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Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ........................................................................................................ 2
Sommario1. PREMESSA ............................................................................................................................. 4
2. CENNI STORICI SULLE LEGGI ELETTORALI .............................................................................. 4
3. I PARLAMENTARI DEL NOSTRO TERRITORIO DALL’UNITÀ D’ITALIA AL 1924 ........................ 8
4. LE VICENDE AMMINISTRATIVE DAL 1948 IN POI .................................................................. 9
4.1. 1948 – 1952 ................................................................................................................. 10
4.2. 1952‐1956 ................................................................................................................... 10
4.3. 1956 – 1960 ................................................................................................................. 11
4.4. 1960 – 1964 ................................................................................................................. 12
4.5. 1964 – 1969 (1970) ..................................................................................................... 13
4.6. 1970 – 1975 ................................................................................................................. 15
4.7. 1975 – 1980 ................................................................................................................. 17
4.8. 1980 – 1985 ................................................................................................................. 20
4.9. 1985 ‐ 1990 .................................................................................................................. 22
4.10. 1990 – 1995 ............................................................................................................. 24
4.11. 1995 – 1999 ............................................................................................................. 25
4.12. 1999 – 2004 ............................................................................................................. 28
4.13. 2004 – 2009 ............................................................................................................. 30
4.14. 2009 – 2014 ............................................................................................................. 32
5. ANEDDOTI ‐ CURIOSITÀ ‐ PERSONAGGI .............................................................................. 33
5.1. Una ragazzata .............................................................................................................. 34
5.2. Il consigliere dormiente ............................................................................................... 35
5.3. All’inferno per un voto ................................................................................................ 36
5.4. Il comizio dell’avvocato ............................................................................................... 37
5.5. Licenziati per rappresaglia ........................................................................................... 37
5.6. Anche i comunisti avevano la loro santa protettrice .................................................. 38
5.7. Il campo sportivo in consiglio ...................................................................................... 38
5.8. Una mancata rissa ....................................................................................................... 39
5.9. Attività di propaganda nel 1956 .................................................................................. 39
5.10. Il congresso DC ........................................................................................................ 40
6. AVVENNE NEL VENTENNIO FASCISTA ................................................................................. 41
6.1. Confinati politici a Belvedere ...................................................................................... 41
6.2. Il sabato fascista .......................................................................................................... 50
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Appunti di storia belvederese ........................................................................................................ 3
6.3. La festa dei combattenti.............................................................................................. 51
6.4. Una feroce aggressione ............................................................................................... 51
6.5. La festa del 1° maggio ................................................................................................. 52
6.6. Il giorno della caduta del fascismo .............................................................................. 53
6.7. Due belvederesi combattenti in Jugoslavia ................................................................. 54
6.8. Sei soldati morti a Belvedere ...................................................................................... 55
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1. PREMESSA
Scrivere ciò che ricordo, portare a conoscenza di tutti le notizie e i
documenti di cui sono in possesso per sperare di costruire un poco di
storia vera o verosimile, completa o parziale e farlo con umiltà ed apertura
a successivi contributi: è questo lo spirito che mi anima e che mi ha
animato nelle precedenti due pubblicazioni: Il calcio a Belvedere (Ed.
Lapico 2008) e Storie di un borgo antico (Booksprint Edizioni 2012).
L’intento è stavolta quello di ricostruire in parte la storia della nostra
municipalità attraverso le fasi amministrative. Quello che scrivo è frutto di
miei ricordi, di narrazione di persone appassionate dalle microstorie del
nostro paese e di racconti di protagonisti. Ho utilizzato anche le
pubblicazioni, che saranno in seguito elencate, per prendere spunti e dati.
Il racconto risulterà inevitabilmente parziale, ma spero comunque
piacevole, nonostante la freddezza dell’argomento che lascia poco spazio
alla buona prosa.
2. CENNI STORICI SULLE LEGGI ELETTORALI
Con il dominio napoleonico fu introdotto in Italia un sistema di
organizzazione dei poteri locali a piramide con gerarchie rigide. Erano lo
specchio dell’organizzazione francese: ripartizione in dipartimenti,
distretti, cantoni e comuni. Il Ministero dell’Interno nominava i prefetti, i
sottoprefetti ed i podestà a reggere le sorti dei predetti poteri locali. Con
la caduta di Napoleone e la restaurazione dei precedenti ordinamenti
monarchici, il sistema locale introdotto dai francesi fu generalmente
mantenuto in quanto ritenuto valido. Il Regno di Sardegna lo adottò in
toto e lo estese, in seguito alla unificazione, a tutto il territorio dello stato
italiano con la legge 2248 del 20 marzo 1865.
La predetta legge prevedeva le province, con a capo un prefetto di nomina
reale, i circondari con dei vice prefetti, ed i comuni con a capo i sindaci.
Quest’ultima figura risultava ambigua in quanto derivava da una nomina
statale e doveva essere, per definizione, la rappresentanza della
collettività. Il sindaco era nominato con Regio Decreto e scelto tra i
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consiglieri comunali. Nel 1889, durante il Governo presieduto da
Francesco Crispi, fu introdotta la sua elezione da parte del consiglio
comunale fra tutti i membri. La durata nella carica era di 4 anni e poteva
essere rieletto. La legge così concepita durò fino al 1926. I sindaci
belvederesi di quasi tutto l’ottocento e del primo scorcio del novecento
sono appresso elencati in sequenza:
Sotto il dominio borbonico:
1809 Mauromarchi Alcibiade
1810 De Novellis Francesco
1811 – 1814 Greco Filippo
1814 – 1817 Granata Luigi
1818 – 1819 De Benedictis Baldassarre
1820 – 1822 Leo Giuseppe
1823 – 1828 Lancellotti Filippo
1829 (dal 1° gennaio al 7 febbraio) De Paula Alessandro
1829 (dall’8 febbraio) – 1832 De Paula Luigi
1833 – 1837 Cirio Emiliano
1838 – 1843 De Benedictis Luigi
1844 – 1849 Mazzei Giuseppe
1850 – 1853 (fino al 27 agosto) Nocito Francesco
1853 (dal 28 agosto) – 1855 D’Alessandro Luigi
1856 – 1858 De Maria Luigi
1859 – 1860 Libonati Giuseppe
Dopo l’unità d’Italia:
1861 De Benedictis Gaetano
1862 – 1870 De Paula Francesco I
1871 – 1872 Leo Servidio Giovanni
1873 – 1882 Palermo Tommaso
1883 Leo Gennaro
1884 – 1887 De Benedictis Eugenio
1888 Mistorni Filippo
Dopo l’introduzione della legge Crispi:
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1889 Franco Eugenio
1890 – 1892 Mazzei Luigi
1893 – 1894 Vidiri Giovanni
1895 – 1899 Lancellotti Francesco
1900 – 1910 De Velutiis De Petrellis Cesare
1911 – 1914 Vidiri Giovanni
1915 – 1925 Mistorni Giuseppe I
Con l’avvento del fascismo, gli organi elettivi comunali furono soppressi e
sostituiti da figure nominate dal Governo centrale. Tra il 1925 ed il 1926
furono emanati ed approvati due R.D. ed una Legge di riforma che
introduceva lo scioglimento dei consigli elettivi, la nomina dei podestà e
della consulta municipale formata da sei membri. Tale consulta era
chiamata ad esprimere pareri solo su alcune materie se il podestà riteneva
di sottoporre alla sua attenzione. La legge 4 febbraio 1926 n° 237
introduceva la figura del podestà nei comuni con meno di 5000 abitanti,
mentre il successivo R.D.L. del 3 settembre 1926 n° 1910 estendeva il
provvedimento a tutti gli altri. Tali riforme entreranno poi a far parte della
legge comunale e provinciale del 1934 (Testo Unico). In questo periodo di
sospensione della democrazia i podestà belvederesi furono:
1926 (dal 26 gennaio al 20 maggio)Donegani Vincenzo
(viceprefetto di Cosenza con funzioni di commissario prefettizio)
1926 (dal 21 maggio) – 1937 Spinelli Eugenio
1938 (dal 1° gennaio al 6 maggio) Grossi Giovanni
1938 (dal 19 maggio) – 1943 D’Amico Ciriaco
Con la caduta del fascismo, l’amministrazione provvisoria dei comuni fu
disciplinata dal R.D.L. 111 del 4 aprile 1944. Fino alle prime elezioni a
suffragio universale, il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) nominava i
prefetti che, a loro volta, sceglievano i commissari prefettizi ed una giunta
municipale provvisoria. Il nuovo sistema elettivo fu istituito con Decreto
Legge Luogotenenziale del 7 gennaio 1946 n° 1. Il C.L.N. nominò quale
prefetto di Cosenza il socialista Pietro Mancini che, per Belvedere, scelse
Salvatore Fabiano
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l’avv. Gigino Vidiri, punto di riferimento degli antifascisti belvederesi
durante il ventennio. Pietro Mancini, avvocato cosentino fondatore del
Partito Socialista in Calabria, era stato eletto alla Camera dei Deputati il 15
giugno 1921 e rieletto poi il 6 aprile del 1924. In quest’ultima circostanza
totalizzò, nella circoscrizione Calabria‐Lucania, più voti del quadrunviro
Michele Bianchi di Belmonte Calabro. La popolarità manifestatasi con il
consenso elettorale provocò notevole irritazione nel partito fascista e non
mancò di trasformarsi in tragica rappresaglia. Infatti, con la recrudescenza
del regime, Mancini fu più volte messo in carcere a Cosenza, in Sardegna
ed infine a Nola da dove fu liberato dal CLN dopo l’8 settembre 1943.
Nominato Prefetto di Cosenza vi restò fino all’aprile 1944 allorquando
divenne ministro nel 2° Governo Badoglio. La scelta di Mancini per
Belvedere cadde sul nome del suo compagno di partito che, a sua volta,
propose i nominativi per la formazione della Giunta Municipale. Il Vidiri
scelse come suoi collaboratori:
Egidio Rogati, maestro elementare di militanza repubblicana;
Eugenio Parise, commerciante simpatizzante comunista, quando il
partito era ancora assente a Belvedere;
Antonio Balzano, maestro elementare originario di Torre Annunziata,
del partito d’azione;
Francesco De Paula, anch’egli maestro di scuola aderente alla DC, in
seguito liberale;
Daniele (Lillino) Capano, giovanissimo studente universitario.
La nomina di Mancini a ministro della Repubblica comportò l’alternanza
alla prefettura cosentina con un nuovo soggetto proveniente dal Partito
Liberale e, pertanto, molti Commissari Prefettizi furono sostituiti. Tra essi
anche l’avvocato Vidiri a Belvedere. Al suo posto subentrò Francesco De
Paula, che poi diventerà Sindaco fino al 1952. A cavallo dei due periodi
svolse il compito di commissario reggente e di assessore anche Eugenio
Bencardino, laureato in matematica.
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3. I PARLAMENTARI DEL NOSTRO TERRITORIO DALL’UNITÀ D’ITALIA AL
1924
25 eletti a volte in collegi zonali con candidato unico per ogni partito ed a
volte in 6 collegi regionali (due per ogni provincia).
Gli eletti nel collegio di Verbicaro, cui apparteneva Belvedere Marittimo,
sono stati:
1861 – 1865 Giunti Francesco Maria
1865 – 1867 Giunti Francesco Maria
1867 – 1870 Giunti Francesco Maria
1870 – 1874 Giunti Francesco MariaGiordano Francesco (dopo la morte di Giunti)
1874 – 1876 Giordano Francesco
1876 – 1880 Fazio Luigi
1880 – 1882 Fazio Luigi
1882 – 1886 1° collegio di Cosenza: Del Giudice Giacomo 2° collegio di Cosenza: Fazio Luigi
1886 – 1890 Del Giudice Giacomo
1890 – 1892 Miceli Luigi, Mirabelli Roberto, De Seta Enrico
1892 – 1895 De Novellis Fedele
1895 – 1897 Carlomagno AntonioDe Novellis Fedele (dopo l’accettazione del ricorso)
1897 – 1900 De Novellis Fedele
1900 – 1904 De Novellis Fedele
1904 – 1909 De Novellis Fedele
1909 – 1913 De Novellis Fedele (senza altri concorrenti)
1913 – 1919 Amato Stanislao
1919 – 1921 Collegio di Cosenza: Amato Stanislao e Miceli Picardi Francesco
1921 – 1924 Collegio unico Calabria: Miceli Picardi Francesco, avvocato nato a Paola il 21 aprile 1882 e deceduto a Roma il 6 dicembre 1954
1924 – 1929 Collegio unico Calabria: Bianchi Michele, quadrumviro fascista di Belmonte Calabro
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In contemporanea al Collegio di Verbicaro era presente quello di Paola ove
vennero eletti:
Miceli Luigi
Valitutti Giuseppe
Del Giudice Giacomo (che fu anche Segretario Generale dei Lavori
Pubblici)
De Seta Luigi
Pizzini Gustavo
Manes Carlo
Meraviglia Maurizio
I deputati nati a Belvedere furono:
De Novellis dott. Fedele (nato il 15 dicembre 1852 – morto il 21
maggio 1929)
De Seta avv. Enrico (nato il 17 agosto 1841 – morto il 1° aprile 1929
a Catanzaro)
De Seta Francesco (marchese) (nato il 15 giugno 1843 – morto il 12
febbraio 1922): fu eletto nel collegio di Catanzaro.
4. LE VICENDE AMMINISTRATIVE DAL 1948 IN POI
È questo il proposito vero della presente narrazione. Scrivere, attraverso i
miei ricordi, i racconti di altri tempi ed i documenti di cui sono in possesso,
le vicende che hanno caratterizzato la vita politica di Belvedere dalla fine
degli anni quaranta. Personaggi, rapporti politici, liste, vicende umane e
tutto ciò che può funzionare come stimolo ad altri, più volenterosi di me,
ad approfondirne temi e ricerche storiche. Le prime elezioni vere si
tengono nel 1948 in un clima che risente echi di guerra. C’era stato in
precedenza la prima votazione a suffragio universale per il referendum
istituzionale nel quale, a sorpresa, a Belvedere l’idea repubblicana aveva
quasi eguagliato il risultato della monarchia. Il suffragio universale, con
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estensione del voto alle donne, fu introdotto con D.D.L. n°23 del 2.2.1945
durante il governo di Ivanoe Bonomi e su proposta del vice presidente
Palmiro Togliatti, del PCI. Ministro guardasigilli era il democristiano Tupini.
4.1. 1948 – 1952
Il sistema elettorale del momento è quello maggioritario in uso nei
Comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti. Sulla scheda sono
riportati i contrassegni di lista e l’elenco dei candidati di ciascuna di esse. A
fianco ad ogni nome un quadratino per l’eventuale preferenza. Si può
scegliere tutta la lista con un segno nel riquadro di testa oppure con voto
disgiunto scegliendo fino ad un massimo di sedici voti ai candidati di liste
diverse.
Si vota nell’aprile 1948 e sono presenti tre liste: DC‐PLI guidata da liberale
Francesco De Paula che si aggiudicherà la vittoria; quella di sinistra il cui
capolista è Gigino Vidiri ed una terza, sempre di ambito socialista, con alla
testa l’avvocato Tonino Gaglianone ed il presidente dei reduci e
combattenti Michele Ercolano. Quest’ultima ha come emblema un
elmetto da soldato che, a quanto si diceva allora, era stato scelto
polemicamente per sottolineare la tentata renitenza alla leva del maestro
Ciccio De Paula. Di lui si narra che nel giorno della visita di leva, si fosse
nascosto in una cassapanca per il timore di doversi distaccare dalla madre.
I carabinieri si recarono a prelevarlo a casa e la vicenda ebbe un finale
inglorioso per un futuro sindaco. La sua bontà in seguito farà sorvolare
sull’episodio e la stima dei suoi concittadini sarà inequivoca. Le elezioni
comunali si svolgono quasi in contemporanea con le politiche divenendo,
nel clima del famoso 18 aprile, un fatto secondario. Subito dopo le
elezioni, nasce la sezione del Partito Comunista Italiano. Il segretario è
Ernesto Mostardi, un elettricista di origine cosentina coniugato con una
belvederese.
4.2. 1952‐1956
La prima vera competizione comunale per partecipazione emotiva e per
dibattito è quella del 25 maggio 1952. Partecipano quattro liste: la
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Democrazia Cristiana con alla testa il dott. Oreste Spinelli; quella di
sinistra, il cui emblema è una spiga, guidata da Filippo Martorelli, prof. di
lettere; la terza di monarchici (PNM), capeggiata dal proprietario terriero
Giuseppe De Pietro, più aduso alle pratiche esorcistiche che a quelle
amministrative; la quarta del M.S.I. con capolista Francesco Aversa, un
cosentino che svolgeva la professione di ragioniere commercialista.
Il consiglio comunale elegge alla carica di Sindaco il dott. Spinelli che
guiderà una Giunta formata da Mario Capano, Umberto Tarsitano,
Giuseppe D’Aprile e Giuseppe De Sio. La minoranza consiliare è formata da
Filippo Martorelli, Vincenzo De Paula, Italo Rogati e Ugo Massimilla, tutti
della lista PCI‐PSI.
La campagna elettorale è intensa e combattuta. Si rischiano più volte le
risse in piazza in quel clima da guerra fredda e di contrapposizione netta.
Scende in lotta pesantemente anche la chiesa con processioni organizzate
dal terzo ordine francescano in occasione delle manifestazioni elettorali,
preti che tengono comizi pubblici, come don Luigi Nicoletti.
4.3. 1956 – 1960
Le lotta politica tende a radicalizzarsi, la ricostruzione post bellica è finita,
gli interessi economici sono sempre più elevati, concreti e tangibili. I
contrasti diventano acuti e scendono così in campo i soggetti più forti del
paese. Sono i padroni delle tre cliniche: la Spinelli di piazza Castello
(compreso il sanatorio di località Palazza), la nascente clinica Cascini nel
centro storico e quella della Marina del dott. Tricarico, genero di Pasquale
Rosano. La prima è quella più affermata ed opera da lungo tempo. Alle
elezioni del 27 maggio 1956 si presentano due forti liste che vedono il
dott. Oreste Spinelli, sindaco uscente, da una parte ed il duo Cascini‐
Rosano dall’altra. Spinelli guida la lista della DC, partito molto forte a
Belvedere, e il generale Saverio De Benedictis, quella civica che ha per
emblema una Campana. Tra i candidati ci sono anche socialisti e
comunisti, ma la loro presenza è quasi marginale. Non partecipano infatti i
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segretari e le figure più attive “per non spaventare l’elettorato” moderato.
In questa competizione fa il suo debutto Orlando Briguori, un maestro
elementare santagatese accasatosi con una collega di Belvedere. Sarà
protagonista della vita amministrativa per lungo tempo.
Dopo la squillante vittoria con oltre 700 voti di scarto il De Benedictis
diverrà sindaco. La giunta municipale sarà formata da Vincenzo Cascini,
Orlando Briguori, Pasquale Rosano, Guglielmo Granito. Questi i consiglieri
di maggioranza: Giuseppe Rogati, Jaconangelo Umberto, Liporace Ciriaco,
Crociato Daniele, Cauteruccio Giovanni, Sarpa Umberto, Monetta Eugenio,
Mollo Francesco, De Paula Francesco, Martorelli Eugenio, Valente
Umberto. Per la minoranza risulteranno eletti: Oreste Spinelli, Giuseppe
Abiuso, Borrelli Angelo e Mele Renato. Nel corso della consiliatura il
sindaco De Benedictis si dimetterà ed il suo posto lo prenderà Cascini per
breve tempo fino alla scadenza del quadriennio.
4.4. 1960 – 1964
Le votazioni si tengono il 6 novembre del 1964 in un clima alquanto
dimesso. Le aspettative del “56 sono state in gran parte disattese, il
quadriennio si è concluso ingloriosamente per la lista civica, ma anche la
DC stenta a trovare lo slancio necessario per proporsi come alternativa. Si
ritirano dalla competizione i protagonisti principali come De Benedictis,
Cascini, Rogati, Jaconangelo, ma anche il dott. Spinelli. Competono tre
liste: la DC, guidata da Renato Mele ed Eugenio Impieri; la lista civica, che
sceglie come emblema una stretta di mano, guidata da Orlando Briguori
ed una terza lista, col simbolo della bilancia della giustizia, dell’avv. Fedele
Martorelli e del maresciallo di Marina in pensione Salvatore Leo,
conosciuto come don Turillo.
La lista civica di Briguori, in effetti ha come capolista Umberto Valente,
uno stimato coltivatore diretto, in quanto si sceglie di compilarla con
l’ordine alfabetico inverso. Il Briguori nei tanti comizi non disdegna di
utilizzare in senso propagandistico il fatto.
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Diventerà sindaco Orlando Briguori dopo una vittoria striminzita per 23
voti. La compagine risulta composta da Pasquale Rosano, Giuseppe
Niccoli, Temistocle Martorelli e Ugo Rogati, assessori. Entrano in Consiglio
Umberto Valente, Daniele Crociato, Giovanni Cauteruccio, Umberto Sarpa,
Eugenio Martorelli, Pasquale Donato, Mario Bencardino, Francesco
Capano, Vincenzo De Paula, Francesco Mollo, Vidiri Aldo, Renato Mele,
Giuseppe D’Aprile, Eugenio Impieri ed altri. Nessun consigliere viene
attribuito alla terza lista che racimola pochissimi voti.
La campagna elettorale non ha particolari sussulti se non nel finale. I
candidati DC affermano in più occasioni che la famiglia Cascini non è
schierata con la lista civica per poter raccogliere più voti. Ne nasce un
dibattito sotterraneo che viene interrotto da una serie di comizi del dott.
Francesco Cascini per affermarne la vicinanza. Ciò provoca sentimenti e
comportamenti contrapposti che per poco non sfociano in una rissa
dell’ultima sera. La piazza Amellino per l’ultima sera viene incautamente
assegnata a tutti e tre i richiedenti: mezz’ora a testa. Prima la DC, poi la
Bilancia ed infine la Stretta di mano. Alle invettive durante il comizio della
DC corrispondono mormorii e proteste degli avversari. Scoppia qualche
piccolo tafferuglio e la serata trova il suo felice epilogo quando sul palco
sale il duo Martorelli‐Leo. Per l’ultimo comizio tutto fila liscio perché il
buonsenso delle due parti prevale.
Il quinquennio si caratterizza per una serie di posa di prime pietre: una
fabbrica di impermeabili, una succursale di lanificio, un ostello per la
gioventù.
4.5. 1964 – 1969 (1970)
Cambia la legge elettorale ed il sistema elettorale proporzionale viene
esteso anche ai Comuni compresi tra i 5.000 e 10.000 abitanti. Sulla
scheda viene indicato il simbolo di ogni lista e nel riquadro quattro linee
per le preferenze. Si presentano 6 liste: DC, PCI, PSI, PLI, MSI e lista civica
di Briguori, sindaco uscente, con l’emblema di un Piccone che scalfisce una
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roccia. Il risultato è scontato. La DC, all’epoca forte di una larga
maggioranza e, pur registrando un significativo cedimento verso la lista
civica, fa eleggere 9 consiglieri: Giuseppe D’Aprile, Daniele Sangineto,
Gennarino Liporace, Filippo Stumbo, Aida Pietropaolo, Angelo Luigi Di
Giovanni, Vincenzo Cosentino, Daniele Barranchini e Antonio De Luca. Nel
Piccone sono eletti 7 consiglieri: Orlando Briguori, Daniele Crociato, Elio
Marino, Premiato Marra, Giovanni Cauteruccio, Pasquale Donato. Due
sono gli eletti del PSI: Vincenzo De Paula ed Eugenio Martorelli. Due anche
quelli del PCI: Alberto Manenti e Temistocle Martorelli.
Nasce in Italia il primo centro sinistra (DC, PSI, PSDI e PRI) ed anche
Belvedere si adegua. Sindaco diventa il socialista De Paula, il suo vice è
Giuseppe D’Aprile, gli assessori sono Sangineto, Pietropaolo, Stumbo. La
consiliatura viene prorogata fino 1970 affinché possano coincidere le
consultazioni per le istituende regioni, per le province e per tutti i comuni.
A Belvedere comunque l’amministrazione interrompe il suo corso perché il
Sindaco viene chiamato nel 1969 a ricoprire la carica di consigliere
provinciale per surrogare Gaetano Mancini, neo senatore. All’epoca le due
cariche erano incompatibili. Lunghe trattative per ricostituire una nuova
Giunta ed alla fine il nulla di fatto. Il comune viene commissariato e lo
guiderà, fino al 1970 il dott. Francesco Musacchio, commissario
prefettizio. In questo periodo si registrano fatti importanti quali la
progettazione di alcune strade di campagna, la definizione della
perimetrazione dei centri urbani ai fini del rilancio dell’edilizia e la
costruzione del primo campo sportivo in località Monti. Per la cronaca la
partita inaugurale vide la squadra belvederese imporsi ai cugini di
Diamante per 5 a 2. Quest’ultimo evento fu salutato con entusiasmo da
tanti giovani che attendevano da anni un impianto sportivo, anche
modesto, per frequentare il gioco più bello del mondo. Le strade di
collegamento delle campagne erano progettate utilizzando la Legge
Speciale per la Calabria ed il Piano Verde. L’iter fu lunghissimo e quelle
finanziate furono poi realizzate dalle amministrazioni successive.
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4.6. 1970 – 1975
Il commissariamento si traduce in un significativo atteggiamento di rifiuto
della popolazione verso i partiti tradizionali ed il risultato sancisce la
vittoria ancora di Briguori. Si presentano sei liste. Il Piccone che ottiene 10
consiglieri: Briguori, Francesco Manfredi, Vincenzo Callà, Capano Daniele,
Crociato, Grosso Gaetano, Elio Marino, Martorelli Salvatore, Giuseppe
Niccoli ed Aldo Vidiri. La DC che porta in Consiglio 7 eletti: Eugenio Impieri,
Enrico De Sio, Angiolino Di Giovanni, Gennarino Liporace, Renato Mele,
Eugenio Spinelli e Giuseppe Mistorni. Il PSI elegge il solo Vincenzo De
Paula, il PCI è rappresentato da Italo Rogati. Infine una lista della Coldiretti
riesce ad eleggere Antonio De Luca. Non ottiene alcun consigliere il MSI
del dott. Mario Pietropaolo. Tutti i partiti politici pagano quindi un tributo
all’affermazione di Briguori due seggi in meno la DC ed uno ciascuno il PSI
ed il PCI. In una prima fase si forma una maggioranza Piccone‐PCI con
Briguori sindaco. In Giunta entrano Rogati, Manfredi, Niccoli e Salvatore
Martorelli con Crociato e Marino supplenti. Ma la crisi giunge dopo circa
un anno per le divergenze su alcune vicende urbanistiche legate ai primi
villaggi turistici che si vanno insediando a Calabaia e Santa Litterata. Il
passaggio di Rogati all’opposizione non determina però la crisi in quanto il
suo voto in Consiglio viene sistematicamente surrogato da Eugenio Spinelli
e, nelle fasi più importanti, da tutto il gruppo DC (approvazione del
Programma di fabbricazione, di alcuni bilanci ecc.). Nel 1974, il Sindaco
viene sospeso dalle funzioni per alcune irregolarità rilevate dalla
magistratura. Il suo posto viene preso dall’assessore anziano Manfredi,
fino a pochi anni prima segretario comunale.
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4.7. 1975 – 1980
Il quinquennio appena concluso lascia tracce indelebili sul territorio. La
peggiore gestione urbanistica fino a quel momento conosciuta. I
costruttori hanno potuto impunemente distruggere la costa con ville
costruite in parte sull’arenile, le spiagge di fatto privatizzate con muri di
cinta e cancelli a protezione. I problemi occupazionali, in nome dei quali si
rilasciavano numerose licenze, restano quelli che erano in precedenza. Si
affacciano in politica tanti giovani vogliosi di invertire le tendenze del
passato e tutte le liste registrano la loro presenza. Le compagini sono 8: la
DC, capeggiata dal dott. Spinelli che manca da tempo dalla vita politica, il
Piccone di Briguori, il PSI guidato da Vincenzo De Paula, il PCI con
Salvatore Fabiano capolista, il PSDI di Salvatore Martorelli, il PLI con
Angela Polito, il MSI guidato da Mario Pietropaolo ed il PRI del duo Adio
Spinelli‐Turillo Leo. In consiglio accedono 7 DC (Spinelli, Eugenio Impieri,
Peppino Mistorni, Di Giovanni, Mauro D’Aprile, Gennarino Liporace,
Edison Mostardi), 7 del Piccone (Briguori, Peppino Arena, Luigi Adornetto,
Ciro Campilongo, Gaetano Grosso, Daniele Crociato ed Elio Marino), 3 PSI
(De Paula, Eugenio Martorelli e Pasqualino Martorello), 2 PCI (Salvatore
Fabiano e Riccardo Ugolino), 1 PSDI (Salvatore Martorelli). Le altre liste
non ottengono rappresentanti. Subito dopo le elezioni a Briguori,
ineleggibile per i fatti del quinquennio precedente, subentra Salvatore
Gazzaneo ed al posto di De Paula, dimessosi per motivi di salute, entra
Antonio Domolo.
Si forma una coalizione DC – PSI – PCI guidata dal dott. Spinelli. E’ il
momento del dialogo politico avviato da Enrico Berlinguer e assecondato
da Aldo Moro e Francesco De Martino che è passato alla storia col nome di
compromesso storico. Della Giunta fanno parte Impieri, De Paula,
Mistorni, Ugolino con gli altri due socialisti in posizione di assessori
supplenti. L’esperimento dura circa un anno per l’emergere di alcune
contraddizioni su vicende urbanistiche pregresse. Una di queste riguarda
personalmente il Sindaco Spinelli e si tratta di una lottizzazione autorizzata
in assenza di strumento urbanistico. La crisi si protrae per alcuni mesi fino
a quando, nel febbraio 1977, si forma una nuova maggioranza DC –
Salvatore Fabiano
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Piccone. Sindaco è Giuseppe Mistorni con Arena, Di Giovanni, Liporace,
Adornetto (assessori effettivi), Grosso e D’Aprile (supplenti). La compagine
conta 14 consiglieri, ma va assottigliandosi progressivamente. Prende per
primo le distanze Di Giovanni in occasione della discussione sul PRG. Poi è
la volta di Mostardi seguito da Campilongo, Marino e Crociato. La crisi non
viene ufficializzata perché manca poco tempo al rinnovo del Consiglio e lo
stesso non viene più convocato neanche per il bilancio di previsione.
Salvatore Fabiano
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Salvatore Fabiano
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4.8. 1980 – 1985
Si presentano 6 liste: PCI (capolista Franco Perre), PSI (con alla testa
Pasquale Martorello), il Piccone di Briguori, la DC (capolista Mistorni) oltre
al PSDI (Martorelli Amalia) ed al PRI (guidato da Demetrio Loddo).
Gli eletti sono Perre ed Ugolino (PCI); Martorello, Domolo, Mimmo D’Elia,
Filippo Barbieri ed Eugenio Martorelli (PSI); Briguori, Arena, Campilongo,
Adornetto, Gino Martorello (Piccone); per la DC risultano eletti Mistorni,
Enzo Grosso, Mauro D’Aprile, Di Giovanni, Liporace, Vincenzo D’Anello,
Eugenio Spinelli e Vincenzo Amatuzzo. Si forma una maggioranza PSI –
Piccone – PCI (5 + 5 + 2) guidata da Pasqualino Martorello. Gli assessori
sono Briguori, Perre, Domolo, Arena (effettivi) con E. Martorelli e
Adornetto (supplenti). Il quinquennio è caratterizzato da una lotta aspra
sulle modifiche al PRG, adottato in precedenza dall’amministrazione
Mistorni. Un via vai infinito alla Regione, consigli comunali a ripetizione,
riunioni di partiti e di coalizione faticose. Comizi fuori tempo in cui
vengono mobilitati esponenti politici di primo piano dei partiti politici
appartenenti alle due fazioni in campo a Belvedere. L’A.C., tuttavia, giunge
alla fine del mandato senza riuscire nell’intento di dotare il Comune
dell’agognato strumento urbanistico.
Salvatore Fabiano
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Salvatore Fabiano
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4.9. 1985 ‐ 1990
Ancora 6 liste si contendono i 20 posti in Consiglio Comunale: PCI
(capolista Riccardo Ugolino), DP (del duo Antonio Sforza‐Temistocle
Martorelli), DC (ancora con Mistorni), PSI (con Pasqualino Martorello),
PSDI (con alla testa Amalia Martorelli), Piccone di Briguori.
Risultano eletti: Ugolino, Perre e Gaetano Grosso per il PCI; Mistorni,
Spinelli, D’Aprile, Campilongo, Crescenzo Cairo, Filippo Capano, Salvatore
Lancellotta, Raffaele Sansoni, Dante Valente e Salvatore Risorto per la DC;
Martorello, Domolo, D’Elia e Franco Gimigliano per il PSI; Briguori e Arena
del Piccone; Amalia Martorelli per il PSDI. L’unica lista che non riesce ad
entrare nel civico consesso è quella di Democrazia Proletaria.
Si forma una maggioranza DC – Piccone con Mistorni sindaco, Arena,
Sansoni, Lancellotta, Campilongo (assessori effettivi), D’aprile e Valente
(supplenti). Sembra una maggioranza molto forte all’inizio, ma avrà un
percorso travagliato. Si ripete la diatriba del PRG a parti invertite: Mistorni
vuole ora farlo approvare, ma la minoranza ora si oppone. Insomma si ha
la certezza che tutti vogliono il PRG, ma l’approvazione non deve sancita
quando ad amministrare ci sono gli avversari. Una farsa che ai più sembra
incomprensibile. Avviene perciò che 3 DC dissentono e si staccano dal
partito. Sono Eugenio Spinelli, Sansoni e D’Aprile. Arena e Adornetto (nel
frattempo succeduto a Briguori deceduto) li seguono nel passaggio
dall’altra parte dello schieramento. È il 1988 ed i tredici consiglieri tentano
a più riprese di convincere Mistorni alle dimissioni. Presentano una
mozione di sfiducia che però non sortisce alcun effetto pratico stante la
vecchia legge. Ad ogni modo, nella totale confusione, il PRG vede la luce
con una soluzione di compromesso guidata dalla Giunta Regionale.
Salvatore Fabiano
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Salvatore Fabiano
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4.10. 1990 – 1995
Ai nastri di partenza le liste sono 4 : PCI (con Riccardo Ugolino capolista),
PSI (con Pasquale Martorello), la DC (con Peppino Mistorni) ed il PSDI
(guidato da Amalia Martorelli). E’ l’ultima volta che si vota con il vecchio
proporzionale. Viene infatti approvata nel quinquennio una nuova
disciplina con le leggi n° 182 del 7 giugno 1991 e n° 81 del 25 marzo 1993.
Tali provvedimenti legislativi prevedono un sistema elettivo maggioritario
e l’elezione diretta del Sindaco. L’ultimo consiglio proporzionale risulterà
così composto: Ugolino, Perre, Salvatore Belmonte e Rosaria Ornella
Impieri per il PCI; Martorello, D’Elia, Antonio Marino, Lucio Carrozzino e
Sansoni per il PSI; Amalia Martorelli per il PSDI ed infine per la DC (10
seggi) Mistorni, D’Aprile, Capano, Ciro Borrelli, Antonio Ferro, Francesco
Marino, Ciro Campilongo, Peppino Arena, Dante Valente ed Enrico
Granata. Al posto di Granata, a metà mandato, subentra Vincenzo
Carrozzino.
Questo quinquennio passerà alla storia come il più confuso e travagliato.
Saranno tanti i sindaci che si succederanno alla guida di maggioranze
diverse tra loro: Mimmo D’Elia (PSI), Mauro D’Aprile (dissidente DC) una
prima volta, D’Aprile una seconda volta (nel frattempo rientrato nella DC),
Peppino Arena (uscito dalla DC) e Vincenzo Carrozzino (DC) con una
maggioranza che è difficile catalogare. È in vigore la “sfiducia costruttiva”,
una meteora giuridica che determina un curioso episodio a Belvedere.
Dopo una delle tante crisi vengono raccolte le firme per indurre un
Sindaco a dimettersi. Ebbene i documenti sono due per due maggioranze
diverse: il primo contiene 11 firme ed il secondo 12 quando i consiglieri
eletti ed in carica sono 20. Le firme sono reali e valide. Aritmetica creativa
che mette in crisi il solo Segretario Comunale…
Il totale caos genera fratture nei partiti rappresentati in Consiglio: la DC si
spacca in più tronconi e più volte, il PCI si scompone e ricompone in varie
fasi (in un periodo i 4 consiglieri formano 3 gruppi diversi), ed ugualmente
succede al PSI che accentua la differenziazione da tempo esistente tra le
due sezioni (Marina e Centro Storico). Arriverà poi la nascita di Forza Italia
Salvatore Fabiano
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a suggellare la scomparsa dei socialisti con il passaggio di molti da sinistra
a destra e con la sparizione della parte rimanente.
4.11. 1995 – 1999
E’ stato ora introdotto il sistema maggioritario ad un solo turno, nonché
l’elezione diretta del Sindaco. I partiti cercano di coalizzarsi per formare
liste ampie. Si presentano due compagini forti: una di centro‐sinistra, il cui
candidato alla carica di Sindaco è Riccardo Ugolino, e l’altra di centro‐
Salvatore Fabiano
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destra con Enrico Granata. Ad esse se ne aggiunge una terza con
connotazioni civiche il cui candidato è Pasquale Sparano. La spunta
Granata con uno scarto di 300 voti. Al suo fianco risultano eletti: Pasquale
Filicetti, Palmino Perrone, Bencardino Francesco, Loretta Maccagnan,
Nilde Rotondale, Vincenzo Cauteruccio, Eraldo Martorelli, Santino Stumbo,
Luca Donato, Ciro Grosso Ciponte, Vincenzo Di Mario. Per la minoranza
entrano in Consiglio Ugolino, Pietro Martorello, Salvatore Perrone e
Salvatore Marino, per la lista di Belvedere Democratica, e Sparano per la
lista civica.
La Giunta si compone di Filicetti, Perrone, Maccagnan e Di Mario.
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4.12. 1999 – 2004
Xa‐ccxc
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4.13. 2004 – 2009
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4.14. 2009 – 2014
EWERWERWERWE
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5. ANEDDOTI ‐ CURIOSITÀ ‐ PERSONAGGI
Salvatore Fabiano
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5.1. Una ragazzata
Si era ancora agli albori della nostra democrazia e i partiti affinavano le
loro tecniche per una migliore funzionalità ed un maggior successo nella
raccolta dei voti. Ero studente di scuola media nel 1956 quando mi
appassionai per la prima volta ad una competizione elettorale. Non capivo
quasi nulla di quel che si diceva nei comizi ma, per cause concomitanti,
partecipai emotivamente. Erano candidati un mio zio nella lista civica della
Campana, in contrapposizione alla DC, ed il mio insegnante di lettere,
amato da tutti noi allievi. Frequentavo, insieme a tanti altri, un doposcuola
a pagamento presso una famiglia di democristiani, miei vicini di casa e
clienti di mia madre sarta. Non che avessi bisogno di recuperi o di aiuti, ma
mi mandavano per evitare che i miei pomeriggi fossero impegnati in
interminabili partite di calcio in Piazza Castello. Orbene le maestre del
doposcuola erano impegnate nell’organizzazione e pensarono di
mobilitarci in un lavoro di staffette tra i seggi e la locale sezione del
partito. Avrei voluto rifiutare, ma quando espressi il mio desiderio a mia
madre, ella mi intimò di aderire per buona educazione. Noi ragazzini
dovevamo rimanere estranei a queste cose… dei grandi. I convocati
schierati con la Campana ci consultammo prendendo una decisione di
sottile protesta. Un boicottaggio in piena regola. Le quattro sezioni
elettorali del centro storico erano ubicate due al Praio, nelle scuole
elementari, una nel palazzo municipale ed un’altra nel vicino palazzo di
donna Immacolata Martorelli, sede di una classe di scuola elementare. A
ciascuno di noi una sezione da servire.
I rappresentanti di lista erano in possesso di speciali cartelle numerate
sulle quali segnavano i numeri di “matricola” degli elettori che si recavano
al seggio. Ogni tanto ne avrebbero dovuto inviare una alla sezione del
partito per il controllo. Così qualcuno si sarebbe mobilitato per contattare
gli assenti qualora gli elettori fossero di loro interesse. La sera prima ci
riunimmo in un angolo remoto della piazza e mettemmo in atto il nostro
“piano di boicottaggio”. Il primo giorno tutto filò liscio, ma nella mattinata
di lunedì iniziammo a manomettere le cartelle che ci consegnavano i
delegati al seggio aggiungendovi segnature a casaccio. Ricordo il caos che
Salvatore Fabiano
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al lungo tavolo della sezione regnava ogni volta che si procedeva al
controllo. Qualcuno partì per i seggi in modo da rendersi conto di quanto
stava accadendo, ma tutto fu inutile perché la frittata era ormai fatta.
All’epoca tutti si guardavano in cagnesco nei seggi elettorali ed i
presidenti, provenienti tutti rigorosamente da fuori, non consentivano di
prendere appunti direttamente dalle liste elettorali. Partecipammo ai
festeggiamenti per la vittoria sentendola anche nostra. Per qualche giorno
ci astenemmo dal frequentare il doposcuola.
5.2. Il consigliere dormiente
Da “Storie di un borgo antico” (di S. Fabiano)
Il più vecchio episodio curioso di cui si racconta è dei primi anni del
dopoguerra. Un consigliere comunale, che di mestiere faceva l’idraulico ed
abitava in una contrada prossima al centro, giungeva stremato alle
riunioni per la durezza del suo lavoro. Le attrezzature erano scarse e
rudimentali, doveva provvedere, con l’ausilio di qualche giovane
discepolo, anche ai lavori di scavo e muratura, oltre che alle normali
filettature e montaggio dei tubi.
Il problema della sua contrada era la realizzazione della strada di
collegamento che, all’epoca, constava di una pista in terra battuta con
l’aggiunta di brecciame di cava polveroso e disagevole per i pochi
automezzi e per i tanti pedoni ed animali che la percorrevano. La sua
stanchezza lo faceva spesso addormentare durante le estenuanti sedute
del Consiglio per cui, alla fine, doveva essere svegliato. Mentre tutti i
consiglieri ed il pubblico sfollavano soleva rivolgersi al primo che capitava
con la domanda di rito:
“Ne hanno parlato della strada della Rocca? Che hanno detto? La fanno?”
La domanda ripetitiva girava di bocca in bocca al punto che il suo
comportamento era diventato l’interesse principale del numeroso
pubblico che, a quel tempo, era solito assistere alle sedute del Consiglio
Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ...................................................................................................... 36
Comunale. Dopo qualche anno i lavori ottennero un finanziamento
dall’Ente provinciale ed egli ebbe il suo momento di gloria quando il
Sindaco ne diede l’annuncio. Il pubblico applaudì a lungo scandendo il suo
nome a gran voce.
5.3. All’inferno per un voto
Nel clima da crociata in cui si svolsero le elezioni di ogni tipo, tra il 1948 ed
il 1960/65, poteva accadere di tutto nelle piazze, sui posti di lavoro e nelle
chiese. Mia madre, fervente cattolica, in una domenica successiva alle
elezioni tornò a casa col volto solcato dalle lacrime e gli occhi arrossati. Era
andata a messa al mattino presto per poi poter riprendere il suo lavoro di
sartoria in vista della festa della Madonna delle Grazie, giorno in cui le sue
clienti facevano sfoggio dei nuovi vestiti. Poche settimane prima nel
nostro Collegio era stato candidato il segretario del PSI locale e mia
madre, per vecchi rapporti amichevoli di famiglia, aveva deciso di votarlo.
Anch’io, per quel che potevo contare, l’avevo incoraggiata. Il suo
avversario più quotato era Giuseppe Mario Militerni di Cetraro, un
avvocato che mi risultava antipatico. Forse per la sua voce baritonale! Non
rammento se si trattasse del Senato o della Provincia, ma comunque di
candidato unico di Collegio.
Giunta in chiesa, si era messa in fila per la confessione e, arrivato il suo
turno, si era inginocchiata di lato al confessionale. Quando il rituale
colloquio con l’elencazione delle manchevolezze sembrava giunto al
termine, partì la sorprendente domanda del confessore: “Non mi hai detto
per chi hai votato”. La risposta, ovviamente sincera, giunse con
l’immaginabile imbarazzo della donna. “Ho votato per il candidato
paesano… si, quello dei socialisti”. Il prete a questo punto alzò la voce
dichiarando che per questo peccato non sarebbe stato possibile
concedere l’assoluzione. “Lo sai che quello è un bolscevico?” pronunciato
con l’accento sulla seconda sillaba. Figurarsi la paura della malcapitata di
fronte ad un vocabolo così forte, altisonante e sconosciuto! La gente
seduta nei pressi aveva ascoltato solo l’ultima parte del colloquio e,
Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ...................................................................................................... 37
allontanatasi in fretta, cercò di spiegare ad una sua amica l’oggetto della
brutta disputa rinchiudendosi nel suo silenzio fino al termine della messa.
Pianse per tutto il tempo fino al ritorno a casa. Povero me, dover subire il
suo sfogo in quanto mi rimproverava la mai collaborazione alla decisione.
Non che io all’epoca simpatizzassi per la sinistra (ero militante dell’azione
cattolica), ma il candidato era molto vicino ai giovani con i quali si
intratteneva nella piazza a passeggiare nelle belle serate. Parlava, di
letteratura, di filosofia, di politica raccontandoci anche aneddoti e
curiosità del recente passato del nostro paese. Un Socrate nell’agorà,
insomma! Non ero nemmeno in grado di spiegarle il significato di
bolscevico per cercare di alleviare la sofferenza! Non avevo ancora
scoperto quel tratto di storia.
Il peccato di cui lei si era macchiata era molto grave, non assolvibile, forse
mortale e meritava… l’inferno! Chi può dire quante altre persone avranno
avuto lo stesso impatto doloroso di mia madre…
5.4. Il comizio dell’avvocato
Da “Storie di un borgo antico” (di S. Fabiano)
5.5. Licenziati per rappresaglia
Al termine di una combattuta campagna elettorale giunse, da parte di un
imprenditore capolista risultato perdente, un’azione di ripicca nei
confronti di alcuni suoi dipendenti. Erano ritenuti infedeli nei confronti del
loro padrone e, per tale grave atto di mancata dedizione alla causa, furono
licenziati senza alcun riguardo. Si trattava di un impiegato contabile, di un
operaio generico e di uno stalliere tuttofare. Il primo si era esposto e
dichiarato in quanto espressione di una famiglia schierata interamente
con un partito avverso. Il secondo, proveniente dal catanzarese, si
professava repubblicano e, a suo modo di pensare, non poteva votare la
Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ...................................................................................................... 38
lista del suo datore di lavoro in nome della sua libertà di pensiero. Il terzo
era simpatizzante di un altro partito inserito nella coalizione avversa e,
nella sua totale semplicità, lo aveva manifestato perché riteneva che non
ci fosse nulla di male. L’imprenditore, dopo pochi giorni dalla conclusione
della competizione elettorale con sconfitta, li licenziò senza esitazione.
Quant’acqua è passata sotto i ponti! O forse no?!?!
5.6. Anche i comunisti avevano la loro santa protettrice
All’inizio degli anni sessanta alcuni devoti della Madonna del Rosario
pensarono di costituirsi in Comitato per i festeggiamenti. Le feste
religiose, con relative fiere, all’epoca erano tante: due per il Crocifisso (3
maggio e 14 settembre), l’Annunziata (25 marzo), Santa Lucia (13
dicembre), le Grazie (1‐ 2 e 31 luglio), S. Antonio Abate, San Daniele (dal 9
al 20 ottobre alla Marina) e tutte quelle delle varie contrade. Del nascente
gruppo del Rosario facevano parte alcuni iscritti e simpatizzanti del PCI.
Erano i più attivi nel chiedere i contributi ai fedeli, si davano da fare negli
addobbi dell’antica Chiesa e nell’organizzazione esterna. Erano spinti
anche dal desiderio di mostrare la loro appartenenza religiosa in
contrapposizione a coloro che per molti anni li avevano discriminati ed
additati come “mangiatori di bambini”, bolscevichi e senza Dio. La
congregazione li aveva, per la verità, accettati senza alcuna riserva. La
festa ebbe un successo enorme e suscitò il forte risentimento dell’altra
congregazione, quella della Madonna delle Grazie. Le date erano
ravvicinate e si temeva di ricevere oboli molto limitati dai cittadini. Il
paese si divise e le polemiche furono durissime. Una nuova divisione in
due fazioni come tra guelfi e ghibellini. Un segnale fu quello di vedere gli
adolescenti disputare le partite di calcio negli spiazzi che il paese offriva
utilizzando i nomi delle due Madonne. Si arrivò persino a definire la
Vergine del Rosario come la Madonna dei comunisti!
5.7. Il campo sportivo in consiglio
Salvatore Fabiano
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Dopo il ritiro dell’U.S. Belvedere del 1958, per tanti giovani il calcio ed un
campo sportivo erano diventati un miraggio. Alcuni giocavano nelle
squadre dei paesi vicini come Diamante, Scalea, Praia, Fuscaldo, ma erano
proprio pochi. Per iniziativa di alcuni giovani era nata nel 1963 l’A.S.
Belvedere che giocava sul campo prestato di Diamante. La pressione che
tutti esercitavano sugli amministratori era quotidiana. Prima di una
riunione del Consiglio Comunale, i postulanti, con in testa il presidente
Tonino Gagliardi ed Ottavio Scarcello, circondarono in piazza un
consigliere di maggioranza: Daniele Crociato. Gli avanzarono l’ennesima
richiesta di discuterne nel consesso ottenendone la promessa. Il Crociato
aveva preso posto nel banco più vicino al pubblico e riceveva continue
pressioni sotto voce dai giovani. Rispondeva con un gesto della mano che
invitava alla calma aspettando il momento buono che però tardava. Dopo
vari tentativi egli perse la calma ed esplose in un “ ….e con questo cavolo
di campo!”. Veramente non disse proprio così, ma l’urlo fu forte e deciso
facendo scattare una generale risata. Il Sindaco gli indirizzò un gesto di
rimprovero ed egli con inchino e tono serafico rispose:” Chiedo scusa
all’assemblea”. Il risultato fu festoso perché il Sindaco, compresa la
situazione, annunciò che aveva ricevuto una sicura promessa dal
Ministero per il finanziamento relativo. Fu serata di festa anche se, a
distanza di qualche mese, si scoprì l’inconsistenza dell’affermazione.
5.8. Una mancata rissa
Da “Storie di un borgo antico” (come sopra)
5.9. Attività di propaganda nel 1956
Alle comunali del 1956 si registrarono alcune iniziative che coinvolsero
molto gli elettori. La prima dei giovani DC con il “giornale parlato”. Un
gruppo di studenti sui venti anni, ogni sera prima dei comizi, trasmetteva
Salvatore Fabiano
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dalla locale sede, ubicata nei pressi della piazza, alcuni comunicati con
commenti più o meno seri. Si susseguivano annunci, musica, pettegolezzi,
prese in giro ed altre facezie. I protagonisti erano Ciccio Bruno, Armando
Impieri, Salvatore Impieri ed altri. La primogenitura dell’iniziativa, per la
verità, era della sinistra che l’aveva già adottata quattro anni prima. In
questo frangente la sezione era però distante dalla piazza e quindi vi
rinunciarono. Quando gli altoparlanti intonavano “biancofore simbolo
d’amore” la gente si radunava sotto il balcone per ascoltare. Risate,
applausi e qualche fischio a distanza sottolineavano le fasi della
trasmissione.
Dall’altra parte si rispose con la parodia di una canzone napoletana
adattata alla competizione. La musica era quella famosa di
“Scapricciatiello”. La cantava prima di ogni comizio Salvatore Biondo,
storico infermiere della Clinica Cascini, che l’aveva anche incisa sul nastro
di un registratore rudimentale. La sua voce squillante fece rapidamente il
giro di tutti i vicoli, piazze, borghi e campagne. Dopo pochi giorni tutti la
cantavano e le copie scritte a penna circolavano di mano in mano. Si
votava il 27 maggio e l’ultima strofa recitava “… cittu cittu e chianu chianu
u vintisette vota campana: a lista di don Ciccio e u generale”.
5.10. Il congresso DC
Un impiegato di banca, militante attivo della DC e più volte candidato per
il Consiglio Comunale, in occasione di un Congresso del partito scrive ai
due capi‐corrente Dario Antoniozzi e Riccardo Misasi. “Caro Dario, ti
comunico che mi sono già attivato per la tua corrente e spero di essere
utile all’aumento dei voti congressuali nella sezione di Belvedere ecc.
ecc.”. L’altra missiva è quasi identica: “Caro Riccardo, ti comunico ecc.
ecc.”. Cercava di ingraziarsi entrambi i deputati che appartenevano a due
correnti diverse. All’atto della spedizione le lettere finirono però nelle
buste invertite. Giunse il giorno del congresso sezionale ed i due
parlamentari presenziarono essendo Belvedere tappa importante per gli
equilibri sul Tirreno. Formato il banco della presidenza in cui essi
Salvatore Fabiano
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trovarono posto, Misasi sorridente cavò la lettera dalla tasca e rivolto
all’altro disse: “Dario, ti devo dare una lettera che, per disguido postale,
mi è stata erroneamente recapitata e, se permetti, te la leggo”.
Altrettanto fece Antoniozzi. Immaginarsi il fragore della risate di tutta la
sala… e l’imbarazzo del mittente!
6. AVVENNE NEL VENTENNIO FASCISTA
6.1. Confinati politici a Belvedere
Il 31 ottobre 1926 Mussolini subì un attentato a Bologna. Il fatto diede lo
spunto al regime fascista per l’emanazione di “nuove leggi sulla pubblica
sicurezza”, con R.D. 1648 del 6.11.1926, che introduceva essenzialmente
la misura del confino politico per gli oppositori. Bastava scrivere un
articolo di giornale contro la politica del governo, partecipare ad una
riunione politica “non autorizzata” o semplicemente urlare uno slogan
contro Mussolini in piazza per essere processati ed inviati per qualche
tempo in luoghi lontani dal proprio paese. L’accusa poteva scaturire anche
da fatti banali e sostenuta da chiunque avesse credito presso il regime.
Una nuova caccia alle streghe come ai tempi in cui la Chiesa Cattolica la
praticava con la Santa Inquisizione.
Nel ventennio furono molti coloro che conobbero il confino ed erano per
lo più intellettuali ai quali bisognava impedire di vivere nel loro mondo,
mettendo a disagio economico ed affettivo la vita delle loro famiglie. I
“coraggiosi fascisti” avevano paura di chiunque fosse in grado di pensare e
di agire. Anche Belvedere registrò la presenza di alcuni confinati. Le notizie
in merito agli antifascisti inviati nel nostro comune sono scarse, ma ho
provato, attraverso personali ricerche, a ricostruirne le loro vicende.
Ai confinati veniva corrisposto un sussidio detto “la mazzetta”, che variava
da 5 a 10 lire al giorno, ed un’indennità di alloggio pari a lire 1,66. Il tutto
era insufficiente per sopravvivere ed essi, con la benevolenza delle
popolazioni locali, svolgevano piccole attività per avere qualche compenso
in natura. Venivano controllati quotidianamente dai carabinieri dai quali
Salvatore Fabiano
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bisognava presentarsi ogni mattina alle 9. La loro possibilità di uscita dalla
dimora era in inverno dalle 7 alle 20 e d’estate dalle 6 alle 21. La milizia
controllava la presenza in casa durante la notte anche con incursioni di
disturbo. Il loro arrivo era un evento pubblico in quanto giungevano con
mezzi di fortuna nella piazza del Municipio, con le manette ai polsi e
scortati dai carabinieri. Provenivano dalla locale stazione ferroviaria ed il
primo impatto con la comunità locale era la consegna al segretario
comunale. Successivamente c’era la presentazione al podestà ed al
maresciallo dei carabinieri. In attesa di una sistemazione in piccoli alloggi,
venivano ospitati nelle celle della caserma. Veniva loro consegnata la
“carta di permanenza” che dovevano obbligatoriamente portare sempre
in tasca. La corrispondenza, sia in arrivo che in partenza, subiva un ferreo
controllo con eventuale censura. A volte essi riuscivano ad aggirare
l’ostacolo facendola imbucare clandestinamente da ragazzini nei paesi
vicini, ma era alquanto difficile che potessero farlo i confinati a Belvedere
centro.
I fatti che narro in questi appunti li ho rilevati da fonti varie: libri, siti
internet dell’Anpi e del Ministero della Difesa, ma essenzialmente dalla
trasmissione orale di testimoni di quel tempo. Il più importante
informatore è senz’altro Enrico Siecola che mi ha fornito foto, lettere e
narrazioni che ho poi potuto puntualmente verificare. Enrico ha
rappresentato una fonte importante per queste ed altre memorie su ciò
che è stato il “mio borgo antico” durante la sua adolescenza. Anche Nino
Rogati mi ha fornito notizie utili per ricostruire alcuni episodi ed indizi per
nomi da ricercare.
Tanti i confinati in Calabria, molti dei quali in provincia di Cosenza. La
maggior presenza di antifascisti colpiti dalla misura restrittiva l’ha
registrata il comune di Acri con almeno 44 persone. Seguono poi San
Giovanni in Fiore, Castrovillari, Luzzi e Bisignano, Bocchigliero e
Longobucco. Sulla costa tirrenica Fuscaldo ne ospitò 14 e Belvedere
Marittimo 11. Alcuni furono inviati a Paola, Cetraro, Fiumefreddo, Praia,
Scalea, San Lucido ed Amantea.
Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ...................................................................................................... 43
I confinati che Belvedere ospitò dimorarono in genere nel centro storico
per poter essere meglio controllati dalla milizia fascista. Si tratta di
Lorenzo Capponi, Luigi Moraldo, Fausto Fortunato Avanzati, Marcello
Marrone, Domenico Dettore, Lucio Mario Luzzatto e Romolo Cani. Vi
furono inoltre Nino Woditzka, tra i fondatori del Partito D’azione, e sua
moglie, Rosa Burich (detta Rosina). Nino viveva in genere tra Rende ed il
Sanatorio di Cosenza, mentre la moglie, stabilmente a Belvedere, riceveva
periodicamente visite autorizzate del marito. Caduto il fascismo, Nino
restò per qualche tempo a Cosenza; fu leader del P.d’A. e direttore del
periodico “L’Emancipazione”. Belvedere ospitò anche un oculista
palermitano, tale Salvatore Migliorini, e, per breve tempo, il comm.
Luciano Menegoni (o Venegoni), il quale asseriva che la sua condizione di
confinato era frutto di equivoco. Sosteneva di essere amico del duce e
mostrava a tutti le sue lettere che inviava al dittatore con tanto di “Caro
Benito…”. Era socialista e faceva risalire l’amicizia al periodo in cui il
dittatore dirigeva L’Avanti. Se fosse vero quanto sosteneva non si seppe
mai, ma fu allontanato da Belvedere dopo pochi mesi dall’arrivo. Una nota
per Luigi Moraldo, comunista, merita la circostanza che anche tre suoi
congiunti erano contemporaneamente confinati in provincia di Cosenza:
Pietro Moraldo a Saracena, Antonio Moraldo a Rose e Angelo Moraldo a
Castrovillari.
Per Marcello Marrone, medico comunista, si ha certezza del suo
peregrinare per la Calabria tra Belvedere, Siderno e S. Giovanni in Fiore.
Anche a Belvedere gli cambiavano spesso l’abitazione: in località Scale, al
Praio, in viale Stazione. Di lui scrive l’avv. Sen. Francesco Spezzano nel suo
libro Fascismo e antifascismo in Calabria:
Il dott. Marcello Marrone di Roma, pur lamentando di non ricordare tutto
a distanza di quaranta anni, ci ha dato notizie più che importanti.
Apprendiamo così che dei comuni in cui fu confinato – Siderno, San
Giovanni in Fiore e Belvedere Marittimo – ha “un ricordo vivissimo per
l’ospitalità che io, studente appena ventenne, vi trovai da parte delle
accoglienti e fiere popolazioni calabresi e nel dire ciò mi riferisco
ovviamente non solo ai numerosi gruppetti di antifascisti e di compagni,
Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ...................................................................................................... 44
ma anche e soprattutto alle affettuose accoglienze che trovammo ovunque
fra la popolazione di ogni ceto con la sola eccezione dei pochi fascisti
locali. Essi e non noi isolati dalla popolazione”. A Belvedere trovò un
gruppo di antifascisti capeggiati da un operaio della locale centrale
elettrica attraverso il quale poté incontrarsi anche con i comunisti di Paola
e tra essi il farmacista Guido Sganga.
L’operaio elettricista era certamente Ernesto Mostardi, cosentino sposato
con la signora Elvira Marra di Belvedere. Egli diventerà nel 1948 il primo
segretario del PCI locale.
Il sen. Spezzano, nel citato volume, si sofferma a scrivere di Lucio Mario
Luzzatto e del suo soggiorno a Belvedere. In seguito i due parlamentari
discussero del caso nelle aule parlamentari:
… confinato a Belvedere Marittimo per due anni e mezzo, dal gennaio
1938 al giugno 1940 , ci racconta tra l’altro: “Con i confinati dei paesi vicini
….. qualche volta
ci è stato
possibile
incontrarci sui
confini dei
comuni …. E,
quando ciò non
era possibile,
mantenevamo il
contatto tramite
i fattorini delle
autocorriere. La
popolazione di
Belvedere fu cortese ed ospitale. Gli antifascisti locali con i quali discutevo
erano un falegname (Ciccio Giunta) , un calzolaio (Ciriaco Martorelli,
comunista, o Eugenio Sarpa, socialista), un operaio delle ferrovie (
Giuseppe Giunta) ed un giovane studente (Giuseppe Rogati, di cui
Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ...................................................................................................... 45
frequentava la casa e con il quale mantenne rapporti epistolari per alcuni
anni). Notizie di Cosenza mi venivano date da un rappresentante della
Galbani (forse un certo Nino Nappo socialista). Qualche volta vidi anche
Luigi Prato (comunista) che mi fece conoscere altri antifascisti della zona di
cui non ricordo i nomi. E’ certo che la solidarietà che ci veniva manifestata
era per noi un grande aiuto morale, così come è certo che la nostra
presenza e la nostra chiara e decisa posizione serviva da incoraggiamento
e da spinta agli antifascisti locali”.
Gli antifascisti
belvederesi non
erano certo pochi se
si considera che
l’unico nucleo
urbano era il centro
storico. La Marina
era un borgo di circa
300 abitanti del
1925 e poco più nel
1940, così pure le
frazioni di campagna non si prestavano all’aggregazione culturale e
politica. Il personaggio di spicco era l’avvocato Luigi Vidiri, socialista, nella
cui casa si teneva qualche riunione segreta. Gli avversari dichiarati del
regime erano Ciriaco Martorelli, Ernesto Mostardi, Eugenio Sarpa,
Germano Cairo, Nicola Santise, Michele Ercolano, Aristide Martorelli, Luigi
Lapuista. Tutti artigiani e operai, di poca cultura, ma animati dai grandi
ideali che erano seguiti al biennio rosso del primo dopoguerra ed alla
rivoluzione d’ottobre. A questi vanno aggiunti gli insegnanti Egidio Rogati,
repubblicano, Antonio Balzano, partito d’azione, ed il commerciante
Eugenio Parise, simpatizzante comunista. C’erano poi i giovani studenti
universitari che incalzavano come Vincenzo De Paula, Filippo Martorelli ed
Eugenio Bencardino. I loro contatti avvenivano anche nelle botteghe
artigiane come quella di Giuseppe Giunta, un bravo falegname che
conosceva la musica e la insegnava, o di Eugenio Sarpa, calzolaio ed
Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ...................................................................................................... 46
anch’egli musicista‐compositore. Dall’altra parte della barricata erano
collocati, quali Podestà nel ventennio, Giuseppe Mistorni (fino al 1926),
Eugenio Spinelli (fino al 1937), Giovanni Grossi (per 5 mesi nel 1938) e
Ciriaco D’amico (dal 1938 al 1943). Nelle vesti di segretari del Fascio, vera
carica di potere nel paese, si sono alternati il dott. Vincenzo Leo, il
farmacista Baldassarre Fazio e, quando già il regime era morente, l’avv.
Umberto Jaconangelo.
Tornando a Lucio Luzzatto è certo che egli a Belvedere contrasse
matrimonio il 5 febbraio 1938 con Sadun Eloisa, di anni 29, che, nel
frattempo, l’aveva raggiunto.
Il Luzzatto sarà importante uomo politico nell’Italia repubblicana:
parlamentare prima del PSI, poi del PSIUP ed infine del PCI in qualità di
indipendente. Rivestirà anche l’incarico di vice presidente della Camera
dei Deputati e di membro del Consiglio Superiore della Magistratura.
Particolarmente toccante la figura di Romolo Cani, un impiegato con una
visibile menomazione ad una mano, che sbarcava il lunario con il
doposcuola a ragazzini i cui genitori si sdebitavano con compensi in
natura. Era presente a Belvedere anche la sua giovane moglie Lucia
Camera. L’aveva conosciuta a Bisignano nel primo periodo del suo confino
e, come sempre avveniva a chi sposava persone del posto, il soggiorno
veniva cambiato. Dopo il 25 luglio del 1943 tentò di raggiungere il nord
Italia e si aggregò ai partigiani dell’Emilia‐Romagna. Fece parte della 28a
Brigata Garibaldi. Nel 1944 fu catturato e condannato a morte “perché
comunista” (è scritto così nella sentenza). La condanna giunse a seguito di
un processo sommario per l’attentato ad un ufficiale che egli ed i suoi
compagni di sventura non avevano potuto commettere perché detenuti
nel giorno dell’evento. I nazifascisti prelevarono cinque carcerati politici e,
convocata una sessione urgente del tribunale speciale, emisero la
condanna. Una delle tante azioni di rappresaglia. Fu fucilato l’11 febbraio
1944 a Faenza all’età di 42 anni lasciando la moglie ed il figlioletto Bruno.
Romolo Cani era nato a Milano il 4 aprile 1902. La sua commovente e fiera
Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ...................................................................................................... 47
ultima missiva alla moglie è contenuta nel libro “Lettere di condannati a
morte della Resistenza”.
Faenza 10 febbraio 1944 ore 23:40
Mia amata Lucia ancora poche ore di vita poi sarò fucilato Il cuore non mi trema in queste ore supreme nel tracciarti queste righe che sono il mio estremo affettuoso saluto a te che lascio vedova e al mio amato Bruno che lascio orfano. Non mai dimenticarti del tuo Romolo che ti ha voluto tanto bene, e ricordami sempre a mio figlio finché sarete sulla Terra in vita. La mia più grande preoccupazione non è la morte a cui vado incontro col sorriso sulle labbra, ma il lasciarti sola con Bruno lungo la vostra vita, perché tu sei una povera anima quasi smarrita e inesperta in mezzo a tutte le cose; ti giovi quindi questo mio consiglio affinché tu possa regolarti nella esistenza. Rimanendo vedova non devi approfittarne per condurre una vita dissoluta e leggera, ma devi rimanere onesta ed esperta, altrimenti cadrai sempre in disgrazia. Se trovi un uomo che ti sposi fallo pure tuo marito, ma prima non lasciarti convincere da lusinghe e da promesse e cerca di vedere se l’uomo che ti sposa, sia un bravo e onesto lavoratore; facendo ciò ti troverai sempre contenta. Te lo garantisce il tuo Romolo che sta morendo. Ti raccomando una cosa molto importante, cioè di mandare a scuola il bambino mio affinché egli possa educarsi come si deve, e capire un giorno perché è morto il babbo. Mandalo sempre a scuola e insegnaci il bene. I soldi che ti ho lasciato sono tutti i tuoi e servano pel mantenimento della famiglia, e l’educazione di Bruno. Vendi la casa perché può essere un giorno di pericolo, e va a pagare la pigione in altra casa. Addio mia buona Lucia baciami tanto il mio Bruno e ricordaci il babbo morto. Addio. Addio, Lucia. Addio. Addio. Bruno Baci alla mia buona mamma Signora Lucia. Camera Cani
Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ...................................................................................................... 48
Estratto dell’atto di matrimonio
Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ...................................................................................................... 49
Di Nino (Giovanni) Woditzka (dal fascismo italianizzato in Vodisca), lo
Spezzano riporta il seguente brano sulla sua attività nel cosentino:
“La presenza del confinato Nino Woditzka favorì il contatto fra alcuni
giovani che simpatizzavano per Giustizia e Libertà… e gli organizzatori del
Partito d’Azione quali Federico Comandini, Ugo La Malfa, Ferruccio Parri”.
Nino era nato a Zara il 21 agosto del 1898. Il suo impegno in politica lo
iniziò giovanissimo contro l’occupazione dell’Istria da parte del fascismo. Si
definiva italiano per annessione. Nel 1923 sposò Rosa Burich, anch’essa
militante nel movimento indipendentista giuliano. Nel 1929 fu condannato
a tre anni di reclusione per un suo articolo contro il regime. Dal 1932 al
1936, dopo il periodo di detenzione, egli fu confinato a Ponza. Contratta la
tubercolosi fu trasferito nel sanatorio Marulli di Cosenza. Nel frattempo la
moglie, arrestata a Zara, fu confinata a Belvedere Marittimo ove, per brevi
periodi veniva loro concesso di convivere. Rosa era nata a Canfanaro
d’Istria (Pola) il 29.09.1892. Nino, nel 1944, fu vice presidente dell’INPS.
Morì a Trieste il 25 ottobre del 1974.
Un testimone oculare racconta che la signora Woditzka fosse una donna
nerboruta e dal carattere esplosivo. Per una controversia con il podestà
Giovanni Grossi, una mattina si portò nei pressi dell’abitazione di
quest’ultimo per avere udienza. Il netto rifiuto, fatto comunicare da un
congiunto, provocò la reazione della signora che urlando invitò il podestà
ad avere coraggio e scendere nella via. Il funzionario era un invalido di
guerra con una vistosa malformazione al volto a causa di un ferimento. Gli
disse a squarciagola che l’avrebbe atteso per rompergli simmetricamente
l’altra parte della mandibola. Il Grossi si organizzò e, aperto il portone di
casa ed aiutato da altri, l’attirò nell’androne ove la picchiò violentemente.
L’episodio ebbe delle ripercussioni sulla vita di tutti i confinati con le
intuibili restrizione per un certo lasso di tempo.
Sempre lo stesso interlocutore, bene informato perché membro di una
famiglia che annoverava al suo interno un podestà ed una guardia
municipale addetta ai controlli, narra di una visita ad un confinato da
parte di un congiunto. Era il fratello di Lucio Luzzatto che era sceso in
Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ...................................................................................................... 50
Calabria. Avendolo notato un gerarca fascista, se ne discusse in una
riunione negli uffici comunali ove qualcuno propose di farlo arrestare
durante la notte. I Luzzatto erano intellettuali molto impegnati e,
pertanto, ritenuti pericolosi. Alfredo Russo (era questo il nome della
guardia), che mal sopportava i prepotenti, pregò lo spazzino Giovanni
Malappione di accompagnare il visitatore a piedi in una campagna e di
portarlo nottetempo alla vicina stazione ferroviaria di Diamante. Durante
il giorno fu ospitato in casa di una donna che, pare, avesse un particolare
rapporto con il Russo. L’operazione andò a buon fine anche grazie alla
collaborazione del congiunto di un gerarca fascista che non nutriva alcuna
simpatia per il regime. Così fu beffato il proposito di arresto.
6.2. Il sabato fascista
Per la partecipazione alle esercitazioni formali paramilitari dei fascisti, gli
aderenti venivano radunati nella piazza antistante il Municipio. Da qui
procedevano verso l’Acquaro e quindi al convento cantando le canzoni del
regime. Al passaggio coloro che stazionavano davanti ai negozi, ai bar o
sulle panchine in legno di cui era dotata la piazza, si dovevano alzare in
piedi e sulle note di “quando passiamo noi levatevi il cappello” obbedire
ed alzare il braccio col saluto fascista.
Un noto antifascista, che nel dopoguerra aderirà al PCI e ne sarà anche
segretario, una volta si girò di spalle e iniziò una passeggiata verso la parte
opposta della piazza. Il gerarca che guidava il plotone, i cui componenti
erano tutti in divisa e moschetto di legno, fermò la marcia e intimò al
disobbediente di togliersi il cappello e di non voltare più le spalle. Questi si
rifiutò e cercò di allontanarsi con passo spedito per evitare complicazioni.
Alcuni fascisti decisero di inseguirlo pensando forse di purgarlo.
L’inseguimento tra i vicoli non riuscì ed il fuggitivo dovette rimanere
nascosto per due giorni nei locali di un vecchio frantoio abbandonato. Di
notte gli amici provvedevano a portargli da mangiare. Ne uscì quando la
rabbia si placò.
Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ...................................................................................................... 51
6.3. La festa dei combattenti
Lo stesso personaggio fu ancora protagonista di un altro episodio nei primi
anni del secondo conflitto mondiale. Un suo figlio, poco più che ventenne,
era partito per la guerra e di lui non si avevano notizie. In un giorno di
festa civile, forse il 4 novembre, si teneva in piazza un raduno ed il
segretario del PNF aveva tenuto il discorso di rito e, terminato il quale, un
gerarca leggeva i nomi dei cittadini che stavano “servendo la patria”. La
prassi prevedeva che un familiare di ogni soldato rispondesse “presente”
al posto di colui che presente non poteva essere. Quando il nostro
personaggio, uno che la guerra l’aveva già fatta nel 1915‐18, sentì
pronunciare il nome del figlio rispose con fermezza “disperso in guerra!”.
L’urlo non fu gradito e l’autore apostrofato minacciosamente da uno degli
oratori. La sera un manipolo di fascisti lo attese nel vicolo vicino casa per
dargli la lezione a suon di botte. L’anziano antifascista, un calzolaio, non
rivedrà il figlio morto in guerra.
6.4. Una feroce aggressione
Era stato annunciato il passaggio in treno di un alto gerarca fascista, forse
il quadrunviro Michele Bianchi di Belmonte, e i gerarchi di ogni paese si
impegnarono nel radunare più gente possibile nelle stazioni ferroviarie per
mostrare l’entusiasmo del popolo fascista. Fecero accorrere gli alunni
delle scuole, i commercianti e gli artigiani. Erano in corso dei lavori stradali
in località San Antonio Abate, nei pressi del cimitero, ed anche in quel
cantiere giunse l’ordine di interrompere il lavoro per accorrere alla
stazione ferroviaria. Uno degli operai, un socialista che non si era mai
piegato al regime, rifiutò decisamente di partecipare e continuò a
lavorare. Dopo il passaggio del treno, alcuni squadristi ritornarono sul
posto per la spedizione punitiva. Lo portarono in processione fino al paese
con spintoni, calci e schiaffi. L’uomo, che non era tra l’altro dotato di un
grande fisico, giunse claudicante nei pressi della piazza, ma per nulla
Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ...................................................................................................... 52
demoralizzato. Infatti, durante una pausa dei maltrattamenti e con tanta
gente accorsa per scrutare, si vide porre davanti ai suoi occhi un quadro
con l’effige del duce. Un gerarca gli intimò di baciare Mussolini ed egli, per
risposta, lanciò uno sputo. A quel punto lo tramortirono e lo lasciarono
coricato per terra. Solo una vecchia donna che abitava nei pressi, sfidando
i picchiatori, gli recò soccorso con un fazzoletto bagnato da porre sulla
fronte ed un bicchierino di liquore per rianimarlo.
In una occasione analoga, o forse nella stessa, due della milizia in camicia
nera si portarono nelle chiese per intimare ai fedeli di recarsi alla stazione
per portare il loro contributo di presenza. Una di queste era piena di gente
e, senza perdere tempo, chiesero al prete di farla finita ed alla gente, in
gran parte donne, di seguirli. Esonerarono le persone anziane e non in
grado di affrontare il lungo viaggio a piedi! Bontà loro.
6.5. La festa del 1° maggio
Nei primi anni dall’ avvento del regime la festa mondiale dei lavoratori fu
sopportata. Pare che in alcune zone interne (Aieta, Verbicaro, Grisolia) si
sia tenuta durante tutto il ventennio. A Belvedere una volta provarono a
banalizzarla con un’iniziativa perfino divertente. Con carta del Comune
invitarono tutti i possessori di asini e muli di recarsi con le loro bestie nella
piazza del paese per una vaccinazione di massa. Il chiaro intento era quello
di accostare le bestie ai lavoratori! Fu un insuccesso perché l’avviso giunse
anche a coloro che non simpatizzavano per il regime. Fu facile far capire
che era uno scherzo e si presentarono in pochi.
Nel 1922, sempre in occasione del Primo Maggio, si ebbe a Belvedere
l’avvisaglia di quel che sarebbe successo di lì a poco con il regime alle
porte. Il socialista Morabito, esponente di spicco della federazione
socialista di Cosenza, doveva tenere il comizio in piazza. Erano accorsi in
tanti anche dalle contrade e l’oratore stava per salire sull’improvvisato
palco. Alcuni fascisti chiesero dapprima di sospendere la manifestazione
Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ...................................................................................................... 53
per un millantato ordine del Prefetto. Dopo il rifiuto dell’esponente
socialista scoppiò la rissa.
“…. gli squadristi guidati dal Sindaco aggredirono i partecipanti al comizio
socialista e lo stesso oratore Morabito” (così scrive ancora Francesco
Spezzano in Fascismo e antifascismo in Calabria).
6.6. Il giorno della caduta del fascismo
Quando giunse la notizia dell’arresto di Mussolini, anche a Belvedere ci fu
grande euforia tra chi era stato oppositore del regime ed anche tra coloro
che lo avevano subito. Come in tutt’Italia erano tanti, infatti, i pubblici
dipendenti che avevano preso la tessera del fascio per conservare il posto,
erano tanti coloro che subivano le angherie più disparate pensando a cosa
sarebbe accaduto alla propria famiglia… in caso contrario. Vi erano poi
coloro che si erano sentiti traditi da gerarchi che, con anticipo, avevano
intuito il disastro e cominciavano ad estraniarsi comprendendo che i
potenti del ventennio, per paura delle ritorsioni, preparavano i bagagli per
scappare appena possibile.
L’evento, appreso da Radio Londra e dall’EIAR, portò subito in piazza tanti
giovani speranzosi i quali, con notevole ingenuità, pensarono che tutto
fosse finito quella notte del 25 luglio 1943. I più entusiasti prelevarono la
tabella con le insegne del PNF e la dileggiarono in piazza fino a portarla nel
pubblico orinatoio posto sotto gli uffici comunali, di fronte al Monumento
ai Caduti. Posatala per terra la imbrattarono con i loro escrementi.
Qualcuno informò il segretario del fascio, l’avv. Umberto Jaconangelo, di
fresca nomina, che, portatosi in piazza, riuscì a trovare qualche
volenteroso che la raccolse, la ripulì alla vicina fontanella pubblica e la
ripose sopra la porta della sezione. Sporse denuncia ai carabinieri contro
anonimi per intimorire i giovani che, per tutta risposta, la notte successiva
ripeterono il gesto. A quel punto il segretario forse capì che tutto era finito
e bisognava prendere altre strade.
Salvatore Fabiano
Appunti di storia belvederese ...................................................................................................... 54
Col passare degli anni lo ritroveremo candidato in una lista civica nel 1956
e poi militante della Democrazia Cristiana. Quando trionfa la coerenza!
6.7. Due belvederesi combattenti in Jugoslavia
In un campo di prigionia jugoslavo è detenuto, insieme a tanti altri militari,
un belvederese di nome Giuseppe, il cui nome non è fittizio. Il suo reparto
si è arreso al nemico e la loro fine potrebbe essere tragica in quanto, in
quei frangenti, non si possono custodire a lungo i prigionieri. La
detenzione è opera di un movimento di liberazione nato per ribellione
verso gli occupanti italiani. Unico obiettivo è cacciare gli italiani che il
fascismo ha colà inviati.
La guerra ormai volge al termine e, dopo l’8 settembre 1943, tanti soldati
italiani hanno aderito ai movimenti di liberazione e di resistenza al nazi‐
fascismo. Il caso vuole che un altro belvederese di nome Pasquale – anche
questo nome è autentico – stia combattendo a fianco delle truppe del
maresciallo Tito. Il partigiano Pasquale una mattina è di vigilanza al campo
di prigionia e, insieme ad altri, effettua una formale ispezione. Gli viene la
curiosità di scorrere i nominativi dei prigionieri sul registro. Un sobbalzo a
stento dissimulato, una pausa, un veloce pensiero ed eccolo che inizia la
sua ricerca senza destare sospetti tra i suoi compagni di servizio. A passi
lenti comincia a girare tra le baracche, osserva ogni volto, ascolta le parole
che i prigionieri scambiano sommessamente tra loro. Finalmente trova
Giuseppe e gli fa capire che deve ignorare la loro conoscenza. Cercherà di
salvarlo, se gli riesce. Dopo un paio di giorni va a prelevarne un gruppo per
utilizzarli in servizi di pulizia e di fatiche varie negli uffici del campo.
Quando tutti vengono trasferiti altrove, Giuseppe resta con Pasquale, che
è riuscito a staccarlo dalla sorte dei suoi commilitoni. Il destino degli altri
non è dato sapere, ma i due compaesani alla fine della guerra sono tornati
a casa.
Questo racconto concomitante, con ovvie considerazioni
diversamente espresse, mi è stato fatto direttamente dai due che,
Salvatore Fabiano
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per mie frequentazioni differenti, ho avuto modo di ascoltare.
Pasquale era padre di un mio compagno delle scuole elementari e
fu dirigente della squadra di calcio in cui ho giocato. Il racconto me
lo fece mostrandomi anche una sorprendente foto di gruppo che lo
ritraeva con Tito. Giuseppe, dopo la guerra aderì al P.C.I. della cui
sezione sono stato più volte segretario. Il suo racconto lo ascoltai
allorquando mi recai a casa sua per la consegna della tessera che,
per motivi di salute, non poteva ritirare personalmente.
6.8. Sei soldati morti a Belvedere
In contrada Palazza muoiono sei militari per lo scoppio di una bomba
inesplosa ritrovata sulla spiaggia. È il 14 gennaio del 1943 quando, avendo
rinvenuto un ordigno bellico, i sei giovani si recano nei pressi per tentare
di disinnescarlo. Nessuno di essi è artificiere o almeno esperto. Il più alto
in grado tenta l’operazione quando avviene la deflagrazione che li uccide
tutti.
I militari sono:
‐ il sottotenente Italo Di Pierro, 26 anni, di Lucera;
‐ il sergente Rocco Bruzzese,29 anni, di Locri;
‐ il caporale Alessandro Tornese, 31 anni, di Caulonia;
‐ il soldato Giuseppe Alvaro, 30 anni, di Gizzeria;
‐ il soldato Giuseppe Melito, 27 anni, di Motta San Giovanni;
‐ il soldato Giuseppe Polito, 32 anni, di Cosoleto Spartano.