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I CINQUE RITI TIBETANI DI MICHELE VANINI

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benessere per il corpo e per la mente

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I CINQUE RITI TIBETANI

DI MICHELE VANINI

Page 2: i Cinque Riti Tibetani Michele Vanini

IDEAZIONE REDAZIONE E IMPAGINAZIONE

Sedigraf Blevio (Como)

DISEGNI

Diego Pasquino

FOTO DI COPERTINA Arc en-ciel (VR)

Page 3: i Cinque Riti Tibetani Michele Vanini

I CINQUE RITI TIBETANI la edizione febbraio 2001

©DEMETRA Srl V i a Stra 167 S S 11

3 030 Colognola ai Colli ( Verona) Tel 045 6174111 Fax 045 6174100

Page 4: i Cinque Riti Tibetani Michele Vanini

SOMMARIO

Alla scoperta del Tibet 7 Breve viaggio nello spazio e nel tempo 8 Come i "riti" giunsero in Occidente 14

L'energia vitale 19 Dal Prana ai chakra 20 Invecchiare, secondo Chris Grisom 22 I chakra 24 I chakra da vicino 27 Il primo chakra 31 Il secondo chakra 35 Il terzo chakra 39 Il quarto chakra 43 Il quinto chakra 47 Il sesto chakra 51 Il settimo chakra 55 Tecniche di respirazione 59

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I Cinque tibetani ................................................................. 61 L'origine .................................................................... 62 Il momento opportuno ............................................. 64 Il luogo opportuno ................................................... 67 Gli esercizi da vicino ................................................. 69 Il primo rito tibetano ................................................ 71 Il secondo rito tibetano ............................................. 77 Il terzo rito tibetano .................................................. 83 Il quarto rito tibetano ................................................ 89 Il quinto rito tibetano ............................................... 95 Qualche utile consiglio ........................................... 101 Un tibetano al giorno .............................................. 104 Il sesto rito tibetano ................................................ 107

E per finire... .................................................................... 113 Alimentazione e benessere ...................................... 114 Oltre i riti ............................................................... 119

Glossario ................................................................. 123 Bibliografia .............................................................. 126

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Alla scoperta del Tibet

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BREVE VIAGGIO NELLO SPAZIO E NEL TEMPO

Il Tibet: tre milioni di chilometri quadrati di territorio, uno spazio sconfinato che si sviluppa quasi completa-mente sopra i quattromila metri di altezza, sul livello del mare, in Asia, un grande altopiano, costituito da molte-plici rughe montuose che racchiudono grandi laghi di acqua dolce e salata, chiuso a nord dal Kunlun, a ovest dal Karakorum e a sud dall'Himalaya, la catena montuosa con le vette più alte del mondo Tra la catena dell'Hima-laya e quella del Karakorum due grandi fiumi, l'Indo e il Brahmaputra, scavano due ampie valli all'interno delle quali gli insediamenti umani sono relativamente più facili Queste terre, dal clima particolarmente rigido e dal ciclo stellato più straordinario del mondo, erano abitate anticamente da agricoltori e pastori nomadi e seminomadi A poco a poco, nel corso dei secoli, dall'India e attraverso il Nepal giunsero uomini nuovi insieme con gli in-

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Gangkar Ti-se, il cuore del mondo

I monte Kailash, in tibetano Gangkar Ti-se, con i suoi 6658 metri, svetta isolato tra altre cime montuose. Spartiacque dell'Asia meridionale, dai suoi fianchi sgorgano i fiumi sacri: il Brahmaputra, il Karnali che è af-

fluente del Gange e il Sutlej. Sulle sue pendici la neve disegna simboli magici, sacri per chi crede che l'universo intero sia energia cui tutti possono partecipare. È considerato dai buddhisti, e non solo da loro, il cuore del mondo e proprio per questo i pellegrini gli girano intorno in senso orario. Camminano da uno a più giorni per compiere gli oltre cinquanta chilometri del periplo completo, in condizioni ambientali decisamente difficili (è necessario, tra gli altri ostacoli, superare anche un passo a 5200 metri s.l.m.) e si prostrano a terra di fronte ai suoi diversi versanti per rendere onore alla sua potenza cosmica e geomantica. «Un cristallo azzurro, che penetra nel ciclo, nelle nubi. Le luci che scendono dalla montagna: i ruscelli che diventeranno I' lndo, il Gange, lo Chang Jang fanno il Kailash bello dappertutto. I tibetani compiono un viaggio lunghissimo (2000 km) con i mezzi che posseggono, generalmente a piedi.Vorrebbero fare cento volte nella vita quei quarantacinque chilometri, il giro della base del padre del mondo, della montagna delle montagne, del Kailash: ma ce la faranno, sì e no, una volta.» (da un'intervista degli anni Ottanta a Reinhold Messner).

I

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Tu-je chenpo e khor-lo

n tamburo rotante cui è allacciata una catenella che termina con una pietra, infilato in un corto bastone: è il Tu-je chenpo, strumento di preghiera tibetano. Dentro il tamburo è custodito un rotolo di carta sul quale sono scritte delle

preghiere. Con un secco movimento del polso i Tibetani fanno ruotare il tamburo e in questo modo diffondono nell'aria e inviano al cielo le loro preghiere.

U

Il khor-lo è un cilindro, sul quale sono incise delle preghiere, che è infilato su un perno, e che viene messo in movimento da una ruota mediante la forza dell'acqua oppure del vento, come un vero e proprio mulino, se di grandi dimensioni, oppure, se di piccole dimensioni, dalla mano. A ogni giro l'orante guadagna dei meriti come se avesse pregato in prima persona.

segnamenti del Buddhismo mahayanico che vennero codificati dai "sommi maestri", i Lama Padmasambhava nell'VIII secolo d C , Rinchen-sangpo nel X, Tsongkha-pa (1317- 1419) hanno dato un contributo fondamentale al Buddhismo tibetano, la cui dottrina si sviluppa nei libri sacri Kangyur, che significa «Parola tradotta», contiene gli elementi fondamentali del canone buddhistico, Tengyur, che significa «Dottrina tradotta», contiene i commenti al primo e altri scritti

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Ancora oggi luogo mistico di meditazione per i monaci buddhisti, il Tibet e meta privilegiata per chi va alla ricerca di un'antica e profonda spiritualità legata alle pratiche yoga, per esempio, alla meditazione, alla partecipazione al prana, l'energia vitale di cui e permeato l'universo

Il Tibet e la Cina

Il Tibet è dal 1965 una regione autonoma della Repubblica popolare cinese La sua capitale e Lhasa Nel 1720 il Tibet venne invaso dai Cinesi e nel 1780 venne annesso al Celeste impero Nel 1912 torno a essere indipendente, ma dopo la rivoluzione comunista del 1949 fu nuovamente occupato dai Cinesi L'esercito cinese operò una dura repressione militare alla quale i Tibe-

Una terra contesa

er secoli impenetrabile, culla di una civiltà millenaria e patria di monaci buddhisti, il Tibet è definito "Paese delle nevi", "Città degli dèi" e anche "Tetto del mondo". Dopo le dure repressioni operate dai Cinesi

sono solo u migliaio i monaci sopravvissuti contro i diecimila n

P presenti nei monasteri intorno alla metà del secolo XIX. I monasteri si sono ridotti da settemila a una cinquantina, mentre i coloni cinesi sono diventati oltre sette milioni.

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Sapevate che!

ack e scimmia gialla: due specie in via di estinzione in Tibet. I Cinesi infatti hanno abbandonato la pratica buddhista che considerava questi animali intoccabili, sacri.

Il lago per i Tibetani è la parte femminile del centro del mondo, di quello che era prima della terra.

Ytani cercarono di ribellarsi nel 1959. La rivolta terminò con un bagno di sangue. Nel corso degli anni successivi la Cina favorì il trasferimento di numerosi Cinesi in Tibet e distrusse migliaia di templi e di monasteri antichissimi, che in qualche caso vennero poi ricostruiti per fini prevalentemente turistici. Nel territorio tibetano sono attualmente presenti una base militare che ospita circa trecentomila soldati e più di trecento testate nucleari. Le Nazioni Unite hanno approvato, nel 1959, nel 1961 e nel 1965, tre risoluzioni di condanna nei confronti della Cina per violazioni dei diritti del popolo tibetano e ogni anno si verificano manifestazioni di protesta contro l'occupazione cinese, il più delle volte represse con le armi. In India, a Dharamsala, ha sede il governo tibetano in esilio. Nel 1989 al Dalai Lama Tenzin Ghiatso è stato assegnato il premio Nobel per la pace, in segno di riconoscimen-

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to per la sua lotta non violenta in difesa dei diritti dei Tibetani. Nel 1991 gli Stati Uniti hanno dichiarato che il Tibet è una terra illegalmente occupata dai Cinesi.

Un quarto circa dei Tibetani è ancora oggi costituito da popolazioni nomadi che vivono nelle yurte, tende costituite da una struttura in legno coperta da un tessuto realizzato con pelo di yack. Questo particolare tessuto, di colore scuro, è impermeabile e impedisce la dispersione del calore.

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COME I "RITI" GIUNSERO IN OCCIDENTE

«Un pomeriggio di alcuni anni fa, me ne stavo seduto al parco leggendo il giornale, l'edizione della sera, quando un anziano gentiluomo si accostò e si sedette al mio fianco. Aveva l'aspetto di un uomo di quasi settant'anni, grigio e quasi calvo, le spalle curve, e camminando si appoggiava a un bastone da passeggio. Ancora non sapevo che da quel momento in poi l'intero corso della mia vita sarebbe cambiato per sempre...» Così comincia il racconto di Peter Kelder in un libro ormai famoso, che ha fatto conoscere i Cinque riti tibetani in Occidente. È un racconto affascinante: il protagonista è un ufficiale in pensione dell'esercito britannico che aveva prestato servizio nei corpi diplomatici della Corona e che aveva pertanto viaggiato in ogni angolo del pianeta. Quando era stato in servizio in India, il colonnello aveva cono-

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sciuto per puro caso nomadi del luogo, provenienti da remote aree dell'altopiano tibetano, e aveva udito molti racconti affascinanti sulla loro vita e sui loro costumi. Uno di tali racconti lo aveva particolarmente colpito: un gruppo di Lama, o monaci tibetani, conosceva il segreto della "Fonte della Giovinezza". Lo straordinario segreto era stato tramandato per migliala di anni proprio a loro e, nonostante non facessero mistero di tale segreto, il loro monastero era così distante e isolato, che era di fatto tagliato fuori dal mondo. Il monastero e la "Fonte della Giovinezza" erano diventati una specie di leggenda nelle parole della gente del luogo. Si raccontava di vecchi che avevano riacquistato miste-riosamente salute, forza e vigore dopo aver trovato il mo-nastero ed esservi entrati. Tuttavia nessuno era in grado di dire dove si trovasse. Il colonnello, che aveva superato i quarant'anni e aveva assunto l'aspetto della persona anziana, più sentiva parlare della miracolosa "Fonte della Giovinezza", più si convinceva che tale fonte doveva esistere veramente. Si diede da fare e raccolse indicazioni, informazioni sulle caratteristiche della regione e sul clima e altre notizie che avrebbero potuto aiutarlo a individuare il posto. Una volta in pensione, sempre più ossessionato dal desiderio di scoprire la "Fonte della Giovinezza", aveva deciso di tornare in India e mettersi coscienziosamente alla ricerca di quel ritiro e del suo segreto di giovinezza duratura.

Passarono gli anni e «. . . una sera, di ritorno dal mio ap-partamento, trovai una lettera scritta di pugno dal colon-

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nello. L'aprii in fretta e lessi un messaggio scritto, a quanto sembrava, in uno stato in cui la gioia si mescolava alla disperazione Il colonnello diceva che, nonostante i ritardi e gli insuccessi, riteneva di essere sul punto di trovare la "Fonte della Giovinezza" Passarono molti mesi prima che ricevessi altre notizie Quando, infine, mi venne recapitata una seconda lettera, per poco non mi tremarono le mani nell'aprirla Per un attimo non riuscii a credere a ciò che vi era scritto Le notizie erano migliori di quanto immaginassi Il colonnello non solo aveva trovato la "Fonte della Giovinezza", ma la stava portando con se negli Stati Uniti, e sarebbe arrivato entro due mesi da quella data» Sono ancora le parole di Peter Kelder, che si ritrovò, dopo qualche tempo, di nuovo di fronte al colonnello Grande fu tuttavia la sua sorpresa perche gli si presento dinanzi un uomo molto più giovane che riconobbe a stento. Invece di un vecchio curvo e dal colorito malsano che per sostenersi usava camminare aiutandosi con un bastone da passeggio, si trovo davanti una figura alta, eretta, dal volto florido e dai capelli neri che crescevano folti, spruzzati appena di grigio

Dal resoconto del viaggio, Kelder venne a sapere che, giunto in India, il colonnello era partito immediatamente alla volta della regione dove dicevano si trovasse la mitica 'Fonte della Giovinezza" Parlava, anche se solo in parte, la lingua del luogo e per parecchi mesi non fece altro che stabilire contatti e stringere amicizie con la gente Nei mesi successivi, dopo una spedizione lunga e rischiosa nei remoti spazi himalayani, riuscì a trovare il

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monastero che, secondo la leggenda, custodiva il segreto dell'eterna giovinezza Le tecniche interessanti dei lama, la loro cultura, la loro totale indifferenza al mondo esterno erano difficili da comprendere per un occidentale, che per le prime due settimane dopo il suo arrivo si sentì come un pesce fuor d'acqua Nel monastero non c'erano uomini e donne anziani e i monaci si rivolgevano al colonnello chiamandolo "l'antico", poiché da molto tempo non vedevano nessuno che sembrasse cosi vecchio. Tutto quanto vedeva era per il colonnello fonte di meraviglia, a volte riusciva a stento a credere ai suoi occhi Ben presto comunque la sua salute comincio a migliorare Di notte dormiva profondamente e ogni mattina si svegliava sentendosi sempre più forte e vigoroso. Dopo qualche tempo si accorse che aveva bisogno del bastone da passeggio soltanto durante le escursioni in montagna Una mattina ebbe una straordinaria sorpresa Entrato per la prima volta m una stanza grande e ordinata del monastero che veniva usata come biblioteca per i manoscritti antichi, potè vedere la sua immagine riflessa in uno specchio e «Fissai incredulo l'immagine che mi stava di fronte II mio aspetto fisico era cambiato cosi drasticamente che dimostravo ben quindici anni m meno Per tanti anni avevo osato sperare che la "Fonte della Giovinezza" fosse una realta Ora, di fronte ai miei occhi, c'era la prova tangibile della sua esistenza Le parole non possono descrivere la gioia e l'esaltazione che provai. Nelle settimane e mesi che seguirono, il mio aspetto continuo a migliorare e il cambiamento divenne sempre più

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evidente a tutti coloro che mi conoscevano. In breve tempo il nome che mi era stato attribuito, "l'antico", non si udì più».

Tornato in Occidente il colonnello riferì dettagliatamente a Peter Kelder i particolari della "Fonte della Giovinezza" nonché i "riti" che accompagnavano la vita quotidiana dei monaci di quella zona così isolata dell'altopiano tibetano. I riti che il colonnello, insieme con una giovinezza ritrovata, portò con sé, i cosidetti "Cinque tibetani", sono ora patrimonio, grazie anche a persone come Kelder, di tutti quelli che hanno la mente aperta e sono disponibili a coglierne la valenza rivoluzionaria.

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L'energia vitale

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DAL PRANA AI CHAKRA

Prana, in sanscrito, significa «energia primordiale». In altre lingue, come per esempio in cinese o in giapponese, tale energia viene chiamata Chi oppure Qi e ancora Chi. Ciascun individuo la assorbe attraverso l'aria e, in par-ticolare, l'essere umano ne ha consapevolezza, con mo-dalità diverse. Attraverso una serie di canali, chiamati anche meridiani, e di centri presenti nel corpo fisico, per esempio i chakra, l'energia si trasmette e si trasforma per consentire allo stesso di svilupparsi e funzionare, ope-rando uno scambio con tutte le forze presenti intorno a lui e nell'universo intero. La fotografia Kirlian, che rivela come il corpo sia cir-condato da un invisibile campo elettrico o "aura", suggerisce di fatto che siamo "nutriti" da una qualche forma di energia che permea l'universo.

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È vero, inoltre, che l'aura Kirlian di una persona giovane e sana è diversa da quella di un vecchio, soprattutto se in cattiva salute. Non è certo possibile affrontare l'argomento in queste pagine senza rischiare di rimanere alla superficie e senza operare approfondimenti significativi: l'energia vitale che permea l'universo è oggetto intorno a cui ruotano reli-giosità millenarie e tradizioni antichissime soprattutto orientali. Basterà qui ricordare che, come chiave interpretativa della realtà cui si adeguano poi le scelte di vita anche quotidiana, il senso del sacro di origine orientale, incentrato sul Prana e sulla consapevolezza della propria partecipazione a tale energia, ha fatto breccia nel mondo occidentale portando un contributo significativo e fornendo risposte ai quesiti profondi e fondamentali che cia-scun essere umano si pone a qualunque latitudine.

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INVECCHIARE SECONDO CHRIS GRISOM

«Invecchiare non è una condanna inevitabile, non è affatto un elemento predestinato della vita. È semplicemente un'eco del nostro esserci ritirati dal corpo fisico. Se non impariamo a metterci consapevolmente in contatto con il nostro corpo, questo non potrà mai divenire cosciente del proprio potenziale di "corpo di luce": un corpo di luce guidato da leggi cosmiche superiori, capaci di mostrarci l'illusione del decadimento fisico. La nostra spirale del DNA produce il meccanismo che ogni cellula copia perfettamente. Ciò significa che le cellule, quando muoiono, vengono sostituite da cellule nuove, in una successione infinita di perfezione genetica. Perché dunque invecchiamo, con tutte le conseguenze negative? La scienza si interroga su questo fin da quando è stato scoperto il DNA. Tutti i grandi santi e maestri han-

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no saputo la risposta. Essa è insita nella danza del rapporto tra la forma e ciò che è senza forma o là dove questi due stati divini dell'essere si influenzano reciprocamente allo scopo di mantenere la vita. Energie vitali invisibili sono all'origine di tutte le cose e ne costituiscono il progetto. Noi possiamo sapere della loro esistenza e imparare a conoscere le leggi della loro suddivisione e del loro fluire proprio come hanno fatto tutti coloro che fin dai tempi più antichi si sono messi alla ricerca. Esistono modi per rafforzare questo fiume di energia che circola dentro e intorno al corpo fisico e al corpo sottile così che tutta la struttura corporea ne risulti ringiovanita. Grandi Maestri hanno dedicato tutta la loro vita a sviluppare la capacità necessaria a guidare e dirigere queste correnti che nutrono le ghiandole endocrine e i piccoli e grandi organi del nostro corpo. Adesso finalmente il risultato del loro lavoro comincia a diffondersi anche nel mondo occidentale.»

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I CHAKRA

«La prima cosa importante che mi fu insegnata al mio ingresso nel monastero fu questa: il corpo ha sette centri energetici che potremmo chiamare vortici. Gli Indù li chiamano chakra. Sono campi elettrici potenti, invisibili a occhio nudo, tuttavia assolutamente reali. Ciascuno dei sette vortici ha il proprio centro in una delle sette ghiandole a secrezione interna del sistema endocrino corporeo e ha la funzione di stimolare la produzione ormonale della ghiandola. Sono gli ormoni a regolare tutte le funzioni del corpo, incluso il processo di invecchiamento. Quello inferiore, o primo vortice, è situato sulle ghiandole riproduttive. Il secondo si localizza nel pancreas, nella regione addominale. Il terzo si accentra nelle ghiandole surrenali nella regione del plesso solare. Il quarto vortice ha il proprio centro nella ghiandola del timo situata nel petto, o regione del cuore. Il quinto è posto nel-

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Chakra e invecchiamento

a migliaia di anni i mistici orientali affermano che il corpo possiede sette centri energetici principali che corrispondono alle sette ghiandole endocrine. Gli ormoni

secreti da tale ghiandole regolano tutte le funzioni corporee. Di recente, la ricerca medica ha reso noto, con prove attendibili, che persino il processo di invecchiamento è regolato dagli ormoni. Sembra che la ghiandola pituitaria inizi a produrre un "ormone della morte" al principio della pubertà.

D

A quanto pare, ("'ormone della morte" interferisce con l'abilità delle cellule di utilizzare ormoni benefici come quello della crescita. Di conseguenza, cellule e organi a poco a poco si deteriorano e, infine, muoiono. In altre parole, il processo di invecchiamento esige il proprio tributo.

Se i Cinque riti normalizzano effettivamente lo squilibrio dei sette centri energetici del corpo, come afferma Peter Kelder, forse anche lo squilibrio ormonale ne viene, di conseguenza, normalizzato. In tal modo le cellule possono replicarsi e prosperare come succede in un individuo giovane. Potremmo davvero sentirci, vederci e soprattutto diventare "più giovani" giorno dopo giorno.

la ghiandola tiroide che si trova nel collo. Il sesto ha sede nella ghiandola pineale alla base posteriore del cervello.» Fin qui le parole del colonnello cui fa riferimento nel suo testo Peter Kelder, ma oggi si accetta general-

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mente la concezione secondo cui ne esistono sette di primaria importanza. In un corpo sano, ciascuno di questi sette vortici ruota a grande velocità e consente così all'energia vitale di scorrere verso l'alto attraverso il sistema endocrino. Quando uno o più di questi vortici rallentano, il flusso di energia vitale si blocca, determinando l'invecchiamento oppure un cattivo stato di salute. In un individuo giovane e sano i vortici rotanti si estendono dall'interno del corpo verso l'esterno, ma negli individui deboli e malati oppure in quelli vecchi non sempre riescono a raggiungere la superficie. La soluzione è talmente semplice da apparire ovvia: il modo più rapido per riacquistare giovinezza, salute e vitalità è quello di avviare il normale movimento rotatorio dei chakra. Un risultato che, considerando la saggezza dei monaci tibetani di un isolato monastero, si può ottenere con cinque semplici esercizi. «Ciascuno di essi, preso a sé, è efficace, ma sono necessari tutti e cinque per ottenere i migliori risultati. In realtà, non sono esercizi veri e propri; i Lama li chiamano "riti".»

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I CHAKRA DA VICINO

I chakra sono strettamente connessi alla scienza e soprattutto alla pratica dello Yoga ("giogo"), il sistema di filosofie e di modalità di affrontare la realtà che ha come finalità quella di legare l'essere mortale alla sua natura "divina" di coscienza pura. Bisogna risalire ai Veda, i numerosi inni che sono la base della tradizione religiosa indiana, e all'Upanishad, una serie di dottrine probabilmente scritte tra il 700 e il 300 a.C., per ritrovare la parola chakra, che inizialmente indicava la ruota dei cocchi degli invasori indoeuropei giunti anticamente in India. Chakra è dunque un termine sanscrito che significa «ruota», «disco». Simboleggiato anche dal tior di loto, sacro per gli Indiani perché capace di sorgere bellissimo ed elegante dal fango, indica il punto di intersezione in cui vengono a contatto il corpo e la mente, la dimensione fisica e quella spirituale. Il chakra è un vero e proprio

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vortice di energia, centro di attività per la ricerca, l'assi-milazione e la trasmissione dell'energia vitale.

Il più importante documento sui chakra giunto in Occidente è una traduzione di testi tantrici fatta dallo scrittore inglese Arthur Avalon nel suo libro II potere del serpente, pubblicato nel 1919. Gli antichi testi cui fa riferimento sono Sai-Chakra Nirupana, scritto alla fine del XVI secolo, Padaka-Pancaka e Gorakshatakam, entrambi del X secolo. Proprio secondo questi testi e secondo la tradizione i chakra sono migliaia, addirittura ottantottomila. Non c'è punto del corpo che non funga cioè da sensore per la ricezione, la trasformazione e la trasmissione dell'energia. Di questi chakra tuttavia solo una quarantina vengono considerati rilevanti e sette sono quelli determinanti, per cui vale la pena di osservarli più da vicino, uno alla volta. Sarà così più facile comprendere come i Cinque tibetani, agendo su questi centri di energia, siano in grado di operare modificazioni significative.

Il sette, numero sacro

Sette sono stati i giorni necessari alla creazione del mondo secondo la narrazione biblica, sette sono i giorni della settimana, sette sono le note musicali, sette sono i sacra-menti nella religione cristiana, sette sono i livelli orizzontali dell'albero cabalistico della vita, sette sono i chakra fondamentali. Non c'è cultura, religione, mito o leggenda che non attribuisca a questo numero un valore sacro.

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Chakra e colori

gnuno dei chakra fondamentali è associato a un colore. Tale colore è un riferimento importante per attivare l'energia vitale del chakra stesso. Per esempio la contemplazione di

un tramonto rosseggiante non può che vivificare il primo chakra, associato al colore rosso. La contemplazione delle acque limpide di un corso d'acqua stimola il secondo chakra, associato al colore arancione. Secondo la dottrina ayurvedica, infatti, il colore nascosto dell'acqua è proprio l'arancione.

O

Chakra uno rosso

Chakra due arancione

Chakra tre giallo dorato

Chakra quattro verde, rosa, oro

Chakra cinque azzurro chiaro, azzurro argenteo, verdazzurro chiaro

Chakra sei indaco, giallo, viola

Chakra sette viola, bianco, oro

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Il primo Chakra, o Muladhara Chakra, detto anche il Centro della Radice,

il Chakra della Base o il Centro del Coccige

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Il primo chakra, localizzato alla base della spina dorsale, è associato alle ghiandole surrenali. Costituisce il fondamento vitale di tutti i chakra superiori ed è considerato la fonte della forza vitale, della capacità di sopravvivenza. È collegato al mondo fisico, alla terra, e consente alle energie che provengono da essa di venire a contatto con l'individuo. Rientrano quindi nella sua sfera d'influenza i bisogni primari. Chi sa mantenere aperto questo chakra e sa renderlo attivo è in grado di accettare la vita terrena nella sua totalità, e di conseguenza di agire in armonia con le forze della natura, con pazienza, ed equilibrio. Sa essere costruttivo, sa procurarsi ciò che serve alla vita di ogni giorno assicurandosi, attraverso la formazione di una famiglia, la sopravvivenza oltre la morte terrena, nei propri figli.

L'amore per la natura, il desiderio di rispettare i ritmi che essa vive, quelli del riposo e dell'attività per esempio, guidano le scelte di chi sa rendere attivo il primo chakra. Chi non lo sa fare si trova spesso a fare i conti con una vita priva di regole, all'interno della quale diventano il più delle volte vincenti la collera, la rabbia, la violenza e, comunque, l'insicurezza, l'ansia o un rapporto negativo con il cibo.

Il nome sanscrito del primo chakra è Muladhara, cioè «radice», e questo centro di energia è proprio quello che consente a ciascuno un forte legame con la terra. Avere coscienza di tale legame e solidificarlo è fondamentale per la sopravvivenza fisica. Ignorarlo significa invece metterla

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Le ghiandole surrenali

e ghiandole surrenali, hanno la funzione di regolare la temperatura corporea; producono adrenalina e noradrenalina e adeguano il flusso del sangue nelle

vene e nelle arterie in base alle situazioni in cui il corpo si viene a trovare.

L

in pericolo. E quando la sopravvivenza è minacciata insorge la paura, vero e proprio demone per il primo chakra. Tranquillità e senso di sicurezza, vittoria su panico e paura, capacità di ritrovare le proprie radici sono invece frutto del risveglio del chakra, della sua apertura.

Mangiare è un'attività connessa al primo chakra. Fornisce infatti le basi, conserva il corpo e gli permette di assimilare i frutti della terra. Il cibo entra prepotentemente in gioco perché le sostanze ingerite si trasformano in energia. Un'alimentazione sana, ricca di proteine non necessariamente animali, è il primo passo per consentire al primo chakra di essere vitale.

Qualche utile consiglio Tutto quanto permette un migliore contatto con la terra stimola l'energia del primo chakra. Ricordatevi allora, nel corso della giornata, oltre a praticare i Cinque tibetani, di: • pestare i piedi, alternativamente, solo dopo essere scesi dal letto;

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saltellare come dei bambini, possibilmente su una superficie in terra battuta, scalciare ritmicamente, stesi su un letto, sia con le ginocchia piegate sia con le gambe diritte, viaggiare in autobus, m metropolitana o in treno in piedi, senza reggervi con le mani, distendervi su una sedia, rilassandovi per qualche minuto senza pensare

«Qua in questo corpo sono i sacri fiumi, qua sono il sole e la luna, oltre a tutti i luoghi di pellegrinaggio. Non ho mai incontrato un altro tempio benedetto quanto il mio corpo »

SARAHA DOHA

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Il secondo Chakra, o Svadhistana Chakra, detto anche Chakra Sacrale

o il Centro della Croce

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Il secondo chakra è localizzato nella parte inferiore del-l'addome, dove hanno sede gli organi riproduttivi, i reni e la vescica; è correlato inoltre a tutti i liquidi corporei come il sangue, la linfa, i succhi gastrici e lo sperma. Viene sempre associato alle emozioni e alla sessualità; il suo elemento è l'acqua, capace di pulire e purificare, dissolvere ed eliminare tutti gli ostacoli che bloccano il flusso vitale.

È considerato il centro della creatività che consente a cia-scuno di vivere relazioni interpersonali soprattutto con l'altro sesso. Quando questo chakra funziona in modo armonioso è facile vivere con naturalezza i propri senti-menti, come per esempio l'amicizia e l'amore, sperimen-tando l'unione con la natura e assaporando contempora-neamente le proprie capacità creative. Quando invece l'energia e la forza vitale del chakra sono disarmoniche o insufficienti emergono nell'individuo l'incapacità a esprimere positivamente il proprio poten-ziale creativo e tutte le incertezze e le difficoltà dei rap-porti con l'altro sesso.

La pubertà è il momento della vita in cui il più delle volte questo centro ha bisogno di essere aperto e rivitalizzato.

In sanscrito il secondo chakra è chiamato Svadhisthana, cioè «la propria dimora». Il piacere e i sensi, essenziali nel secondo chakra, sono elementi fondamentali per la salute del corpo, per il rin-

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Le gonadi

e gonadi sono fondamentali per la manifestazione dei caratteri sessuali maschili e femminili; regolano anche il ciclo mestruale femminile.L

giovanimento dello spirito e per l'apertura a rapporti in-terpersonali. Così le emozioni e la sessualità, che sono manifestazioni della coscienza mediante il corpo. Attraverso di esse l'energia, passando da un livello inconscio a un livello di coscienza, purifica e nello stesso tempo "guarisce" il corpo. È un flusso dinamico di movimenti e di cambiamenti che non possono essere repressi, pena il blocco del chakra, dell'energia vitale. Reprimere le emozioni e la propria sessualità richiede energia; liberarle invece allenta le tensioni e crea un flusso armonico tra corpo e mente, capace di trasformare il dolore in piacere.

Il secondo chakra è associato all'acqua, ai liquidi in generale che, passando più velocemente attraverso il corpo, aiutano a purificarlo, eliminando le tossine. Le tisane a base di erbe favoriscono tale processo, insieme con l'acci uà, da assumere spesso, nel corso della giornata.

Qualche utile consiglio «Aprire il secondo chakra significa abbeverarsi con gusto alle dolci acque del piacere.»

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Tutto ciò che è associato all' acqua e tutto ciò che vi consente di liberare le emozioni stimolano il secondo chakra. Ricordate allora di • praticare spesso lunghi bagni caldi oppure docce con saponi e lozioni tonificanti, • dedicarvi quando possibile al nuoto, • bere spesso acqua pura rilassandovi comodamente seduti, • piangere e gridare quando ne avvertite la necessita, • farvi accarezzare le mani e il corpo da persone amiche

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Il terzo Chakra, o Manipura Chakra, detto anche il Chakra del Plesso Solare

o il Chakra dell'Ombelico

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Il terzo chakra è localizzato nel plesso solare, all' incirca due dita sopra l'ombelico; è correlato al sistema digestivo, e cioè lo stomaco, il fegato, la milza, la cistifellea, e al sistema nervoso autonomo. Viene associato al potere personale e all'energia metabolica; il suo elemento è il fuoco, che rappresenta il calore e la luce, l'energia e l'attività purificatrice.

Le funzioni di questo chakra, intorno al quale ruotano molti altri chakra secondari, sono complesse, perché regola l'assorbimento dell'energia solare. Il più delle volte l'umore e la stessa personalità dell'individuo dipendono dalla quantità di luce che penetra nell'organismo e viene poi diffusa. Dall'umore e dalla personalità dipendono poi le antipatie e le simpatie e ancora la capacità di stabilire rapporti con gli altri. Il terzo chakra non solo controlla impulsi e desideri, ma consente anche di esprimere le emozioni, di regolare desideri e sentimenti, di rispettare sentimenti ed emozioni degli altri, di accettare se stessi e le proprie esperienze come momenti necessari a uno sviluppo interiore.

Se questo chakra è aperto e funziona in modo equilibrato ci si sentirà ricchi interiormente, disponibili, felici. Se invece è bloccato emergeranno la depressione e il turbamento; l'inquietudine accompagnerà ogni gesto della vita quotidiana; sarà difficile controllare le proprie emozioni.

Sintesi di materia e movimento, il terzo chakra è il regno dell'attività, il luogo dell'energia. Il suo simbolo, lo ab-

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Il pancreas

eterminante nel processo digestivo, il pancreas secerne l'ormone dell'insulina che regola l'afflusso di zuccheri nel sangue e il metabolismo dei carboidrati.

D biamo già detto, è il fuoco, capace di dare calore e di attivare i processi vitali non solo dell'individuo ma anche dell'universo intero. Autostima e vergogna: questi i caratteri antitetici che contraddistinguono il terzo chakra. Essere fiduciosi, determinati, attivi e capaci di autodisciplina sono le qualità dell'individuo il cui senso dell'essere è particolarmente realistico e il cui terzo chakra è aperto. Tali qualità, nel loro insieme, costituiscono l'au-tostima che nasce dal corpo e dall'identità fisica e quindi dal senso del proprio limite; si sviluppa con il controllo e la coscienza delle emozioni e si consolida attraverso la fatica, i successi e gli insuccessi della vita quotidiana. Dubbi e recriminazioni, scarsa autostima danno invece il via alla vergogna, alla percezione della propria impotenza, annullando le energie vitali del terzo chakra e conducendo l'individuo all'inerzia.

Qualche utile consiglio «Un uomo deve conoscere il proprio valore e tenere le cose sotto i piedi.»

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Tutto ciò che e associato al fuoco e quindi al dinamismo rivitalizza il terzo chakra Ricordatevi pertanto di • aumentare la consapevolezza e il sapere che insieme costituiscono il potere, anche attraverso la meditazione, • fare qualcosa di diverso da ciò che e semplice routine (se siete pigri, muovetevi, se siete sempre in movimento, rilassatevi), • non prendere troppo sul seno ciò che fate e imparare a riderne, • fare spesso delle lunghe corse, • ridere spesso, soprattutto in compagnia

«Che cos'è questa vita che fluisce nei nostri corpi come fuoco? Che cos'è? La vita e come il ferro caldo pronto da colare Scegliete lo stampo e la vita lo brucerà »

MAHABHARATA

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Il quarto Chakra, o Anahata Chakra, detto anche Chakra del Cuore

o il Centro del Cuore

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Il quarto chakra e localizzato sopra lo sterno, al centro del petto, in corrispondenza del cuore E evidentemente collegato al cuore, ma non solo, si associa infatti anche alla parte superiore della schiena, compreso il torace con la cavita toracica, alla parte inferiore dei polmoni, al sangue e alla sua circolazione nonché all'epidermide e alla ghiandola del timo Viene associato all'amore, il suo elemento è 1'aria E' in grado di collegare i tre chakra inferiori con quelli superiori ed e pertanto il centro all'intero sistema dei chakra

E' il centro energetico che permette nello stesso tempo di sintonizzarci con le vibrazioni cosmiche, di conseguire perfette unioni d'amore, di cogliere la bellezza e l'armonia della natura, di darci la possibilità di accettare le esperienze di dolore e la sofferenza insieme con tutte le componenti della personalità

Quando questo chakra e completamente aperto l'indivi-duo e disponibile nei confronti degli altri, compassionevole e capace di offrire gioia e amore Quando questo chakra e bloccato o disarmonico l'individuo tenderà a sentirsi eluso da qualsiasi esperienza negativa e non sapra liberarsi dalla dipendenza dagli altri oppure diventerà insensibile e freddo nei confronti di qualunque manifestazione d'affetto

Il quarto chakra e il centro dell'amore e, a differenza del secondo, più sessuale e appassionato e comunque stimolato dalla presenza di una persona, non e legato a uno stimolo esterno, ma nasce dall'interiorità Riesce a emer-

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Il timo

a ghiandola del timo, presente nel bambino appena nato e poi tendente a ridarsi, regola lo sviluppo dell'individuo e il sistema linfatico. Ha inoltre la

funzione di stimolare e rinforzare il sistema immunitario.

L

gere come senso di pace che nasce dalla mancanza di bi-sogni, come vera e propria armonia interiore Il suo elemento, l'aria, rappresenta la libertà, la leggerezza, la semplicità, la dolcezza Nello stesso tempo l'aria richiama spazi ampi e rarefatti che non soffocano. Così deve essere il sentimento che pervade l'individuo, anche quando si rivolge agli altri, ai quali e importante non "togliere il respiro" E il respiro e attività vitale basti pensare che ciascun individuo respira circa ventimila volte in un solo giorno e comunque nessuno può vivere più di qualche minuto senza respirare II cuore, centro del chakra, richiede comprensione ed equilibrio tra ciò che e mente e ciò che e corpo, tra ciò che e intcriore e ciò che invece e esteriore Come centro unificatore possiede dunque anche la capacita di "guarire" i mali fisici e quelli spirituali, restituendo l'equilibrio, segno di benessere

Qualche utile consiglio «Se il vostro respiro e m qualche modo costretto, nella stessa misura lo e anche la vostra vita » Tutto ciò che e

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associato ali aria e quindi al respiro rivitalizza il quarto chakra Ricordatevi pertanto di • dedicarvi spesso nella giornata a esercizi specifici di respirazione, • fare con gli amici un cerchio per guardarvi negli occhi e ripetere a turno i vostri nomi, • immaginare di essere la persona con cui avete un rapporto e raccontare la stona del vostro rapporto dal suo punto di vista

«L' amore nacque per primo, gli dei non possono raggiungerlo, o gli spinti o gli uomini Lontano come il ciclo e la terra si estende, lontano come le acque va, alto come il fuoco brucia, tu sei più grande, amore! II vento non può raggiungerti, ne il fuoco, ne il sole, ne la luna Tu sei più grande di loro tutti, amore!» ATHARVA VEDA 9 2 19

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Il quinto Chakra, o Vishuddha Chakra, detto anche Chakra del Collo o della Gola

o il Centro della Comunicazione

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Il quinto chakra è localizzato nella gola, tra l'avvallamento del collo e la laringe, all'altezza della vertebra cervicale. Viene collegato al collo, alla gola e alle mascelle nonché alla tiroide. È associato alla creatività e alla comunicazione e il suo elemento è il suono.

È il centro della capacità umana di esprimersi e comunicare e ha la funzione di collegare i pensieri ai sentimenti, gli impulsi alle reazioni. Rende inoltre manifesto il contenuto di tutti i chakra: attraverso la gola si ride, si piange, si sospira, si grida, si parla, si canta, si comunicano insomma stati d'animo, emozioni, idee, dubbi, quesiti...

Il funzionamento armonico di questo centro di energia da la possibilità all'individuo non solo di riflettere e coordinare i propri pensieri e di esprimere compiutamente e liberamente il proprio modo di essere, ma anche di saper ascoltare gli altri senza subire condizionamenti.

Un funzionamento disarmonico o insufficiente del chakra bloccherà invece la comunicazione tra mente e corpo e porterà a scarsa capacità di elaborazione delle proprie idee, a comunicare in modo disorganizzato oppure a ostacolare sia la capacità di esprimersi sia la capacità di ascoltare le riflessioni altrui.

Il quinto chakra è il centro legato alla comunicazione at-traverso il suono, le vibrazioni. È il regno della creatività e della coscienza che controlla, definisce, trasmette e ri-

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La tiroide

uesta ghiandola ha una funzione importante nello sviluppo dello scheletro e degli organi interni; regola la velocità e la modalità di trasformazione del cibo in energia e l'uso di questa energia; controlla il metabolismo dello iodio e il livello del calcio nel

sangue e nei tessuti.

Q

ceve la comunicazione. Perché la comunicazione avvenga è necessaria una rappresentazione simbolica, organizzata secondo un vero e proprio codice, comprensibile da chi è oggetto di tale comunicazione, da chi insomma deve ricevere il messaggio. Eelaborazione dei messaggi, che può avvenire solo con una schematizzazione, fatta per esempio di parole dette o scritte, di musiche, anche di gesti intenzionali, consente di superare i limiti fisici e di estendersi oltre, anche sul piano cosiddetto etereo. Le vibrazioni sonore inoltre, ciò che noi chiamiamo musica, sono determinate dal ritmo, elemento pregnante della forza vitale presente nell'individuo e nell'universo intero. Cogliere i ritmi della natura e quelli del proprio essere significa vivere in sintonia con se stessi e gli altri. Non saper sentire e poi seguire i ritmi significa avere blocchi a livello del quinto chakra.

Qualche utile consiglio «II nome del quinto chakra, Visuddha, significa "purifi-cazione".» Per attivarlo è pertanto necessario procedere a

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veri e propri "riti", come i Cinque tibetani. Ricordate co-munque che e possibile attivarlo anche • ascoltando con attenzione le comunicazioni degli altri, • registrando e riascoltando la propria voce durante una normale conversazione, • osservando in quale modo si svolge il proprio dialogo con gli altri (quante volte si interviene, quanti attimi di silenzio si creano tra gli interlocutori e cosi via)

«O Devi! O Sarasvati! Risiedi Tu sempre nel mio discorso Risiedi Tu sempre sulla punta della mia lingua. O Madre Divina, datrice di perfetta poesia »

SWAMI SlVANANDA RADHA

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Il sesto Chakra, o Anja Chakra, detto anche Chakra delle Sopracciglia o il Terzo occhio

od Occhio della Conoscenza, della Saggezza, il Chakra dell'Occhio Interiore o del Comando

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Il sesto chakra e localizzato nel centro della fronte, un dito sopra il ponte del naso, e collegato al volto, agli occhi, alle orecchie, al naso, al cervelietto, ai seni frontali, al sistema nervoso centrale e all'epifisi Viene evidentemente associato all'intuizione, all'immaginazione, alla chiaroveggenza, il suo elemento e la luce

Questo centro energetico e la sede delle più elevate fa-colta mentali, delle capacita intellettuali di discernimento, della memoria e della volontà Tutto ciò che l'indivi-duo realizza e sperimenta e preceduto da elaborazioni del pensiero che a loro volta vengono influenzate dalle emozioni e dagli impulsi più profondi. Con il potere della mente l'individuo e collegato con il reale nelle sue ma-nifestazioni, con la consapevolezza di sé entra a far parte dell'Essere assoluto e del suo processo creativo

Quanto più questo chakra e armonico e vitale, tanto più i pensieri si sviluppano e nasce la consapevolezza della realtà. Il mondo materiale non ha più segreti. Tuttavia, quando questo chakra non ha sufficiente vitalità oppure e disarmonico l'individuo rischia di vivere in modo intel-lettualistico, senza contatto vero con la realta e con tutte le sue manifestazioni, oppure in modo superficiale, attribuendo alla realta materiale un'importanza eccessiva

«L'immaginazione è più importante della conoscenza » Queste parole di Albert Einstein sintetizzano il ruolo del sesto chakra più di ogni altro discorso. Anche la luce, 1' e-lemento a cui è associato, testimonia la sua essenza Nu-

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L'epifisi

a ghiandola pineale o epifisi influenza probabilmente l'intero organismo, anche se non è del tutto chiaro alla scienza come avviene tale processo. Sicuramente la

disfunzione di questa ghiandola provoca uno sviluppo sessuale prematuro.

L merosissime sono infatti le funzioni del corpo influenzate ogni giorno dall'esposizione alla luce In particolare tra tali funzioni emerge il processo visivo, quello che consente, attraverso gli occhi, stimolati dai raggi di luce riflessi sugli oggetti, di condurre impulsi elettrici al cervello In realta non sono gli occhi a "vedere", ma e la mente Il quinto chakra, diversamente dagli altri cinque, e localizzato nel cervello, per sua natura dunque più mentale che corporeo L'interiorizzazione dell'immagine e "immaginazione", processo primario che conduce alla memorizzazione e alla conoscenza, a livelli superiori di partecipazione all'energia universale, che si manifesta anche con i colori, le forme, le distanze e cosi via Qualche utile consiglio «Tutto ciò che vediamo sono le nostre visualizzazioni Non vediamo con l'occhio ma con l'anima » Per attivare il sesto chakra e utile tenere presente proprio questa affermazione, soprattutto nelle meditazioni che accompagnano i Cinque tibetani Ricordate comunque che e possibile attivarlo anche

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rilassandovi comodamente seduti e chiudendo gli occhi per qualche minuto senza pensare a nulla, appoggiando sulle palpebre per pochi istanti i palmi delle mani precedentemente sfregati, visualizzando con gli occhi chiusi i vostri colori preferiti, osservando per qualche minuto una persona di stante da voi un paio di metri e chiudendo poi gli occhi per visualizzarla

«Nel ciclo di Indra, si dice che vi sia una ramificazione di perle disposte m modo che se ne guardate una vi vedrete tutte le altre riflesse Nello stesso modo ciascun oggetto del mondo non è semplice mente se stesso ma comporta ogni altro oggetto e in realta e ogni altro oggetto »

SUTRA INDUISTA

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Il settimo Chakra, o Sahasrara Chakra, detto anche Chakra della Corona o Centro del Vertice o il

Loto dai mille petali

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Il settimo chakra e localizzato al centro della sommità della testa, e collegato al cervello e alla ghiandola pituitaria o ipofisi ed e evidentemente associato alla conoscenza, alla comprensione, alla coscienza trascendente, il suo elemento è il pensiero

E l'origine e il punto di partenza per la manifestazione dell'energia di tutti gli altri chakra E inoltre l'elemento che consente all'individuo di sentirsi unito al principio divino originano, all'energia cosmica universale Ciò che mediante il sesto chakra, il cosiddetto Terzo Occhio, e stato compreso mediante l'intelletto diventa consapevolezza completa e capace, m autonomia, di fornire energia a tutti gli altri chakra, irraggiando luce propria

Quando la vitalità del settimo chakra e insufficiente l'in-dividuo non sa guardare dentro di se, non riesce a far proprie le risorse che gli consentono di interrogarsi e di vivere con serenità e con armonia Diventano forti la paura della morte e l'incertezza del senso della vita A qualcuno capiterà di voler fuggire da queste sensazioni con ritmi di vita stressanti e pieni di tensioni

In sanscrito il settimo chakra e detto anche Sahasrara, che significa millefoglie. Infiniti sono infatti i petali di loto che si schiudono, racchiusi uno dentro l'altro, rivolti verso il basso a simboleggiare la capacita di questo centro di energia di riversare in ciascun essere la comprensione della consapevolezza cosmica Secondo la filosofia yoga è la sede dell'illuminazione, stato di coscienza che

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L'ipofisi

‘ipofisi, o ghiandola pituitaria, viene anche chiamata "ghiandola maestra" perché le sue attività secretorie regolano le funzioni di tutte le altre ghiandole interne.

L

supera la ragione, i sensi e i confini del mondo circostante L'elemento a cui viene associato e il pensiero II settimo chakra infatti e legato a quanto l'individuo sperimenta con la mente e soprattutto alla consapevolezza di tale processo che conduce alla vera conoscenza Se i chakra inferiori sono ricchi di informazioni relative al mondo fisico, ai rapporti di causa-effetto e cosi via, il chakra superiore si apre alla consapevolezza dei principi organizzativi del sistema cosmico, consentendo anche all'individuo di comprendere la struttura di tutto ciò che sta alla base, dentro il proprio essere

Qualche utile consiglio «Ciò che dentro di noi cerca di conoscere e progredire non e la mente, ma qualcosa che sta dietro di essa e ne fa uso » Attivare il settimo chakra e quindi la consapevolezza implica l'esercizio costante dell'attenzione, della riflessione, della partecipazione Significa pertanto imparare a meditare, tecnica che necessita di molto esercizio Di seguito tuttavia qualche consiglio • imparate a seguire un pensiero che vi attraversa la mente fino alle sue origini,

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stendetevi comodamente sul pavimento, in posizione supina, rilassando ogni angolo del vostro corpo e mettete a fuoco il ritmo della respirazione; seguendo le tecniche consigliate nelle prossime pagine imparate a regolare il vostro respiro.

«La Forza Universale è una Coscienza Universale. È questo che scopre chi cerca. Quando avrà trovato questa corrente di coscienza dentro di sé, potrà passare a qualsiasi piano della realtà universale, a qualsiasi punto, e percepirne, comprenderne la coscienza, o addirittura intervenire, perché ovun-que è la stessa corrente di coscienza con diverse modalità di vibrazione.»

SATPREM, su SRI AUROBINDO

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TECNICHE DI RESPIRAZIONE

Ciascuno di noi respira senza pensarci, in modo del tutto involontario. Eppure, se si prestasse maggiore attenzione a questa funzione fondamentale, ci si accorgerebbe che non è difficile raggiungere un maggior stato di benessere respirando meglio, più profondamente in alcune occasioni, più armonicamente in altre. Prima di dedicarsi alla pratica dei Cinque riti tibetani, oppure, contemporaneamente a tale pratica, è consigliabile eser-citarsi per abituarsi a respirare correttamente, l' energia fluirà meglio e i chakra verranno rivitalizzati. Le pratiche Yoga insegnano tecniche diverse per imparare a respirare. Di seguito qualche consiglio per chi non avesse già maturato una corretta respirazione. Esercitatevi a stomaco vuoto, per evitare crampi o nausea. Controllate almeno inizialmente il respiro appoggiando una mano sull'addome e visualizzate il vostro corpo come se fosse una palla che si gonfia e si sgonfia dolcemente.

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Il respiro "normale" Sedetevi su una sedia con lo schienale rigido oppure per terra con le gambe incrociate e rilassate spalle e petto; appoggiate il palmo della mano destra sull'addome e, senza muovere il petto, inspirate dolcemente attraverso il naso espandendo l'addome; sempre senza muovere il petto, espirate dal naso o dalla bocca rilasciando i muscoli addominali. Esercitatevi per almeno un paio di minuti alla volta e ricordate che questo è il tipo di respirazione che dovrebbe diventare abituale.

Il respiro lungo e profondo È un modo di respirare del tutto simile al respiro "normale", ma è più profondo. Per esercitarvi sedetevi comodamente a terra o su una sedia, appoggiate il palmo della mano destra sull'addome e quello della mano sinistra al centro del petto; inspirate attraverso il naso riempiendo non solo l'addome, ma anche i polmoni di aria, in modo che il petto sia gonfio. A questo punto espirate dolcemente attraverso il naso oppure la bocca. Esercitatevi per alcuni minuti ogni volta. Questo tipo di respiro può aiutarvi a eliminare le tensioni e a ridurre gli stati di stress.

Il respiro di transizione Mettetevi in posizione eretta, con i piedi uniti e le mani sui fianchi; inspirate profondamente attraverso il naso ed espirate con la bocca formando con le labbra un cerchio. Ripetete due volte questo tipo di respiro dopo aver eseguito ciascuno dei Cinque riti tibetani.

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I Cinque tibetani

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L'ORIGINE

Non è facile stabilire l'origine dei Cinque "riti" tibetani, anche perché la loro diffusione in Occidente è decisamente recente, come abbiamo già visto nelle prime pagine di questo libro, e legata alla pubblicazione di alcune opere, i cui autori sono in parte avvolti in un'aura di mistero. Per quanto ne sappiamo, il primo testo sui riti tibetani venne scritto negli anni Trenta da Peter Kelder. La versione originale, Eye of revelation, fu pubblicata nel 1939. Forse Peter Kelder, che potrebbe anche essere uno pseudonimo per celare una personalità femminile, trasse ispirazione da Shangri-La di James Hilton, pubblicato anch'esso nei primi anni Trenta. Nel suo libro di maggior successo, Lost Horizon, Hilton sembra suggerire che il segreto dell'eterna forza e vitalità dei Lama tibetani consista in alcuni esercizi rituali. Peter Kelder riprende

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Antica saggezza

<<La chiave della supremazia è sempre il silen-

zio, a tutti i livelli, perché nel silenzio discer-

niamo le vibrazioni e discernerle significa

essere in grado di catturarle.»

«Per vedere dovete smettere di stare nel mezzo dell'immagine.»

«Quando la coscienza è liberata dalle migliaia di vibrazioni mentali, vitali, fisiche in cui giace sepolta, vi è gioia.»

SRI AUROBINDO

l'argomento e descrive la ricerca avventurosa di quei riti e di come essi siano pervenuti in Occidente. Per farlo ne rivela il segreto: una serie di esercizi-energia straordina-riamente semplici ma estremamente efficaci, basati sulla tradizione Yoga.

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IL MOMENTO OPPORTUNO

I ritmi imposti dalla quotidianità (lo studio, il lavoro, le incombenze domestiche ) non lasciano ampi spazi alla maggioranza delle persone per occuparsi del proprio be-nessere Tuttavia non vi sarà possibile ottenere effetti benefici dagli esercizi che ci accingiamo a proporvi se non prenderete la saggia decisione di trovare dei momenti di tranquillità tutti per voi, lontano dalle preoccupazioni o dalle distrazioni. Tutti i giorni Un quarto d'ora, venti minuti al giorno questo il tempo medio necessario per l'esecuzione completa dei Cinque tibetani, anche se ovviamente ciascuno ha dei ritmi propri che deve prima di tutto capire, per poi seguirli Pur non esistendo una regola precisa circa il momento

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più adatto, e utile ricordare che eseguire gli esercizi si-gnifica entrare m armonia con se stessi e con ciò che ci circonda, senza che ciò che sta intorno possa recare di-sturbo Per evitare una stimolazione eccessiva dell'energia il principiante dovrà evitare di dedicarsi agli esercizi più di una volta al giorno. Solo chi ha già maturato una pratica di diversi mesi potrà decidere di eseguire gli esercizi il mattino e di ripeterli, non più di tre volte pero, anche la sera

II mattino presto Non sarà difficile ad alcuni eseguire i Cinque tibetani il mattino presto, appena svegli, prima di fare colazione E questo il momento ideale, per iniziare la giornata al me-glio, stimolando 1 energia vitale necessaria ad affrontare senza tensioni lo studio o il lavoro E tuttavia indispensa-bile avere a disposizione, oltre al tempo necessario allo svolgimento degli esercizi (una ventina di minuti circa), anche quello per fare una salutare colazione prima di uscire di casa

La sera tardi Chi non può permettersi un risveglio anticipato, per motivi diversi oppure perche costretto a rispettare oran cosi particolari da non poter vivere la mattina come mo-mento d'inizio della giornata, potrà dedicarsi agli esercizi la sera, al termine di una giornata intensa, per favorire il sonno. Se eseguirà gli esercizi la sera, dovrà pero avere l'accortezza di lasciar trascorrere almeno tre ore dal mo-

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Il ritmo

el cuore di ognuno di noi, nonostante le imperfezioni, esiste un silenzioso impulso di ritmo perfetto, un complesso di forme e di risonanze ondulatorie, che è assolutamente unico e individuale, e che tuttavia ci collega a ogni altro elemento dell'universo. Entrare m contatto con questo impulso può trasformare l'esperienza personale e alterare in qualche modo il mondo circostante.»

GORGE LEONARD, THE SILENT PULSE

«N

mento del pasto perche, quando è in corso la digestione, l'energia è concentrata sull'apparato digerente

Non perdete il ritmo!

Senza farsi prendere dall'idea che si sta facendo semplicemente della ginnastica, e opportuno ricordare che l'efficacia dei Cinque tibetani risiede anche nella ripetizione quotidiana La stessa ora di ogni giorno, possibilmente!

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IL LUOGO OPPORTUNO

Non esistono indicazioni specifiche in relazione al luogo dove praticare gli esercizi Un ambiente ben ventilato, ne troppo freddo ne troppo caldo, uno spazio apposito, ordinato, pulito, senza stimoli sonori o visivi troppo forti ecco le caratteristiche per il luogo adatto Attrezzatelo con un tappetino o un materassino cosi da non venire a contatto, per quella parte di riti che devono essere fatti a terra, con una superficie troppo dura Assicuratevi inoltre che l'at-mosfera complessiva sia tranquilla e rilassante Anche i colori delle pareti o dell'arredamento possono concorrere alla serenità di chi intende dedicarsi con metodo agli esercizi. L'abbigliamento Indossate abiti comodi, come per esempio una morbida tuta, che consentano ampia libertà nei movimenti Quan-

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do e possibile, e la temperatura dell'ambiente può giocare un ruolo rilevante, limitate il più possibile tali indumenti, che devono comunque essere fatti di fibre naturali come per esempio il cotone

Avvertenze

Anche se non esiste età o condizione specifica per praticare i Cinque riti tibetani, e opportuno ricordare che si ottengono vantaggi maggiori quando ci si trova m uno stato di benessere, non esistono controindicazioni se ci si tro\a in una situazione di disagio, ma in talune condizioni tali esercizi potrebbero rivelarsi non efficaci o m qualche caso fonte di eccitazione Gli esperti infatti consigliano di evitare gli esercizi quando sono presenti situazioni di particolare squilibrio E opportuno per esempio sospenderli quando • ci si trova in uno stato febbrile, • si è convalescenti dopo un intervento chirurgico, • nel corso dei primi mesi di gravidanza se non si sono mai praticati esercizi di Yoga o di ginnastica in generale, • si è in avanzato stato di gravidanza

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GLI ESERCIZI DA VICINO

1 Cinque tibetani, da qualcuno definiti gli esercizi dell'e-terna giovinezza, sono movimenti m grado di rinvigorire il fisico e riattivare 1' energia vitale, purché si eseguano con costanza, proprio come riti purificatori E come ogni vero rito prevedono delle procedure.Il ri-spetto di tali procedure è senza dubbio importante Non nascono infatti da un capriccio temporaneo o dalle con-siderazioni di una sola persona, ma sono il frutto di una tradizione E necessario quindi iniziare con tre serie di ciascun esercizio e solo quando si avverte la necessita di andare oltre si procede aumentando le serie, di due in due Da tre si passa a cinque, e poi a sette, a nove e cosi via, sino a raggiungere ventuno serie per ciascun esercizio Importantissime sono la costanza nel tempo e la lentezza dei movimenti

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Più importante di ciascuna considerazione fatta in precedenza è tuttavia l'atteggiamento con cui si vivono questi momenti. La mente deve essere sgombra e capace di concentrarsi su pensieri positivi. Per facilitare la concen-trazione e per dirigere l'attenzione ai propri chakra vale la pena formulare mentalmente frasi significative.

Insieme con la spiegazione degli esercizi, nelle prossime pagine, troverete le affermazioni utilizzate dai monaci ti-betani. Fatele vostre oppure costruitene di simili, se ritenete che possano aiutarvi meglio di quelle proposte. E non lasciatevi cogliere dallo scoraggiamento dopo i primi tentativi, se vi sembra che non sortiscano gli effetti desi-derati. Lasciatevi coinvolgere e l'energia vitale vi restituirà "l'eterna giovinezza".

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IL PRIMO RITO TIBETANO

<<Giocando i bambini lo fanno di continuo... >>

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l primo esercizio, o per meglio dire "rito", è molto semplice. La sua funzione è soprattutto quella di accelerare la velocità dei vortici energetici, cioè dei chakra. Secondo alcuni, per ottenere una maggiore

stabilità emotiva, l'esercizio di rotazione può essere eseguito anche al termine degli altri quattro.

I

Mettetevi in posizione eretta, con i piedi legger-mente staccati. Allargate le braccia, portandole in posizione orizzontale rispetto al pavimento (vedi figura 1). Mettete a fuoco un punto davanti a voi e concentrate lo sguardo su di esso, per evitare, durante le rotazioni, il rischio di vertigini. Ruotate tutto il corpo da sinistra a destra, in senso orario (vedi figura 2). Avvicinate i palmi delle mani al viso e concentratevi sui pollici, poi ritornate lentamente alla posizione di partenza. Quando state per fermarvi, divaricate le gambe e guardatevi i pollici. Terminate l'esercizio posando prima le mani sul petto e poi sui fianchi (vedi figura 3).

Ripetete l'esercizio inizialmente per tre volte, poi giorno per giorno aggiungete un paio di ripetizioni alla volta e comunque in modo da non avvertire nessun senso di vertigine, per giungere fino a un massimo di ventuno rotazioni.

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Sapevate che...

Anche i dervisci rotanti, i musulmani seguaci del Mahadi, mantengono a lungo forza e vigore, girando su se stessi quasi senza soste nel corso di talune cerimonie religiose.

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e/

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Frasi da ripetere nel corso del primo rito

Sto respirando profondamente, lentamente e con molta tranquillità. SONO LUCE, AMORE, RISATA...

Sono sempre consapevole dei miei movimenti.

A ogni respiro ricevo nuova energia. SONO FORZA VITALE LUMINOSA. In ogni momento sono io che creo la mia vita.

La mente e il cuore sono in equilibrio. L'ENERGIA SCORRE LIBERAMENTE E SENZA LIMITAZIONI. Percepisco il mio corpo come un tutto armonioso.

Sono puro spirito. IL MIO CORPO DIVENTA PIÙ LEGGERO. Col respiro unifico la mente, il corpo e lo spirito.

Lascio che il respiro trovi il suo ritmo naturale. ABBANDONO OGNI NEGATIVITÀ. Mi affido alla saggezza del corpo.

I miei movimenti seguono il respiro. SONO IN ARMONIA COL FLUSSO DELLA VITA. Sono sempre nel posto giusto al momento giusto e facendo ciò che è bene fare ottengo risultati positivi.

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IL SECONDO RITO TIBETANO

«Per la semplice gioia di tenersi in esercizio, trasportava dall'orto al monastero, che si trovava ad alcune centinaia di metri più su, un carico di verdure che doveva pesare cinquanta chili buoni, caricandoselo sulla schiena...»

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nche il secondo rito tibetano, come il primo, stimola i sette chakra principali e quindi da un notevole contnbuto al processo di rinvigorimento del corpo e dello spinto La sua

esecuzione e ancor più semplice di quella del primo I Lama lo praticano su un tappeto da preghiera largo sessanta centimetn e lungo due metri, fatto di lana e di una fibra vegetale

A

Sdraiatevi sopra un tappeto spesso o una superficie imbottita in posizione supina Stendete le braccia lungo i fianchi e appoggiate i palmi delle mani, con le dita unite, sul pavimento (vedi figura 1) Sollevate il capo da terra ripiegando il mento sul petto (vedi figura 2) e, contemporaneamente, sollevate le gambe con le ginocchia tese portandole m posizione verticale (vedi figura 3) Portate le ginocchia verso la testa, senza piegare le ginocchia e solamente se ciò non vi costa troppi sforzi Lentamente, tenendo le ginocchia tese, riportate a terra la testa e le gambe Rilassate i muscoli e ripetete l'esercizio

Se all'inizio non riuscite a tenere le ginocchia tese, prosate a tenerle leggermente piegate Con la pratica e con la ripetizione dell'esercizio diventerà naturale eseguire cor-rettamente tutti i movimenti

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i 2

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Ricordatevi...

Mentre eseguite l'esercizio curate in modo particolare la respirazione Inspirate profondamente (dal naso) mentre alzate le gambe e il capo, espirate completamente (indif-ferentemente dal naso o dalla bocca) quando li abbassate Tra un'esecuzione e 1' altra, mentre rilassate i muscoli, non perdete il ritmo respiratorio

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Frasi da ripetere nel corso del secondo rito

Sto respirando profondamente, lentamente e con molta tranquillità. VIVO CON LA CONSAPEVOLEZZA CHE MI GIUNGE DAL CENTRO DI ME STESSO.

Sono sempre consapevole dei miei movimenti.

Ad ogni respiro ricevo nuova energia. MI SENTO IN UNIONE CON IL MIO CORPO. In ogni momento sono io che creo la mia vita.

La mente e il cuore sono in equilibrio. ASCOLTO I MESSAGGI DEL MIO CORPO. Percepisco il mio corpo come un tutto armonioso.

Sono puro respiro. HO MOLTISSIMO TEMPO PER TUTTO CIO CHE C'È DI ESSENZIALE N E L L A MIA VITA. Col respiro unifico la mente, il corpo e lo spirito.

Lascio che il respiro trovi il suo ritmo naturale. IL MIO MONDO INTERIORE: E' IN ARMONIA CON IL MONDO ESTERNO. Mi affido alla saggezza del corpo.

I miei movimenti seguono il respiro. SONO SE N S I B l L E AI MIEI BISOGNI PIU' PROFONDI Sono sempre nel posto giusto al momento giusto e facendo ciò che è bene fare ottengo risultati positivi.

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IL TERZO RITO TIBETANO

«Ho visto più di duecento Lama eseguire insieme questo rito. . .»

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l terzo rito tibetano, che deve essere eseguito subito dopo il secondo, prevede anch'esso uno schema ritmico di respirazione Se non avete l'abitudine a respirare correttamente, esercitatevi ogni giorno, seguendo le indicazioni date nelle pagine precedenti (vedi pp 57-58)

I Inginocchiatevi sul tappeto con le gambe legger-mente divaricate, il corpo eretto e flettendo le dita dei piedi (vedi figura 1) Appoggiate le mani sui glutei come se voleste sostenerli. Inclinate subito dopo il capo e il collo in avanti, ripiegando contemporaneamente il mento sul petto Inclinate dolcemente il capo piegandovi all'indietro e inarcando nello stesso momento la colonna vertebrale Durante questa fase (vedi figura 2), afferratevi i glutei con le mani e inspirate profondamente Espirate lentamente e tornate alla posizione originaria Ripetete la sequenza lo stesso numero di volte de- gli esercizi precedenti

Una volta terminata la serie, lasciatevi cadere dolcemente in posizione fetale appoggiatevi sui talloni con le dita tese, sporgetevi m avanti, tenendo la fronte sul pavimento e il corpo rilassato. Respirate dolcemente per qualche istante

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Sapevate che...

Quasi tutti gli occidentali pensano che l'invecchiamento e il deterioramento del corpo siano legge di natura. I Lama sono invece giunti alla consapevolezza che si tratti di un'illusione che diventa realtà perché si nutre di se stessa.

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Frasi da ripetere nel corso del terzo rito

Sto respirando profondamente, lentamente e con molta

tranquillità.

MI STO APRENDO ALLA BELLEZZA DELLA VITA.

Sono sempre consapevole dei miei movimenti.

Ad ogni respiro ricevo nuova energia. L'ENERGIA FLUISCE ININTERROTTAMENTE NEL MIO CORPO.

In ogni momento sono io che creo la mia vita.

La mente e il cuore sono in equilibrio. MI DISCHIUDO ALLA BELLEZZA CHE E’ IN ME.

Percepisco il mio corpo come un tutto armonioso.

Sono puro respiro. MI SENTO IN COMUNIONE CON LA TERRA E IL CIELO.

Col respiro unifico la mente, il corpo e lo spirito. Lascio che

il respiro trovi il suo ritmo naturale. IL CORAGGIO E LA RESISTENZA AUMENTANO DI GIORNO IN GIORNO.

Mi affido alla saggezza del corpo.

I miei movimenti seguono il respiro. AFFRONTO LE SFIDE DELLA VITA.

Sono sempre nel posto giusto al momento giusto e

facendo ciò che è bene fare ottengo risultati positivi.

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IL QUARTO RITO TIBETANO

«La prima volta che eseguii il quarto rito mi sembrò assai difficoltoso. Dopo una settimana diventò semplice da effettuare come gli altri...»

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seguite il quarto esercizio, che apparentemente sembra essere più faticoso dei precedenti, curando il

ritmo respiratorio Inspirate profondamente quando sollevate il corpo e trattenete il respiro mentre tendete i muscoli Espirate completamente quando rilasciate i muscoli

E

Sedetevi a terra a gambe distese sul tappeto, diva-ricandole di circa trenta centimetri. Appoggiate i palmi delle mani sul pavimento, di fianco ai glutei (vedi figura 1), tenendo il busto ben eretto e piegate il mento sul petto (vedi figura 2) Portate il capo ali indietro e sollevate il corpo in modo che le ginocchia si pieghino, mentre le gambe rimangono tese, cosi da formare una linea retta con il busto (vedi figura 3) Per sollevarvi, iniziate dal bacino, facendolo in-dietreggiare cosi da non piegare le gambe prima che il corpo sia sollevato dal pavimento _ Inspirate profondamente _ Tendete i muscoli e trattenete il respiro _ Ritornate a terra espirando lentamente

Durante il periodo di riposo tra un'esecuzione e l'altra, mantenete il rimo respiratorio seguito nel corso dell esercizio

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Ricordatevi...

L'unica differenza tra vigore e salute malferma e tra giovinezza e vecchiaia e il ritmo veloce a cui ruotano i chakra Rivitalizzare il ritmo porterà il vecchio a diventare come nuovo e il malato a essere sano

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Frasi da ripetere nel corso del quarto rito

Sto respirando profondamente, lentamente e con molta tranquillità ESPRIMO LA CONSAPEVOLEZZA PER MEZZO DEL MIO CORPO Sono sempre consapevole dei miei movimenti

Ad ogni respiro ricevo nuova energia L'ENERGIA CORROBORA OGNI CELLULA DEL MIO CORPO In ogni momento sono io che creo la mia vita

La mente e il cuore sono in equilibrio LASCIO CHE IL MIO CORPO SEGUA IL FLUSSO E IL RIFLUSSO DELLA MAREA Percepisco il mio corpo come un tutto armonioso Sono puro respiro IL MIO SAPERE E LE M I E AZIONI SONO IN ARMONIA Col respiro unifico la mente, il corpo e lo spinto Lascio che il respiro trovi il suo ritmo naturale SONO FORTE E VIVO Mi affido alla saggezza del corpo I miei movimenti seguono il respiro OGNI VO L T A CHE GIOISCO DELLA V I T A , F A C C I O UN DONO A ME STESSO E AL MONDO Sono sempre nel posto giusto al momento giusto

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IL QUINTO RITO TIBETANO

«In capo a una settimana la persona media considererà questo rito uno dei più facili da compiere »

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‘ultimo dei Cinque riti tibetani ha, come gli altri, la funzione di normalizzare la velocità dei chakra avviando il loro movimento rotatorio a una velocità adatta a una persona giovane, di circa venticinque anni. Questa la vera funzione, al di là del fatto che l'esercizio è comunque utile per migliorare il tono muscolare.

Sdraiatevi sul tappetino in posizione prona, a pancia in giù, con le mani e i piedi divaricati di circa sessanta centimetri (vedi figura 1). Sollevatevi sui palmi delle mani e sulle punte dei piedi (vedi figura 2). Inclinate il capo all'indietro (il più possibile, ma dolcemente). Inspirate e piegatevi all'altezza dei fianchi sollevando i glutei, così che il corpo assuma la forma di una V capovolta

(vedi figura 3). Contemporaneamente, portate in avanti il mento ripiegandolo sul petto. Espirate per tornare alla posizione di partenza. Solo le mani

e i piedi devono toccare il pavimento (vedi figura 4).

L

Se avete problemi a seguire una respirazione controllata, esercitatevi e soprattutto tenete presente che "ridere" è un ottimo rinforzo per equilibrare il diaframma e quindi anche la respirazione profonda.

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Sapevate che...

I chakra che in genere possiedono le persone di mezza età girano a velocità differenti e nessuno di loro funziona in armonia con gli altri

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Frasi da ripetere nel corso del quinto rito

Sto respirando profondamente, lentamente e con molta tranquillità IL MIO CORPO E FLESSIBILE, I MIEI PENSIERI SONO DUTTILI Sono sempre consapevole dei miei movimenti Ad ogni respiro ncevo nuova energia MI MUOVO SEGUENDO I RITMI DEL MIO CORPO In ogni momento sono io che creo la mia vita La mente e il cuore sono in equilibrio IL MIO CORPO E' BELLO E CEDEVOLE Percepisco il mio corpo come un tutto armonioso Sono puro respiro. MI SENTO VITALE E SONO FELICE Col respiro unifico la mente, il corpo e lo spirito Lascio che il respiro trovi il suo ritmo naturale SONO GIOVANE E DINAMICO E RIMARRÒ TALE Mi affido alla saggezza del corpo I miei movimenti seguono il respiro MI CONCENTRO SULLE COSE ESSENZIALI DELLA MIA VITA Sono sempre nel posto giusto al momento giusto e facendo ciò che e bene fare ottengo risultati positivi

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QUALCHE UTILE CONSIGLIO

L' antichissima pratica dei Cinque tibetani, anche se giunta in Occidente in tempi relativamente recenti e con modalità avvolte ancora in un' aura abbastanza misteriosa, ha riscosso un notevole successo soprattutto presso chi già rivolgeva la propria attenzione alle pratiche Yoga Molti esperti l'hanno fatta propria e l'hanno insegnata in ogni luogo. In tal modo hanno potuto venficarne gli effetti in condizioni e situazioni diverse. Le loro osservazioni hanno arricchito il patrimonio insieme semplice e profondo che i Cinque tibetani rappresentano,e hanno aiutato anche i principianti o i meno esperti a superare le difficolta iniziali Tali esperti hanno inoltre messo a punto degli accorgimenti per chi soffre di disturbi come per esempio il mal di schiena

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Primo rito tibetano Mentre state per concludere l'esercizio, se avvertite un leggero senso di vertigine, portate le mani unite davanti al corpo, all'altezza del viso e fissate i pollici. Se volete interrompere la rotazione, divaricate i piedi portandoli alla stessa ampiezza delle spalle, unite le mani davanti al viso e guardate i pollici. Soprattutto la sera, se vi sembra che eseguire i cinque riti vi provochi uno stato di ipereccitazione e quindi di insonnia, evitate di eseguire il primo tibetano e partite direttamente dal secondo.

Secondo rito tibetano A volte si commette l'errore di sollevare le gambe con-temporaneamente alla parte inferiore della schiena. Ciò può provocare dei problemi soprattutto in chi soffre di mal di schiena. Quando sollevate le gambe tenete invece la schiena ben aderente al terreno e fate in modo che il movimento necessario a sollevare le gambe parta dai talloni. Aiutatevi eventualmente collocando le mani sotto i glutei. Chi soffre di lordosi, prima di sollevare le gambe, avrà cura di appoggiare completamente i piedi sul terreno, eviterà inoltre di abbassare le gambe tese; le manterrà flesse, riportando e lasciando scivolare sul pavimento per primi i piedi. » Terzo rito tibetano All'inizio dell'esercizio, quando siete in ginocchio, flettete con cura le dita dei piedi; sarà così più facile inarcare

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la schiena iniziando dalla parte inferiore e non da quella superiore. Se avete problemi di mal di schiena appoggiate le mani sulla parte inferiore della schiena stessa con le dita rivolte verso il basso. Prima di piegare il collo in avanti stiratelo leggermente.

Quarto rito tibetano Anche quando eseguite questo esercizio potete operare qualche variazione; usate le mani per sostenervi quando vi sedete con la schiena perfettamente diritta. Stirate il collo prima di abbassare il capo.

Quinto rito tibetano Eseguite questo esercizio a piedi scalzi e cercate di operare su un tappetino non scivoloso. Mantenete flesse le dita dei piedi. Usate le mani e la potenza della schiena per spingervi nella posizione abbinata all'espirazione.

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UN TIBETANO AL GIORNO

Riequilibrare e normalizzare l'energia vitale dei chakra, questa la funzione fondamentale dei Cinque riti tibetani. La loro valenza, che è complessiva, perché agisce in generale sull'individuo, si manifesta positivamente anche su disturbi specifici, quelli che il più delle volte dipendono dalle tensioni cui ci sottopone la nostra civiltà oppure dalle cattive abitudini alimentari o da scorrette posture e così via.

Aumento o calo di peso Il più delle volte l'aumento eccessivo di peso o il dima-grimento sono determinati da disturbi complessivi del metabolismo, abbinati a scompensi della tiroide, delle ghiandole surrenali o del fegato. I Cinque tibetani hanno

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un effetto benefico sul metabolismo e normalizzano per esempio lo stimolo della fame, eliminando anche i disturbi di carattere intestinale.

Caduta dei capelli Sembra difficile da credere, ma i capelli sono spesso lo specchio della situazione di salute complessiva di un or-ganismo. Quando metabolismo ed equilibrio ormonale sono attivati dai Cinque riti i capelli, in taluni casi, anche nelle persone anziane che li avevano persi da tempo, ricrescono!

Difficoltà di apprendimento

Per stimolare la capacità di concentrazione dei bambini, soprattutto di quelli che manifestano capacità di appren-dimento della lettura e della scrittura, alcuni esperti di tecniche yoga consigliano di far eseguire i riti tibetani, che possono comunque essere praticati anche in tenera età a partire dai primi anni dell'infanzia. Nei casi di scar-sissima disposizione alle attività di studio, sempre gli esperti consigliano di far eseguire gli esercizi nelle ore pomeridiane prima di fare i compiti.

Disturbi della menopausa Insieme con la pubertà la menopausa è il momento della vita in cui si scatenano i maggiori squilibri ormonali. La pratica dei tibetani che conduce al riequilibrio complessivo del metabolismo si rivela pertanto efficace.

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Emicrania È un disturbo particolarmente diffuso, le cui molteplici cause non sono sempre definite. Sicuramente concorrono a provocarla i disturbi del metabolismo e quelli ormonali. Molti di quelli che hanno praticato i tibetani hanno notato una diminuzione notevole del disturbo se non la sua totale scomparsa.

Insonnia L'insonnia insorge il più delle volte in individui che non riescono a rigenerare l'energia vitale durante il sonno. Lo scompenso che ne deriva aumenta la sovraeccitazione. Una corretta pratica dei tibetani può avere un effetto positivo anche se alcuni hanno notato che eseguire i tibetani la sera non "concilia il sonno". In questo caso è opportuno spostare la pratica dei riti al mattino oppure lasciar trascorrere almeno tre ore dal termine degli esercizi al momento in cui ci si corica per un sonno ristoratore.

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IL SESTO R I T O TIBETANO

«O mio caro, ti auguro che la tua testa sia un guscio vuoto, in cui la tua mente possa guizzare, all'infinito.»

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«Vi ho insegnato cinque riti che si propongono di restituire la salute della giovinezza e la vitalità. Vi aiuteranno, inoltre, a riacquistare un aspetto più giovane. Ma se volete recuperare completamente la salute e l'aspetto della giovinezza, dovete effettuare un sesto rito. Non ve ne ho parlato finora perché sarebbe stato inutile se non aveste prima ottenuto dei buoni risultati con gli altri cinque.»

Queste le parole del colonnello inglese che aveva svelato a Peter Kelder i segreti dei Cinque riti tibetani. Ciò significa che per dedicarsi a questo esercizio vale la pena di prendere confidenza con i primi cinque e di praticarli per un periodo di tempo abbastanza lungo (due anni secondo il consiglio del colonnello).

Secondo il colonnello inoltre il sesto rito può essere praticato solo da chi ha fatto una scelta di vita speciale, cioè legata alla castità. Sempre secondo la sua opinione è indispensabile dedicarsi al sesto tibetano solamente quando è presente uno stimolo sessuale attivo, che è energia vitale riproduttiva e in quanto tale particolarmente viva.

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Mettetevi in piedi con la schiena eretta e lasciate uscire molto lentamente tutta l'aria dai polmoni (vedi figura 1) Contemporaneamente piegatevi appoggiando le mani sulle ginocchia (vedi figura 2) I Espirate completamente l'aria presente nei polmoni e ritornate lentamente nella posizione eretta. Appoggiate le mani sui fianchi e spingete verso il basso sollevando contemporaneamente le spalle, ritraendo il più possibile l'addome e sollevando il torace (vedi figura 3) Mantenete questa posizione il più a lungo possibile. Inspirate dal naso ed espirate lentamente dalla bocca, lasciando cadere le braccia lungo i fianchi. Continuate per qualche istante la respirazione profonda

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E per finire...

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ALIMENTAZIONE E BENESSERE

«Nel monastero himalayano in cui ero un novizio non era importante stabilire quale fosse il cibo idoneo o la quantità sufficiente E vero che i Lama sono vegetariani, ma non esclusivamente » E ancora il colonnello amico di Peter Kelder che ci introduce in un ambito significativo, quello dell'alimentazione, senza tuttavia comunicare diete specifiche, ma con quel senso della misura che rende semplice seguirne i consigli, di volta in volta adeguandoli alla propria situazione

Dieta "tibetana"

La vita di un monaco tibetano si sviluppa in un ambiente ben diverso da quello della maggioranza delle persone e segue ritmi differenti, certamente molto meno frenetici I

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Saggezza orientale e saggezza occidentale

uà in questo corpo sono i sacri fiumi; qua sono il sole e la luna, oltre a tutti i luoghi di pellegrinaggio. Non ho mai incontrato un altro tempio benedetto quanto il mio corpo.»

SARAHA DOHA

«Q

«Un corpo debole indebolisce la mente.» J J. ROUSSEAU

monaci inoltre praticano non solo la castità, ma anche e con assoluta disinvoltura il sesto rito tibetano e ciò rende del tutto inutile per loro il consumo della carne I monaci fanno tuttavia uso di cibo integrale, di uova, burro e formaggio, ma non sono particolarmente esigenti, anche perché il loro territorio non offre molte risorse. Ad ogni pasto consumano un solo tipo di cibo e questo sembra essere un accorgimento importante per la loro salute. Lo stomaco infatti non è sottoposto a un'attività complessa perche non deve assimilare componenti diverse Non mescolano comunque mai proteine e amidi e quindi quando mangiano del pane, generalmente d'orzo, non abbinano mai latte, uova o formaggio Spesso mangiano solo verdura cotta e frutta oppure pane integrale e un solo tipo di frutta

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I consigli del colonnello...

on vi sto spingendo a limitare i pasti a un solo cibo per volta o ad eliminare la carne dalla dieta. Vi raccomando però di separare gli amidi, la frutta e la verdura dalla carne, il pesce e il pollame. È corretto cibarsi solo di carne durante un pasto. Di fatto, se ne avete voglia, potete consumare vari tipi di carne in un solo pasto. È appropriato mangiare burro, uova e formaggio in un pasto a base di carne, oppure pane nero e, se lo desiderate, caffè o tè. Non dovete mai terminare con qualcosa di dolce o che contenga amidi; quindi niente pasticci, torte o budini.»

N

Il burro Sembra, se si vuole prestare fiducia ai consigli del co-lonnello e alla sapienza dei monaci, che il burro sia un cibo "neutro". Può pertanto essere abbinato sia con gli amidi sia con le proteine; i monaci infatti a volte lo con-sumano sia nel pasto a base di latte o uova, sia nel pasto a base di pane.

Le uova «I Lama non mangiavano mai uova intere a meno che non dovessero svolgere un lavoro manuale faticoso. In quel caso era possibile che mangiassero un uovo intero parzialmente bollito.» Questa abitudine, strana inizial-mente agli occhi del colonnello, proveniva dalla convinzione che l'albume è un nutrimento importante per i

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muscoli che, se scarsamente esercitati, non ne hanno bisogno. Il tuorlo invece contiene in percentuale elevata elementi utili a nutrire i tessuti del cervello. Tali elementi sono utili anche in piccole quantità. Vale dunque la pena di prestare attenzione a un alimento così facile da reperire e anche da consumare.

Mangiare lentamente «C'è un'altra cosa importantissima che ho appreso dai Lama. Mi hanno insegnato quanto sia importante mangiare lentamente.» Nelle parole del colonnello non è difficile riconoscere una modalità di assunzione dei cibi che è pratica quotidiana di chiunque abbia ormai capito quanto la masticazione, associata alla salivazione, sia un processo di disgregazione del cibo che non affatica lo stomaco. Quanto più il cibo viene masticato, tanto più si frantumerà in elementi microscopici facilmente assimilabili. I monaci, per esempio, masticano tutto ciò che mangiano fino a farlo diventare liquido prima di ingerirlo.

Mangiare moderatamente «All'inizio avevo fame, se considerate la dieta a cui ero avvezzo... » La dieta cui si riferisce il colonnello era quella di un occidentale abituato ad avere a disposizione quantitativi di cibo rilevanti. Non così per i monaci, che avevano a disposizione solo quello che sapevano trarre faticosamente dalle terre intorno al monastero. Eppure bastò un breve periodo di dieta "tibetana" per restituire forma fisica perfetta a chi era alla ricerca dei segreti dell'eterna giovinezza. Consumare troppo cibo sottopone il

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corpo a un lavoro di assimilazione che ha come risultato l'invecchiamento precoce degli apparati come quello di-gerente, per esempio.

In sintesi

• Riducete al minimo la varietà di alimenti durante il pasto. • Riducete la quantità di cibo per pasto, adeguandola alle esigenze di vita. • Evitate di consumare insieme cibi a base di amidi e cibi ricchi di proteine, soprattutto se non siete in una situazione di estremo benessere. • Non bevete caffè zuccherato con aggiunta di latte o di panna; se vi dà dei problemi non bevetene affatto. • Masticate ogni boccone fino a farlo diventare liquido prima di ingerirlo. • Mangiate ogni giorno, prima del pasto principale oppure dopo, un tuorlo d'uovo crudo; non consumatelo durante il pasto.

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OLTRE I RITI

Se l'alimentazione gioca un ruolo di notevole importanza per rivitalizzare l'intero organismo e per mantenere o ritrovare una "eterna giovinezza", non bisogna dimenticare che ogni gesto quotidiano consente di mettere in moto le energie regolate dai chakra e dalla miriade di canali presenti in ciascuno di noi. Per comprendere meglio il significato di ciò si può ancora una volta fare riferimento all'esperienza e ai consigli del colonnello che svelò a Peter Kelder i segreti del monastero tibetano in cui ritrovò l'eterna giovinezza.

I segreti del colonnello

«Sbarazzatevi dei vezzi della vecchiaia. Quando camminate, per prima cosa siate consapevoli di dove volete an-

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dare, poi mettetevi in moto e recatevi direttamente a de-stinazione. Non strascicate i piedi: sollevateli e camminate a grandi passi. Tenete d'occhio il luogo verso il quale state andando e contemporaneamente tutto ciò che oltrepassate.»

La postura, il modo di camminare, l'attenzione a ciò che ci circonda, la possibilità di trarre insegnamenti da chi sembra essere più saggio di noi: sono semplici accorgimenti che non richiedono scelte di vita definitive o rivoluzionarie. Sono tuttavia scelte che impegnano ciascuno ad avere maggiore rispetto del proprio corpo e della propria mente, non in modo individualistico e staccato dal resto del mondo, ma in sintonia con esso.

Osservare il mondo intorno a noi significa scoprirne gli squilibri, in modo da evitarli il più possibile. Per esempio, è appurato che nella nostra società ogni giorno veniamo a contatto con molteplici sostanze inquinanti, spesso velenose per le diverse parti di cui si compone l'organismo.

La pelle, attraverso cui il nostro corpo "respira", invecchia più facilmente se viene a contatto con saponi alcalini oppure con creme cosiddette di bellezza e deodoranti. Tali prodotti alterano le capacità dell'epidermide di "respirare", con tutti gli innumerevoli svantaggi che questo può comportare. L'inquinamento atmosferico, il fumo, la scarsa attività fisica danneggiano in modo particolare i polmoni, men-

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tre il fegato è alterato dal tabacco, dall'alcol, dall'assunzione di cibi elaborati, eccessivamente grassi. I reni soffrono per l'insufficiente assunzione di acqua naturale... Si potrebbe continuare ancora, ma alla fine di un lungo elenco l'unica conclusione alla quale si può giungere è che ogni turbamento dell'equilibrio fisico non solo "invecchia" l'organismo, ma genera mutamenti dell'umore e disturbi di carattere emotivo.

Tali disturbi a loro volta agiscono profondamente sugli apparati circolatorio e linfatico nonché sul sistema ner-voso... Un serpente che si mangia la coda, insomma, è una spirale che non sembra mai finire, a meno che non si giunga a uno stato di consapevolezza tale da prestare maggiore attenzione.

Un dilemma da risolvere

Ciascuno di noi si trova il più delle volte di fronte a un dilemma, apparentemente semplice, ma nella sostanza determinante. Continuare a inseguire il sogno dell'eterna giovinezza, pensando che non sia raggiungibile, oppure decidere di trasformare il sogno in realtà? Sembra a questo punto doveroso lasciare all'amico colonnello la risposta: «Per realizzare il miracolo dell'eterna giovinezza, bisogna innanzi tutto desiderarlo. Dovete accettare non solo l'idea che si tratti di un evento possibile, ma di qualcosa che riuscirete a ottenere. Fino a quando la meta del rin-

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giovanimento vi sembrerà un sogno impossibile, rimarrà tale. Quando invece accetterete il fatto straordinario che è davvero possibile ringiovanire nell'aspetto, nello stato di salute e nell'atteggiamento, e concentrandovi su quel desiderio, dirigerete energia verso quel fatto e avrete già avuto la prima sorsata delle acque curative della "Fonte della Giovinezza"».

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GLOSSARIO

Ajna È il nome del sesto chakra, localizzato sulla fronte. Termine sanscrito che vuol dire conoscere, percepire, comandare. Anahata È il nome del quarto chakra, localizzato nel cuore. Aura Invisibile campo elettrico che circonda ciascun essere vivente e che può essere osservato con tecniche particolari come per esempio la fotografia Kirlian. Chakra Centro per la ricezione, l'assimilazione e la trasmissione dell'energia vitale. Anticamente la ruota del carro degli invasori indoeuropei giunti nell'altopiano tibetano. GangkarTi-se È il nome tibetano del Kailash, il monte sacro per i buddhisti, considerato il cuore del mondo, intorno al quale i pellegrini camminano seguendo la direzione delle lancette dell'orologio, per rendergli onore. Guru Colui che sa dare insegnamenti religiosi.

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Hata yoga Pratica yoga che insegna l'addestramento del corpo. Kailash È la montagna sacra per i buddhisti (vedi GangkarTi-se). Khor-Io È un cilindro, con incise delle preghiere, che viene messo in moto, se di grandi dimensioni, dall'acqua o dal vento come una specie di mulino, per consentire alle parole sacre di diffondersi nell'universo. Kirlian Particolare tecnica fotografica che consente di mettere in evidenza l'aura che circonda ogni individuo, testimonianza dell'energia cosmica, il Prana. Jnana yoga Pratica yoga che consente di raggiungere la liberazione attraverso la conoscenza. Lama Monaco tibetano Mandala Disegno geometrico capace di favorire la meditazione. Manipura È il nome del terzo chakra, localizzato nel plesso solare. Significa «gemma lucente». Mantra Serve per indicare una parola, una frase oppure un suono sacri, ripetuti mentalmente o ad alta voce per favorire la meditazione. Il termine significa letteralmente «strumento di pensiero». Muladhara È il nome del primo chakra, localizzato alla base della colonna vertebrale. Significa letteralmente «radice». Prana Soffio vitale; energia cosmica, universale. Sahasrara È il nome del settimo chakra. Significa letteralmente "millefoglie". Il numero mille, nella tradizione orientale, sta a indicare una quantità illimitata, l'infinito.

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Swadhisthana È il nome del secondo chakra, localizzato nell'area genitale. Secondo alcune interpretazioni significa letteralmente "dimora propria"; secondo altre significa invece «bere dolcezza». Tantra Il termine significa letteralmente «tessere» oppure «telaio». Viene utilizzato per indicare un insieme di insegnamenti di tradizione indiana, popolari a partire dal VII secolo d.C. Tu-je chenpo È uno strumento religioso tibetano che contiene al suo interno un rotolo di carta con delle preghiere. Viene fatto ruotare per "liberare" nell'universo le preghiere dei fedeli. Upanishad Un insieme di dottrine che seguirono i Veda, scritte secondo alcuni tra l'VIII e il IV secolo a.C. Veda Il termine significa letteralmente «conoscenza». Viene usato per indicare la più antica serie di insegnamenti, di dottrine e di rituali religiosi, la cui conoscenza era riservata un tempo solo alla casta sacerdotale ariana. Vissuddha È il nome del quinto chakra, localizzato nella gola. Significa letteralmente «purificazione». Yantra Disegno, simile al mandala, usato per la meditazione. Yoga Il termine significa letteralmente «giogo». Viene utilizzato per indicare un insieme di pratiche filosofi-che e di tecniche specifiche, finalizzate a legare la mente e il corpo, l'Io individuale e quello universale.

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BIBLIOGRAFIA

Anodea Judith Chakras ruote di vita, Gruppo Editoriale Armenia, Milano 1999 Christopher S. Kilham I cinque esercizi tibetani, TEA Milano 1997 Peter Kelder I Cinque tibetani, Edizioni Mediterranee, Roma 1995 Swami Sivananda Radha Mantra, Gruppo Editoriale Armenia, Milano 1997 Salila Sharamon Bodo J. Baginski Manuale dei chakra, teoria e pratica, Edizioni Mediterranee, Roma, 1995 Piero Verni Mustang, ultimo Tibet, Corbaccio, Milano 1998 Fosco Marami Segreto Tibet, Corbaccio, Milano 1998 Wolfgang e Brigitte Gillessen (a cura di) Uso pratico dei Cinque esercizi tibetani, TEA, Milano 1999 Yogacharya Janakiraman e Carolina Rosso Cicogna Yoga solare, Gruppo Editoriale Armenia, Milano 1999

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Finito di stampare nel mese di febbraio 2001 dalle Grafiche BUSTI S r l Colognola ai Colli (Verona)