenuto di polifenoli che deve essere inferiore a 1mg/L.

Qualsiasi AV trattata che abbia valori sopra la soglia specificata non può essere sversata

in fognatura. Come vedremo, solamente un trattamento per distillazione oppure con

processo a membrana permette di rientrare in tali limiti.

Oltre ai limiti ammissibili per le acque, la normativa in questione fissa le modalità di

compilazione e presentazione della documentazione necessaria, tramite gli allegati.

Page 76: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

75

Table 9 Limiti superiori delle acque reflue adatte allo sversamento in fogna o su terreno.

Parametri Unità di

misura

Scarico in acque

superficiali Scarico in rete fognaria

pH 5,5-9,5 5,5-9,5

Temperatura °C

Colore Non percettibile con

diluizione

Non percettibile con diluizione

1:40

Odore Non deve essere causa di

molestie

Non deve essere causa di

molestie

Materiali grossolani Assenti Assenti

Solidi speciali

totali mg/L ≤80 ≤200

BOD5 (come O2) [2] mg/L ≤40 ≤250

COD (come O2) [2] mg/L ≤160 ≤500

Alluminio mg/L ≤1 ≤2,0

Arsenico mg/L ≤0,5 ≤0,5

Bario mg/L ≤20 -

Boro mg/L ≤2 ≤4

Cadmio mg/L ≤0,02 ≤0,02

Cromo totale mg/L ≤2 ≤4

Cromo VI mg/L ≤0,2 ≤020

Ferro mg/L ≤2 ≤4

Manganese mg/L ≤2 ≤4

Mercurio mg/L ≤0,005 ≤0,005

Nichel mg/L ≤2 ≤4

Piombo mg/L ≤0,2 ≤0,3

Rame mg/L ≤0,1 ≤0,4

Selenio mg/L ≤0,03 ≤0,03

Stagno mg/L ≤10

Zinco mg/L ≤0,5 ≤1,0

Cianuri totali come

(CN) mg/L ≤0,5 ≤1,0

Cloro attivo mg/L ≤0,2 ≤0,3

Solfuri (come H2S) mg/L ≤1 ≤2

Page 77: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

76

Solfiti (come mg/L ≤1 ≤2

Solfati (come SO4)

[3] mg/L ≤1000 ≤1000

Cloruri [3] mg/L ≤1200 ≤1200

Fluoruri mg/L ≤6 ≤12

Fosforo totale mg/L ≤10 ≤10

Azoto mg/L ≤15 ≤30

Azoto nitroso mg/L ≤0,6 ≤0,6

Azoto nitrico mg/L ≤20 ≤30

Grassi e olii mg/L ≤20 ≤40

Idrocarburi mg/L ≤5 ≤10

Fenoli mg/L ≤0,5 ≤1

Aldeidi mg/L ≤1 ≤2

Solventi mg/L ≤0,2 ≤0,4

Solventi mg/L ≤0,1 ≤0,2

Tensioattivi mg/L ≤2 ≤4

Pesticidi mg/L ≤0,10 ≤0,10

Pesticidi totali mg/L ≤0,05 ≤0,05

Tra cui:

- aldrin mg/L ≤0,01 ≤0,01

- dieldrin mg/L ≤0,01 ≤0,01

- endrin mg/L ≤0,002 ≤0,002

- isodrin mg/L ≤0,002 ≤0,002

Solventi mg/L ≤1 ≤2

Escherichia coli

[4]

UFC/ 1

00mL Nota

Saggio di tossicità

acuta

Il campione non è

accettabile

quando dopo 24 ore il

numero

degli organismi

immobili uguale o maggiore

del

50% del totale

Il campione non e accettabile

quando

dopo 24 ore il numero degli

organismi

immobili è uguale o

maggiore: è del 80%

del totale

Page 78: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

77

4 CASE STUDY: ANALISI AMBIENTALE DEL FRANTOIO

FONTANA LAURA

Nel ambito dell’industria olearia si incontrano spesso diverse realtà: alcune riguardano

la scelta del metodo di estrazione, dei tempi e delle temperature del processo; altre i

metodi di smaltimento dei sottoprodotti.

Come si è visto, il problema che rappresenta lo smaltimento delle acque di vegetazione

è grande, sia per motivi gestionali e costruttivi che per motivi economici. Per questo i

proprietari degli oleifici, soprattutto di medie dimensioni che si trovano ad affrontare

queste problematiche, hanno manifestato, negli ultimi anni, un interesse sempre

crescente per i metodi che potrebbero porre una soluzione alla diatriba dei sottoprodotti

oleari. Grazie a questo interesse sempre crescente, alimentato anche da una volontà di

ridurre il costo ambientale delle attività, è stato possibile portare avanti la ricerca

oggetto di questo studio basandosi su dati reali provenienti da un frantoio laziale.

Per valutare l’impatto ambientale del processo produttivo dell’olio di oliva è stata scelta

la metodologia LCA (Acronimo di “Life Cycle Assessment” o, in italiano, "valutazione

del ciclo di vita"). Il motivo di questa scelta è dato dal fatto che la LCA è una

metodologia che può essere usata per valutare, calcolare e quantificare l'impatto

ambientale di un prodotto, di un servizio o anche di un’azienda e presenta due

caratteristiche salienti. La prima è l'idea di considerare l’intero ciclo vitale di un

prodotto o l’intera catena di valore di un business. Essa può iniziare con l'estrazione

delle materie prime fino al termine della vita del prodotto, attraverso tutte le fasi

intermedie (ad esempio utilizzo, imballaggio o trasporto) oppure può focalizzarsi solo

su una fase specifica della produzione, come in questo caso. La seconda caratteristica

consiste nella valutazione dell'impatto ambientale in funzione di una serie di indicatori:

cambiamento climatico (emissioni di GreenHouse Gas), risorse (energia, materie

prime), acqua, biodiversità e salute umana. È fondamentale tener presente che la LCA è

una metodologia scientifica e che tutto ciò che si valuta viene quantificato. Si tratta

quindi di un approccio scientifico per valutare gli impatti e usarli come base per

prendere decisioni informate sulle differenti opzioni disponibili [46]

Page 79: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

78

Questo strumento permette, quindi, di gestire in modo trasparente l’analisi del sistema

oggetto di studio e di comprendere, ripercorrere ed eventualmente criticare l’iter che ha

portato a determinate conclusioni.

L’analisi del ciclo di vita rappresenta un supporto fondamentale allo sviluppo di schemi

di Etichettatura Ambientale: nella definizione dei criteri ambientali di riferimento per un

dato gruppo di prodotti (etichette ecologiche di tipo Ecolabel), o come principale

strumento atto a ottenere una Dichiarazione Ambientale di Prodotto [47]. La

Dichiarazione Ambientale di prodotto (EPD, Environmental Product Declaration) è una

etichettatura ambientale che restituisce in modo uniformato e confrontabile i risultati

della LCA, per garantire la confrontabilità dei dati, l’accessibilità e la diffusione

dell’informazione ambientale [48]. Con l’EPD, sia il prodotto merce o servizio, le

aziende hanno la possibilità di comunicare le proprie strategie e l'impegno a orientare la

produzione nel rispetto dell'ambiente valorizzando il prodotto stesso. Questa etichetta

utilizza la Valutazione del Ciclo di Vita (LCA - Life Cycle Assessment) come

metodologia per l'identificazione e la quantificazione degli impatti ambientali.

L'applicazione della LCA deve essere in accordo con quanto previsto dalle norme della

serie ISO 14040, in modo da garantire l’oggettività delle informazioni contenute nella

dichiarazione [47].

4.1 GENERALITÀ SUL LIFE CYCLE ASSESSMENT

4.1.1 Significato e normativa

La definizione ufficiale di LCA data dal SETAC (Society of Environmental Toxicology

and Chemistry) nel 1993 è: “una LCA è un processo oggettivo di valutazione dei carichi

ambientali connessi con un prodotto, un processo o una attività, attraverso

l’identificazione e la quantificazione dell’energia e dei materiali usati e dei rifiuti

rilasciati nell’ambiente, per valutare l’impatto di questi usi di energia e di materiali e dei

rilasci nell’ambiente e per valutare e realizzare le opportunità di miglioramento

ambientale. La valutazione include l’intero ciclo di vita del prodotto (dalla culla alla

tomba), comprendendo l’estrazione ed il trattamento delle materie prime, la

fabbricazione, il trasporto, la distribuzione, l’uso, il riuso, il riciclo e lo smaltimento

finale”.

Page 80: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

79

Da questo emerge l’attualità della LCA, la nuova metodologia la cui caratteristica

fondamentale è costituita dal modo assolutamente nuovo di affrontare l’analisi dei

sistemi industriali: dall’approccio tipico dell’ingegneria tradizionale, che privilegia lo

studio separato dei singoli elementi dei processi produttivi, si passa ad una visione

sistemica, in cui tutti i processi di trasformazione, a partire dall’estrazione delle materie

prime fino allo smaltimento dei prodotti a fine vita, sono presi in considerazione in

quanto partecipano alla realizzazione della funzione per la quale essi sono progettati.

Quest’impostazione di studio del sistema produttivo fa parte di una cultura più ampia

che pensa la produzione industriale dal punto di vista del concetto di sviluppo

sostenibile, fase basilare di un possibile nuovo modello d’organizzazione e management

non solo del sistema produttivo, i cui obiettivi sono la conservazione delle risorse

naturali e la minimizzazione degli effetti delle attività antropiche sull’ambiente.

In linea teorica uno studio di LCA dovrebbe comprendere tutte le fasi del ciclo di vita.

Molto spesso questo richiede un eccessivo dispendio di risorse, si può allora decidere di

limitare lo studio ad alcune fasi avendo l’accortezza di specificare quali sono i confini

del sistema considerato e conseguentemente quali i processi trascurati e perché.

I recenti provvedimenti e le iniziative di politica ambientale intraprese dalla Comunità

Europea o da altri organismi internazionali, l’introduzione dell’ISO Norme della serie

14000 e, in particolare, quelle della serie 14020 e 14040 dedicate rispettivamente alle

Dichiarazioni Ambientali di Prodotto (EPD) e alla LCA, hanno sicuramente costituito

un ulteriore incentivo per le imprese a dotarsi di procedure di controllo e di verifica dei

rendimenti energetici/ambientali dei propri processi, dall’implementazione di veri e

propri Sistemi di Gestione Ambientale (SGA) a richieste d’etichette ecologiche sui

propri prodotti o servizi, orientando di conseguenza la ricerca applicata ad elaborare

nuove tecniche in grado di soddisfare tali esigenze [49].

Il riferimento normativo internazionale per l'esecuzione degli studi di LCA è

rappresentato dalle norme ISO della serie 14040:

- UNI EN ISO 1040:2006 - Gestione ambientale - Valutazione del ciclo di vita -

Principi e quadro di riferimento;

Page 81: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

80

- UNI EN ISO 1044:2006 - Gestione ambientale - Valutazione del ciclo di vita -

Requisiti e linee guida.

4.1.2 Le fasi del LCA

La valutazione del ciclo di vita deve comprendere le seguenti fasi:

1. La definizione dell’obiettivo e del campo di applicazione dello studio:

Si stabiliscono le ragioni per le quali viene sviluppata la LCA e l’uso che si vuol

fare dei suoi risultati. Le funzioni del sistema prodotto, l’unità funzionale, il

sistema di prodotto oggetto dello studio e i confini del sistema, i tipi di impatto,

le metodologie di valutazione dell’impatto e la susseguente interpretazione da

utilizzare, i requisiti di qualità dei dati iniziali.

2. L’analisi dell’inventario:

Comprende la raccolta dei dati ed i procedimenti di calcolo che consentono di

quantificare i tipi di interazione che il sistema ha con l’ambiente; tali interazioni

possono riguardare l’utilizzo di risorse e i rilasci nell’aria, nell’acqua e nel

terreno associati al sistema-prodotto (Frankl, Rubik, 2000).

3. La valutazione dell’impatto:

Ha lo scopo di valutare i potenziali impatti ambientali provocati dai processi,

prodotti o attività, impiegando le informazioni raccolte in sede di inventario. Ad

ogni impatto ambientale può essere associato uno o più effetti ambientali.

Prevede quattro momenti distinti:

- Classificazione. La fase di assegnazione dei dati raccolti nell’inventario ad una

o più categorie d’impatto ambientale, noti gli effetti e i danni potenziali delle

emissioni alla salute umana, all’ambiente, all’impoverimento delle risorse e così

via. Alla fine di questa fase, all’interno di ciascuna categoria di impatto

ambientale, saranno contenuti tutti gli input e output del ciclo di vita che

contribuiscono allo sviluppo dei diversi problemi ambientali (la stessa sostanza

o materiale potrà quindi essere contenuta all’interno di più categorie di impatto).

- Caratterizzazione. Ha lo scopo di quantificare l’impatto generato. Essa

trasforma, attraverso una serie di calcoli, le sostanze presenti nell’inventario

(precedentemente classificate) in indicatori di carattere numerico, determinando

il contributo relativo di ogni singola sostanza emessa o risorsa usata.

Page 82: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

81

L’operazione viene effettuata moltiplicando i pesi delle sostanze emesse o

consumate nel processo in esame per i relativi fattori di caratterizzazione, propri

di ogni categoria di impatto (modello di caratterizzazione). Il fattore di

caratterizzazione misura l’intensità dell’effetto della sostanza sul problema

ambientale considerato, ed è stabilito da un’Authority sulla base di

considerazioni di carattere puramente scientifico. Il risultato della fase di

caratterizzazione è il profilo ambientale, costituito da una serie di punteggi

d’impatto ambientale relativi a ciascuna categoria, ottenuti sommando tra loro

tutti i contributi ottenuti. Solitamente viene rappresentato graficamente

attraverso una serie di istogrammi.

- Normalizzazione. I valori ottenuti dalla caratterizzazione vengono

normalizzati, divisi, cioè, per un “valore di riferimento” rappresentato

generalmente da dati medi su scala mondiale, ecc. Attraverso la normalizzazione

si può stabilire quindi l’entità dell’impatto ambientale del sistema studiato

rispetto a quello prodotto nell’area geografica prescelta come riferimento.

- Valutazione. L’obiettivo è poter esprimere, attraverso un indice ambientale

finale, l’impatto ambientale associato al prodotto nell’arco del suo ciclo di vita.

Table 10 Principali effetti ambientali e scale di influenza

Scala Effetto

Globale Effetto serra

Assottigliamento della fascia di ozono

Consumo delle risorse non rinnovabili

Regionale Acidificazione

Eutrofizzazione

Formazione di smog fotochimico

Tossicità cronica

Locale Effetti sulla salute dell’uomo

Degradazione dell’area

I primi due aspetti (classificazione e caratterizzazione) rappresentano elementi

obbligatori per effettuare uno studio LCA, i rimanenti sono facoltativi.

Page 83: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

82

I valori degli effetti normalizzati vengono perciò moltiplicati per “fattori peso”

della valutazione, relativi alle varie categorie di danno, che esprimono

l’importanza intesa come criticità, attribuita a ciascun problema ambientale.

Sommando i valori degli effetti così ottenuti si ottiene un unico valore

adimensionale, l’ecoindicatore, indice ambientale finale, che quantifica l’impatto

ambientale associato al prodotto.

4. L’interpretazione dei risultati:

I risultati delle fasi precedenti vengono sintetizzati, analizzati, controllati e

discussi in accordo con l’obiettivo dello studio, per giungere a conclusioni ed

indicazioni che consentano di migliorare le prestazioni ambientali del sistema-

prodotto analizzato.

4.1.3 Il software SimaPro

Il software SimaPro offre la possibilità di effettuare le valutazioni di impatto ambientale

utilizzando diverse metodologie (le più importanti a livello europeo), permettendo di

comparare i risultati su basi di valutazione differenti. I diversi metodi hanno differenti

pesature delle categorie di danno ambientale, in base alla filosofia con cui sono stati

concepiti. Anche in questo caso il sistema permette la personalizzazione dei metodi di

valutazione come il rapporto di pesatura delle varie categorie di danno o la presa in

considerazione di eventuali risorse aggiuntive. I principali metodi di valutazione del

danno utilizzabili sono:

- ReCiPe;

- CML 2 baseline 2000; (quello basico, scelto per lo studio)

- CML 2001 (all impact categories);

- EPD (2008);

- Eco-indicator 99;

- Ecological Scarcity 2006;

Page 84: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

83

4.2 DEFINIZIONE DELL’OBIETTIVO E DEL CAMPO DI APPLICAZIONE

DELLO STUDIO

L’obiettivo di questa sezione dello studio è quello di valutare l’impatto ambientale del

processo produttivo dell’olio e confrontarlo con l’impatto ambientale che si avrebbe nel

caso fossero presenti, nel frantoio stesso, degli impianti di trattamento delle acque di

vegetazione. In questo modo, sarà facilmente individuabile la convenienza, o meno, dal

punto di vista ambientale della presenza di un impianto di trattamento.

Questa ricerca è motivata dalla volontà di complementare lo studio di fattibilità

dell’impianto di trattamento per le AV messo appunto dall’ENEA di Frascati. Poiché la

fattibilità economica di tale impianto risulta dimostrata in ricerche precedenti [3], risulta

adesso opportuno verificare che ci sia anche una convenienza in termini di riduzione dei

costi ambientali.

Dati aziendali: L’oleificio.

L’oleificio Fontana Laura è un'azienda a gestione familiare, nel settore della spremitura

delle olive dal 1928. Durante i mesi di raccolta intensa il frantoio lavora 24h/24h e conta

con un numero di personale massimo di 25 persone. L’azienda produce olio sia con un

sistema di lavorazione delle olive di tipo tradizionale, con macine di granito e

spremitura a freddo, che con un moderno sistema di estrazione continua tramite

centrifugazione. Entrambi i metodi garantiscono la massima qualità del prodotto finale.

In questo studio verrà preso in considerazione solo il trattamento continuo con

centrifugazione, essendo quello più utilizzato.

Inquadramento geografico

Il Frantoio Fontana Laura si trova nel Lazio, a sud-est della provincia di Roma, nella

zona di Montecompatri, al centro dei Castelli Romani. I principali centri delle vicinanze

sono: Colonna, Monte Porzio Catone, Frascati, San Cesareo, Zagarolo, Grottaferrata e

Rocca Priora. (Fig. 24)

Page 85: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

84

Nel frantoio, durante il periodo della raccolta, giungono olive provenienti dai comuni

limitrofi. Il raggio medio di interesse del frantoio è di 25/30 km giacché, dovuto anche

alla natura collinare della zona, il costo di trasporto risulterebbe troppo oneroso per

distanze maggiori. (Fig. 25)

Per quanto riguarda l’orografia e la geografia dell’area, il territorio dei Castelli Romani

è di natura vulcanica, originata dal crollo del Vulcano Laziale alcune centinaia di

Figure 25 Inquadramento geografico del frantoio Fontana Laura

Figure 26 Raggio di influenza per la raccolta delle olive del frantoio Fontana Laura

Page 86: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

85

migliaia di anni fa. Alla bocca principale del Vulcano Laziale che occupava l'intera

aerea della cintura interna dei Castelli, infatti, deve la sua orografia collinare, mentre i

laghi sono originati dalle altre bocche minori del Vulcano.

Il livello medio sopra il livello del mare della zona risulta essere di 600 m s.l.m. mentre

il comune di Montecompatri raggiunge quote di 778 m s.l.m. Dal 1984 tutto il territorio

è attraversato dal Parco dei Castelli Romani che contribuisce a mantenere le

caratteristiche naturali.

Gli unici bacini dei Castelli Romani sono i laghi vulcanici di Albano e Nemi, mentre

tutto il territorio è attraversato da piccoli torrenti, alcuni dei quali sono esclusivamente

stagionali.

Il clima dei Castelli Romani varia a seconda della posizione geografica e dell’altezza. Si

passa da un clima di pianura, come quello di Roma, ad un clima quasi montano nelle

zone di Nemi. Il paesaggio è di tipo collinare, di fitte macchie di vegetazione bassa. I

centri urbani sono di piccole dimensioni e si trovano per lo più al vertice delle colline

stesse. I Castelli Romani, infatti, devono il loro toponimo alle fortificazioni edificate

sulle alture di questi luoghi da varie famiglie baronali romane. I comuni principali

dell’area di influenza del frantoio sono, in base al numero di abitanti, Marino, Albano

Laziale e Frascati. [50]

Altre fonti di inquinamento

L’area dei Castelli Romani risulta particolarmente inquinata. Infatti la zona presenta

serie problematiche soprattutto per quanto riguarda la qualità dell’acqua. Purtroppo le

fonti di inquinamento sono svariate e non ben definibili, si parla infatti di edilizia non

controllata e di scarichi illegali. Particolarmente allarmante risulta essere la presenza di

arsenico nelle acque dei comuni di Velletri e Lariano, che però si trovano fuori dall’area

di influenza del frantoio. Un esempio di scarichi illegali si è registrato nel Novembre

2015 nel comune di Ariccia, dove, in concomitanza con la molitura delle olive, un

canale di scolo ha iniziato a cambiare colore e a produrre cattivi odori. In seguito alle

denunce la polizia locale, seguendo a ritroso il condotto della sostanza oleosa

inquinante, ha scoperto un trattore con annessa una cisterna che effettuava degli scarichi

nel corso d’acqua delle acque di vegetazione provenienti da diversi frantoi della zona

[51].

Page 87: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

86

La zona dei Castelli Romani è anche interessata da un inquinamento atmosferico e

acustico a causa della vicinanza dell’aeroporto di Ciampino. I controlli all’aeroporto di

Ciampino, dove il monitoraggio è attivo dal 2008 e sono presenti 8 centraline,

confermano costanti superamenti dei parametri acustici rilevati in alcune postazioni

(Arpa).

Definizione dei confini del sistema

Un passo fondamentale nella stesura dell’analisi del ciclo di vita è la definizione dei

confini del sistema. Questa scelta deve essere accurata e fatta in base all’obiettivo del

proprio studio.

Il sistema è un insieme di operazioni unitarie (processi), che sono legati tra loro da

flussi di prodotti intermedi e/o di correnti residue destinate al trattamento. La somma

delle singole operazioni unitarie (processi) costituisce l’intero ciclo “dalla culla alla

tomba” del processo in esame.

L’oggetto di questa LCA prende in considerazione esclusivamente la fase del ciclo di

vita che inizia con la lavorazione delle olive nell’oleificio e finisce con lo smaltimento

delle acque di vegetazione e delle sanse. I confini del sistema sono stati così definiti per

avere una panoramica più chiara e concisa delle fasi del processo di estrazione del olio,

anche in termini di gestione dei sottoprodotti, che più influiscono sulle categorie di

danno ambientale definite.

Figure 26 Definizione dei confini del sistema

Page 88: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

87

Scelta dell’unità funzionale

Unità funzionale scelta: 1 tonnellata di olive trattate

L'unità funzionale indica l'oggetto riferimento dello studio a cui tutti i dati in ingresso

ed in uscita saranno normalizzati. La ISO 14040 definisce l’unità funzionale come:

- Misura della prestazione del flusso in uscita funzionale del sistema prodotto;

- Lo scopo principale dell’unità funzionale è di fornire un riferimento a cui legare i

flussi in uscita ed in entrata.

È quindi un riferimento necessario per consentire la comparabilità dei risultati

dell’LCA. [52]

4.2.1 Analisi dell’inventario

Schematizzazione e confronto dei due Processi Produttivi del frantoio Fontana Laura

Il frantoio Fontana Laura è dotato di due linee di lavorazione indipendenti: quella

tradizionale con macine di granito e spremitura a freddo, cui è stato affiancato un

moderno impianto di estrazione continua a freddo.

Per la spiegazione generale di ogni fase del processo produttivo si fa riferimento al

paragrafo 5 del capitolo 2. (2.5 le olive e l’estrazione del olio)

Di seguito verranno schematizzati e confrontati i due processi del frantoio studiato.

Il ciclo continuo a tre fasi nel frantoio Fontana Laura

Il frantoio di tipo continuo è il risultato della crescente esigenza di ottenere sempre più

alta qualità del prodotto olio di oliva, tecnologia e innovazione (riducendo anche i costi

di manodopera). L'elemento che contraddistingue un impianto a ciclo continuo è senza

dubbio il decanter (organo principale e il cuore di un frantoio).

A seconda del tipo di decanter usato, si hanno processi a due o tre fasi:

- Decanter a tre uscite (olio/acqua/sansa, detto a tre fasi)

- Decanter a due uscite (olio/sanse umide detto, a due fasi o integrale)

Nel frantoio Fontana Laura il decanter ha tre uscite e quindi si tratta di un ciclo continuo

di funzionamento a tre fasi, illustrato in seguito (Fig. 27).

Page 89: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

88

Figure 27 Planimetria del frantoio Fontana Laura

1. Le olive vengono raccolte, lavate e defogliate.

Nel frantoio Fontana Laura dalla vasca o tramoggia di raccolta le olive sono

trasportate, tramite nastro trasportatore, nel deramifogliatore che grazie

all'utilizzo di un forte getto d'aria elimina tutti i corpi estranei (le foglie ad

esempio rendono l'olio molto più amaro).

2. Per il lavaggio viene impiegata esclusivamente acqua, le olive subiscono

un'asciugatura per semplice sgrondo dell'acqua di lavaggio. L’acqua di

lavaggioviene ricircolata per 24 h e quindi smaltita insieme alle acque di

vegetazione (anche se la composizione è diversa non c’è una normativa

apposita), mentre la terra residua dal lavaggio viene smaltita separatamente dalle

sanse secondo normativa.

3. Le olive vengono inviate al frangitore, in questo caso meccanico, che rilascia

una formazione continua di pasta di olive. Nel frantoio Fontana Laura si utilizza

un frangitore a martelli a doppia griglia. La rottura delle olive avviene tramite

urto violento con i martelli del frangitore e conseguente fuoriuscita dai fori di

una griglia opportunamente dimensionata. La particolarità di questo frangitore è

quella di avere un basso numeri di giri (1400 rpm anziché i classici 2800 rpm):

questo permette di limitare l'innalzamento di temperatura che subisce la pasta di

olive durante il processo di frangitura.

Page 90: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

89

4. La pasta di olive va alla gramolatrice dove viene riscaldata fino a 27 °C e

mantenuta in continuo movimento per 1 h. Nel frantoio Fontana Laura la

gramolazione dura un tempo massimo di un'ora e la temperatura non supera

mediamente i 27 °C così da garantire l’estrazione a freddo2.

5. La pasta scaldata, addizionata opportunamente di acqua, viene inviata al

decanter dove viene separata la sansa dal mosto oleoso (acqua+olio).

6. In questo oleificio le sanse vengono depositate all’esterno della struttura dove

avviene la separazione del nocciolino: Il nocciolino viene immagazzinato in

siloni e venduto (ricavando un 5-10% del fatturato), le sanse vengono portate

via, per lo smaltimento in terreno agricolo, secondo normativa.

7. Il mosto oleoso viene invece inviato nella centrifuga verticale, che separa l’olio

dall’acqua.

8. L’olio viene inviato in delle vasche di raccolta dalle quali il cliente potrà

imbottigliare l’olio prodotto.

9. Le acque di vegetazione vengono inviate a dei vasconi interrati e poi prelevate,

tramite camion con pompa, per lo smaltimento.

Raccolta dei dati

Nel seguente studio di valutazione del ciclo di vita verrà considerato solo il processo

produttivo a tre fasi.

Il processo di estrazione dell’olio di oliva dà luogo alla produzione di tre correnti nel

processo a tre fasi:

- olio di oliva

- acque di vegetazione (OMW)

- residui solidi (sansa) OH

Come riepilogo del intero sistema, in 24 ore si ha la tabella 11.

2 Il Regolamento dell'Unione Europea n. 1019 del 2002 consente la dicitura in etichetta delle locuzioni a

freddo (in riferimento ai processi d'estrazione) solo se tutte le fasi del processo di estrazione sono svolte ad una temperatura inferiore o uguale a 27 °C.

Page 91: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

90

Table 11 Riepilogo dei dati del Case study

Processo di

produzione Input

Quantità di

input Output

Quantità di

output

Tre fasi Olive 40 [t/g] Olio 100 [kg/g]

Acqua di lavaggio 0,2 [m3] OH 500 [kg/g]

Acqua fresca per il

decanter 0,5 [m

3] OMW 400 [L]

Per quanto riguarda invece i singoli sottoprocessi della molitura si fa riferimento a

quanto segue

Unità funzionale: 1 ton. Olive da trattare.

Il frantoio Fontana Laura lavora con un sistema continuo di centrifugazione a tre fasi.

Il frantoio lavora 400 quintali di olive (=40 tonnellate) in 24 ore. Tutti i macchinari che

compongono l’impianto di estrazione lavorano ininterrottamente le olive in arrivo, le

gramole hanno un tempo di ritenzione minimo di 60 minuti. L’acqua di lavaggio viene

messa in ricircolo per 24 ore e poi smaltita insieme alle acque di vegetazione. Si

ipotizza una resa in olio delle olive pari al 20% .

Nel riportare tutti i dati medi, relativi al frantoio, all’unità funzionale di 1 tonnellata si

ipotizza che il sistema lavori in continuo, mentre durante il funzionamento normale il

processo può essere sezionato in maniera da distinguere le olive in ingresso alle gramole

per diversi clienti. Il tempo necessario per ogni macchinario durante il processo sarà,

quindi, mediato rispetto all’unità funzionale scelta.

Page 92: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

91

Table 12 Dati di input per l’analisi LCA.

Defogliazione e lavaggio

Quantità di acqua di lavaggio [m3] 0.005 Considerate insieme alle AV

Quantità di terra di lavaggio da smaltire [t] 0.00125 Considerate insieme alle

sanse

Consumo elettrico [kWh] 3

Frangitura

Consumo elettrico [kWh] 13.2

Gramolazione

Capacità di ogni gramola [m3] 0.7

Peso specifico pasta di olive [g/cm3] 0.96

Pasta di olive da gramolare [m3] 1.042

Numero di gramole necessarie 1.488095238 > 2 gramole

Consumo elettrico [kWh] 2.4

Decantazione

Consumo elettrico [kWh] 13.2

Quantità di sansa prodotta [t] 0.5

Consumo di acqua per la centrifugazione 4 qli ogni 16 qli

Consumo di acqua per ton centrifugata

[m3] 0.25

Quantità di nocciolino [t] 0.1

Centrifugazione

Consumo elettrico [kWh] 3.3

Olio estratto [L] 208.4

Quantità di AV prodotta [m3] 1.042

Smaltimento delle sanse

Camion medio [tkm]/ton totali 0.75

Incenerimento

Smaltimento delle AV

Camion medio [tkm]/ton totali 1.5

Spargimento sul terreno Composizione

AV

Page 93: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

92

4.3 VALUTAZIONE DELL’IMPATTO

Per poter quantificare gli impatti ambientali, si considerano i seguenti impatti. Ad ogni

tipo di impatto è associato un indicatore di categoria perché, al momento

dell’implementazione dei dati con il software, si associa ogni emissione in cui è

presente questa formula chimica alla categoria di impatto:

• Acidificazione: Le emissioni di composti derivanti dalla combustione di

combustibili fossili, in particolare gli ossidi di zolfo e gli ossidi d’azoto, sono i

principali responsabili del fenomeno delle piogge acide, che provoca

l’abbassamento del pH di laghi, foreste e suolo, con gravi conseguenze per gli

organismi viventi, gli ecosistemi ed i materiali. Oltre agli ossidi di zolfo e di

azoto, sviluppa effetti acidificanti anche l’emissione di ammoniaca in atmosfera.

L’ammoniaca, reagendo con gli ossidi di zolfo e di azoto, permette la

formazione di composti relativamente stabili come il solfato d’ammonio ed il

nitrato d’ammonio. Questo rende possibile il trasporto a medio-lungo raggio

degli inquinanti acidi, caratteristica fondamentale del fenomeno

dell’acidificazione, che permette di rilevare gli effetti anche in zone distanti

migliaia di chilometri dalle fonti di emissione.

Indicatore di categoria: biossido di zolfo (SO2)

• Eutrofizzazione: con questo termine si indica una condizione di eccesso di

sostanze nutritive in un determinato comparto ambientale e nello specifico una

sovrabbondanza di nitrati e fosfati in ambiente acquatico che provocano

l'eccessivo accrescimento degli organismi vegetali acquatici. La conseguenza è

il degrado dell'ambiente divenuto anossico e quindi inadatto alla sopravvivenza

di forme di vita superiori.

Indicatore di categoria: fosfati (PO42-

)

• Effetto serra: è un fenomeno naturale, che caratterizza la Terra fin dalle sue

origini. La superficie terrestre assorbe la radiazione emessa dal Sole sotto forma

di radiazioni a breve lunghezza d’onda e ridistribuisce l’energia ricavata grazie

alla circolazione atmosferica e oceanica. Questo flusso energetico viene

bilanciato dalle radiazioni infrarosse a onde lunghe che la Terra riemette verso lo

spazio. Una porzione di questa radiazione infrarossa è tuttavia assorbita dai gas

presenti nell’atmosfera, provocando quel riscaldamento della superficie terrestre

Page 94: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

93

e dell’atmosfera, conosciuto come “effetto serra naturale”, senza il quale la

temperatura media della superficie terrestre sarebbe circa 33 °C inferiore. I gas

che rendono possibile tale fenomeno sono il vapore acqueo, l’anidride carbonica

(CO2), il metano (CH4), l’ozono (O3) e il protossido d’azoto (N2O). Per

comparare gli impatti dovuti all’emissione di differenti gas serra ad sostanza è

stato assegnato un potenziale di riscaldamento globale che esprime il rapporto

tra l’assorbimento di radiazione infrarossa causata dall’emissione di 1 kg di tale

sostanza e quello causato da una stessa emissione di CO2.

Indicatore di categoria: anidride carbonica (CO2)

• Impatto di tossicità umana: si riferisce agli effetti sulla salute umana di

sostanze tossiche presenti nell’ambiente.

Indicatore di categoria: 1,4 diclorobenzene (1,4 DCB)

Impoverimento abiotico: Si riferisce all’esaurimento delle risorse non

rinnovabili. L’utilizzo di risorse energetiche viene considerato in questa

categoria.

Indicatore di categoria: Antimonio (kg Sb eq.)

• Smog fotochimico: fenomeno caratteristico delle ore diurne delle grandi aree

urbane nel periodo estivo è una complessa miscela di inquinanti atmosferici,

composta dall’ozono e altre sostanze chimiche ossidanti e dalle polveri sottili.

La componente più importante è appunto l’ozono a causa delle sue conseguenze

sulla salute umana e sugli ecosistemi naturali. L’ozono non viene emesso

direttamente ma si forma nella troposfera, sotto l’influenza della radiazione

solare, a seguito di una serie di reazioni fotochimiche che coinvolgono i

composti organici volatili e gli ossidi di azoto.

Indicatore di categoria: etilene(C2H4)

Ecotossicità: Questo fenomeno consiste nello scatenarsi di azione inibitrici

verso i microrganismi deprimendone e rallentandone l’attività e provocando di

conseguenza degli squilibri negli ecosistemi naturali (Camurati et al., 1984).

Indicatore di categoria: Cresolo (CH3C6H4OH) [53]

Page 95: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

94

Nella figura 29 si ha l’output della simulazione con SimaPro, che esplicita il

peso percentuale che ogni fase del processo produttivo comporta per ogni

categoria di impatto.

Figure 28 Risultati dell’analisi LCA del processo allo stato attuale.

4.4 ANALISI DEI RISULTATI

L’analisi del ciclo di vita di una tonnellata di olive dello scenario di base ha evidenziato

l’influenza di ogni fase, per categoria di impatto, durante le fasi di estrazione in cui sono

utilizzati 0.255 m3 di acqua, 0.123 MJ di energia elettrica e 0.00343kg di gasolio,

mentre vengono prodotti mezza tonnellata di sansa e una tonnellata di acqua di

vegetazione. I dati di inventario sono stati elaborati con il software SimaPro 8 e per la

fase di valutazione di impatto del ciclo di vita, è stato applicato il metodo CML-IA

(baseline)3. Le categorie di impatto considerati sono sia globali che locali. I valori

3 ML-IA è un metodo LCA sviluppata dal Centro di Scienze Ambientali (CML) della Università di Leiden nei

Paesi Bassi. Il metodo CML-IA (baseline) elabora i dati secondo un approccio orientato al problema. La Guida CML fornisce anche un elenco di categorie di valutazione di impatto.

Page 96: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

95

calcolati per ciascuna categoria di impatto, e il contributo di ciascuno stadio alle

categorie di impatto, sono riportati in tabella 13.

Table 13 Valori % calcolati per ogni categoria di impatto

L’impoverimento abiotico che riguarda il consumo delle risorse non rinnovabili è

fortemente influenzato dalle attività di smaltimento delle acque di vegetazione (42%) e

dallo smaltimento delle sanse (21%) mentre le altri fasi del processo si spartiscono

abbastanza equamente il restante 37%: Infatti l’impatto di queste fasi sul terreno e le

falde idriche (nel caso delle AV) è importante, cosi come l’occupazione del suolo e

l’utilizzo di un mezzo meccanico per l’asportazione e il trasporto. Un’altra categoria

rilevante è quella che riguarda l’Ecotossicità che per lo smaltimento delle AV interessa

il 23% del totale. Non bisogna dimenticare che il potere antimicrobico delle AV dipende

soprattutto dall’elevata concentrazione dimono e polifenoli che può variare tra 1,5 e 8,0

g/L in funzione del processo utilizzato nell’estrazione dell’olio (Servili e Montedoro,

1989). I polifenoli agiscono sui microrganismi denaturando le proteine cellularie

danneggiando le membrane, mentre i tannini inibiscono le attività enzimatiche

(Montedoro, 1958; Montedoro, 1973). Alcuni fenoli, inoltre, riducono notevolmente la

tensione superficiale esaltando l’azione antimicrobica (Ranalli et al., 1995). Infine,

l’eutrofizzazione è la categoria che più interessa le acque di vegetazione, quasi nella sua

totalita’ (99,7%) [53]. E’ noto che il fenomeno dell’eutrofizzazione è, in genere,

conseguente all’eccessivo apporto di sostanze nutrienti (per lo più composti azotati e

fosfatici) nelle acque determinando un deterioramento dello stato qualitativo. Questo

risultato è quindi il più ovvio, giacche’ gli scarichi delle acque di vegetazione sul

terreno fomentano questo fenomeno.

Page 97: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

96

5 PROPOSTA DI IMPIANTO PER IL TRATTAMENTO DELLE AV

Partendo dalla nascita dell’olio di oliva, analizzando nel dettaglio il processo di

estrazione moderno, fino ad una descrizione delle tecnologie più tradizionali e

innovative per risolvere il problema dello smaltimento dei sottoprodotti, sono state

finora descritte le nozioni essenziali alla comprensione del problema legato allo

smaltimento delle AV. Di seguito verrà illustrato, sia in termini di risultati di una

simulazione che di prove sperimentali di laboratorio, il processo proposto dal team di

ricercatori dell’ENEA di Frascati per lo smaltimento delle acque di vegetazione, con

produzione di syngas in uscita da un reattore termochimico.

5.1 IL MODELLO DI SIMULAZIONE

La simulazione degli impianti di trattamento delle AV è stata realizzata in Aspen One

Engineering. Tale codice è stato pensato per analizzare il funzionamento dell’impianto

cercando di avere una stima accurata delle portate, temperature, pressioni in gioco nei

vari punti dell’impianto.

Di seguito verranno anche illustrate le ipotesi semplificative adottate nel modello,

rispetto alle quale sarà opportuno inquadrare i risultati.

Come visto nel paragrafo 3.2.4.4 relativo ai sistemi di filtrazione a membrana, il

brevetto Tosti e Sansovini si riaggancia al processo Pizzichini, trattando dapprima le

acque di vegetazione con membrane tangenziali di micro, ultra e nano –filtrazione. Il

retentato della filtrazione a membrana viene utilizzato per le reazioni di reforming e la

produzione di syngas, che potrà essere utilizzato per autosostenere dal punto di vista

energetico l’impianto. Si introdurranno di seguito alcuni concetti necessari alla

trattazione:

- Syngas: Il termine syngas (o gas di sintesi) nasce dall'unione delle due parole

“synthetic gas” (una miscela di gas, essenzialmente monossido di carbonio (CO) e

idrogeno (H2), metano (CH4) e anidride carbonica (CO2) [54].

- Reforming autotermico (autothermal reforming o ATR): è un processo chimico

industriale per la produzione di syngas. Il reagente di partenza è un gas naturale che

viene alimentato in un reattore dove subisce sia ossidazione parziale con ossigeno che

Page 98: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

97

reazione di reforming con vapore. La fase di ossidazione parziale è progettata per

alimentare energeticamente i canali di reazione endotermici associati al reforming.

- Reattore termochimico: si tratta di una unità di processo che lavora ad alte temperature

dove avvengono reazioni chimiche catalizzate.

Il nuovo processo si propone di produrre syngas da una frazione delle acque di

vegetazione che sono una una miscela di acqua e sostanza organica da processare al

posto del metano in maniera simile a quanto descritto sopra per il reforming del metano.

Tuttavia rispetto alla quantità ottimale per il reforming, il contenuto di acqua presente

nelle AV è eccessivo e si rende pertanto necessario un processo di concentrazione delle

stesse prima d inviarle al reattore termochimico (reformer).

Per evitare l’intasamento delle membrane tangenziali, le AV prodotte dal processo di

estrazione dell’olio vengono prima inviate all’unità di pompaggio e separazione dei

solidi. Successivamente le AV, ripulite dalla frazione solida, entrano nel gruppo di

filtrazione che comprende sottogruppi di membrane a microfiltrazione (MF),

ultrafiltrazione (UF) e nanofiltrazione (NF); il permeato è costituito da una soluzione

acquosa molto diluita, mentre il retentato è costituito da una soluzione concentrata.

Il retentato viene a questo punto inviato ad un’unità ad alta temperatura che comprende

un reattore, il Reformer, che attraverso un catalizzatore favorisce i processi

termochimici (reforming, cracking, wgs, ecc.) con conseguente abbattimento del

contenuto organico e fenolico. Dal processo di reazione si possono separare,

successivamente ad un raffreddamento, una fase gassosa e una liquida: la prima è una

miscela gassosa simile ad un “Syngas” che contiene principalmente H2 e CH4 oltre ad

una considerevole quantità di CO2; la seconda è liquida costituita da AV esauste, con un

contenuto fenolico più che dimezzato, che viene ricircolata nel processo di separazione

a membrana.

Analizzando il processo nel dettaglio, si hanno le seguenti fasi: le AV vengono

convogliate nella pompa e raggiungono la pressione di 5 bar; successivamente un

separatore divide le parti solide in sospensione dalla soluzione; quest’ultima attraversa

uno scambiatore di calore che preriscalda le AV fino alla temperatura di 60 °C. La

soluzione entra nel primo reattore a membrana a microfiltrazione (MF) e le AV

Page 99: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

98

vengono depurate della maggior parte degli acidi grassi e lieviti, pigmenti, emulsioni e

batteri. Il permeato risulta ancora ricco di polifenoli mentre il retentato risulta molto

diluito e quindi presenta una concentrazione minore in polifenoli. Il permeato della MF

viene portato nella zona di alta pressione (15 bar) ed entra nelle membrane tangenziali

ad ultrafiltrazione (UF). Il permeato dell’ultrafiltrazione presenta ancora una

concentrazione notevole in polifenoli mentre il retentato risulta essere ricco di colloidi,

batteri, zuccheri e proteine. Il permeato UF viene inviato alle membrana di

nanofiltrazione (NF) nella quale la maggior parte dei polifenoli viene separata dalla

soluzione ottenendo un permeato a basso contenuto di polifenoli (abbattimento di circa

tre ordini di grandezza rispetto alla soluzione iniziale di AV). Il retentato della NF,

invece, risulta ricco di polifenoli.

A valle quindi dei 3 processi di filtrazione tangenziale si avrà una frazione liquida (il

permeato) povera di polifenoli, che verrà in parte fatta ricircolare nel sistema per

permettere la pulizia delle membrane, soggette al fenomeno di sporcamento (Fouling).

Infatti le membrane, a seconda del contenuto di sostanza organica delle AV, devono

essere sottoposte periodicamente a cicli di lavaggio per ripristinare le caratteristiche

funzionali e limitare il Fouling secondario. La parte permeata non utilizzata per il

ricircolo, povera di materiale organico e di sostanze fenolitiche, può essere smaltita in

fognatura o sul terreno senza le controindicazioni che avevano le AV iniziali. I retentati

invece sono ricchi di sostanze organiche e fenoliche; tali retentati vengono miscelati

costituendo una soluzione concentrata di AV di circa il 50% rispetto alla soluzione

iniziale. Grazie a questo trattamento preliminare il contenuto di acqua delle AV viene

circa dimezzato e si può procedere al trattamento termochimico. Tale soluzione

concentrata viene preriscaldata dalla soluzione in uscita dal reattore attraverso uno

scambiatore di calore tubo mantello dove subisce una parziale vaporizzazione. Le AV

concentrate quindi passano nella caldaia che le vaporizza totalmente e le surriscalda fino

alla temperatura di 400 °C. La soluzione entra nel reattore, supposto adiabatico, dove

reagisce abbattendo il carico organico attraverso reazioni di cracking, reforming, water

gas shift, ossidazione parziale e totale. All’uscita i gas e il vapore hanno subito un lieve

abbassamento della temperatura dovuta alle caratteristiche endotermiche di alcune

reazioni. La miscela gas-vapore passa attraverso lo scambiatore cedendo calore alla

soluzione in ingresso in caldaia e successivamente in un altro scambiatore,

Page 100: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

99

convenzionale, per preriscaldare la soluzione a monte del sistema di filtrazione

tangenziale. A volte il preriscaldamento delle AV in ingresso non risulta necessario,

poiché la temperatura raggiunta durante l’estrazione dell’olio è adatta al processo; è

stato perciò previsto un bypass che permetta di evitare il preriscaldamento (sia totale

che parziale). La soluzione dopo aver ceduto calore è una miscela liquido-vapore alla

temperatura di circa 150 °C. Questa miscela esce poi dall’essiccatore in fase liquida

quasi del tutto condensata. A questo punto un separatore liquido-gas separa il gas dalla

frazione liquida: il gas è inviato alla caldaia dove viene bruciato. Il liquido raccolto

viene di nuovo pompato e rinviato all’ingresso del reattore a membrana MF per

ricominciare il ciclo.

L’innovazione di questa tecnica sta nel fatto che i polifenoli vengono quasi del tutto

trasformati in syngas attraverso processi termochimici. I reflui liquidi di questo

processo non rappresentano più un problema ambientale: Il liquido in uscita dal

reforming è povero di polifenoli e comunque è riciclato all’impianto stesso mentre il

permeato che risulta dalla filtrazione tangenziale ha minor carico inquinante. In

particolare, la produzione di syngas permette di alimentare l’impianto stesso, riducendo

i consumi energetici. Per quanto riguarda l’analisi tecnico-economica [3] emerge che

non vi è guadagno diretto dalla vendita del syngas prodotto, quanto piuttosto un

risparmio nei costi di smaltimento dei sottoprodotti dell’industria olearia.

L’adozione di tale impianto, permette di avere i seguenti vantaggi:

1. Il permeato è a basso contenuto di polifenoli e a basso contenuto di sostanze

organiche costituendo cosi una miscela che potrebbe essere:

a. Smaltita direttamente in fogna

b. Utilizzata in impianti di co-digestione o digestione anaerobica (per

aumentare l’umidità della mistura)

c. Riversata su terreni (spandimento)

2. Il sistema dal punto di vista energetico, si autosostiene mediante la combustione del

syngas prodotto e di parte della sansa che può essere essiccata utilizzando i gas caldi del

processo di reforming

Page 101: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

100

3. La gestione non richiede particolari accorgimenti o personale specializzato e perciò

può essere realizzata come unità “stand-alone” facilmente integrabile negli oleifici di

piccole-medie dimensioni molto diffusi in Italia

4. Può essere impiegato anche per AV con pesticidi (derivanti dal trattamento delle

olive)

Nella figura 30 è illustrato il processo con uno schema a blocchi. I dati relativi al calore

per il bilancio energetico e della produzione e consumo di syngas verranno illustrati di

seguito (par. 5.1.3. Output della simulazione)

Figure 30 Schema a blocchi del funzionamento dell’impianto di trattamento

5.1.1 Ipotesi globali del modello

Si propone quindi l’impianto di trattamento delle AV progettato dal team di ricercatori

dell’ENEA di Frascati, mediante il codice Aspen One Engineering [3].

Le ipotesi semplificative per la costruzione del modello sono le seguenti:

- L’impianto viene dimensionato per un oleificio di piccole dimensioni (olive molite

circa 2 t/h);

Page 102: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

101

- La produzione di AV deriva da processi di estrazione a tre fasi per le quali è stata

considerata una produzione specifica di 1,5 m3 per tonnellata di olive molite;

- Per le membrane tangenziali è stato supposto un modello di separazione di tipo “Cut

Off”, ossia di separazione selettiva di tipo molecolare;

- Il reattore, supposto adiabatico, è stato modellato sul criterio di Gibbs di

minimizzazione dell’energia libera;

- I solidi sospesi sono stati ipotizzati pari al 5% della portata totale di AV di ingresso.

La soluzioni propostacombina le tecnologie separative con membrane tangenziali

sviluppate dal C.R. ENEA (Casaccia) e quelle di conversione con processi termochimici

sviluppate nel C.R. ENEA (Frascati). Tra varie alternative considerate nell’analisi

tecnico-economica, l’impianto in oggetto risulta la più sostenibile economicamente.

5.1.2 Dati di input

Il modello è stato costruito sulla base di ipotesi relative alla composizione delle AV che,

in generale, presentano una notevole variabilità di componenti e di concentrazioni. Per

la modellazione sono stati considerati progetti pilota per cui sono disponibili dati

sperimentali pubblicati. In particolare, è stata considerata la seguente composizione

delle AV:

Table 14 Dati di input per le AV in Aspen One Engineering

Component Brutal formula Concentration [mg/L] Total Mass Fraction Phenol Mass Fraction

Cinammic acid C9H8O2 1053 0,35% 9,47%

Tyrosol C8H10O2 2106 0,70% 18,95%

Vanillic acid C8H8O4 1287 0,43% 11,58%

Hydroxytyrosol C8H10O3 3159 1,05% 28,42%

Coumaric acid C9H8O3 1170 0,39% 10,53%

Ferulic acid C10H10O4 936 0,31% 8,42%

Caffeic acid C9H8O4 1404 0,47% 12,63%

Oleic acid C8H34O2 10000 3,32%

TOC [mg/L] - 114200 37,96%

COD [mg O2/L] - 145000 48,20%

Nitrogen [mg/L] N2 8500 2,83%

Minerals [mg/L] - 12000 3,99%

Page 103: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

102

La tabella 14 mostra i dati di input per la modellazione delle AV. Vengono riportati i

valori delle portate dei componenti simulati con ASPEN; Nell’ultima colonna vengono

riportate le frazioni percentuai in massa dei vari polifenoli. I valori relativi al TOC,

COD, minerali e azoto legato sono stati stimati da [55] poiché non è stato possibile

reperire ulteriori dati sulla composizione molecolare relativi alla componente organica.

Inoltre sono stati riportati solamente stimati i valori del permeato poiché di maggior

interesse dal punto di vista operativo e normativo.

5.1.3 Output della simulazione

Come visto precedentemente il bilancio energetico dell’impianto di smaltimento delle

acque di vegetazione deve tener conto del calore utilizzato dal heater (Calore 1, Q1), del

calore utilizzato dal reattore (Calore 2 Q2) e del calore rilasciato dal cooler (Calore 3

Q3). Il calore rilasciato dal cooler, insieme al syngas prodotto dal impianto di

smaltimento andranno a fornire il calore necessario ad alimentare il heater e il reattore,

mentre il syngas prodotto in eccesso potrà essere utilizzato per altri fini (Figura 31).

Figure 31 Schema del bilancio energetico

Nella tabella 15 si hanno i fabbisogni termici per ogni componente del impianto.

Page 104: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

103

Table 15 Fabbisogni termici dell’impianto

Fabbisogni termici dei principali componenti dell’impianto

Heater [kWt4], Q1 1399.35

Reattore termo-chimico [kWt], Q2 506.92

Cooler [kWt], Q3 -1005.35

Nel fare riferimento al calore, in generale, si tratta di calore reale, calcolato secondo la

formula:

Qsyngas reale= ηt x m x Hi

Dove

ηt = Rendimento di combustione. Ipotizzato pari a 0.6 data la presenza di CO2

m= Miscela utile di syngas (a meno della CO2, = 345.94)

Hi= Potere calorifico inferiore, calcolato come media pesata dei poteri calorifici dei gas.

La quantità di calore che non verrà utilizzata dall’impianto di trattamento sarà invece:

Q syngas – Q impianto = ΔQ

Dove

Q syngas = Quantità di calore prodotta

Q impianto= Q1+Q2 , Quantità di calore consumata dall’impianto

ΔQ = Calore prodotto in eccesso (se maggiore di zero), calore necessario per il pareggio

energetico (se minore di zero).

Nella tabella 16 si mostra la composizione del syngas e il bilancio energetico

dell’impianto.

4 L’unità di misura del calore è in kilowatts termici poiché si tratta del calore in uscita dal reattore

termochimico, che moltiplica l’energia chimica del gas per il coefficiente di rendimento termico del reattore, assunto pari al 60%.

Page 105: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

104

Table 16 Composizione del syngas e bilancio energetico

Composizione Syngas VALORE Composizione

(%) in massa

CO2 (kg/h) 203.93321 37.09%

CO (kg/h) 283.815329 51.61%

H2 (kg/h) 62.1257399 11.30%

TOT (kg/h) 549.874278

9

Miscela utile di syngas (a meno della CO2) (kg/h) 345.94

Potenza disponibile (considerando un rendimento medio di

combustione del 60%) [kW] 180.37

Energia termica necessaria per l’autosostentamento

energetico [kWt] 1101.99

Efficienza media di combustione del gas 0.6

Syngas necessario per il pareggio del bilancio energetico

(kg/h) 308.11663

Syngas in eccesso 37.82337

La simulazione del modello con Aspen risulta fondamentale ai fini dell’LCA perché ci

permette di implementare questa tecnologia nel software SimaPro 8, in cui non

compare. In questo modo è possibile, a livello di software, dettare gli input di risorse

naturali e/o energetiche e i rispettivi output.

5.2 RISULTATI DELL’ANALISI DEL CICLO DI VITA DEL FRANTOIO FL CON

TRATTAMENTO DELLE AV

I dati sopracitati sono stati quindi utilizzati per modellare in SimaPro 8 l’influenza del

trattamento proposto delle AV per categoria di impatto, evidenziando se vi è una

riduzione o un aumento rispetto alla situazione attuale (Scenario 0, di base- Capitolo 4).

Nella figura 32 si esplicitano i risultati della simulazione con SimaPro per il processo

produttivo con trattamento, in loco, delle AV. Come nella simulazione relativa allo

scenario base, verranno prese in considerazione le stesse categorie di impatto e il peso

percentuale relativo ad ogni fase di processo. I valori calcolati per ciascuna categoria di

Page 106: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

105

impatto, e il contributo di ciascuno stadio alle categorie di impatto, sono riportati nella

tabella 17.

Figure 32 Risultati dell’analisi LCA del processo con soluzione di trattamento per le AV.

Table 17 Valori % calcolati per ogni categoria di impatto

Anche in questo caso l’analisi del ciclo di vita fa riferimento all’unità funzionale di una

tonnellata di olive, i dati sono stati elaborati con il software SimaPro 8 e per la fase di

valutazione di impatto del ciclo di vita, è stato applicato il metodo CML-IA (baseline),

vedi capitolo 4 paragrafo 4.

Page 107: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

106

L’analisi effettuata mette in evidenza che il trattamento in loco delle acque di

vegetazione permette di diminuire notevolmente il peso percentuale di questa fase del

processo produttivo per ogni categoria di impatto. In particolare, pesa meno del 5%

nelle categorie di:

-Impoverimento abiotico (che, come visto, riguarda il consumo delle risorse non

rinnovabili), dove l’attività di smaltimento delle acque di vegetazione sul terreno aveva

un peso relativo del 42% (Figura 27). Infatti, essendo il trattamento eseguito in uno

spazio controllato, non vi sono emissioni sul terreno e sulle falde idriche. Inoltre l’acqua

in uscita dall’impianto presenta valori assimilabili a quelli delle acque reflue urbane e

perciò smaltibile in fognatura evitando lo spargimento sui terreni. Infine non risulta più

il consumo di risorse non rinnovabili relativo all’utilizzo di un mezzo meccanico per

l’asportazione ed il trasporto delle acque di vegetazione.

- L’ecotossicità, che prima pesava circa il 23%. Infatti tramite il trattamento vengono

abbattuti i polifenoli e, con essi, il potere antimicrobico delle AV.

- L’eutrofizzazione, che si riduce drasticamente dal 99,7% al 2,3%. Questo fenomeno,

conseguente all’eccessivo apporto di sostanze nutrienti (per lo più composti azotati e

fosfatici) nelle acque, viene notevolmente ridotto dal momento in cui lo sversamento di

acqua con basso potere inquinante e BOD5 avviene in fognatura.

Risulta però interessante notare che i seguenti risultati si sono ottenuti considerando nel

modello la CO2 prodotta dalla combustione del Syngas come gas di origine naturale,

giacchè proveniente da una biomassa.

L’anidride carbonica (CO2) è infatti una delle principali cause del riscaldamento

globale. Quando la biomassa viene utilizzata in modo sostenibile per sostituire i

combustibili fossili, l'impatto netto di CO2 risulta ridotto. Questo perché bruciare

combustibili fossili comporta il rilascio di carbonio che, fino ad allora, era confinato nel

sottosuolo (come il petrolio, il gas e il carbone) e il suo trasferimento all'atmosfera come

CO2.

La combustione di una biomassa (come, in questo caso, il syngas ottenuto dalle acque di

vegetazione) immette in atmosfera il carbonio che era stato sottratto dall’atmosfera

stessa durante la crescita delle piante che hanno generato la biomassa. Si rimane nel

Page 108: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

107

ciclo naturale attivo del carbonio (ovvero, il ciclo biogeochimico attraverso il quale il

carbonio viene scambiato tra la geosfera, l'idrosfera, la biosfera e l'atmosfera della Terra

in tempi recenti). L’'effetto netto che si ottiene è che non viene prodotta più quantità di

CO2 di quella già presente, e attiva, in natura. La US Environmental Protection Agency

riporta che, "La CO2 da biomassa non è generalmente considerata come emissione di

gas serra, perché è considerata parte del ciclo di CO2 a breve termine" I combustibili

fossili, come il carbone, il petrolio, o depositi di gas naturale, si sono creati in un lasso

di tempo geologico. Il carbonio da fonti fossili presenti in questi depositi geologici è

considerato come “sequestrato” dal ciclo globale del carbonio, e, quando viene

utilizzato per produrre energia, immette in atmosfera una quantità di carbonio che

sarebbe altrimenti rimasta sepolta e inattiva [56].

Diversamente, se l’ipotessi di considerare nulle le emissioni di CO2 provenieneti dalal

combustione del syngas non venisse fatta, il peso percentuale del trattamento delle AV

per la categoria “Global Warming” (Effetto serra) crescerebbe notevolmente rispetto

allo scenario base (Figura 33).

Figure 33 Risultati dell’analisi LCA del processo con soluzione di trattamento per le AV con CO2 non proveniente

da biomassa.

Page 109: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

108

6 CONFRONTO DI SOSTENIBILITÀ AMBIENTALE E

CONCLUSIONI

Quanto finora studiato permette di effettuare un confronto tra la situazione attuale,

ovvero lo scenario di base relativo al capitolo 4 (Fig. 29), e lo scenario di previsione,

che prevede la messa in funzione dell’impianto di trattamento proposto nel capitolo 5

(Fig.32).

Il confronto, realizzato utilizzando i risultati ottenuti con SimaPro 8, mostra quanto

segue (Fig. 34).

Figure 34 Confronto dell’analisi LCA per processo produttivo con e senza trattamento

Come si evince da questo confronto grafico, il trattamento delle acque di vegetazione

con l’impianto proposto ridurrebbe notevolmente l’impatto ambientale del processo

produttivo per le sette categorie di impatto considerate. Soprattutto, permetterebbe di

abbattere quasi nella sua totalità l’eutrofizzazione causata dallo sversamento e l’utilizzo

di risorse non rinnovabili.

Un’altra conclusione non trascurabile che si può trarre dall’analisi, è che il trattamento,

poichè avviene in un ambiente controllato e ben limitato spazialmente, permette di

chiudere gli effetti delle acque di vegetazione a scala locale. Infatti, uno dei problemi

maggiori legati allo spargimento delle AV sui terreni è quello di inserire nel ciclo

naturale dell’acqua delle sostanze con effetti di difficile previsione a lungo termine.

Queste sostanze chimiche infatti si infiltrano nelle falde idriche e nei corsi d’acqua,

entrando a far parte del suo ciclo naturale, che comprende una scala molto più vasta.

Un trattamento circoscritto, con lo scarico di acque depurate nel sistema fognario,

Page 110: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

109

permetterebbe di limitare l’impatto sull’ambiente e nel caso di problematiche

permetterebbe di intervenire puntualmente senza ottenere una propagazione degli effetti

sull’ecosistema.

L’analisi del ciclo di vita risulta perciò favorevole alla soluzione di trattamento proposta

dal team ENEA di Frascati.

Questi risultati di natura ambientale, insieme a quelli ottenuti dall’analisi tecnico-

economica, verranno utlizzati per proporre l’erogazione di incentivi che promuovano il

trattamento delle acque di vegetazione con la costruzione di impianti pilota.

Page 111: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

110

RINGRAZIAMENTI

“Non esistono condizioni ideali in cui scrivere, studiare, lavorare o riflettere, ma è solo

la volontà, la passione e la testardaggine a spingere un uomo a perseguire il proprio

progetto.” - Konrad Lorenz.

In questo cammino di maturazione personale sono state diverse le persone che mi hanno

accompagnato, appoggiato ed insegnato molto.

Voglio ringraziare di essere qui oggi a presentare il mio lavoro i miei relatori, il Prof.

Pietro Prestininzi, per essere sempre stato disponibile e per avermi concesso la

possibilità di studiare qualcosa che mi appassiona, che mi avrebbe permesso di imparare

e mettermi alla prova e l’Ing. Silvano Tosti del centro di ricerca ENEA di Frascati, per

avermi accolto, insegnato, corretto e sostenuto durante tutto questo percorso. Un

ringraziamento importante va anche al mio correlatore, l’Ing. Marco Incelli, sempre

disponibile e pieno di entusiasmo, che è riuscito a trasmettermi. Il loro supporto, la loro

professionalità, le loro conoscenze e la loro cortesia sono state tra le lezioni più

importanti, che non dimenticherò mai. Ringrazio l’Ing. Marco De Dominicis per tutti i

dati forniti e la disponibilità mostrata e l’Ing. De Meis per il materiale bibliografico e il

tempo che mi ha dedicato.

Ringrazio i professori Juan Amieva e Josè Juanes del Instituto de Hidraulica de

Cantabria, per avermi fatto appassionare dell’idraulica e dell’idrologia.

Ringrazio la mia migliore amica Arianna per essermi sempre stata vicina, nei giorni

soleggiati e soprattutto in quelli piovosi; i miei amici e i miei colleghi ISC per avermi

sempre donato un sorriso. I miei amati coinquilini durante l’erasmus, Suellen e Marco,

per avermi fatto passare uno degli anni più belli della mia vita. Ringrazio il mio

ragazzo, Christoforos, che riesce sempre a farmi trovare la forza di continuare.

Ringrazio i miei genitori per avermi insegnato ad affrontare la vita con il sorriso e i

piedi non proprio per terra, per avermi sempre dato la libertà di scegliere. Infine,

ringrazio le mie nonne Marta e Rosa per il loro supporto.

Dedico questo traguardo a mia nonna Rosa, che purtroppo oggi non c’è ma che spero di

aver reso orgogliosa, anche se non sono diventata medico!

Page 112: Tesi Magistrale Sofia Schiavone (1)

111

BIBLIOGRAFIA

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