storia i mezzuomini

23
STORIA DEI MEZZUOMINI Lungo il percorso per andare ai monti Oscuri, Arbor si sentiva molto stanco. Il sole picchiava forte. Era già passato parecchio tempo dal giorno della sua partenza dal Borgo. Aveva già superato le due sponde dei fiumi e adesso si trovava ai confini del deserto di Arnor; per arrivare da Fredock (il suo acerrimo nemico) avrebbe superato le caverne d’Ambra e il regno di Ocron. La battaglia finale, come lui ben sapeva, era molto dura e il nemico molto forte. Suo padre gli aveva raccomandato che per portare a termine la sua missione avrebbe dovuto chiedere aiuto al nano Khos e l’elfo Ghirath, loro erano le uniche persone in grado aiutarlo, ma sfortunatamente erano andati a vivere da soli nelle caverne d’Ambra e nessuno sapeva dove fossero. Arbor ricordava ancora il giorno della sua partenza, avvenuta un mese prima, ricordava soprattutto il saluto fiducioso di suo padre e il pianto della madre. Ormai lui pensava solo alla salvezza del suo popolo

Upload: lorenzo-meacci

Post on 11-Apr-2017

36 views

Category:

Education


2 download

TRANSCRIPT

Page 1: Storia i mezzuomini

STORIA DEI MEZZUOMINI

Lungo il percorso per andare ai monti Oscuri, Arbor si sentiva molto stanco. Il sole picchiava forte. Era già passato parecchio tempo dal giorno della sua partenza dal Borgo. Aveva già superato le due sponde dei fiumi e adesso si trovava ai confini del deserto di Arnor; per arrivare da Fredock (il suo acerrimo nemico) avrebbe superato le caverne d’Ambra e il regno di Ocron. La battaglia finale, come lui ben sapeva, era

molto dura e il nemico molto forte. Suo padre gli aveva raccomandato che per portare a termine la sua missione avrebbe dovuto chiedere aiuto al nano Khos e l’elfo Ghirath, loro erano le uniche persone in grado aiutarlo, ma sfortunatamente erano andati a vivere da soli nelle caverne d’Ambra e nessuno sapeva dove fossero. Arbor ricordava ancora il giorno della sua partenza, avvenuta un mese prima, ricordava soprattutto il saluto fiducioso di suo padre e il pianto della madre. Ormai lui pensava solo alla salvezza del suo popolo che dipendeva da lui e al suo desiderio di vincere il nemico, Fredock. Il viaggio fino a quel momento non era stato così semplice, infatti aveva già superato molti ostacoli, il più difficile era stato quando, subito dopo aver superato il primo fiume, aveva visto un gruppo

Page 2: Storia i mezzuomini

di sudditi di Fredock armati con spade e scudi. Questi gli si erano avventati contro con l’intenzione di ucciderlo, ma lui si era messo a correre impaurito e si era nascosto in un bosco. Loro erano rimasti lì a cercarlo per tutto il giorno e solo quando lui li vide andare via poté riposarsi. La mattina dopo, quando si svegliò, vide poco lontano dal bosco il fumo di un fuoco di un accampamento; in un primo momento si era impaurito pensando che i sudditi di Fredock non fossero andati via, ma poi si era reso conto che l’accampamento era dei Goblin che erano lì in campeggio per rilassarsi. Si era avvicinato e senza farsi vedere aveva rubato del cibo. Allontanandosi furtivo si era reso conto che era passato molto tempo, così aveva messo il cibo nel suo piccolo zaino e aveva iniziato a camminare velocemente. Adesso lui aveva appena superato i confini del deserto di Arnor, il sole picchiava fortissimo e ogni persona normale non avrebbe dubitato che fossero le 14:00, invece erano già le 19:00. Continuando a camminare vide poco lontano una pianta molto strana che sembrava avvitata su se stessa.

Page 3: Storia i mezzuomini

Avvicinandosi con cautela vide che la pianta era ricoperta di piccoli peli pungenti, le radici erano rosse, le foglie sarebbero servite ad attaccare la sua preda. Quando lo vide lei emise uno strano verso come quello di un piccolo cane che non è stato nutrito da tanto tempo. La pianta era così desiderosa di mangiare Arbor che, appena lui si avvicinò, lei fece uno scatto improvviso in avanti in modo tale da far cadere Arbor all’indietro. Egli si allontanò velocemente impaurito e subito iniziò a correre, solo dopo un centinaio di metri si rese conto che la pianta non poteva seguirlo. Stanco, cercò l’acqua ma si accorse che la sua borraccia era vuota. Allora gli vennero i brividi (cosa molto difficile in un deserto) perché si ricordò che un giorno suo padre gli aveva detto che attraversare il deserto di Arnor senza acqua era impossibile. Gli venne però un’idea che probabilmente lo avrebbe ucciso, ma che forse, se realizzata alla perfezione, lo avrebbe potuto salvare. Era semplice, doveva arrivare al lago che si trovava nella parte meridionale del deserto per prendere l’acqua. Pensando a questa idea si rese conto che era stato uno stupido a non prendere l’acqua quando aveva oltrepassato i due fiumi. Adesso si trovava

Page 4: Storia i mezzuomini

al centro del deserto di Arnor stanco e assetato. Sfortunatamente non c’era idea migliore! Il viaggio per il lago era molto lungo, così Arbor ebbe modo di pensare alla sua famiglia, al padre e alla madre che forse non avrebbe più rivisto, ai suoi amici e alla sua difficoltosa missione che doveva portare a termine. Dopo molto tempo vide da lontano un grande muro che, come lui sapeva, circondava il lago. Adesso stava iniziando a essere buio, così Arbor decise di accamparsi lì. L’indomani mattina Arbor sì svegliò molto presto e mangiò ciò che trovò nel suo zaino. Guardando il muro si rese conto che era alto almeno 30 metri e quindi non sarebbe mai riuscito a superarlo, ma guardando di lato si accorse che a 50 metri da lì c’erano le porte settentrionali del lago dove i carri con grandi botti passavano ogni 12 ore per prendere l’acqua da dare a tutti i cittadini del Borgo, i Pikin. In quel momento erano le 9:00, tre ore dopo sarebbe arrivato il carro di mezzogiorno. Le tre ore passarono velocemente, ma Arbor fece in tempo a pensare come illudere le guardie dei carri che non permettevano a nessuno di avvicinarsi. Quando Arbor vide arrivare il primo carro, si nascose dietro un masso poco distante e, quando le guardie aprirono i cancelli, scattò da dietro il masso e corse fino all’entrata. Mentre correva si ricordò di quando era piccolo e di tutti i bei momenti passati durante l’infanzia a correre con gli amici. Notò una lacrima scendergli lungo la guancia, ma, pensando che tutti quei bei ricordi sarebbero svaniti, non poté trattenersi. Intanto i cancelli si stavano per chiudere, ritornando alla sua missione fece un ultimo sforzo e per pochi centimetri riuscì ad entrare. Velocemente prese tutta l’acqua che poteva, ma mentre riempiva l’ultima brocca sentì una voce riecheggiare dal

Page 5: Storia i mezzuomini

fondo del lago. La voce si avvicinava sempre più e dopo pochi secondi una grande figura si vide nell’acqua. Questa strana figura acquistò sempre maggiori dettagli e, dopo aver fatto passare dieci secondi, emerse completamente dal lago. Arbor la riconobbe subito. Era Saphira, un drago, lui ne aveva vista una foto nel libro dei draghi del padre. Saphira era splendida; le squame erano di un verde smeraldo brillante che rilucevano alla luce del sole mentre le ali erano di un celeste abbagliante. Gli occhi però rovinavano tutto: sembravano due gocce di sangue distillato che stonavano con la faccia che era di un bianco perla. La voce era

calda e profonda.Arbor si riprese in tempo per capire cosa stava dicendo. Saphira gli stava dicendo che per trovare i compagni avrebbe dovuto passare molti pericoli e che soprattutto non si poteva fidare di nessuno. In più trovare

Ghirath e Khos sarebbe stato impossibile senza l’aiuto di un certo tizio di nome Finea; lui era un veggente sapeva tutto di tutti e, forse se Arbor gli avesse detto che lo mandava Saphira lui avrebbe accettato di rivelargli il posto dove si nascondevano Khos e Ghirath. Arbor si sconfortò per un istante perché se davvero doveva chiedere aiuto a Finea per trovare i suoi amici il viaggio sarebbe stato ancora più difficile e, considerato che gli rimanevano solo pochi giorni prima dell’arrivo dell’equinozio (il giorno della battaglia finale), non poteva permettersi nessuna perdita di tempo. Ma se davvero era l’unico modo per trovare i

Page 6: Storia i mezzuomini

suoi amici doveva per forza attenersi al piano. Guardò un’altra volta Saphira e poi chiese dove poteva trovare Finea; il drago lo scrutò con aria di comprensione come se sapesse a cosa stava pensando e poi disse che non si doveva preoccupare perchè Finea si trovava all’estremità settentrionale del deserto di Arnor e quindi era sulla strada per andare ai Monti Oscuri. Saphira però, girando la testa come se si vergognasse, aggiunse anche una cosa che lui non capì subito; gli disse che doveva stare molto attento a

suo figlio: Loki.

Mentre Saphira stava parlando, Arbor sentì uno stridulo acuto; alle sue spalle i cancelli del lago si stavano chiudendo e il vagone aveva già superato parzialmente la soglia dell’uscita. Così salutando Saphira prese tutta l’acqua

che poteva e si diresse velocemente all’uscita. Non riuscì a correre molto veloce perché si portava sulla schiena tutta quell’acqua e di certo la poltiglia fangosa del lago non lo aiutava, ma comunque riuscì ad uscire senza farsi vedere. Guardando un’ultima volta dentro le mura vide l’immagine di Saphira sprofondare nel lago. Adesso Arbor era di nuovo nel deserto di Arnor a pensare come riuscire a distruggere Fredock e tutti i suoi servitori, impedire la distruzione del Borgo, trovare i due amici, trovare un veggente

Page 7: Storia i mezzuomini

che da come gli aveva detto Saphira avrebbe voluto qualcosa in cambio da lui e tutto questo entro l’equinozio. Durante la strada Arbor si concentrò soprattutto su una cosa: stare molto attento al figlio di Saphira, Loki. Arbor si ricordò che nel libro dei draghi del padre c’era un’immagine che raffigurava Saphira mentre coccolava un piccolo drago che appunto si chiamava Loki. Loki in lingua dragoniana significava “Rinnegatore” o “Traditore” e lui era il drago di Platino. La leggenda narra che quando Loki diventò grande rinnegò la madre e nell’antica guerra tra Draghi (il bene) e i giganti (il male), si schierò dalla parte del male e protesse la torre di Tor, il generale al capo dei giganti, antico antenato di Fredock. Il tempo passò in fretta e senza accorgersene Arbor arrivò all’estremità settentrionale del deserto. Davanti a lui si ergeva un fitto bosco di querce alte almeno 100 metri che, come lui ben sapeva, era il confine che divideva il deserto dalle caverne d’ambra. Saphira gli aveva detto che Finea si trovava al di là del bosco. Arbor però sapeva anche che il bosco era ricco di pericoli come trappole per animali fatte da Nani esperti oppure fossi scavati dai Uarei, dei mostri che si nutrono di carne umana, con la pelle nera come il catrame, occhi di fuoco, corna appuntite e zoccoli duri come l’acciaio. In più si doveva preoccupare anche dei Goblin, piccoli esseri verdi che, mimetizzandosi, tiravano dai rami degli alberi frecce appuntite velenosissime in grado di uccidere all’istante. Attraversando il bosco però Arbor non trovò nemmeno l’ombra di un pericolo. Avendolo superato Arbor, si trovò davanti una casa spettrale, immersa nella natura. Nelle pareti esterne crescevano rampicanti e delle bacche fiorivano intorno alla casa. Appena fece un passo in avanti, la porta si aprì subito e un

Page 8: Storia i mezzuomini

vecchietto uscì. Arbor, come ben sapeva, si trovava davanti a Finea. Finea era alto meno di 1.60 m ma pesava più di 80 chili, portava un pigiama bianco a righe verticali blu e un turbante rosso in testa, aveva dei lunghi baffi, una barba che gli scendeva fino al petto e dei capelli bianchi che gli uscivano dal turbante, gli occhi erano bianchi e lattiginosi e rilucevano alla luce della luna. I due si fissarono a lungo e dopo un po’ Finea disse:

- Ciao Arbor, era molto tempo che ti aspettavo. Entra pure, fuori è freddo e dopo il lungo viaggio avrai certamente fame.

Arbor stava per ribattere, ma poi si rese conto che un po’ di fame ce l’aveva e che era notte perciò un posto dove dormire gli serviva. Entrando in casa si impressionò perchè vista dall’esterno essa poteva sembrare una piccola capanna abbandonata mentre all’interno era spaziosa e accogliente. Tutti i mobili erano di legno massiccio tranne il camino che era di pietra e un piccolo fuoco rendeva caldo l’ambiente. La cucina si trovava in fondo alla stanza ed era totalmente in marmo bianco, un tavolo di legno già apparecchiato per due persone era al centro della stanza. Mentre Arbor fissava la casa, Finea lo fece accomodare a tavola dicendogli che sapeva già tutto della sua impresa, poi Arbor gli chiese come riuscire a trovare Ghirath e Khos ma Finea rispose che non poteva svelargli il segreto visto che nessuno sapeva con certezza dove trovarli, poteva solo dirgli che la casa dove abitavano era totalmente invisibile e che era circondata da trappole. Continuò dicendo che la casa si trovava tra le caverne d’Ambra in un luogo disabitato e buio tanto da non poter vedere niente. Arbor non sapeva che dire; il suo viaggio fino a quel

Page 9: Storia i mezzuomini

momento era stato difficilissimo e pensare che quello che lo attendeva era peggio non era di aiuto; ma, quando stava per fare un’altra domanda, Finea posò un pentolone sul tavolo e disse eccitato “Stufato di Goblin,” mentre riempiva le ciotole di legno con un liquido verde, melmoso che sembrava vomito. L’odore era peggio dell’aspetto così Arbor dopo aver detto con gentilezza che non aveva fame spostò la ciotola da un lato e chiese a Finea cos’altro sapesse del suo futuro. Finea chiuse momentaneamente gli occhi chinando la testa e poi disse che sarebbe stato meglio per lui non saperlo; Arbor si spaventò molto ma a quel punto era più curioso e chiese come sarebbe finita la sua impresa. Allora Finea rispose che anche se fosse riuscito nella sua impresa avrebbe dovuto sopportare un grande sacrificio, che nemmeno lui poteva sapere e che, anche se fosse tornato a casa trionfante, non sarebbe stato felice come prima. Arbor rimase esterrefatto dalla risposta di Finea così prima di ribattere capì che non aveva senso continuare a dialogare con lui e decise che era il momento di andare; si alzò dalla sedia, ringraziò Finea, gli disse che avrebbe passato la notte nel bosco e si avvicinò all’ uscita, ma Finea lo bloccò dicendogli che passare una notte intera nel bosco non era assolutamente un’idea saggia così lo invitò a restare. Arbor fece per ribattere ma poter dormire in un letto comodo era un’offerta da non lasciarsi sfuggire visto che era molto stanco e che una notte di sonno gli sarebbe di sicuro servita. Il mattino dopo Arbor si svegliò benissimo, fece un colazione a base di stufato di Goblin e partì. Finea gli aveva detto che per arrivare alle caverne d’Ambra sarebbe dovuto andare sempre a Nord, che nulla è come appare e aveva aggiunto che non si sarebbe dovuto far ingannare

Page 10: Storia i mezzuomini

da niente e da nessuno e infine che la magia che proteggeva la casa dei suoi amici era una magia che nascondeva un potere enorme: l’invisibilità.

Adesso lui si trovava all’incirca a metà strada, il tempo era cambiato da quando era partito da Finea; adesso il cielo era diventato cupo, mentre prima splendeva il sole. Già da lì poteva vedere le nuvole che circondavano le caverne d’Ambra. La sua missione sembrava impossibile e ripensando alle parole di Finea, Arbor era ancor di più scoraggiato. Pensare che lui, un elfo e un nano avrebbero potuto sconfiggere un esercito di giganti con a capo un tizio che voleva comandare su tutta la terra di Khandor sembrava un’impresa impossibile ma avrebbero dovuto trovare il modo di riuscirci.

Adesso era arrivato alla base delle caverne d’Ambra, esse si estendevano davanti a lui per oltre 10 km rendendo impossibile la visuale; l’aria era diventata fredda e gelida e una fitta nebbia bassa era scesa tutt’intorno a lui. Arbor pensò subito di essere in trappola, ma non accadde nulla. Aspettò per altri due minuti, ma nulla si mosse. Così pensò che era stata la sua immaginazione e continuò. Dopo 200 metri vide un piccolo fumo, ma non vedeva da dove proveniva. Così immaginò che quella fosse la casa dell’elfo Ghirath e del nano Khos. Stava per fare un passo in avanti, ma si ricordò che la casa era circondata da trappole invisibili. Così pensò che l’unico modo per superare le trappole era riuscire ad individuarle. In quel momento gli venne un’idea: poteva lanciare un sasso davanti a sé e se fosse scattata la trappola l’avrebbe disattivata e sarebbe passato dal punto dove

Page 11: Storia i mezzuomini

era caduto il sasso. Con questo metodo si ritrovò dopo pochi secondi davanti alla casa. Incominciò a bussare alla cieca, e dopo poco riuscì a trovare la porta. Finalmente bussò alla porta. Ghirath venne ad aprire e chiamò Khos. L’elfo e il nano quasi svennero alla vista del loro vecchio amico e poi nessuno era mai riuscito a sapere come evitare le trappole che circondavano la loro casa. Ora che Arbor aveva trovato i suoi amici, stava arrivando la parte più complicata della loro missione, avrebbe dovuto chiedere loro di aiutarlo nella sua impresa, ma se gli avessero detto di no tutto il lavoro che aveva fatto sarebbe stato vano. Decise che non poteva far subito questa domanda, così aspettò che avessero finito la cena per affrontare questo argomento. Quando chiese loro se potevano aiutarlo quasi si vergognava, ma Ghirath e Khos accettarono subito, perché il futuro della terra di Khandor era nelle loro mani. La mattina dopo partirono all’alba e incominciarono il viaggio verso il regno di Ocron per arrivare ai monti Oscuri. Sarebbe occorsa una settimana di viaggio a piedi. Per l’arrivo dell’equinozio mancavano solo nove giorni, per questo in due giorni dovevano sconfiggere Fredock. Ghirath gli stava dicendo che sconfiggere l’esercito di giganti era una missione impossibile. L’unico modo per salvare la terra di Khandor sarebbe stato uccidere direttamente Fredock in quel modo i giganti non avrebbero mai avuto il segnale di attacco. Alla fine della giornata si trovavano al confine del regno di Ocron. I monti Oscuri si vedevano all’orizzonte, loro si fermarono a dormire per una notte sotto una quercia. Arbor si svegliò alle due di mattina. Rimase per un’ora nel suo sacco a pensare alla sua difficilissima missione e ai suoi

Page 12: Storia i mezzuomini

generosissimi amici che avevano deciso di aiutarlo nella sua impresa. Alle quattro di mattina si svegliarono anche Ghirath e Khos proprio mentre Arbor stava preparando la colazione. Dopo aver fatto colazione si incamminarono a passo veloce verso i monti Oscuri, mancavano ancora sei giorni di viaggio a piedi e durante la seconda giornata di viaggio parlarono insieme di come riuscire a uccidere Fredock. Arbor era vestito con pantaloncini e maglietta a maniche corte e portava la spada nel fodero di pelle legato alla cintura, solo vedere Khos lo faceva sudare, il suo amico infatti portava una pesantissima armatura di ferro sopra l’abito di pelle rovinato, sulla testa aveva un elmo e trascinava l’ascia che gli pendeva dalla mano. Arbor pensò che non aveva mai visto Khos senza armatura e ascia, le portava sempre con sé e raramente si toglieva l’elmo di ferro che sulla testa doveva pesare tantissimo. Ghirath invece era vestito in modo più leggero: indossava un abito di pelle a cui aveva tagliato le maniche per il caldo e portava una cintura anch’essa in pelle dove erano appesi due pugnali, sulla spalla destra portava la faretra piena di diversi tipi di frecce: avvelenate, normali e frecce che potevano prendere fuoco se sfregate per terra. I giorni passarono in fretta e senza rendersene conto alla sera del settimo giorno erano ai piedi dei Monti Oscuri. Dopo due giorni Fredock e il suo esercito sarebbero diventati immortali e a quel punto fermarli sarebbe stato impossibile, avrebbero incendiato città e distrutto paesi fino a che non avessero conquistato tutta la terra di Khandor. L’unico modo per evitare tutto questo era uccidere Fredock e quindi dovevano riuscire a entrare nella sua fortezza senza essere visti, superare un sacco di guardie e ucciderle in modo che non potessero dare

Page 13: Storia i mezzuomini

l’allarme, entrare poi nella stanza di Fredock e ucciderlo. Questo era in sintesi il loro piano ideato principalmente da Arbor. Ghirath aveva appena detto che sarebbero dovuti salire su una collina lì vicina per avere una visuale della fortezza di Fredock e dell’esercito di giganti. Quella notte si accamparono lì. La mattina dopo si svegliarono all’alba, fecero colazione e guardarono al di là della collina; sotto di loro una grande fortezza di marmo nero svettava alta cento metri tra un esercito di giganti armati divisi in piccoli gruppi di tre o quattro, che facevano festa bevendo e giocando, aspettando il segnale dell’inizio della guerra. Ghirath, Khos e Arbor guardavano stupiti l’esercito e si chiedevano come poter riuscire ad entrare nella fortezza senza farsi vedere. Khos stava insistendo sul fatto che l’unico modo per entrare nella fortezza era entrare di forza e quindi uccidere ogni gigante che intralciava loro la strada, ma l’idea era stata bocciata diverse volte. Arbor sapeva che l’unico modo di entrare nella fortezza era giocare di astuzia, non si poteva provare di forza, i giganti erano troppi, ma gli venne un’idea. Si calarono giù dalla collina cercando il più possibile di non essere visti, fortunatamente i giganti erano troppo impegnati a bere! Così si ritrovarono dietro l’accampamento più vicino dove quattro giganti stavano cercando di giocare a dama senza svenire ubriachi, restarono lì per un po’ a pensare come attaccare i giganti quando Khos prese il sopravvento: uscì dal nascondiglio e sgozzò con l’ascia il primo gigante che gli era vicino, l’altro stava per dare l’allarme ma Ghirath e Arbor furono più veloci (forse perché i giganti erano ubriachi). Ghirath imbracciò l’arco e scoccò una freccia avvelenata verso il gigante che stranamente stava vincendo a

Page 14: Storia i mezzuomini

dama, mentre Arbor trafisse l’altro che non si ricordava più come si giocava e stava girando su se stesso cercando disperatamente di scappare; l’ultimo gigante si era nascosto dietro un mobiletto e chiedeva quasi piangendo di non essere ucciso, ma Khos non ebbe pietà, si avvicinò e gli mozzò la testa di netto pulendo l’ascia sulla tenda. Ora dovevano superare tutti quei giganti, arrivare alla fortezza e ammazzare Fredock; non era facile ma ce la potevano fare, dovevano essere fiduciosi. Avanzarono di qualche metro ma un altro gigante li vide, fece per chiamare i suoi compagni ma Ghirath si mosse velocemente, scoccò una freccia che lo prese dritto nel cuore e lo uccise all’istante. Avanzarono ancora per un centinaio di metri quando altri quattro giganti li videro; questa volta non furono abbastanza veloci riuscirono a ucciderne tre ma l’altro prese una spada e la scagliò verso di loro. Arbor e Ghirath fecero appena in tempo a spostarsi ma Khos non fu altrettanto veloce e venne colpito alla spalla. Il gigante fuggì a chiamare aiuto ma Ghirath e Khos non lo seguirono e rimasero vicino al loro amico prestandogli soccorso. Ghirath si staccò la cintura e la usò per fermare l’emorragia di sangue mentre Arbor spalmò la Floridus, una potentissima medicina sulla parte colpita dell’amico e subito lui si rimise in sesto; i tre si scambiarono facce stupite ma non dissero nulla. Aiutarono l’amico a rimettersi in piedi ma dopo pochi passi vennero circondati. Migliaia di giganti erano disposti intorno a loro a semicerchio bloccando loro la strada, Arbor non fece nemmeno in tempo a rendersene conto che un gigante lo prese e lo incatenò, lo stesso fu per Ghirath che dopo aver ucciso un decina di giganti venne preso e incatenato. I giganti portarono i tre intrusi nelle segrete della fortezza e li chiusero in una cella

Page 15: Storia i mezzuomini

piccolissima dove entravano a malapena. Rimasero lì per tutta la notte, nessuno di loro parlò ma la mattina seguente Arbor esclamò di colpo: - Ho un’idea per fuggire di qui!

I due rimasero tanto stupiti che quasi caddero ma Arbor continuò: - Ghirath, hai per caso una freccia infuocata con te?

– Certo, me ne porto sempre una in tasca, ma cosa ci vorresti fare?

- Dare fuoco alla cella e fingerci morti, così i giganti saranno costretti ad aprire la porta e noi li uccideremo, andremo da Fredock, uccideremo pure lui e salveremo il nostro mondo!

Detta così sembrava una cosa normalissima ma Ghirath rimase talmente stupito che quasi svenne, dopo essersi ripreso annuì vivacemente, mise la mano nella cintura di cuoio, tirò fuori una normalissima freccia di legno con la punta rosso fuoco e la porse al suo amico. Arbor sapeva bene che sfregarla subito senza un piano ben preciso sarebbe stato un suicidio così spiegò velocemente agli amici il suo piano: disse loro che prima di bruciare la cella si sarebbero dovuti mettere ai tre angoli della stanza, nel quarto angolo avrebbero acceso il fuoco, sperando che i giganti arrivassero prima di essere uccisi dal fuoco. Così fecero. Subito dopo aver acceso la freccia, il fuoco divampò velocemente, il fumo riempì la stanza rendendo impossibile la visuale e difficile la respirazione, i giganti arrivarono appena in tempo, subito dopo aver aperto la porta iniziarono a spegnere le fiamme ma Khos fu velocissimo, mozzò la testa ai due giganti e uscì dalla stanza; Arbor e Ghirath lo seguirono, velocemente percorsero tutto il

Page 16: Storia i mezzuomini

seminterrato, arrivarono poi a una porta in fondo alla stanza; provarono ad aprirla ma non ci riuscirono perchè la porta era chiusa a chiave, così Arbor iniziò a cercare per tutto il seminterrato un’altra via di uscita ma sfortunatamente quella era l’unica porta. Guardò il suo orologio, mancava solo mezz’ora all’inizio dell’equinozio e loro dovevano ancora uscire da quel posto, arrivare da Fredock, eludere le guardie e ucciderlo, una cosa che sembrava impossibile in mezz’ora! Ma comunque dovevano trovare un modo per farcela, non erano arrivati fino a lì per fallire nella loro impresa così rimasero fermi a pensare a un modo per distruggere quella porta, non potevano però utilizzare le frecce infuocate perché avrebbero attirato troppe persone ma, mentre Arbor stava pensando, Khos prese in mano la situazione, si alzò di colpo, prese l’ascia e diede un colpo fortissimo alla porta, che dopo pochi secondi cadde a terra frantumata in mille pezzi. Khos stava per fare un grido di esultanza, ma si trattenne, sapeva che avrebbe attirato l’attenzione dei giganti. Così uscì dalla stanza insieme ai suoi amici. Si trovarono in un corridoio stretto e lungo, che terminava con delle scale di ossidiana. Percorsero tutto il corridoio e dopo aver salito le scale videro di fronte a loro due guardie armate immobili che proteggevano una porta di ferro legata con delle catene. Khos stava per partire alla carica, ma Arbor lo fermò. “Potrebbe essere una trappola” esclamò, fissando male le guardie che ancora non si muovevano. Era sicuramente una trappola, ormai Arbor ne era sicuro, ma non sapeva né come superarla né in cosa consisteva. Ghirath però fu più veloce, si scansò di lato e con estrema precisione scoccò una freccia, che andò a conficcarsi sulla fronte della guardia di destra.

Page 17: Storia i mezzuomini

“Ben fatto” esclamò Khos, ma nello stesso istante la seconda guardia si mosse velocissima, prese la sua lancia e la scagliò verso di loro, che però riuscirono a scansarsi all’ultimo secondo, così avevano ancora un altro ostacolo da superare, pensò Arbor, mentre si lanciava in battaglia. La guardia era più forte del previsto, era agile e precisa. Sapeva con estrema certezza cosa fare, in che momento farlo e come farlo. Dopo aver steso Ghirath e Khos, la guardia guardò Arbor con gesti di sfida, ma lui sapeva che doveva restare calmo, aveva superato moltissimi pericoli e una semplice guardia non poteva impedirgli di salvare la terra di Khandor. Così mentre la guardia si preparava per combattere, Arbor prese la sua spada e attaccò. La guardia però fu più reattiva, si scansò di lato, mise davanti a sé il suo piede e fece cadere Arbor che aveva caricato a tutta velocità, così Arbor si ritrovò con la faccia per terra, verde per la rabbia. Ma non si perse d’animo e mentre la guardia stava per dargli il colpo di grazia, riuscì a rotolare di lato, sfuggendo al colpo. Si alzò velocemente mentre la guardia si avvicinava a lui con l’intenzione di ucciderlo, Arbor però contrattaccò subito. La colpì con un colpo di spada nel fianco sinistro, la guardia si accasciò per terra incredula che qualcuno fosse riuscito a sconfiggerla. Arbor si avvicinò alla porta ben protetta da dalle spesse catene che la circondavano. Cercò di aprirla più volte, ma i suoi sforzi sfortunatamente erano vani. Intanto Ghirath e Khos si alzarono lentamente e raggiunsero Arbor che stava provando ad aprire la porta. Ghirath, Khos e Arbor diedero contemporaneamente una forte spallata alla porta che cadde e fece un forte rumore. Tutti e tre rimasero immobili, davanti a loro una stanza fatta totalmente

Page 18: Storia i mezzuomini

in oro si allungava per una sessantina di metri. Moltissime colonne d’oro si ripetevano lungo le pareti fino alla fine della stanza. Appesi al muro c’erano teste imbalsamate di tutti i tipi di animali: orsi, cinghiali, serpenti e tigri. Invece nel soffitto erano appesi molti stendardi di guerre vinte. Ma quello che più sorprese Arbor fu ciò che c’era al centro della stanza: un mago vestito di nero pronunciava parole in lingue sconosciute davanti ad un pentolone contenente un liquido verde e viscido. – Fredock – urlò Arbor. Il mago si girò verso di lui, lo guardò negli occhi e prima di dire qualcosa scoppiò in una grassa risata quasi da farsi venire la tosse.

- Siamo venuti qui per ucciderti – gli disse Arbor così convinto che quasi non ci credeva nemmeno lui, ma Fredock non si mosse, si asciugò una lacrima sulla guancia e disse:

– Voi? Uccidere me? Penso proprio che non ci riuscirete! E scoppiò a ridere un’altra volta. Arbor non aspettò altro, sfoderò la spada e caricò a tutta forza. Ma era troppo arrabbiato per rimanere concentrato, arrivò a un metro di distanza da Fredock, ma lui si scansò di pochi centimetri e fece andare a vuoto Arbor che cadde per terra battendo la faccia. Fredock lo ignorò totalmente e ricominciò a cantilenare il suo incatesimo che lo avrebbe fatto diventare immortale. Khos e Ghirath intanto caricarono insieme, Khos sguainò l’ascia e Ghirath si appostò per scoccare una freccia, ma Fredock prima che Khos potesse avvicinarsi allungò un braccio e sussurrò alcune parole in una lingua sconosciuta; subito Khos e Ghirath ritornarono all’ingresso della stanza, sulla loro fronte

Page 19: Storia i mezzuomini

lampeggiava un’ Y di color rosso acceso, l’incantesimo che significa “torna indietro”, spiegò Ghirath a Khos. Arbor intanto aveva recuperato la spada e stava per colpire Fredock, ma lui si girò appena in tempo per sfuggire al colpo. Fredock estrasse la spada e si preparò a combattere con Arbor che si mise in guardia. I due rimasero fermi per pochi secondi a guardarsi e, nello stesso istante in cui Fredock colpiva Arbor, Ghirath scoccò una freccia nella direzione di Fredock, essa lo colpì proprio nel petto e lui si accasciò per terra inerme. Intanto Arbor si avvicinò al mago e gli diede il colpo di grazia trafiggendogli la testa con la spada. I tre si accertarono che Fredock fosse morto e poi uscirono insieme dalla stanza esausti per la fatica. Dopo essersi congratulati a vicenda partirono per ritornare a casa. Il viaggio di ritorno fu molto lungo ma loro non incontrarono nessun tipo di pericoli, arrivati alle caverne d’Ambra si salutarono e Arbor continuò il viaggio da solo. Dopo una settimana di cammino Arbor arrivò al Borgo, era passato più di un mese dal giorno della sua partenza e non vedeva l’ora di ritornare a casa dai suoi genitori. Quando arrivò vide la mamma insieme al papà chiacchierare contenta; subito corse ad abbracciarla, felice di rivederla, mentre il padre piangeva lacrime di gioia. La sera stessa tutta la città riunita fece una grande festa in onore di Arbor.