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8 » ITALIA | IL FATTO QUOTIDIANO | Lunedì 18 Aprile 2016

GORIZIA E FRANCO BASAGLIA La battaglia di un medico, l’università, il movimento di intellettualia spronarlo. La Rai. Tutti insieme per restituire dignità a migliaia di malati, eppure trattati come bestie

N » SANDRA AMURRI

inviata a Gorizia

iente Basaglia senza l’appor-to di “intellettuali, scrittori,editori, giornalisti e artistiche dedicarono tempo e ta-lento alla lotta per il cambia-me nto” scrive John Foot,docente di Storia moderna i-taliana presso lo UniversityCollege, nella “Repubb licadei matti”. E niente Basaglia,aggiungiamo noi, senza l'ap-porto della Rai che seguì levicende del manicomio diGorizia raggiungendo l'api-ce di ascolti (10milioni dipersone) con lo speciale diTv 7 I giardini di Abeledi Ser-gio Zavoli. Che iniziava così“I malati di mente li trovia-mo sempre in fondo a un via-le di periferia, forse perchéla loro immagine non turbi lanostra esistenza...”.

LA RAI, CHE NEL 1967 svolge apieno il ruolo di serviziopubblico raccontando lagrande intuizione di FrancoBasaglia, direttore del mani-comio di Gorizia che, al ter-mine di una profonda rivisi-tazione del significato di ma-lattia mentale, dell'esclusio-ne sociale che porta con sé,pervase il mondo culturale epolitico fino all'approvazio-ne nel'78 della legge 180 e allachiusura dei manicomi. “Unindividuo malato ha, comeprima necessità, non solo lacura della malattia ma moltealtre cose: ha bisogno di unrapporto umano con chi locura, di risposte reali... di tut-to ciò che anche noi mediciche lo curiamo abbiamo bi-sogno. Questa è stata la no-stra scoperta. Il malato non èsolamente un malato ma unuomo con tutte le sue neces-sità”.

Basta con le sevizie, gli or-rori a cui erano condannatinegli ospedali psichiatrici,

paragonabili a lager nazisti."Sembravano le marionettedi un teatro dell'assurdo... ipazienti legati o rinchiusi inspazi asfissianti. Le urla e i la-menti. Era agghiacciante.Sembrava di essere in un car-cere crudele e senza senso...nei primi anni Sessanta, fusconvolgente constatare chec'erano esseri umani cui erastata tolta la dignità del vive-re". È l'indelebile ricordo cheEugenio Borgna ex da diret-tore del reparto femminiledell'ospedale psichiatrico di

lui era un imperativo: la li-bertà è terapeutica. E la legge180 restituisce finalmente ildiritto di cittadinanza allepersone con disturbi menta-li. “Se volete vedere una real-tà dove si elabora un saperepratico, andate a Gorizia”disse Jean-Paul Sartre.

UNA LEGGE che pur restandouna pietra miliare, ancoraoggi fatica nella sua comple-ta attuazione. Chi sembra a-ver fatto sua l'affermazionedi Muriel Rukeyser: “Diconoche il mondo è fatto di atomima il mondo è fatto di storieche permettono di converti-re il passato nel presente, ditrasformare il distante nelvicino” è Ernesto Buondon-no con il libro Frammenti.Piccole storie di psichiatriae-dito dalla rivista nazionale dipsichiatria democratica. A90 anni, lo psichiatra segua-ce di Basaglia, primario e di-rettore anche del manico-mio di Fermo, con la pennadell'umiltà intinta nell'in-chiostro dell'umanità, rac-c o n t a l a d r a m m a t i c a estraordinaria esperienza diliberazione dei reclusi. Sto-rie per imparare a riconosce-re la grandezza nascosta nel-le piccole cose, scritte “t e-nendo un occhio nel micro-scopio e un altro nel telesco-pio”. Protestava da molti an-ni per essere dimesso. “Ungiorno un infermiere lo misealla prova: esci, vai via” g lidisse. Lui si avvicinò al can-cello aperto, si fermò per-plesso e poi rientrò. In ma-nicomio veniva consideratoun ribelle irrecuperabiletanto che una volta un diret-tore gli disse: “Tu sei il piùmatto di tutti, vedi quell'al-bero? Va a parlare con lui ionon ti ascolto”. Ma non eraaffatto stupido, non volevaessere cacciato come un ca-ne, voleva essere dimessocon tutte le regole e le tutele.Era refrattario ad una vitasenza amore e speranza.

LA CONCRETA l i b e ra z i o n edal manicomio prevedeva u-na adeguata rete di serviziche si sarebbero fatti caricodi lui. Non era una vaga uto-pia. Lui aveva chiara la di-stinzione tra liberazione eabbandono”. Dopo molti an-ni, Buondonno, lo incontrain banca. Dopo aver parlatodel più e del meno prima disalutarsi, lui rivolgendosi al-la cassiera disse: “Trattatebene questo dottore, è mio a-mico, mi raccomando”. Colsinella sua voce l'espressionepremurosa verso un amicoanziano. Quella grande e-sperienza rivoluzionarianon finirà mai finchè resteràviva la capacità di conserva-re la dignità di emozionarsi esbalordirsi”.

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Novara affida al collega An-tonio Gnoli. Ma una volta ab-battuti i muri dei manicomirestavano da abbattere,quelli, forse, ancor più peri-colosi, i muri invisibili: quelliculturali.

UN ESEMPIO che viene ricor-dato da John Foot è il dopo ilterremoto dell’Aquila, quan-do la protezione civile deci-de di “costruire una tendo-poli dedicata ai servizi psi-chiatrici e ai loro pazienti, esolo a loro, ben distante dallacittà per timore che in mezzoai comuni cittadini potessecreare problemi nella gestio-ne dell’emergenza. Il re-sponsabile del servizio, Vit-torio Sconci aveva rispostoche non se ne parlava, che inItalia la salute mentale, perlegge, non si persegue rin-chiudendo o isolando i pa-zienti in strutture apposite,ma favorendone il reinseri-mento nella comunità; quin-di anche i matti avrebberodovuto essere accolti nelletendopoli, come tutti”.

La grande utopia di Basa-glia: dare voce al silenzio diquegli sguardi persi nel nulladel dolore e dell'impotenzache si intravvedevano tra leinferriate. “La più grande ri-voluzione italiana”, come ladefinisce la storica VanessaRoghi riconoscendo a Fran-co Basaglia il merito di esserestato il più importante intel-lettuale della storia dell'Ita-lia repubblicana. Tutto ini-zia nel 1961: Franco Basaglia,il “filosofo” come veniva de-finito negli ambienti dell'U-niversità di Padova , diventadirettore del manicomio diGorizia e per la prima voltafurono aperti i reparti, i ma-lati partecipavano alle as-semblee, e tornarono in pos-

sesso dei loro oggetti perso-nali.

Gli amministratori inizia-no a sentire come propria lacondizione in cui vivono imalati. Basaglia, spiega Foot,ha bisogno di farsi capire dalmondo esterno che ospita gliospedali. Sente su di sé l'osti-lità di Gorizia che toccheràl'apice nel 68 quando un pa-ziente tornato a casa per ungiorno uccise la moglie. Lareazione dell'opinione pub-blica fu durissima. Basaglialasciò l'ospedale di Gorizia

per quello di Trieste, i suoicollaboratori si divisero traalcune città e Paesi del suddel Mondo. Se qualcuno gliavesse chiesto cosa fosse l'u-topia avrebbe risposto, perdirla con Eduardo Galeano:“È come l'orizzonte: cammi-no due passi, e si allontana didue passi. Cammino diecipassi, e si allontana di diecipassi. L'orizzonte è irrag-giungibile. E allora, a cosaserve l'utopia? A questo: percontinuare a camminare.”.

Chiudere i manicomi per

SUA LA LEGGE 180 DEL 1978

Basta con le sevizie, gli orroria cui erano condannati negliospedali psichiatrici,paragonabili a lager nazisti

Il giorno in cui i “m at t i ”sono diventati persone

BUONDONNO, UNO DEI SUOI SEGUACI

“Quella grande esperienzanon finirà finché resterà vivala capacità di conservarela dignità di emozionarsi”

Le Utopie/2

Ante fattoLa Rai dal1 9 67racconta lag ra n d eintuizione diFra n coBasaglia,direttore delmanicomio diGorizia, unaintuizioneche pervase ilmondoculturale epolitico finoalla chiusuradei manicomi

Le dateAlla finedegli anniSettantala leggeil parlamentol e g i fe ra

19 7813 maggioAlla legge cisi riferisceco m u n e -m e n teco nl ' a ss o c i a -zione alnome diFra n coBasaglia.E ste n s o rem a te r i a l edella legge fulo psichiatrae politicod e m o c r i st i a -no BrunoO rs i n i

La scheda

n LA PRIMAP U N TATAÈ statadedicata duelunedì fa adA n to n i oBello, meglioco n o s c i u tocome donTo n i n o(Alessano, 18marzo 1935 –Molfetta, 20aprile 1993)

n LAP RO SS I M AIl successivoa p p u n t a m e n toco nle “U to p i eitaliane”è previstoper lunedìotto maggio

Il professore In alto Luigi Basaglia; sotto un reparto psichiatrico Ansa

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