con i santini di san francesco di paola

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Domenica 27 marzo 2016 [email protected] 40 Il seicentenario Le storia delle immaginette devote che ritraggono il santo di Paola CON I SANTINI DI FRANCESCO di DEMETRIO GUZZARDI L e immaginette devote – quel- le che conosciamo noi – na- scono da una provocazione di un grande predicatore: San Bernardino da Siena (1380-1444), che invitava a «disertare i luoghi della perdizione», come i tavoli dove si giocava ai dadi e a carte e ci si in- debitava. Ad un fabbricante di carte da gioco che lo interruppe durante un suo sermone, perché nessuno più ne com- prava e la sua stamperia era fallita, il santo senese prontamente rispose: «E allora stampa santi». Nacque così una nuova linea editoriale: gli stampatori di santini. Da allora si sviluppò una ve- ra industria: i più famosi furono gli edi- tori fiamminghi di Anversa, che dalla fine del XVI fino agli inizi del XIX seco- lo divenne la capitale della produzione delle immaginette. Ebbero grande suc- cesso anche i santini realizzati dai Re- mondini di Bassano del Grappa, che li smistavano in tutta Europa, attraverso una formidabile rete di venditori ambu- lanti conosciuti con il nome di “tesini”. Agli inizi dell’Ottocento la grande pro- duzione si spostò a Parigi, nei pressi della Chiesa di San Sulpizio, con i santi- ni merlettati, quasi una risposta catto- lica alle idee dell’Illumini- smo francese. In Italia i più importanti centri fu- rono Bologna con Natale Salvardi, Modena con la Società San Giuseppe e poi, una tipografia mene- ghina, quella di Achille Bertarelli, divenne leader nella stampa dei santini in cromolito- grafia, seguita subito dopo (1896) dal- l’azienda grafica dei Padri Carmelitani milanesi, che prese il nome di Santa Le- ga Eucaristica, fondata da padre Ge- rardo Beccaro. A Napoli, nei pressi del Duomo, numerose furono le botteghe di venditori di immaginette, sopranno- minati “stampasanti”. Bastavano pochi spiccioli per comprare la figura del pro- prio santo protettore, da sistemare vici- no al letto di casa, ma anche nelle stalle degli animali. Agli inizi del Novecento iniziava il grande fenomeno migratorio, chi parti- va per il nuovo mondo, una volta giunto oltre Oceano avvertiva il desiderio di ave- re con sé l’immaginetta del santo patro- no o della Madonna venerata nel proprio paese. Cambiò la richiesta agli stampato- ri, non più santini generici, con richiami simbolici ad una Chiesa tutta tesa alla so- la salvezza delle anime, ma santini parti- colari, anche solo foto delle statue davan- ti a cui si era sempre pregato; proprio in quel periodo si stava sviluppando l’arte fotografica, nacquero in quel momento i santini locali, stampati in bianco e nero. Per le copie da mandare all’estero era davvero proibitivo il costo del colore e co- sì le statue della Madonna e dei santi, da sempre conosciuti ed amati, furono foto- grafate e riprodotte nel modo più econo- mico. In quel tempo, nelle Americhe, i nostri nonni «pregavano in bianco e ne- ro», anticipando inconsapevolmente al- cune tematiche del Concilio Vaticano II, su cosa significa l’inculturazione della fede e vivere l’appartenza ecclesiale in una precisa comunità cristiana. Tra i santini più diffusi nelle case dei nostri emigranti, oltre al Cuore di Gesù ed alla Madonna del Carmine, ci fu San Francesco di Paola, «il più santo dei cala- bresi, il più calabrese dei santi», ma an- che quei frati della famiglia minima già dichiarati beati dalla Chiesa Cattolica, in primis San Nicola Saggio da Longobar- di. Tra i soggetti più utilizzati nei santini troviamo l’icona di Montalto Uffugo, si- curamente quell’immagine avrà fatto presa nel mondo popolare. Il dipinto è considerato l’archetipo delle immagini del santo e, secondo una tradizione orale, fu realizzato da un pittore che spiò il fra- te dal buco della serratura, in una stanza del castello del re di Napoli. Non c’è luogo di culto in Calabria dove non si trovi un’immagine di San Fran- cesco di Paola. Il santo è entrato a pieno titolo nella vita del popolo, tutti lo conoscono e ne rico- noscono le fattezze, eppure troppo pochi sanno che «l’amore alla maggiore pe- nitenza» e «a chi ama Dio tutto è possibile» sono le vere chiavi di lettura per capire il grande messaggio di San Francesco di Paola. L’Ordine dei Mi- nimi da lui fondato segue con fedeltà il suo carisma, sperimentando che vivere la vita quaresimale è la modalità pedago- gica per giungere con pienezza alla gioia della Pasqua. GLI “ATTRIBUTI” DEI SANTINI DI SAN FRANCESCO DI PAOLA: IL BASTONE E IL MARE Nelle immaginette del santo paolano troviamo delle caratteristiche, i cosiddet- ti attributi dei santi, che sono davvero in- confondibili: San Francesco è vestito con un abito scuro, ai piedi ha gli zoccoli di le- gno, ha la barba bianca e lunga ed un na- so aquilino. La testa è quasi sempre co- perta dal cappuccio che, secondo quanto afferma qualche studioso, «rappresenta l’urna della carità», per altri, invece, «la condizione di eremita, alla maniera degli anacoreti bizantini». San Francesco di Paola ha quasi sempre un bastone per- ché, scrive il padre minimo Giovanni Cozzolino: «Come emerge dai testi del Processo Cosentino, il nostro santo lo ini- ziò ad usare in età avanzata, per una sem- plice caduta, che non gli permetteva di camminare bene. Nei racconti della sua vita, il bastone diventa strumento dei mi- racoli che compie nel nome del Signore, assumendo vari significati. Il miracolo a Paterno Calabro di tracciare con il basto- ne il cammino dell’acqua che lo segue, ma poiché i contadini litigano, le ordina di non scorrere fin quando non si saran- no riconciliati, per il bene di tutti. Com- pie la stessa cosa a Corigliano Calabro, anche se il bastone viene sostituito nell’i- conografia con una canna, perché nel 1598 salva la città dall’invasione dei tur- chi, puntellando il portone della Chiesa conventuale con una canna. Qui il basto- ne assume il significato di liberazione; da allora nelle immagini del santo paolano, realizzate da artisti provenienti dall’area del Sud Italia, il bastone è sostituito da una canna, divenendo oltre che un suo attributo, anche un forte simbolo identi- tario nella lotta contro i turchi. Nel 1483, partendo per la Francia, in obbedienza al papa, il suo bastone sta ad indicare l’ere- mita-viandante che insegna che siamo tutti “pellegrini e forestieri in questa vita che passa”. San Francesco di Paola entra nella memoria collettiva dei calabresi che lo sognano con il bastone, anche qui tan- ta simbologia: diventa il rimprovero e, quindi, la co- scienza critica, per il cattivo comportamento; diventa il coraggio di non aver paura di ribellarsi alle ingiustizie; diventa l’indicatore per te- nere sempre “fisso lo sguardo verso Dio”; diven- ta lo strumento della pace, perché con il bastone San Francesco di Paola divide a Paterno Calabro l’albero di gelso conteso da due fratelli, che per questo motivo era- no diventati nemici, facendo comprende- re che “la pace è il più grande tesoro che i popoli possano avere”». Ma il miracolo più celebre resta l’attra- versamento dello Stretto di Messina con il suo mantello, dopo il netto rifiuto del barcaiolo Pietro Coloso di trasportarlo in Sicilia. Per questo miracolo San France- sco di Paola è invocato dalla gente del ma- re. Secondo padre Cozzolino: «Il mare è segno di unione, congiunge terre lonta- ne; ci fa pensare a San Francesco mentre lo percorre sul mantello tra Catona e Messina e alla nostra civiltà mediterra- nea e cristiana. È luogo di lavoro e di fati- ca: si pesca e serve per il trasporto, ci fa pensare a San Francesco che è intervenu- to per favorire pescatori e trasportatori, facendoci comprendere la nobiltà e la santità del lavoro. È espressione di bel- lezza, di serenità, di pace, di potenza, di forza e ci fa pensare a San Francesco che l’ha contemplato più volte ed è intervenu- to per calmare le acque e concedere una rotta sicura ai naviganti, insegnandoci la sacralità della natura, che va rispetta- ta e protetta. È espressione di speranza e di accoglienza e ci fa pensare agli immi- grati che approdano disperati sulle no- stre coste. Anche San Francesco sbarca da emigrante in Francia, continuando ad amare la Calabria, sua terra, e diven- tando cittadino di due patrie». LA SCRITTA CHARITAS L’iconografia di San Francesco di Pao- la è abbondante anche perché nei chiostri dei conventi minimi troviamo sempre nelle lunette degli affreschi con i miraco- li che hanno accompagnato la sua vita; il ricordo del miracolo è una forma di quel- la che viene definita «carità miracolosa di frate Francesco». Ci sono molti santini che attorno alla figura del santo, a mo’ di florilegio, sistemano alcuni episodi dei miracoli operati da San Francesco in mo- do da ricordare che questi eventi straor- dinari sono contrassegnati dall’abban- dono fiducioso in Dio. Tra i molteplici mi- racoli, nei santini è ricordato il suo gran- de amore per gli animali: l’agnellino Martinello, la trota Antonella e il cerbiat- to. Altra caratteristica delle immagini di San Francesco è la scritta Charitas, su tre righe, per sottolineare la sua devozio- ne alla Santissima Trinità. In molti santini la scritta Charitas si trova in cielo o su un disco d’oro attaccato al bastone, in altri ancora è in uno scudo consegnato a San Francesco dall’Arcan- gelo Michele, che è il pro- tettore principale dell’Or- dine dei Minimi, oppure sorretto da put- tini, come nella grande statua marmorea di Giovanbattista Maini nella Basilica di San Pietro a Roma. Le immaginette che riproducono le statue di San Francesco, da qualche col- lezionista sono addirittura scartate, con- siderate alla stregua di mezze cartoline illustrate, mentre da altri sono collezio- nate e molto ricercate, proprio per la loro unicità. In alcuni paesi esistono addirit- tura due statue del santo, quello a figura intera ed il mezzobusto; i collezionisti te- matici cercano di avere nei propri racco- glietori, ambedue le immagini. Da se- gnalare anche i santini con le statue ve- stite, o dal solo abito oppure, come quelle siciliane, con la fascia rossa del patrona- to. In alcuni santini locali, oltre alla sta- tua vi è la riproduzione della chiesa o ad- dirittura il panorama del paese, un modo per riaffermare la protezione del santo sull’intera comunità e il legame esisten- te. Un’altra tematizzazione dei santini è quella che prevede la reliquia oppure una foto di una reliquia. Sono immagi- nette che hanno un frammento di un og- getto appartenuto ad un santo, general- San Francesco è vestito con un abito scuro ai piedi ha gli zoccoli di legno, ha la barba bianca e lunga ed un naso aquilino Tutto iniziò con Bernardino da Siena Ci sono santini con le reliquie

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Reportage di Demetrio Guzzardi sull'iconografia religiosa raffigurante San Francesco di Paola pubblicato su il Quotidiano della Domenica in occasione del sesto centenario dalla nascita del santo paolano. Domenica 27 marzo 2016.

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Domenica 27 marzo [email protected] 41Domenica 27 marzo 2016

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Il seicentenarioLe storia delle immaginette devoteche ritraggono il santo di Paola

CON I SANTINIDI FRANCESCO

di DEMETRIO GUZZARDI

Le immaginette devote –quel -le che conosciamo noi – na -scono da una provocazionedi un grande predicatore:San Bernardino da Siena

(1380-1444), che invitava a «disertare iluoghi della perdizione», come i tavolidove si giocava ai dadi e a carte e ci si in-debitava. Ad un fabbricante di carte dagioco che lo interruppe durante un suosermone, perché nessuno più ne com-prava e la sua stamperia era fallita, ilsanto senese prontamente rispose: «Eallora stampa santi». Nacque così unanuova linea editoriale: gli stampatoridi santini. Da allora si sviluppò una ve-ra industria: i più famosi furono gli edi-tori fiamminghi di Anversa, che dallafine del XVI fino agli inizi del XIX seco-lo divenne la capitale della produzionedelle immaginette. Ebbero grande suc-cesso anche i santini realizzati dai Re-mondini di Bassano del Grappa, che lismistavano in tutta Europa, attraversouna formidabile rete di venditori ambu-lanti conosciuti con il nome di “tesini”.Agli inizi dell’Ottocento la grande pro-duzione si spostò a Parigi, nei pressidella Chiesa di San Sulpizio, con i santi-ni merlettati, quasi una risposta catto-lica alle idee dell’Illumini -smo francese. In Italia ipiù importanti centri fu-rono Bologna con NataleSalvardi, Modena con laSocietà San Giuseppe epoi, una tipografia mene-ghina, quella di AchilleBertarelli, divenne leadernella stampa dei santini in cromolito-grafia, seguita subito dopo (1896) dal-l’azienda grafica dei Padri Carmelitanimilanesi, che prese il nome di Santa Le-ga Eucaristica, fondata da padre Ge-rardo Beccaro. A Napoli, nei pressi delDuomo, numerose furono le botteghedi venditori di immaginette, sopranno-minati “stampasanti”. Bastavano pochispiccioli per comprare la figura del pro-prio santo protettore, da sistemare vici-no al letto di casa, ma anche nelle stalledegli animali.

Agli inizi del Novecento iniziava ilgrande fenomeno migratorio, chi parti-va per il nuovo mondo, una volta giuntooltre Oceano avvertiva il desiderio di ave-re con sé l’immaginetta del santo patro-no o della Madonna venerata nel propriopaese. Cambiò la richiesta agli stampato-ri, non più santini generici, con richiamisimbolici ad una Chiesa tutta tesa alla so-la salvezza delle anime, ma santini parti-colari, anche solo foto delle statue davan-ti a cui si era sempre pregato; proprio inquel periodo si stava sviluppando l’artefotografica, nacquero in quel momento isantini locali, stampati in bianco e nero.

Per le copie da mandare all’estero eradavvero proibitivo il costo del colore e co-sì le statue della Madonna e dei santi, dasempre conosciuti ed amati, furono foto-grafate e riprodotte nel modo più econo-mico. In quel tempo, nelle Americhe, inostri nonni «pregavano in bianco e ne-ro», anticipando inconsapevolmente al-cune tematiche del Concilio Vaticano II,su cosa significa l’inculturazione dellafede e vivere l’appartenza ecclesiale inuna precisa comunità cristiana.

Tra i santini più diffusi nelle case deinostri emigranti, oltre al Cuore di Gesùed alla Madonna del Carmine, ci fu SanFrancesco di Paola, «il più santo dei cala-bresi, il più calabrese dei santi», ma an-che quei frati della famiglia minima giàdichiarati beati dalla Chiesa Cattolica, inprimis San Nicola Saggio da Longobar-di. Tra i soggetti più utilizzati nei santinitroviamo l’icona di Montalto Uffugo, si-curamente quell’immagine avrà fattopresa nel mondo popolare. Il dipinto èconsiderato l’archetipo delle immaginidel santo e, secondo una tradizione orale,fu realizzato da un pittore che spiò il fra-te dal buco della serratura, in una stanzadel castello del re di Napoli. Non c’è luogodi culto in Calabria dove non si trovi

un’immagine di San Fran-cesco di Paola.

Il santo è entrato a pienotitolo nella vita del popolo,tutti lo conoscono e ne rico-noscono le fattezze, eppuretroppo pochi sanno che«l’amore alla maggiore pe-nitenza» e «a chi ama Dio

tutto è possibile» sono le vere chiavi dilettura per capire il grande messaggio diSan Francesco di Paola. L’Ordine dei Mi-nimi da lui fondato segue con fedeltà ilsuo carisma, sperimentando che viverela vita quaresimale è la modalità pedago-gica per giungere con pienezza alla gioiadella Pasqua.

GLI “ATTRIBUTI” DEI SANTINIDI SAN FRANCESCO DI PAOLA:

IL BASTONE E IL MARENelle immaginette del santo paolano

troviamo delle caratteristiche, i cosiddet-ti attributi dei santi, che sono davvero in-confondibili: San Francesco è vestito conun abito scuro, ai piedi ha gli zoccoli di le-gno, ha la barba bianca e lunga ed un na-so aquilino. La testa è quasi sempre co-perta dal cappuccio che, secondo quantoafferma qualche studioso, «rappresental’urna della carità», per altri, invece, «lacondizione di eremita, alla maniera deglianacoreti bizantini». San Francesco diPaola ha quasi sempre un bastone per-ché, scrive il padre minimo GiovanniCozzolino: «Come emerge dai testi delProcesso Cosentino, il nostro santo lo ini-ziò ad usare in età avanzata, per una sem-

plice caduta, che non gli permetteva dicamminare bene. Nei racconti della suavita, il bastone diventa strumento dei mi-racoli che compie nel nome del Signore,assumendo vari significati. Il miracolo aPaterno Calabro di tracciare con il basto-ne il cammino dell’acqua che lo segue,ma poiché i contadini litigano, le ordinadi non scorrere fin quando non si saran-no riconciliati, per il bene di tutti. Com-pie la stessa cosa a Corigliano Calabro,anche se il bastone viene sostituito nell’i-conografia con una canna, perché nel1598 salva la città dall’invasione dei tur-chi, puntellando il portone della Chiesaconventuale con una canna. Qui il basto-ne assume il significato di liberazione; daallora nelle immagini del santo paolano,realizzate da artisti provenienti dall’areadel Sud Italia, il bastone è sostituito dauna canna, divenendo oltre che un suoattributo, anche un forte simbolo identi-tario nella lotta contro i turchi. Nel 1483,partendo per la Francia, in obbedienza alpapa, il suo bastone sta ad indicare l’ere -mita-viandante che insegna che siamotutti “pellegrini e forestieri in questa vitache passa”. San Francesco di Paola entranella memoria collettiva dei calabresi chelo sognano con il bastone, anche qui tan-ta simbologia: diventa ilrimprovero e, quindi, la co-scienza critica, per il cattivocomportamento; diventa ilcoraggio di non aver pauradi ribellarsi alle ingiustizie;diventa l’indicatore per te-nere sempre “fisso losguardo verso Dio”; diven-ta lo strumento della pace, perché con ilbastone San Francesco di Paola divide aPaterno Calabro l’albero di gelso contesoda due fratelli, che per questo motivo era-no diventati nemici, facendo comprende-re che “la pace è il più grande tesoro che ipopoli possano avere”».

Ma il miracolo più celebre resta l’attra -versamento dello Stretto di Messina conil suo mantello, dopo il netto rifiuto delbarcaiolo Pietro Coloso di trasportarlo inSicilia. Per questo miracolo San France-sco di Paola è invocato dalla gente del ma-re. Secondo padre Cozzolino: «Il mare èsegno di unione, congiunge terre lonta-ne; ci fa pensare a San Francesco mentrelo percorre sul mantello tra Catona eMessina e alla nostra civiltà mediterra-nea e cristiana. È luogo di lavoro e di fati-ca: si pesca e serve per il trasporto, ci fapensare a San Francesco che è intervenu-to per favorire pescatori e trasportatori,facendoci comprendere la nobiltà e lasantità del lavoro. È espressione di bel-lezza, di serenità, di pace, di potenza, diforza e ci fa pensare a San Francesco chel’ha contemplato più volte ed è intervenu-to per calmare le acque e concedere una

rotta sicura ai naviganti, insegnandocila sacralità della natura, che va rispetta-ta e protetta. È espressione di speranza edi accoglienza e ci fa pensare agli immi-grati che approdano disperati sulle no-stre coste. Anche San Francesco sbarcada emigrante in Francia, continuandoad amare la Calabria, sua terra, e diven-tando cittadino di due patrie».

LA SCRITTA CHARITASL’iconografia di San Francesco di Pao-

la è abbondante anche perché nei chiostridei conventi minimi troviamo semprenelle lunette degli affreschi con i miraco-li che hanno accompagnato la sua vita; ilricordo del miracolo è una forma di quel-la che viene definita «carità miracolosadi frate Francesco». Ci sono molti santiniche attorno alla figura del santo, a mo’ diflorilegio, sistemano alcuni episodi deimiracoli operati da San Francesco in mo-do da ricordare che questi eventi straor-dinari sono contrassegnati dall’abban -dono fiducioso in Dio. Tra i molteplici mi-racoli, nei santini è ricordato il suo gran-de amore per gli animali: l’agnellinoMartinello, la trota Antonella e il cerbiat-to. Altra caratteristica delle immagini diSan Francesco è la scritta Charitas, sutre righe, per sottolineare la sua devozio-

ne alla Santissima Trinità.In molti santini la scrittaCharitas si trova in cielo osu un disco d’oro attaccatoal bastone, in altri ancora èin uno scudo consegnato aSan Francesco dall’Arcan -gelo Michele, che è il pro-tettore principale dell’Or -

dine dei Minimi, oppure sorretto da put-tini, come nella grande statua marmoreadi Giovanbattista Maini nella Basilica diSan Pietro a Roma.

Le immaginette che riproducono lestatue di San Francesco, da qualche col-lezionista sono addirittura scartate, con-siderate alla stregua di mezze cartolineillustrate, mentre da altri sono collezio-nate e molto ricercate, proprio per la lorounicità. In alcuni paesi esistono addirit-tura due statue del santo, quello a figuraintera ed il mezzobusto; i collezionisti te-matici cercano di avere nei propri racco-glietori, ambedue le immagini. Da se-gnalare anche i santini con le statue ve-stite, o dal solo abito oppure, come quellesiciliane, con la fascia rossa del patrona-to. In alcuni santini locali, oltre alla sta-tua vi è la riproduzione della chiesa o ad-dirittura il panorama del paese, un modoper riaffermare la protezione del santosull’intera comunità e il legame esisten-te. Un’altra tematizzazione dei santini èquella che prevede la reliquia oppureuna foto di una reliquia. Sono immagi-nette che hanno un frammento di un og-getto appartenuto ad un santo, general-

San Francesco è vestito con un abito scuroai piedi ha gli zoccoli di legno, ha la barba

bianca e lunga ed un naso aquilino

mente qualche indumento, oppure qual-siasi altra cosa che in vita l’uomo di Dioabbia toccato o con cui il suo corpo abbiaavuto un contatto diretto: ad esempio illegno della bara prelevato dopo la sua ri-cognizione, frammenti di pietruzze sullequali pregava.

I SANTINI CON LE RELIQUIETale tipologia di santini inizia a diffon-

dersi verso la fine del XIX secolo e trovala massima divulgazione nella prima me-tà del XX secolo. Inizialmente la reliquiaveniva attaccata al santino con un filorosso o della ceralacca, da qualche annoviene inserita in una piccola nicchia rica-vata dal santino protetta da una pellicolatrasparente. Possiamo avere santini con:reliquie ex indumentis, pezzettini di abitiindossati proprio dal santo o pietruzze epolveri, fiori e foglie secche a ricordo deisantuari, reliquie per contatto. Se parlia-mo di San Francesco di Paola, le maggio-ri reliquie si trovano nella Cappella della

Tutto iniziòcon Bernardino

da Siena

Ci sonosantini

con le reliquie

Basilica di Paola, tra cui: le ossa pervenu-te nel 1935 dalla Francia – altre sono ri-maste nella Chiesa di San Martino aTours; – il mantello, i sandali, un dentelasciato alla sorella Brigida prima di par-tire per la missione francese e, sotto l’al -tare maggiore della nuova aula liturgi-ca, il cranio. A Paterno Calabro: alcuneossa, il cappuccio, la funicella, i calzari,la pelle della trota Antonella risuscitatadal santo, una pentola metallica e unadelle due pietre dove lasciò le impronteprima di partire per la Francia, l’altra ènella Chiesa di Morano Calabro.

A Corigliano Calabro: il Crocifisso cheportava sempre con sé, la canna (in ricor-do dell’apparizione del 1598 al venerabi-le padre Girolamo Molinari); un osso delcostato, il cordone e la pietra guancialenel romitorio San Francischiellu. A Sam-biase di Lamezia Terme un dito e ad Orio-lo Calabro l’alluce. Nella Chiesa cosenti-na a lui dedicata: un altro cappuccio. In

Sicilia a Milazzo, la berrettella; a Romanella Chiesa di San Francesco ai Monti, ilbastone. A Napoli a Santa Maria dellaStella, la camicia; sempre in Campania, aVietri sul mare, nella casa Benincasa: lasalvietta con cui si asciugò, lasciando im-pressa l’immagine del suo volto. Al San-tuario di Genova, vari oggetti a lui ap-partenuti, tra cui le lenti.

SANTINI E MODERNITÀLe immaginette, in qualche modo, rac-

contano anche il periodo storico in cuivengono realizzati. Negli primi anni delNovecento vige la moda dello stile libertyche condizionerà anche gli editori deisantini che inseriscono nei loro prodottieditoriali diversi florilegi. Durante il se-condo conflitto mondiale vengono pub-blicate immaginette particolari, destina-te ai soldati al fronte, chiamate dai colle-zionisti santini militari e vengono ricer-cate, in modo particolare, quelle custodi-te gelosamente nei portafogli dai giovani

in grigioverde. Negli anni Sessanta unnuovo tema iconografico illustrerà i san-tini; con l’avvento della motorizzazionedi massa, in numerose immaginettespunta un’auto e le preghiere sono tuttededicate affinché venga protetto il con-ducente e i passeggeri. In alcuni casi tro-viamo persino i segnali stradali con iprincipali cartelli di pericolo, quasi a vo-ler chiedere al proprio santo preferito diguardare dall’alto i viandanti moderni,che utilizzano i mezzi a motore.

Un santino particolare è considerato ilcalendarietto, oltre a segnare i giorni eindividuare le feste mobili, come la Pa-squa, l’Ordine dei Minimi ha legato la lo-ro diffusione, naturalmente con una fotoa colori del santo fondatore, alla raccoltadi fondi per sostenere i fratini; il collegioha dato la possibilità di studiare, e maga-ri verificare la propria vocazione religio-sa, a centinaia di adolescenti.

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Una carrellata di immagini sacre di San Francesco di Paola

Carrellata di santini che raffigurano San Francesco

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Il seicentenarioLe storia delle immaginette devoteche ritraggono il santo di Paola

CON I SANTINIDI FRANCESCO

di DEMETRIO GUZZARDI

Le immaginette devote –quel -le che conosciamo noi – na -scono da una provocazionedi un grande predicatore:San Bernardino da Siena

(1380-1444), che invitava a «disertare iluoghi della perdizione», come i tavolidove si giocava ai dadi e a carte e ci si in-debitava. Ad un fabbricante di carte dagioco che lo interruppe durante un suosermone, perché nessuno più ne com-prava e la sua stamperia era fallita, ilsanto senese prontamente rispose: «Eallora stampa santi». Nacque così unanuova linea editoriale: gli stampatoridi santini. Da allora si sviluppò una ve-ra industria: i più famosi furono gli edi-tori fiamminghi di Anversa, che dallafine del XVI fino agli inizi del XIX seco-lo divenne la capitale della produzionedelle immaginette. Ebbero grande suc-cesso anche i santini realizzati dai Re-mondini di Bassano del Grappa, che lismistavano in tutta Europa, attraversouna formidabile rete di venditori ambu-lanti conosciuti con il nome di “tesini”.Agli inizi dell’Ottocento la grande pro-duzione si spostò a Parigi, nei pressidella Chiesa di San Sulpizio, con i santi-ni merlettati, quasi una risposta catto-lica alle idee dell’Illumini -smo francese. In Italia ipiù importanti centri fu-rono Bologna con NataleSalvardi, Modena con laSocietà San Giuseppe epoi, una tipografia mene-ghina, quella di AchilleBertarelli, divenne leadernella stampa dei santini in cromolito-grafia, seguita subito dopo (1896) dal-l’azienda grafica dei Padri Carmelitanimilanesi, che prese il nome di Santa Le-ga Eucaristica, fondata da padre Ge-rardo Beccaro. A Napoli, nei pressi delDuomo, numerose furono le botteghedi venditori di immaginette, sopranno-minati “stampasanti”. Bastavano pochispiccioli per comprare la figura del pro-prio santo protettore, da sistemare vici-no al letto di casa, ma anche nelle stalledegli animali.

Agli inizi del Novecento iniziava ilgrande fenomeno migratorio, chi parti-va per il nuovo mondo, una volta giuntooltre Oceano avvertiva il desiderio di ave-re con sé l’immaginetta del santo patro-no o della Madonna venerata nel propriopaese. Cambiò la richiesta agli stampato-ri, non più santini generici, con richiamisimbolici ad una Chiesa tutta tesa alla so-la salvezza delle anime, ma santini parti-colari, anche solo foto delle statue davan-ti a cui si era sempre pregato; proprio inquel periodo si stava sviluppando l’artefotografica, nacquero in quel momento isantini locali, stampati in bianco e nero.

Per le copie da mandare all’estero eradavvero proibitivo il costo del colore e co-sì le statue della Madonna e dei santi, dasempre conosciuti ed amati, furono foto-grafate e riprodotte nel modo più econo-mico. In quel tempo, nelle Americhe, inostri nonni «pregavano in bianco e ne-ro», anticipando inconsapevolmente al-cune tematiche del Concilio Vaticano II,su cosa significa l’inculturazione dellafede e vivere l’appartenza ecclesiale inuna precisa comunità cristiana.

Tra i santini più diffusi nelle case deinostri emigranti, oltre al Cuore di Gesùed alla Madonna del Carmine, ci fu SanFrancesco di Paola, «il più santo dei cala-bresi, il più calabrese dei santi», ma an-che quei frati della famiglia minima giàdichiarati beati dalla Chiesa Cattolica, inprimis San Nicola Saggio da Longobar-di. Tra i soggetti più utilizzati nei santinitroviamo l’icona di Montalto Uffugo, si-curamente quell’immagine avrà fattopresa nel mondo popolare. Il dipinto èconsiderato l’archetipo delle immaginidel santo e, secondo una tradizione orale,fu realizzato da un pittore che spiò il fra-te dal buco della serratura, in una stanzadel castello del re di Napoli. Non c’è luogodi culto in Calabria dove non si trovi

un’immagine di San Fran-cesco di Paola.

Il santo è entrato a pienotitolo nella vita del popolo,tutti lo conoscono e ne rico-noscono le fattezze, eppuretroppo pochi sanno che«l’amore alla maggiore pe-nitenza» e «a chi ama Dio

tutto è possibile» sono le vere chiavi dilettura per capire il grande messaggio diSan Francesco di Paola. L’Ordine dei Mi-nimi da lui fondato segue con fedeltà ilsuo carisma, sperimentando che viverela vita quaresimale è la modalità pedago-gica per giungere con pienezza alla gioiadella Pasqua.

GLI “ATTRIBUTI” DEI SANTINIDI SAN FRANCESCO DI PAOLA:

IL BASTONE E IL MARENelle immaginette del santo paolano

troviamo delle caratteristiche, i cosiddet-ti attributi dei santi, che sono davvero in-confondibili: San Francesco è vestito conun abito scuro, ai piedi ha gli zoccoli di le-gno, ha la barba bianca e lunga ed un na-so aquilino. La testa è quasi sempre co-perta dal cappuccio che, secondo quantoafferma qualche studioso, «rappresental’urna della carità», per altri, invece, «lacondizione di eremita, alla maniera deglianacoreti bizantini». San Francesco diPaola ha quasi sempre un bastone per-ché, scrive il padre minimo GiovanniCozzolino: «Come emerge dai testi delProcesso Cosentino, il nostro santo lo ini-ziò ad usare in età avanzata, per una sem-

plice caduta, che non gli permetteva dicamminare bene. Nei racconti della suavita, il bastone diventa strumento dei mi-racoli che compie nel nome del Signore,assumendo vari significati. Il miracolo aPaterno Calabro di tracciare con il basto-ne il cammino dell’acqua che lo segue,ma poiché i contadini litigano, le ordinadi non scorrere fin quando non si saran-no riconciliati, per il bene di tutti. Com-pie la stessa cosa a Corigliano Calabro,anche se il bastone viene sostituito nell’i-conografia con una canna, perché nel1598 salva la città dall’invasione dei tur-chi, puntellando il portone della Chiesaconventuale con una canna. Qui il basto-ne assume il significato di liberazione; daallora nelle immagini del santo paolano,realizzate da artisti provenienti dall’areadel Sud Italia, il bastone è sostituito dauna canna, divenendo oltre che un suoattributo, anche un forte simbolo identi-tario nella lotta contro i turchi. Nel 1483,partendo per la Francia, in obbedienza alpapa, il suo bastone sta ad indicare l’ere -mita-viandante che insegna che siamotutti “pellegrini e forestieri in questa vitache passa”. San Francesco di Paola entranella memoria collettiva dei calabresi chelo sognano con il bastone, anche qui tan-ta simbologia: diventa ilrimprovero e, quindi, la co-scienza critica, per il cattivocomportamento; diventa ilcoraggio di non aver pauradi ribellarsi alle ingiustizie;diventa l’indicatore per te-nere sempre “fisso losguardo verso Dio”; diven-ta lo strumento della pace, perché con ilbastone San Francesco di Paola divide aPaterno Calabro l’albero di gelso contesoda due fratelli, che per questo motivo era-no diventati nemici, facendo comprende-re che “la pace è il più grande tesoro che ipopoli possano avere”».

Ma il miracolo più celebre resta l’attra -versamento dello Stretto di Messina conil suo mantello, dopo il netto rifiuto delbarcaiolo Pietro Coloso di trasportarlo inSicilia. Per questo miracolo San France-sco di Paola è invocato dalla gente del ma-re. Secondo padre Cozzolino: «Il mare èsegno di unione, congiunge terre lonta-ne; ci fa pensare a San Francesco mentrelo percorre sul mantello tra Catona eMessina e alla nostra civiltà mediterra-nea e cristiana. È luogo di lavoro e di fati-ca: si pesca e serve per il trasporto, ci fapensare a San Francesco che è intervenu-to per favorire pescatori e trasportatori,facendoci comprendere la nobiltà e lasantità del lavoro. È espressione di bel-lezza, di serenità, di pace, di potenza, diforza e ci fa pensare a San Francesco chel’ha contemplato più volte ed è intervenu-to per calmare le acque e concedere una

rotta sicura ai naviganti, insegnandocila sacralità della natura, che va rispetta-ta e protetta. È espressione di speranza edi accoglienza e ci fa pensare agli immi-grati che approdano disperati sulle no-stre coste. Anche San Francesco sbarcada emigrante in Francia, continuandoad amare la Calabria, sua terra, e diven-tando cittadino di due patrie».

LA SCRITTA CHARITASL’iconografia di San Francesco di Pao-

la è abbondante anche perché nei chiostridei conventi minimi troviamo semprenelle lunette degli affreschi con i miraco-li che hanno accompagnato la sua vita; ilricordo del miracolo è una forma di quel-la che viene definita «carità miracolosadi frate Francesco». Ci sono molti santiniche attorno alla figura del santo, a mo’ diflorilegio, sistemano alcuni episodi deimiracoli operati da San Francesco in mo-do da ricordare che questi eventi straor-dinari sono contrassegnati dall’abban -dono fiducioso in Dio. Tra i molteplici mi-racoli, nei santini è ricordato il suo gran-de amore per gli animali: l’agnellinoMartinello, la trota Antonella e il cerbiat-to. Altra caratteristica delle immagini diSan Francesco è la scritta Charitas, sutre righe, per sottolineare la sua devozio-

ne alla Santissima Trinità.In molti santini la scrittaCharitas si trova in cielo osu un disco d’oro attaccatoal bastone, in altri ancora èin uno scudo consegnato aSan Francesco dall’Arcan -gelo Michele, che è il pro-tettore principale dell’Or -

dine dei Minimi, oppure sorretto da put-tini, come nella grande statua marmoreadi Giovanbattista Maini nella Basilica diSan Pietro a Roma.

Le immaginette che riproducono lestatue di San Francesco, da qualche col-lezionista sono addirittura scartate, con-siderate alla stregua di mezze cartolineillustrate, mentre da altri sono collezio-nate e molto ricercate, proprio per la lorounicità. In alcuni paesi esistono addirit-tura due statue del santo, quello a figuraintera ed il mezzobusto; i collezionisti te-matici cercano di avere nei propri racco-glietori, ambedue le immagini. Da se-gnalare anche i santini con le statue ve-stite, o dal solo abito oppure, come quellesiciliane, con la fascia rossa del patrona-to. In alcuni santini locali, oltre alla sta-tua vi è la riproduzione della chiesa o ad-dirittura il panorama del paese, un modoper riaffermare la protezione del santosull’intera comunità e il legame esisten-te. Un’altra tematizzazione dei santini èquella che prevede la reliquia oppureuna foto di una reliquia. Sono immagi-nette che hanno un frammento di un og-getto appartenuto ad un santo, general-

San Francesco è vestito con un abito scuroai piedi ha gli zoccoli di legno, ha la barba

bianca e lunga ed un naso aquilino

mente qualche indumento, oppure qual-siasi altra cosa che in vita l’uomo di Dioabbia toccato o con cui il suo corpo abbiaavuto un contatto diretto: ad esempio illegno della bara prelevato dopo la sua ri-cognizione, frammenti di pietruzze sullequali pregava.

I SANTINI CON LE RELIQUIETale tipologia di santini inizia a diffon-

dersi verso la fine del XIX secolo e trovala massima divulgazione nella prima me-tà del XX secolo. Inizialmente la reliquiaveniva attaccata al santino con un filorosso o della ceralacca, da qualche annoviene inserita in una piccola nicchia rica-vata dal santino protetta da una pellicolatrasparente. Possiamo avere santini con:reliquie ex indumentis, pezzettini di abitiindossati proprio dal santo o pietruzze epolveri, fiori e foglie secche a ricordo deisantuari, reliquie per contatto. Se parlia-mo di San Francesco di Paola, le maggio-ri reliquie si trovano nella Cappella della

Tutto iniziòcon Bernardino

da Siena

Ci sonosantini

con le reliquie

Basilica di Paola, tra cui: le ossa pervenu-te nel 1935 dalla Francia – altre sono ri-maste nella Chiesa di San Martino aTours; – il mantello, i sandali, un dentelasciato alla sorella Brigida prima di par-tire per la missione francese e, sotto l’al -tare maggiore della nuova aula liturgi-ca, il cranio. A Paterno Calabro: alcuneossa, il cappuccio, la funicella, i calzari,la pelle della trota Antonella risuscitatadal santo, una pentola metallica e unadelle due pietre dove lasciò le impronteprima di partire per la Francia, l’altra ènella Chiesa di Morano Calabro.

A Corigliano Calabro: il Crocifisso cheportava sempre con sé, la canna (in ricor-do dell’apparizione del 1598 al venerabi-le padre Girolamo Molinari); un osso delcostato, il cordone e la pietra guancialenel romitorio San Francischiellu. A Sam-biase di Lamezia Terme un dito e ad Orio-lo Calabro l’alluce. Nella Chiesa cosenti-na a lui dedicata: un altro cappuccio. In

Sicilia a Milazzo, la berrettella; a Romanella Chiesa di San Francesco ai Monti, ilbastone. A Napoli a Santa Maria dellaStella, la camicia; sempre in Campania, aVietri sul mare, nella casa Benincasa: lasalvietta con cui si asciugò, lasciando im-pressa l’immagine del suo volto. Al San-tuario di Genova, vari oggetti a lui ap-partenuti, tra cui le lenti.

SANTINI E MODERNITÀLe immaginette, in qualche modo, rac-

contano anche il periodo storico in cuivengono realizzati. Negli primi anni delNovecento vige la moda dello stile libertyche condizionerà anche gli editori deisantini che inseriscono nei loro prodottieditoriali diversi florilegi. Durante il se-condo conflitto mondiale vengono pub-blicate immaginette particolari, destina-te ai soldati al fronte, chiamate dai colle-zionisti santini militari e vengono ricer-cate, in modo particolare, quelle custodi-te gelosamente nei portafogli dai giovani

in grigioverde. Negli anni Sessanta unnuovo tema iconografico illustrerà i san-tini; con l’avvento della motorizzazionedi massa, in numerose immaginettespunta un’auto e le preghiere sono tuttededicate affinché venga protetto il con-ducente e i passeggeri. In alcuni casi tro-viamo persino i segnali stradali con iprincipali cartelli di pericolo, quasi a vo-ler chiedere al proprio santo preferito diguardare dall’alto i viandanti moderni,che utilizzano i mezzi a motore.

Un santino particolare è considerato ilcalendarietto, oltre a segnare i giorni eindividuare le feste mobili, come la Pa-squa, l’Ordine dei Minimi ha legato la lo-ro diffusione, naturalmente con una fotoa colori del santo fondatore, alla raccoltadi fondi per sostenere i fratini; il collegioha dato la possibilità di studiare, e maga-ri verificare la propria vocazione religio-sa, a centinaia di adolescenti.

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Una carrellata di immagini sacre di San Francesco di Paola

Carrellata di santini che raffigurano San Francesco