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Anno XVIII - N. 1 Dicembre 2019 Dossier Famiglia Notiziario del Centro Famiglia S. Anna

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Anno XVIII - N. 1 Dicembre 2019

DossierFamiglia

Notiziario del Centro Famiglia S. Anna

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Dossier FamigliaNotiziario del Centro Famiglia S. Anna

A cura diMassiMo Chiossi, silvana GuiduCCi, daniela Mezzani,

Chiara roMaGnani

Redazione e Amministrazione:Centro FaMiGlia s. anna

Vicolo de’ Pazzi 16 - PistoiaTel. 0573-368780

c.c.p. 13097514 C.F. 90012790474E-mail: [email protected]

sito internet: www. centrofamigliasantanna.it

Finito di stampare nel mese di dicembre 2019Fotocomposizione: Graficamente Pistoia

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Relazione anno 2019

Il Centro famiglia Sant’Anna, è un consultorio accreditato con servizi di consulenza familiare, psicopedagogica, legale, giovani e di documentazione.

È associato alla Federazione Toscana consultori familiari di ispirazione cristiana e alla Confederazione Nazionale Consultori familiari di ispirazione cristiana; fa parte della Rete informale dei Consultori familiari del Forum Toscano delle Associazioni Familiari.

Vi operano a titolo di volontariato professionisti di esperienza pluriennale e stagisti dell’UNIFI e di scuole di psicoterapia, il servi-zio è gratuito e di qualità professionale medio-alta.

La rete di relazioni interne tra i vari servizi permette di sostene-re, con esperti in vari settori, famiglie multiproblematiche e la rete di relazioni con le realtà del territorio, sia religiose che laiche, e permette di orientare chi si rivolge al Centro verso le soluzioni più adeguate.

Il Centro famiglia ottimizza le opportunità offerte dalla rete dei servizi del territorio ed in particolare della Diocesi e le concretizza in azioni mirate ai bisogni specifici dell’utenza, attraverso l’impegno di professionalità specifiche ed altamente qualificate.

Al lavoro di counseling e di orientamento il Centro affianca azioni con funzione formativa, preventiva e di accompagnamento: incontri con adolescenti, corsi per genitori, corsi di preparazione al matrimonio, incontri per anziani, incontri di spiritualità, tenuti al centro stesso o presso Parrocchie, Scuole e varie istituzioni che ne fanno richiesta. Queste azioni hanno la funzione fondamentale di sostenere la famiglia in tutte le sue età e manifestazioni. Un’idea quella del sostegno per tutto l’arco della vita che trova nell’impegno del Centro Famiglia S. Anna una realizzazione.

Convegni, tavole rotonde e le ricerche sulla famiglia sono sta-te promosse negli anni dal Centro per analizzare i bisogni delle famiglie e dell’ambiente in cui si opera, per tener vivo il dibattito e stimolare la progettualità.

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L’anno 2019 è stato caratterizzato da

Lavori di ristrutturazione ed adeguamento dell’ambiente alla normativa vigente per consentirne l’apertura ad altri enti del territorio, il centro può così offrire a chi ne faccia richiesta spazi adeguati a molteplici attività purché coerenti con quanto previ-sto dallo statuto.

Progettualità più ampia tale da mettere il centro in una posizio-ne nodale nella rete dei servizi del territorio sia come spazi che come servizio di accoglienza ed orientamento.

Ottimizzazione degli spazi interni tale da facilitare l’accesso agli utenti.

Il consolidamento della collaborazione interna che ha permes-so di fare rete in aiuto di situazioni complesse che richiedevano professionalità ed impegni diversi e di accogliere famiglie multi-problematiche.

Il rafforzarsi del servizio legale e del suo rapporto con gli altri servizi.

Il confronto con gli altri consultori di ispirazione cristiana anche attraverso la formazione sulle problematiche della famiglia nel tempo dell’individualismo.

La partecipazione regolare alle Assemblee e al Consiglio diret-tivo della Confederazione Toscana dei consultori di ispirazione cristiana.

L’approfondimento attraverso un convegno e l’attuale numero del dossier delle problematiche che investono la famiglia trop-po spesso sul banco di accusa.

Lavoro in rete con i servizi sociali Consolidarsi della collaborazione con l’Associazione Italiana

Maestri Cattolici. La partecipazione alla Commissione pari opportunità, diversità

e diritti umani presso il Comune di Montale.

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L’ampliamento dell’equipe con nuovi giovani volontari e stagisti dell’Università di Firenze e di alcune scuole di psicoterapia.

La collaborazione con una psicoterapeuta per la revisione dei casi.

Il rapporto con altre realtà del territorio

Alcune variazioni nella tipologia dell’utenza. Aumento di adolescenti in crisi scolastica. Aumento di richieste di aiuto da parte di donne che vivono in

varie forme la violenza familiare. Aumento di famiglie multiproblematiche il cui principale biso-

gno è essere orientate rispetto all’esperto o alla struttura a cui rivolgersi.

Analisi dei bisogni emergenti Le richieste delle famiglie che si rivolgono al servizio sono es-

senzialmente di quattro tipi:

consulenze in casi di separazione e mediazione familiare; consulenze per problemi educativi; consulenze per problemi adolescenziali; richieste generiche di aiuto in presenza di criticità complesse

che creano disagio ad uno o più membri della famiglia;

le richieste dei singoli, oltre al disagio personale, riguardano principalmente problematiche relazionali.

Negli ultimi anni sono aumentate le persone che si rivolgono al centro con un problema che in realtà rappresenta la punta dell’i-ceberg rispetto ad una realtà multiproblematica che necessita di un lavoro di analisi da parte di un’equipe che accolga professionalità e punti di vista diversi e se utile un invio ad altre strutture del territorio specializzate nel trattamento di specifiche problematiche.

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Molte le coppie genitoriali chiedono aiuto per i figli in caso di separazione.

Sempre più spesso vengono richieste relazioni da esibire in sede legale o la nostra presenza presso gli avvocati e i giudici che curano la separazione.

Sono aumentate anche le consulenze relative al rapporto edu-cativo in presenza di ansia da parte di uno dei genitori che si sente poco supportato dall’altro oppure insicuro ed incapace.

In alcuni casi è stato necessario offrire ad uno od entrambi i genitori un supporto psicologico.

In aumento i rapporti con i servizi sociali, con avvocati, tribuna-le dei minori e professionisti esterni che inviano al servizio, garante di serietà e gratuità, clienti che non possono seguire.

Aumentata la richiesta di analisi di casi per la strutturazione di PDP.

Formazione

L’equipe si è sempre considerata “un soggetto in età evolutiva”, siamo costantemente in crescita, la formazione è sempre stata uno dei nostri obiettivi fondamentali.

Abbiamo partecipato:- alla formazione promossa dalla Federazione Toscana Consulto-

ri di ispirazione cristiana;

- alla formazione promossa dall’ordine degli avvocati e dalla As-sociazione Italiana Maestri Cattolici.

Tutti gli operatori hanno fatto la formazione specifica prevista dal loro Albo Professionale:

Alcuni dei corsi e seminari seguiti:

Un giorno per scriversi e descriversi, dr.ssa Marisa Nar-dini, Prato, 19.1.19;

L’arte di volgere la famiglia d’origine a favore del

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processo terapeutico, Prof. A.Canevaro, 16.3.19;Lavorare insieme si può. L’approccio sistemico re-

lazionale nel lavoro di rete con i servizi pubblici, Dr.ssa M.A.Giulino, Prato, 13.4.19;

In stato interessante. La gravidanza e la maternità della terapeuta e i risvolti nel setting, Dr.ssa Albertini, Prato, 18.5.19;

“Oh no! non di nuovo i rossi! Il lavoro con le situa-zioni di blocco in terapia, nella vita e oltre”, Dr. H. Jenkins, Prato, 15.6.19;

“L’elevata conflittualità nelle separazioni: percor-si possibili e tecniche di gestione”, Dr.ssa Cialdella, Prato, 27.9.19;

“La scienza artistica: dall’allievo ferito al terapeuta netturbino”, Dr. Luca Vallario, Prato, 23.11.19;

Interazioni e complicazioni: istruzioni per l’uso, semi-nario del ciclo La famiglia nel tempo dell’individualismo, della Federazione Consultori ispirazione cristiana, Firenze,11Maggio 2019;

La solitudine nella famiglia: dove ci siamo persi? semi-nario del ciclo La famiglia nel tempo dell’individualismo, della Fede-razione Consultori ispirazione cristiana, Firenze, 12 ottobre 2019.

Collaborazione con le Pastorali e le Parrocchie

6 incontri su “persona e personaggio” coordinatori: Da-niela Mezzani e Bianca Maria Bencini Centro S. Lorenzo di Quarrata.

1 incontro: per i genitori della Parrocchia di Sant’Agostino Co-ordinatori: Daniela Mezzani e Bianca Maria Bencini

1 incontro a Quarrata La donna nei Vangeli - Prof. Alessan-dro Bonacchi

1 incontro Parrocchia di Quarrata Visita alla chiesa di S. Francesco Prof. A.Bonacchi

1 Corso prematrimoniale di 7 incontri presso parrocchia di S.

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Francesco Prof. A Bonacchi

2 incontri presso parrocchia Casermette per Movimento Cursil-los di Maria:

1° Il ciclo di vita familiare e compiti di sviluppo Dr.ssa Guiducci Silvana

2° La comunicazione e la relazione all’interno del nu-cleo familiare.Valutare e riconoscerei segnali disfun-zionali Dr.ssa Benedetta Fittipaldi

Collaborazione con altre realtà sul territorio

Abbiamo fatto incontri individuali con insegnanti ed educatori che chiedevano verifiche psicopedagogiche più approfondite o consigli per definire meglio il lavoro educativo.

Abbiamo fatto incontri per i giovani sul tema dell’affettività (1 per classe) e della sessualità (1 per classe) in 11 classi seconde dell’istituto F: Pacini di Pistoia, gli incontri hanno impegnato, ol-tre al responsabile del progetto, alcune psicologhe che affron-tavano tale impegno per la prima volta, l’esperienza è stata utile anche al fine di formare gli operatori.

8 incontri con le adolescenti della Casa famiglia S.Anna sul tema dell’affettività e crescita personale.

Servizio psicopedagogico

L’equipe

Operano nel servizio 11 tra pedagogisti (4), psicologi (3) di cui alcune tirocinanti della scuola di psicoterapia, insegnanti specia-lizzati (1) + 3 stagisti dell’università di Firenze uno dei quali segue un master su democrazia affettiva ed è giudice onorario presso il tribunale dei minori.

Grazie anche a convenzioni stipulate con l’università di Firenze e con scuole di specializzazione l’equipe è stata in grado di rispon-

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dere a tutte le richieste pervenute, giovani psicologi ed educatori hanno contribuito a portare nuova energia nel gruppo ed a rendere più significativa la revisione mensile dei casi.

La dottoressa Beatrice Gori psicoterapeuta prosegue nel suo lavoro di revisione dei casi.

Lavoro svolto

65 Casi di genitorialità difficile - colloqui 280di cui consulenze singole n. 260 consulenze di coppia n. 20

N. 10 di Casi di servizio “genitori sempre” per separazione

N. 55 di consulenze per problemi educativi

divisi per natura dei problemi

Bambini e ragazzi, dalla prima infanzia all’adolescenza, che hanno bisogno di essere sostenuti di fronte ai problemi di sviluppo psicologico e dell’apprendimento

- DSA 10 di cui alcuni non certificati

- separazione genitori 17

- problemi relazionali a scuola 3

- adozione 2

Genitori che desiderano affrontare con più sicurezza il rapporto educativo con i figli

- capacità di dare regole e favorire l’autonomia 5

Genitori che si trovano ad affrontare un problema particolare nella vita con i figli:

- difficoltà scolastiche o relazionali 5

- la separazione dei genitori stessi 8

- la crisi adolescenziale del ragazzo 5 Si osserva che mentre sono diminuiti i casi di DSA per la cui

certificazione occorre un neuropsichiatra infantile sono aumentate

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le richieste di genitori per consulenze rispetto ai figli con BES e le scuole richiedono attestati per la stesura del PDP.

Le coppie o i singoli che si rivolgono al nostro servizio talvolta presentano, assieme alla difficoltà di nostra competenza, problemi di coppia e vengono indirizzati alla consulenza familiare o di natura legale, in tal caso vengono indirizzati per consulenze gratuite agli avvocati dell’Associazione per i diritti della famiglia.

Ci sono stati invii al SERT e all’ASL, la collaborazione con i servizi sociali di vari Comuni e con l’ASL è attiva e comporta anche l’invio reciproco di casi.

Servizio Consulenza familiare

L’equipe

Hanno operato nel servizio 2 consulenti familiari, 2 psicotera-peuti, 5 psicologhe che frequentano la scuola di psicoterapia rela-zionale, 2 insegnanti di metodi naturali di regolazione delle nascite.

Il servizio si avvale della collaborazione di 2 psicoterapeuti, di uno psichiatra e di una psicanalista esterni.

L’equipe si riunisce mensilmente per condividere comunicazioni di servizio e per il confronto e la discussione dei casi in trattamento.

Lavoro svolto

64 utenze per circa colloqui 360 e 500 ore

5 coppie con difficoltà varie: conflitto interno, tradimento, dif-ficoltà di comunicazione, disarmonia, conflitto con famiglia di origine

1 coppia in percorso di mediazione familiare dopo la separa-zione inviata dal tribunale dei minori

3 sostegni a persone con famiglia di origine multiproblematica

25 casi individuali di disagio personale di varia natura (lutto, separazione, difficoltà di relazione, sterilità, conflitto con fami-liari, perdita di autostima, disturbo psichico, disagio sociale)

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30 casi di difficoltà nei rapporti tra genitori e figli adolescenti o tra genitori e figli adulti.

Le problematiche individuali talvolta richiedono il coinvolgimen-to di altri componenti o addirittura della intera famiglia.

Talvolta è stato necessario indirizzare allo Psichiatra che colla-bora con noi o ad altro scelto dall’utente.

Le coppie o i singoli che si rivolgono al nostro servizio talvolta presentano, assieme alla difficoltà di nostra competenza, problemi di natura legale, in tal caso vengono indirizzati per consulenze gra-tuite agli avvocati dell’Associazione per i diritti della famiglia.

Servizio giovani

Il servizio è stato portato avanti dall’equipe del centro psicope-dagogico.

Servizio legale

Il Servizio legale è svolto dai volontari dell’Associazione Civile dei Diritti della Famiglia, composta da una équipe di giovani giuristi ed avvocati che offrono consulenze legali gratuite a tutti coloro che ne necessitano o sono seguiti per motivi vari dal Centro Famiglia S. Anna. L’associazione agisce secondo le modalità del Centro di cui fa parte, a cui si rapporta ed è parte integrante: partecipa al consiglio di amministrazione, agli incontri mensili per organizzare la programmazione e revisione dei servizi, e porta il proprio contribu-to per l’analisi dei casi in cui sono coinvolti come esperti; partecipa alla pubblicazione di articoli inerenti il tema famiglia e non solo su “Dossier Famiglia” ed invia propri contributi ed approfondimenti an-che al settimanale della Diocesi ‘La Vita’; è inoltre attivo un servizio dedicato alla violenza contro le donne di cui si occupa un legale di un centro anti-violenza.

L’Associazione collabora poi con le altre realtà diocesane ed associazioni varie, come ad esempio la Sezione di Pistoia dell’As-

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sociazione Maestri Cattolici, per la quale ha tenuto in questo ultimo anno due incontri di formazione con i maestri iscritti all’associazione riguardanti la Violenza Intrafamiliare ed il fenomeno della Violenza assistita dei minori.

Centro di Documentazione

Il diffondersi di internet ha cambiato la modalità di reperire in-formazioni e documenti e conseguentemente la fisionomia del servi-zio che attualmente svolge prevalentemente un lavoro di riflessione, rielaborazione e diffusione di problematiche inerenti la famiglia e di confronto tra la realtà locale ed un più ampio contesto socio-culturale di riferimento.

Il Centro è divenuto così il catalizzatore di iniziative rivolte al territorio e tese alla diffusione di una cultura della famiglia ed a creare i presupposti per il benessere di tutti coloro che della famiglia fanno parte.

I responsabili dei servizi coordinati dal Presidente curano i rap-porti con il territorio e l’organizzazione di iniziative, convegni, ta-vole rotonde.

Nell’anno in corso l’attenzione si è posata sul tema della fami-glia ed è stato realizzato venerdì 25 ottobre ore 15-19, presso il Se-minario Vescovile Pistoia un convegno, che ha visto un’ampia parte-cipazione sul tema: “È sempre tutta colpa della famiglia?”.

Poichè la famiglia viene presentata dai mezzi di comunicazione come la causa prima di ogni forma di disagio e gli stessi ci riman-dano contemporaneamente un’immagine di famiglia ideale, questo provoca una percezione a volte confusa e insicura del ruolo dei genitori.

Abbiamo utile aprire il dibattito su “le colpe della famiglia” per evidenziare le responsabilità che il ruolo di genitori impone, facili-tandone la presa in carico, e nello stesso tempo evitare colpevoliz-zazioni con la finalità di delineare un’immagine chiara della fami-glia offrire spunti per un’onesta riflessione su responsabilità e ruoli

Gli atti del convegno sono stati pubblicati a dicembre all’interno di questo dossier.

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Gli argomenti affrontati in sede di convegno saranno approfon-diti in 4 incontri con ampie possibilità di dibattito. Gli incontri, con cadenza mensile, si svolgeranno il sabato mattina nei mesi di gen-naio, febbraio, marzo, aprile presso il Centro Famiglia Sant’Anna

1. gennaio: Famiglia, scuola e...ragazzi prof. Tiziano Lombardi

2. febbraio: Autonomia e regole... perché obbedire? dott. Francesco Zini

3. marzo: La giustizia rigenerativa dott. Alessandro Geloso

4. aprile: Fare sport, una dimensione di crescita assessore allo sport Gabriele Magni

Obiettivi 2020

Analizzare i bisogni e stimolare la progettualità intorno alla famiglia attraverso l’organizzazione di un convegno e di inizia-tive di formazione rivolte ai giovani.

Ampliare il servizio di mediazione familiare e a famiglie multi-problematiche e gli orari di apertura.

Mettere in rete i servizi. Implementare i percorsi di educazione sessuale e all’affettività

Promuovere il benessere familiare attraverso gruppi dedicati ai genitori e alla terza età finalizzati alla comunicazione ed ela-borazione positiva di esperienze.

Rafforzare i servizi attraverso formazione per gli operatori e strumenti aggiornati di lavoro.

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Perché la famiglia?Per una nuova comunicazione della scelta familiare di Francesco ZiniPres. Forum Toscano delle Associazioni FamiliariDocente Filosofia Politica - Università degli Studi di Siena

1. La sfida della famiglia La scelta familiare oggi appare come una sfida rispetto ai para-

digmi individualistici e consumistici offerti dagli odierni modelli eco-nomici e culturali. Lo scenario sociale in cui si colloca la scelta fami-liare appare difficile innanzitutto sul piano del contesto lavorativo, dove l’instabilità, il modello competitivo e la precarietà lavorativa mette a dura prova la stabilità familiare e personale. In questo senso “fare una famiglia”, sposarsi e “avere dei figli”, appaiono gesti eroi-ci destinati a scontrarsi con la precarità, lo stress dell’iperproduttivi-smo del mondo del lavoro o del contesto sociale e paradossalmente divenire un “ostacolo” per la propria realizzazione personale.

In questo senso appaiono destinati al fallimento o alla margi-nalità, se non addirittura alla povertà. Ma è proprio dalla scelta familiare, compiuta da veri e propri “eroi familiari” che superano la dimensione solipsistica, che può ripartire una nuova socialità, che spinga il significato della famiglia oltre il mero benessere materiale, affrontando la paura e il rischio insito nell’avventura della famiglia: uscire da se stessi e aprirsi all’altro per costruire una relazione fidu-ciaria in cui si scambiano i doni reciproci e “crescono insieme” verso un comune fine di senso: la generatività familiare. Questa dinamica familiare appare decisiva per la formazione della famiglia nel ma-trimonio, non solo come accordo per la condivisione di interessi o di valori, ma come reciproco sostegno verso una comunione “più alta”.

In questo senso la differenza di genere delle persone che scel-gono di “unirsi” acquista un valore generativo e procreativo auten-

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tico, come dimensione di esercizio del confronto con l’alterità e la diversità.

A ben vedere c’è una forte dietro la scelta familiare c’è una misteriosa domanda metafisica, ad andare oltre la contingenza e la fragilità umana e sociale. Da questa domanda “forte” di senso dell’essere e dell’esistenza, che chiede una risposta forte, può ripar-tire non solo l’idea o la proposta della comunione familiare, ma la testimonianza concreta della famiglia come forma di anticipazione di altre comunioni relazionali di unità universali e sociali.

La famiglia può ripartire da questa “voglia di unità” oltre la di-visione d egolatria e della dimensione individualistica per generare una “comunione oltre la divisione”. Da questo desiderio relazionale di famiglia può partire la resilienza familiare come percorso verso una “ri-nascita” della famiglia, come esperienza “straordinaria” per la crescita e la maturazione dell’individuo, che vuole viversi la sua condizione di essersi “fino in fondo”, dando tutto e donando tutto se stesso.

2. Il sentiero della famiglia e il percorso del dono di séSe si analizzano brevemente i percorsi della formazione del-

la famiglia è possibile individuare alcuni “passi della famiglia”. In senso contrario il percorso appare accidentato e frammentato da situazioni e contingenze che passano attraverso il deserto della solitudine narcisistica in cui l’altro (inteso come amico, compagno, collega), è un interesse da consumare per la soddisfazione dei pro-pri bisogni contingenti (ambizione, potere, carriera, tempo), fino a giungere verso una chiamata ulteriore, un livello diverso, verso l’uscita da sé, alla scoperta dell’altro come “qualcuno di interessan-te”, che ha qualcosa “da dare”, perché porta con sé un “dono”. L’altro ha qualcosa di “suo”, che quella persona non ha: qualcosa di particolare e unico, che vuole indagare, conoscere, condividere, comunicare.

La scoperta di sé è spinta essenzialmente da una curiosità at-trattiva per l’altro verso la fuoriuscita dal proprio narcisismo, in cui si crede e ci si illude di trovare tutto in se stessi. La fiducia e l’aiuto nell’altro sono il primo passo verso la fuoriuscita dall’egolatria, con la scoperta di un altro “tesoro” nell’altra persona. L’altra persona

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interessa perché il soggetto trova fuori di sé qualcosa e qualcuno che lo completa: il soggetto-individuo esce da sé, perché nutre l’in-teresse verso qualcosa che l’altro ha nel suo essere, nelle parole che dice, nei gesti che compie, nella storia che ha da raccontare e narrare. Cominciano ad interessare le sue esperienze, la sua vita, i suoi fallimenti, le sue narrazioni, i suoi gesti. La relazione nasce dall’attrazione per l’altro da sé, perché ha qualcosa da donare, che rende la vita personale “migliore” e completa, nel senso che l’altro fa essere la persona se stessa.

Il secondo passaggio riguarda il dono del tesoro, dal greco thesauros, che significa “magazzino”, in cui nasce la scelta della condivisione, nella modalità dell’accoglienza. La persona comincia a donare se stessa, a parlare, a cercare l’altro, a cui trasmettere i suoi ricordi, le sue emozioni, a spiegargli ciò che ha capito, a co-municare con lui, a stabilire un contatto, una frequentazione, una possibile relazione fondata sulla condivisione e la fiducia reciproca.

3. La nascita della generatività coniugaleInizia nella relazione interpersonale ciò che sarà costitutivo del-

la confidenza coniugale: l’altro condivide con l’altro-da-sé un’intimi-tà profonda, una comune nascita, una comune origine, un comune dono della vita, un comune destino. Allora nasce un’esigenza di unirsi per vivere il tempo della vita trascorsa “insieme”: insieme sa-ranno più forti, più veri, più uomo e più donna. Da tale consape-volezza nasce la generatività coniugale: quei due che non bastano più a sé stessi, sono pronti alla generazione, alla pro-creazione di un altro-da-sé (oltre loro). La scelta dell’unione coniugale come vo-cazione è la chiamata alla famiglia e all’amore generativo. Il ma-trimonio “arriva” non tanto come scelta individuale, ma come natu-rale continuazione del dono reciproco pro-creativo, come “fonte di unione e di crescita insieme”. Nel matrimonio generativo il marito aiuta la moglie a essere donna e il marito a essere uomo, nella cura dell’altro, ma soprattutto facendo emergere le proprie debolezze, i difetti, le abitudini, i “nascondigli”, le auto-assoluzioni, gli orgogli, i sensi di colpa, le zone grigie dove ognuno nasconde i propri dubbi, i propri difetti, le passioni, le incongruenze. Col matrimonio l’altro si deve de-nudare all’altro, mettendolo “con le spalle al muro” delle

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proprie fragilità e debolezze. L’altro deve dire tutto di sé, nessuna zona grigia nascosta per pudore o vergogna: la relazione deve essere “totale”, come il dovere di “dire tutto” all’altro (i sogni, le speranze, le paure, le ansie, i cambiamenti, le ambizioni, le aspet-tative). Tale esercizio coniugale costituisce il fondamento per la cre-scita familiare.

Più si nasconde e più il matrimonio sarà fragile, più non ci si de-nuda di fronte all’altro, più crescono le diffidenze, le falsità, le ipocrisie, le stanche e noiose abitudini e infine prevale l’astio, le incomprensioni continue, il distacco, la freddezza, il disinteresse, la divisione. L’altro diviene un ostacolo, non soddisfa le esigenze, non aiuta a realizzarsi come persona, “non accontenta più” le esigenze più profonde: diviene un “problema” da rimuovere perché non ser-ve più. La degradazione coniugale spezza quel legame, rompendo la “catena del dono”. L’altro non dona più, si esaurisce la sua linfa, “non dice più niente”, non cresce più il suo dono, non interessa più.

Perciò il “fare famiglia” costituisce una sfida per alimentare continuamente questa catena del dono, questa cerniera comunica-tiva, che solo a partire dalla constatazione naturale del dono può conservare la logica coniugale e familiare. L’altro deve ritrovare il suo dono per cui è stato chiamato al mondo, perché ognuno ha una mission donativa: qual è il dono dell’altro? L’altro ha il dovere di scoprirlo dentro se stesso e poi trovare la persona con cui con-dividerlo e “accrescerlo”. Questo è il sentiero del dono alla base della relazionalità coniugale e del matrimonio o più semplicemente della felicità familiare. Il dono coniugale è faticoso e chiede impe-gno, sorprese, attenzioni, novità, scelte coraggiose e inaspettate, meravigliose, che riflettano l’originale dono della vita stessa. I doni interpersonali che i coniugi sono chiamati a fare nel corso della vita “devono” rispecchiare quel “primo dono” della loro nascita, della loro “venuta alla luce”, della loro fuoriuscita nella vita: inaspettata-mente, incredibilmente e liberamente (nessuno sceglie di nascere).

Perciò nella vita coniugale non si tratta di aggiungere qualco-sa, ma a volte di togliere, di fare spazio, di aprirsi all’altro: fare il vuoto così da permettere di essere riempito dal dono dell’altro. La generatività modifica la vita coniugale immettendo al suo interno un seme di nuova vita. I figli costituiscono essenzialmente un atto

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di umiltà e di pazienza perché sono creature, altro-da-sé, spesso migliori. Da un certo punto di vista arrivano per “destabilizzare” le proprie precarie convinzioni consolidate, le proprie abitudini, per costringere a cambiare, a crescere, ad aprirsi ad una nuova realtà. Per questo i figli sono una “prova” di elasticità mentale e di morbi-dezza: più sei aperto a raccogliere questa nuova avventura e più ti sorprenderanno per ciò che hanno da portare “di nuovo” nel mon-do. La generazione allora non è solo una conseguenza possibile di un atto fisico, ma diviene dimensione intrinseca dell’atto di amore coniugale. In tal modo si manifesta anche l’autentica pro-creazione responsabile, in quanto trae origine da un atto umano di amore in-terpersonale, che si prolunga nel compito educativo: il figlio nasce come dono da dono.

La famiglia diventa allora una semplice testimonianza che ri-flette una relazione “amorevole” più grande e universale: l’amore coniugale “fiorisce” perché riflette l’impegno della pro-creazione con il concepimento di nuove creature disposte ad aumentare l’a-more per la conoscenza, per una società più giusta, con una nuova e originale empatia per gli altri. Tale “slancio generativo” supera anche i condizionamenti della superficialità della vita quotidiana in cui non si condividono che le spese o gli impegni formali, senza andare oltre alla materialità dell’organizzazione della vita che pure è decisiva e importante per crescere nella relazione.

4. Il futuro della famiglia “imperfetta” di fronte al post-umanesimo

Certamente il contesto sociale in cui si inserisce la scelta fami-liare può essere promosso con una revisione del modello sociale ed economico che prediliga la persona, i tempi della famiglia, la con-ciliazione con il lavoro, la crescita demografica cosìcché la famiglia divenga un bene comune, utile a tutti, sia sul piano della sostenibilità del welfare state, sia sul piano della sussidiarietà sociale. Le misure a sostegno della famiglia appaiono insufficienti e insoddisfacenti: c’è bisogno dell’inserimento di concreti strumenti in termini di aiuti economici, previdenziali e fiscali, che potrebbero rendere la scelta familiare “conveniente”, perché realizza fini di solidarietà e di sussi-

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diarietà (orizzontale e verticale) che se inseriti in un più complessivo riconoscimento pubblico del ruolo della famiglia divengono autenti-co bene sociale e giuridico.

Ma la questione che sta emergendo appare più antropologica e richiama la c.d. “guerra mondiale contro il matrimonio” affer-mata da Papa Francesco, combattuta soprattutto da colonizzazioni ideologiche che promuovono la dissoluzione della famiglia come presupposto per l’ingresso in un nuova era (new age) in cui non ci sarà più bisogno della famiglia, (come del maschile e del femminile stereotipati), né del “vecchio” uomo, perché ci sarà una sorta di post-uomo (transumano), frutto di una continua sintesi di ibridazione uomo/macchina (intelligenza artificiale, cyborg, robot, androidi).

Da questo contesto post-umanista, che appare come l’elemento fondante la crisi definitiva dell’istituto famiglia, potrebbe attivarsi anche una c.d. “resilienza” familiare versus un modello proposto dal post-umanesimo di una costruzione artificiale della maternità e della paternità, inserite nella concreta possibilità di un poli-amore indefinito. In tale ambito la famiglia diviene oggetto della prova della struttura familiare: l’esercizio del dono familiare, vissuto non solo come “limite”, ma come opportunità di crescita, diviene banco di prova dell’esistenza stessa della famiglia. Lo stesso legame mono-gamico su cui si fonda la fedeltà coniugale dovrebbe essere provato e giustificato, sulla base di questo esercizio continuo del limite.

Solo se il limite diventa “dono”, oblazione, allora c’è crescita e disponibilità al cambiamento. Ma ognuno deve esercitarsi a fare la sua parte innanzitutto con se stesso, stimolando e accrescendo i propri tesori e le proprie qualità.

ConclusioniIn tale contesto post-secolarizzato proiettato verso il supera-

mento dei limiti funzionali, incentrato sull’implementazione delle prestazioni fisiche, sul potenziamento delle funzioni, teso alla co-struzione del trans-uomo “perfetto” e massimizzato nelle sue ca-pacità sensoriali e di visione della realtà aumentata, la dimensione familiare appare evidentemente una “prova difficile” e un fenomeno che qualcuno vorrebbe considerare un ostacolo da rimuovere o da costruire sinteticamente, laddove le biotecnologie e le manipolazio-

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ni permetteranno di procreare artificialmente e selettivamente per ottenere un “risultato perfetto”. Ma tale ideologia tecno-ottimistica ed evolutiva produrrà inevitabilmente i suoi fallimenti, perché po-trebbe generare continue discriminazioni, continue diseguaglianze e problemi sociali riguardo alla solitudine e alla cultura dello scarto dei soggetti imperfetti. Inoltre potrebbe generare altre disillusioni e incapacità ad elaborare soluzioni totalizzanti ai problemi esisten-ziali, a cominciare dalle grandi domande fondamentali (ontologi-che) sulla felicità, sulla finitudine mortale e sul senso della vita.

Allora la famiglia che si fonda su un “amore verticale” triadico, dovrà testimoniare un legame ulteriore fondato sul vero superamento del limite della finitudine, su un rivoluzionario paradigma relaziona-le del “per sempre”: tale proposta apparirà una sfida “dirompente” a tale prospettiva post-umanista, perché opporrà alla contingenza nichilistica dell’esperienza materiale, sempre insoddisfacente per-ché sintetica e artificiale, una speranza di vita (familiare) che non muore. Il dono della famiglia comunicherà che “c’è una relazione che continua e che resiste”, un amore “soddisfatto” perché “torna da dove è venuto ri-generato”.

Perciò la crescita familiare, la natalità, la nuova vita, la nuova adozione di un figlio e il nuovo affido intergenerazionale costituiran-no testimonianze conseguenti a questa ultima sfida, come ricordano le parole di De Palo: «Allora capisco che sono in debito, che non ho fatto nulla per nascere dove sono nato, per avere i genitori che ho avuto, la casa in cui vivo, questa moglie rompiscatole che darebbe la vita per me e questi figli che hanno dato un senso anche ai miei sogni adolescenziali. E realizzo che chi ha avuto tanto è chiamato a restituire almeno un pezzetto di quanto a ricevuto, non fosse altro giocandosi tutta la propria vita nell’educazione dei figli o nell’impe-gno sociale e politico».

Da tale consapevolezze di essere in debito d’essere emerge il corrispettivo dovere di prendere sul serio la scelta familiare come una responsabilità gioiosa che provi a “sdebitarsi” di un tale dono.

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I genitori e l’attività sportiva del figliodi dott. Sergio Tegliapsicologo, psicoterapeuta

Da sempre l’attività del tempo libero è molto utile al sano ed armonico sviluppo della personalità del figlio. Possiamo affermare come l’attività motoria sia, a tutti gli effetti, la terza agenzia edu-cativa, dopo i genitori, gruppo sociale primario, e la scuola. Per i genitori è fondamentale riflettere come il desiderare che il proprio figlio nella sua vita si realizzi, mettendo a frutto i suoi talenti e le sue capacità è un principio educativo estremamente positivo mentre l’aver bisogno di un figlio che riesca a fare tutto quello che non è riuscito al genitore è ben diverso, è caricare il figlio di valige non sue, è non riconoscere la sua unicità. Nel mondo dello sport questo aver bisogno può succedere con la consequenziale attivazione di quell’ansia da prestazione che spesso allontana fino a smettere di fare sport. Altro fenomeno da considerare, in tempi dove spesso risulta difficile educare i figli alle conseguenze, è la positività della sconfitta sportiva: solo chi sa perdere può, nella vita, arrivare alla vittoria, cioè alla completa realizzazione del suo potenziale. Quindi dopo che lui, il figlio, ha scelto lo sport da praticare compito del genitore è verificare l’educatore sportivo a cui ha affidato il figlio, le competenze educative e tecniche che tale educatore ha, l’umiltà, la capacità di fare gruppo, il rispetto degli avversari, l’attenzione non tanto al risultato, comunque importante, quanto all’impegno messo in atto dal ragazzo o bambino che sia. Altro compito per il genitore è non permettere al figlio di smettere di fronte alle prime difficoltà o ai primi insuccessi: lo zapping nella vita non è e mai sarà possibile, cerchiamo di aiutare nostro figlio a prenderne atto, a partire anche dal mondo dello sport. Lo sport è movimento, è autonomia, è ruolo attivo, da protagonista della prestazione: in un momento in cui l’on-da rete, il virtuale sta prendendo, pericolosamente, molto spazio,

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essere impegnati 2 volte a settimana in uno spazio aperto, o in una palestra, o in una piscina è certamente un buon antidoto contro nuove ed insinuanti dipendenze.

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“Di chi è la colpa?”di dott. Alessandro GelosoGiudice Onorario Tribunale dei minori di Firenze

L’intervento vuole evidenziare e cercare di capire quali sono le “colpe”, cioè i delitti penali che vengono commessi dai giovani tra i 14 e i 18 anni di età, facendo riferimento ai dati degli ultimi anni del Ministero della Giustizia.

Da un’analisi dei soli dati se ne ricava un profilo tipo del giova-ne che commette i reati (età, sesso, appartenenza sociale, ecc...), ma non se ne può trarre una risposta esaustiva alla domanda “di chi è la colpa” se un ragazzo commette un reato?

La storia personale e familiare di ogni ragazzo è diversa e la fragile natura del soggetto che la giustizia tratta è diversa da quella di un adulto e infatti la giustizia minorile prima di tutto ha il fine ripa-ratorio, cioè il recupero del soggetto.

Proprio per comprendere la complessità dell’intervento che la giustizia applica sui giovani accusati di reato e per sensibilizzare e prevenire l’entrata dei minori nel circuito penale, il Tribunale per i Minorenni di Firenze ha realizzato il progetto pedagogico “CIAK”.

L’intervento si conclude con l’illustrazione dell’istituto della MAP (Messa Alla Prova), che sarà ripreso in maniera più accurata nell’in-tervento di marzo sulla giustizia rigenerativa.

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«Famiglia e scuola: costruire una collaborazione»di Annamaria Correttidirigente scolastico

1. Panorama culturaleIl tema della collaborazione fra la scuola e la famiglia si colloca

su uno sfondo culturale che può essere delineato a partire da alcu-ni contributi, il primo dei quali è di Zygmunt Bauman, che mette a fuoco la piena continua trasformazione dei punti di riferimento che, prima davano solidità al mondo: «Tutti i punti di riferimento che da-vano solidità al mondo e favorivano la logica della selezione delle strategie di vita (i posti di lavoro, le capacità e i legami personali, i modelli di convenienza e di decoro, i concetti di salute e malattia, i valori che si pensava andassero coltivati e i modi collaudati per farlo) tutti e questi e molti altri punti di riferimento un tempo stabili, sembrano in piena trasformazione».

In tempi più recenti Antonio Petagine (A. Petagine, 2019), in un rapido excursus sugli ultimi 100 anni, ha così sintetizzato la propria analisi, chiedendosi perché…

“…nel 1918 ci si riconosceva nel destino della Patria o della famiglia……nel 1968 si lottava per un mondo migliore… …e nel 2018 si pensa principalmente a se stessi?”

Alla fine degli anni Ottanta, Allan Bloom scriveva che i suoi stu-denti apparivano preoccupati solo di se stessi e di quanto accadeva loro: questo non perché fossero meschini o malvagi, ma perché, più semplicemente «non era stato consegnato loro nessun altro orizzon-te in cui inquadrare la propria vita» (cfr. A. Bloom, La chiusura della mente americana).

Infine, per inquadrare il contesto in cui si colloca il rapporto fra scuola e famiglia, è imprescindibile un riferimento alle Neuroscien-ze, i cui studi stanno evidenziando che:

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• Il cervello non è statico ma plastico e si modifica in base agli stimoli esterni (epigenetica).

• I molti stimoli contemporanei e multisensoriali non attivano le aree corticali prefrontali in cui risiedono l’autoriflessione e l’empatia.

• Ma stimolano le aree sottocorticali che elaborano risposte reattive agli stimoli multipli.

2. Il rapporto scuola-famigliaIl titolo proposto per questa tematica, facendo riferimento a un

rapporto che si “costruisce”, rievoca qualcosa di “artigianale” che, a sua volta, richiama le parole di Papa Francesco il quale, in più occasioni, ha così descritto la pace, connessa di fatto alla relazione: “La pace è un dono, è un dono artigianale che dobbiamo lavorare, tutti i giorni, ma lavorarlo nelle piccole cose: nelle piccolezze quoti-diane... puntando all’orizzonte di tutta l’umanità»

Per costruire una comunicazione efficace e positiva è importan-te tenere presente le caratteristiche della comunicazione in genera-le, che presuppone differenti

• punti di vista; • ruoli;• competenze;• coinvolgimento emotivo; • aspettative.

Si tratta di aspetti che, se ben analizzati e messi in conto, per-mettono di costruire «i manufatti» comunicativi che assicurano la miglior intesa a beneficio del giovane in formazione.

Infatti, i punti chiave di partenza, utili per costruire la comunica-zione fra i due soggetti scuola-famiglia sono la visione chiara:

• del comune compiti educativo;• della persona umana;• del panorama culturale;• della libertà.

È importante considerare come proprio la famiglia e la scuola costituiscono “palestre” di comunicazione, quotidiane e comuni a

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tutti, educatori e giovani in formazione. E se i tempi attuali portano il rischio di frammentare e parcellizzare la comunicazione, rendendo istantanei lo stimolo e la risposta, solo la scuola e la famiglia posso-no ampliare lo spazio della riflessione, dell’ascolto, della relisienza e dell’assertività, mettendo al centro

• la persona unica e irripetibile;• la vocazione;• il percorso di vita;• gli orizzonti di senso.

3. Sfondo imprescindibile: la libertàScrive Benedetto XVI nella bellissima Lettera sul compito urgen-

te dell’educazione, “il rapporto educativo è però anzitutto l’incon-tro di due libertà e l’educazione ben riuscita è formazione al retto uso della libertà“. Questa duplice libertà rende ogni azione educa-tiva sempre nuova e mai uguale ad un’altra, oltreché imprevedibile. L’educazione non è mai la stessa perché un ragazzo cambia nel tempo; e perché cambia anche l’educatore. Man mano che il bam-bino cresce, diventa un adolescente e poi un giovane; dobbiamo dunque accettare il rischio della libertà, rimanendo sempre attenti ad aiutarlo a correggere idee e scelte sbagliate. Quello che invece non dobbiamo mai fare è assecondarlo negli errori, fingere di non vederli, o peggio condividerli, come se fossero le nuove frontiere del progresso umano.

Così anche Papa Francesco, nella veglia a Panama nel gennaio 2019, sollecita i giovani sul fatto che:

• il primo passo consiste nel non aver paura di ricevere la vita come viene, non avere paura di abbracciare la vita così com’è;

• sognare il futuro significa imparare a rispondere non solo per-ché vivo, ma per chi vivo, per chi vale la pena di spendere la mia vita;

• molti sentono che, a poco a poco, per gli altri hanno smesso di esistere, si sentono molte volte invisibili. Molti giovani sentono che hanno smesso di esistere per gli altri, per la famiglia, per la società, per la comunità… e allora, molte volte si sentono invisi-bili.

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In questo senso, Papa Francesco indica dei punti chiave, ovvero delle coppie di termini, che possono essere dei riferimenti utili per costruire un dialogo efficace sui giovani in crescita:

• eredità e sogni. Il ragazzo sa riconoscere il patrimonio che ha ricevuto? Questi ragazzi sanno trasformare oggi ciò che hanno ricevuto? Insegniamo loro ad accogliere questo patrimonio? A proiettarlo in avanti? Questi ragazzi hanno progetti? Hanno so-gni?

• Inquietudine e rischio: se l’eredità non passa per l’inquietudi-ne si pietrifica, diventa un museo di ricordi. L’educatore deve rischiare: se non sa rischiare, non serve per educare; il vero educatore deve essere un maestro di rischio ragionevole.

• Libertà e servizio; libertà vuol dire saper riflettere su ciò che si fa, saper valutare ciò che è bene e ciò che è male, quelli che sono i comportamenti che fanno crescere; servizio vuol dire aprirsi agli altri, specialmente ai più poveri e bisognosi, vuol dire essere campioni nel servizio agli altri.

In conclusione, in riferimento alle possibili esperienze di incom-prensioni e fratture, di cadute e delusioni, può essere interessante conoscere l’arte delle preziose cicatrici: rompendosi, la ceramica prende nuova vita attraverso le linee di frattura all’oggetto, che di-venta ancora più pregiato. Grazie alle sue cicatrici. L’arte di ab-bracciare il danno, di non vergognarsi delle ferite, è la delicata lezione simbolica suggerita dall’antica arte giapponese del kintsugi.

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Il Codice Rosso ed il contrastoal fenomeno della violenzasulle donnedi Sabrina Contucciavvocato

di Massimo Chiossiavvocato, per l’Associazione civile per i diritti della famiglia

La violenza sulle donne è un drammatico fenomeno che nel no-stro paese ha raggiunto numeri impressionanti.

Per contrastarlo nel corso degli anni sono state approvate più volte leggi specifiche che hanno introdotto nuove figure di reati ed inasprito le pene per quelli già esistenti, almeno a partire dall’intro-duzione nel nostro ordinamento del reato di stalking nel 2009.

Purtroppo, le rinnovate normative non sembra siano riuscite a porre un freno a questo spaventoso trend di femminicidi e, più in ge-nerale, di abusi sulle donne, forse a causa dei tempi che occorrono normalmente alla Giustizia per mettersi in moto.

Proprio per tentare di superare questo limite, è stato recente-mente approvata la Legge 19 luglio 2019, n. 69 (“Modifiche al co-dice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”) che ha preso il suggestivo nome di “Codice Rosso” proprio per via dell’urgenza (simile a quella che caratterizza un intervento di pron-to soccorso) con cui le autorità dovranno procedere davanti alla segnalazione di una violenza di genere.

Infatti, la legge ha previsto uno sprint per l’avvio del procedi-mento penale per alcuni reati: tra gli altri maltrattamenti in fami-glia, stalking, violenza sessuale. In pratica, ogni volta che alle forze dell’ordine verrà denunciata una violenza, un abuso o, più in gene-rale, un maltrattamento contro una donna, l’ufficiale che raccoglie la denuncia/querela dovrà immediatamente darne notizia, anche in forma orale, al pubblico ministero.

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Il pubblico ministero, nelle ipotesi ove si proceda per i delitti di violenza domestica o di genere, entro tre giorni (termine proroga-bile solo in presenza di imprescindibili esigenze di tutela di minori o della riservatezza delle indagini oppure nello stesso interesse della persona offesa) dovrà assumere informazioni dalla vittima o da chi ha denunciato il fatto.

Inoltre, la legge sul “Codice Rosso” ha introdotto nel nostro ordinamento alcuni nuovi reati che disciplinano ipotesi specifiche di violenze ed abusi di genere:

- il delitto di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti senza il consenso delle persone rappresentate (cd. re-venge porn): la condotta può essere commessa da chiunque, dopo aver realizzato o essere comunque venuto in possesso di filmati o immagini sessualmente espliciti destinati a rimanere privati li diffonde senza il consenso delle persone interessate. Il fato è aggravata se i fatti sono commessi nell’ambito di una relazione affettiva, anche cessata, da cui il nome di revenge porn, ossia vendetta pornografica con la quale l’ex ‘si vendica’ per essere stato lasciato;

- il reato di deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; ricordiamo tutti i terribili episodi di lancio di acido all’ex compagna;

- il reato di costrizione o induzione al matrimonio, ipotesi pur-troppo non così infrequente anche nel nostro paese, soprattutto nelle famiglie di origine extracomunitaria; infatti, la legge pre-vede che il reato sia aggravato quando il reato è commesso a danno di minori e che si possa procedere anche quando il fatto è commesso all’estero da o in danno di un cittadino italiano o di uno straniero residente in Italia;

- violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa fa-miliare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa.

Inoltre, la legge ha previsto un ulteriore inasprimento delle pene per alcuni reati quali ad esempio il maltrattamenti contro familiari e conviventi, lo stalking, la violenza sessuale, la violenza sessuale di

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gruppo, come pure sono state previste nuove circostanze aggravan-ti per alcuni reati ed esteso il termine per la denuncia della violenza sessuale da 6 mesi ad un anno.

Infine, da segnalare è anche il fatto che, nei casi in cui sia pre-vista la misura cautelare preventiva del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, possa disporsi il controllo dell’indagato allontanato da tali luoghi anche mediante mezzi elet-tronici o ulteriori strumenti tecnici, come l’ormai famoso braccialetto elettronico.

In sostanza, la legge sul Codice Rosso, pur ponendosi in una posizione di continuità rispetto alle normative precedenti, appun-to mediante aggravamento di pene ed introduzione di nuovi reati specifici, ha cercato di dare maggior concretezza e speditezza alle procedure di contrasto alla violenza di genere.

È ovviamente troppo presto per capire se il tentativo è andato a buon fine, ma sicuramente la nuova legge rappresenta un ulteriore passo in avanti nella tutela dei soggetti che più sono vittime dei reati di abusi e violenza ovvero le donne ed i minori.

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La legge Pinto punisce lo Statoper l’eccessiva durata del processodi Massimo Chiossiavvocato, per l’Associazione civile per i diritti della famiglia

La durata dei processi italiani è da sempre uno dei maggiori problemi che affligge la Giustizia italiana.

Non c’è dubbio che il processo (civile, penale, amministrativo che sia) non costituisce una fonte di gioia o di piacere per chi sia costretto a proporlo o a subirlo, poiché in tribunale l’interessato si accosta generalmente come ultima ratio, dopo aver sperimentato l’impossibilità di esercitare altrimenti e bonariamente il proprio di-ritto.

Infatti, come ha ricordato anche la Suprema Corte di Cassazio-ne, la giustizia avvertita come più vera e più giusta dal cittadino è quella rapida, tale da mettere il prima possibile un punto fermo su una questione in astratto suscettibile di più interpretazioni e quindi portatrice di inquietudine e di incertezza.

Sino all’approvazione della legge 24 marzo 2001, n. 89, nota come legge Pinto dal nome del suo estensore (il parlamentare e già Ministro Michele Pinto), coloro che avevano visto il proprio proces-so durare un tempo irragionevole potevano agire solo innanzi la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (c.d. CEDU), organo giurisdi-zione della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo che all’art. 6, paragrafo 1 dispone che “ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un Tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge, il quale deciderà sia delle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile, sia della fondatezza di ogni accusa pena-le che le venga rivolta”.

Anche se la maggioranza delle persone tendeva a lasciar per-dere, nonostante l’ingiustizia di una sentenza arrivata a troppi anni di distanza, va detto che l’Italia è stata molte volte condannata dalla CEDU nei confronti di propri cittadini proprio per violazione dell’articola 6 citato, almeno a partire dal 1987.

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Per venire incontro alle legittime aspettative dei cittadini, ma sicuramente anche per evitare nuove condanne in sede sovranazio-nale, l’Italia nel 2001 ha finalmente approvato la già citata legge 89/2001, la cosiddetta Legge Pinto.

La legge ha previsto che le Corti d’Appello italiane siano com-petenti a valutare la violazione dell’art. 6 primo paragrafo della suindicata Convenzione, ovvero a giudicare se un processo è durato quanto effettivamente era ragionevole che potesse durasse in base alla complessità delle questioni controverse, al valore delle ‘poste in gioco’, al numero delle parti coinvolte.

Mediante una procedura piuttosto snella (almeno rispetto ad un procedimento ordinario) è stato quindi possibile per i cittadini agire contro il Ministero della Giustizia per vedersi riconosciuto un inden-nizzo a causa della durata ingiustificata di un proprio processo, in quanto è stato riconosciuto che l’irragionevole durata del processo provoca essa stessa alle parti sofferenze di carattere psicologico sufficienti a giustificare quantomeno la liquidazione di un danno non patrimoniale.

Nel corso degli anni la legge è stata rivista molte volte, e non sempre nel senso più favorevole per i danneggiati dalla lentezza della Giustizia.

In particolare, con più aggiornamenti, sono stati stabiliti: i tempi per richiedere l’indennizzo, i limiti massimi e minimi di risarcimento per ciascun anno di ritardo e, tra le altre cose, sono stati introdotti alcuni requisiti processuali che in origine non erano previsti; nella sostanza, così facendo, gli importi riconosciuti ai danneggiati sono diminuiti rispetto ad alcuni anni fa. A fronte di questa riduzione vi è però da dire che i costi della procedura sono rimasti limitati ed i tempi di pagamento degli indennizzi da parte del Ministero condan-nato si sono notevolmente velocizzati.

In conclusione, va sottolineato che, a distanza di diciotto anni dall’entrata in vigore, la Legge Pinto è sicuramente ben conosciuta dagli ‘addetti ai lavori’, ma non ancora a fondo nel nostro tessuto ed in particolare da tutti i potenziali fruitori della stessa, i quali trop-po spesso non procedono con la richiesta di indennizzo o perché temono costi elevati della procedura (e così attualmente non è) o perché proprio ignorano tuttora l’esistenza di questa possibilità.

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Il ciclo di vita della famiglianel tempo dell’individualismodi Elena Gentiledottoressa, psicologa

Per comprendere quello che avviene ad un individuo non si può prescindere dalla sua storia e da quella della famiglia in cui è nato, cresciuto e vissuto.

Le famiglie sono unità dinamiche soggette a cambiamenti con-tinui, che possono manifestarsi a diversi livelli strettamente interdi-pendenti (Fruggeri 1997): individuale (relativi allo sviluppo emotivo, cognitivo e fisico dei suoi diversi componenti), interpersonale (es. le relazioni tra genitori e figli che si modificano man mano che i figli crescono), gruppale (es. l’ingresso di un nuovo membro nella famiglia), sociale (nel contesto sociale e culturale di cui fa parte la famiglia).

Nel corso degli anni la famiglia compie un processo evolutivo di continua ristrutturazione della trama dei rapporti tra i membri. Oltre alla capacità di adattarsi ai continui movimenti trasformativi, la fami-glia deve poter conservare una propria stabilità. Da una parte deve trasformarsi in relazione ai diversi bisogni evolutivi dei singoli com-ponenti, dall’altra deve riuscire a conservare il senso della propria identità e continuità nel tempo. Il modello dello sviluppo familiare proposto da Carter e McGoldrick presuppone che la famiglia attra-versi nel corso del suo ciclo di vita una successione di fasi distinte tra loro che scandiscono il suo percorso.

Le principali fasi del ciclo di vita sono: la formazione della cop-pia, la nascita del primo figlio e la costruzione della genitorialità, la scolarizzazione del figlio, l’adolescenza e l’età di mezzo dei ge-nitori, l’uscita di casa del figlio, il pensionamento e la crisi del nido vuoto e infine l’età anziana.

Ogni fase è caratterizzata da specifici compiti di sviluppo, che comportano una ristrutturazione dei rapporti a livello di coppia, delle relazioni genitori-figli e di quelle con la famiglia d’origine e la

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cui soluzione consente il passaggio allo stadio successivo. Secondo Haley tale passaggio non è affatto naturale, ma im-

plica tutta una serie di compiti che non sempre la famiglia riesce ad affrontare. Le diverse fasi sono scandite da eventi critici che per es-sere affrontati e superati richiedono adattamento e capacità di pro-blem solving. Se la famiglia non è in grado di modificare nelle fasi di transizione da uno stadio all’altro il suo stile relazionale e la sua organizzazione strutturale, lo stress familiare diventa più intenso, non riuscirà a superare la crisi e il processo evolutivo si bloccherà, per cui vivrà una situazione di grande sofferenza e disagio, che può manifestarsi nel comportamento sintomatico di uno o più dei suoi membri. Infatti i sintomi patologici possono comparire più facilmente in caso di interruzione o deviazioni nel processo evolutivo e segna-lano che la famiglia si è bloccata o sta procedendo con difficoltà nella transizione verso la fase successiva. Le eventuali difficoltà nelle transizioni da una fase all’altra del ciclo di vita diventano il punto centrale attorno al quale si focalizza l’interesse in ambito psicote-rapeutico in quanto gli interventi clinici saranno utili a stimolare la ripresa normale dello sviluppo. Secondo Rita Roberto, pedagogista e consulente familiare, e proprio «In questi passaggi a cui bisogna prestare attenzione perché sono quelli che possono far nascere del-le conflittualità che se non gestite bene possono sconfinare in altri eventi. Non esiste una coppia o una famiglia esente da crisi o conflit-ti. Quello che cambia è il modo in cui si affrontano i conflitti, la cop-pia vive quel passaggio in una maniera unica ed irripetibile. Ci sono diversi tipi di famiglia es. invischiata, differenti confini, differenti miti familiari, vari tipi di conflitti, anche trigenerazionali tra nonni genito-ri e figli, in alcune famiglie è vietato esprimere il conflitto, mentre in-vece fa parte delle relazioni. Bisogna quindi imparare a riconoscere i segnali di una relazione dannosa. È fondamentale, riconoscere il conflitto gestibile e distinguerlo dalla violenza e pericolosità. Dob-biamo riuscire ad avere la percezione di questo conflitto per capire se in casa succede qualcosa di grave e irreparabile».

L’evoluzione della famiglia è quindi legata alle modalità con cui affronta lo squilibrio prodotto da ciascun evento critico. Gli eventi critici possono essere prevedibili o normativi (matrimonio, nascita dei figli) e paranormativi non del tutto prevedibili (morte, crisi eco-

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nomica). In caso di separazione, di divorzio o di famiglie ricostituite non si sa ancora se farli rientrare negli eventi normativi o paranor-mativi. La separazione introduce elementi di rottura nell’evoluzione della famiglia perché gli ex partner non sono più coniugi e viene meno il sottosistema coniugale ma nello stesso tempo se dall’unione sono nati dei figli c’è anche un aspetto di continuità perché continue-ranno a essere per sempre genitori. È molto importante riuscire a di-stinguere questi due ruoli perché il principale compito sarà quello di riorganizzare le relazioni familiari a livello coniugale e genitoriale. La coppia deve elaborare il divorzio psichico e quindi il fallimento del legame, per poter gestire così il conflitto in maniera cooperati-va. Il perdurare del conflitto per molto tempo dopo la separazione costituisce la principale fonte di stress anche per i figli, in quanto continuano a essere coinvolti in dinamiche relazionali disfunzionali. A livello genitoriale è necessario che gli ex coniugi continuino a svolgere i ruoli di padre e madre e a riconoscersi come tali, nel rispetto reciproco. Ciascun genitore deve favorire l’accesso all’altro e alla sua famiglia d’origine, per non negare ai figli il senso di con-tinuità della propria storia. Il processo di separazione si configura diversamente in relazione alla fase del ciclo di vita in cui avviene. La separazione coniugale può verificarsi con maggiore probabilità nella fase della formazione della coppia; nella fase della nascita nel primo figlio; nella fase dell’adolescenza dei figli. Il minore nella famiglia separata da un lato è il simbolo dell’unione indissolubile tra le due famiglie, dall’altro l’elemento scatenante del conflitto. Ciascu-na famiglia ne reclama l’appartenenza al clan. Nel corso del suo sviluppo il figlio non potrà integrare in un’unica rappresentazione le sue radici, la sua storia, a discapito della costruzione del suo senso di identità e della percezione della sua continuità. Se il figlio è ado-lescente allora i suoi compiti di sviluppo sono l’individuazione e la separazione della sua famiglia di origine, mentre i genitori devono ridefinire la propria relazione di coppia ed elaborare la crisi dell’e-tà di mezzo. Si parla di doppia separazione. I figli hanno bisogno di guida, di sostegno, di supporto nella sperimentazione dell’ambiente esterno e se i genitori sono meno sensibili perché concentrati sulla crisi coniugale, i figli possono manifestare problematiche a livello comportamentale e presentare manifestazioni di disagio psichico,

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atti devianti o comportamenti sintomatici. I genitori dovrebbero es-sere disponibili a fornire spiegazioni ai figli su quello che sta acca-dendo, su cosa devono aspettarsi e in particolare rassicurarli sulla continuità dei loro rapporti affettivi e relazionali. Oggi non si parla più di famiglia ma di famiglie. Le famiglie allargate non sono più legate da un discorso esclusivamente generazionale ma è diven-tato un concetto molto più complesso e questa complessità noi la riconosciamo nelle dinamiche che si instaurano nella coppia e non solo, perché nelle famiglia allargate di coppie se ne formano e se ne creano diverse. La stessa cosa vale per le dinamiche familiari che includono persone che hanno fra loro rapporti differenziati ri-spetto a quelli classici. Poi ci sono i nuovi nuclei familiari, quelli che si costruiscono sulla scorta di precedenti separazioni, di nuove rela-zioni che possono coinvolgere la coppia genitoriale ma anche altre nell’ambito dello stesso nucleo. Inoltre oggi ci sono più tipologie di amanti e di relazioni. La monogamia è vista come un concetto ob-soleto, si parla spesso di poligamia. Questo incide anche sugli altri membri della famiglia, sui figli. Nel corso del seminario mi è rimasto dentro un concetto importante che ha esposto il medico psicotera-peuta Rosanna Intini: «È molto importante la comunicazione della verità. Non bisogna dare per scontato che ci sia apertura mentale nell’accettare tutto senza parlarne apertamente, di ogni cosa. A volte le coppie parlano di altre possibili relazioni davanti ai figli in termini di gioco senza pensare alle implicazioni sui figli. Non c’è più una separazione tra intimo, pubblico e privato, condivisibile. Anche la fedeltà non è scontata ma una scelta condivisa per tutte le coppie, va riconfermata quotidianamente. Ci sono tanti falsi miti di come debba essere una coppia o una famiglia. Noi siamo responsabili delle nostre scelte e vanno condivise senza pretendere che siano sempre accettate in automatico in modo scontato. Bisogna valutare il significato della scelta per chi la fa. Per uno può essere agevole parlare di un argomento e magari chi ascolta coglie l’area di critici-tà e allora si prova a sdrammatizzare. C’è troppa inconsapevolezza di quanto e come ricade sui figli il peso delle nostre scelte»

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Si può imparare a litigare bene?di Anna Lombardipsicologa

Gestire in modo non violento i conflitti che possono insorgere nella vita quotidiana è possibile.

Per riuscire a comprendersi è assolutamente necessario percor-rere la strada del confronto, strada in cui la combattività messa in atto non sarà violenta ma lascerà spazio ad un processo valutativo e creativo del conflitto.

Pat Patfoort nel suo Modello Non Violento, si basa su tre con-cetti fondamentali: in situazioni di conflitto spesso ci si dimentica del-la diversità tra esseri umani, tanto da farci dimenticare che ciascuno ha bisogni diversi. Il secondo concetto è l’istinto di conservazione, che porta ciascuno di noi a preservare la propria identità nei mo-menti di conflitto. Il terzo è la comunicazione: se si desidera comuni-care con l’altro ed ascoltarlo è necessario non interromperlo e non farsi prendere dalla frenesia di dare risposte immediate. Infine, il silenzio non va gestito ma sostenuto.

Pat Patfoort afferma che le relazioni si basano sul Modello Maggiore-minore secondo cui ciascuno cerca di presentare le pro-prie opinioni e caratteristiche come migliori rispetto a quelle altrui. Ognuno cercherà di avere ragione, di vincere, di prevaricare sull’al-tro cercando di porsi nella posizione Maggiore e relegare l’altro alla posizione minore.

Non dimentichiamoci che i conflitti si possono risolvere, possia-mo farlo cercando di comprendere le ragioni per cui le parti han-no assunto quella determinata posizione, si tratta di comprendere motivazioni, bisogni, valori, sentimenti, interessi e obiettivi. Si può farlo ponendosi una semplice domanda: Perché? Perché io ho que-sto punto di vista? Perché l’altro ha quel punto di vista? Le risposte a queste domande, consentiranno di comprendere in profondità le radici del conflitto.

Ma ci sono anche altri piccoli accorgimenti per imparare a li-tigare bene: ad esempio, imparando a tramutare le valutazioni in

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osservazioni neutre: non diremo “sei pigro” ma “questa settimana ti sei sempre svegliato dopo mezzogiorno”.

Si consiglia inoltre, di evitare un clima difensivo caratterizzato dal giudizio, dal controllo e da eccessiva sicurezza, favorendone uno supportivo che lasci spazio all’empatia, all’equità, alla sospen-sione del giudizio, alla spontaneità e a una descrizione che offra l’opportunità di presentare idee e opinioni.

Alcuni consigli per gestire un buon conflitto?

1. Non confondere conflitto con violenza.2. Usare il conflitto come antidoto alla violenza.3. Non cercare il colpevole (porta solo a rancore e vergogna).4. Impara a so-stare nel conflitto.5. Comunicare e ascoltare.6. Usare la domanda maieutica.

Sesso volentieri… ma anche no!Trattando con una coppia inoltre, è fondamentale comprendere

l’area di conflittualità che questi portano ma anche qual è l’obiettivo che essi propongono definendo se è condiviso oppure no.

Può capitare, infatti, che problemi emersi nell’ambito della ses-sualità rivelino in realtà problemi relazionali della coppia che po-trebbero persino sfociare in atti di violenza.

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Relazione finanziariaal 30 novembre 2019di Dott. Mario Giacomellisegretario amministrativo

Il bilancio finanziario del Centro Famiglia S. Anna, ad un mese dalla fine dell’anno, seppur non definitivo, risulta molto indicativo di quanto finora fatto.

In base al preventivo, nel corso del 2019 dovranno essere af-frontate uscite per un totale di € 43.750,00. Cifra sicuramente im-pegnativa per un’organizzazione come la nostra che offre gratuita-mente i propri servizi, sia pure grazie al prezioso e disinteressato apporto di un gruppo affiatato di volontari.

Attraverso la tabella seguente si evidenzia l’aspetto contabile dell’attività del Centro con una sintesi delle previsioni di entrate e di spesa per il 2019, degli importi a consuntivo, delle disponibilità finanziarie all’inizio ed alla fine del periodo. Segue poi un breve commento alle cifre.Capitoli di uscita/entrata Previsione Consuntivo Situazione anno 2019 al 30/11/2019 Finanziaria

Saldo di cassa al 01/01/2019 27.039,23

SpeseSpese per personale dipendente, professionisti, assicurazioni 3.350,00 2.806,15 Spese amministrative 3.300,00 3.192,25 Spese di conduzione locali 6.600,00 5.726,98 Spese per attività dirette di progetto 209 6.500,00 3.755,82 Spese di manutenzione ordinaria/straordinaria immobili 24.000,00 15.927,91Totale Uscite 43.750,00 31.409,11

Entrate Offerte privati, 5 p.m. 2.950,00 2.191,59 Contributi Enti, Fondi CEI 40.000,00 17.650,50 Totale entrate di cassa 42.950,00 19.842,09

Saldo di cassa al 30/11/2019 15.472,21

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1) Uscite:Per quanto riguarda le uscite, le prime tre voci rappresentano la

parte incomprimibile delle spese annuali, come dimostra il fatto che, a fronte di una previsione di complessivi € 13.250, nei primi undici mesi siano già stati spesi € 11,725,38 in linea con la media mensile.

Nel suddetto importo rientrano anche le spese di restyling del sito Web del Centro che, nelle intenzioni degli organi sociali, è de-stinato a diventare sempre più uno strumento di visibilità, informa-zione ed interazione con la comunità pistoiese, sia per i potenziali beneficiari dell’attività del Centro sia per i suoi sostenitori.

Anche le spese già sostenute per attività dirette di progetto non sono molto lontane dalla previsione se si considera che nel prossimo mese di dicembre è programmata la pubblicazione del “Dossier” 2019, sia pur tenendo conto di un forte impegno diretto a contener-ne i costi rispetto al passato anche col ricorso a forme più moderne ed economiche di editing, come l’utilizzo di internet e social.

Nel 2019 sono stati avviati cantieri per un’importante manuten-zione ordinaria e straordinaria della porzione di edificio affidata in comodato al Centro dalla Diocesi di Pistoia. Ciò sia per l’elimina-zione di numerose infiltrazioni d’acqua sia per l’adeguamento, la messa a norma e l’eliminazione di alcune barriere architettoniche, oltre ad una razionalizzazione nella dislocazione dei vari servizi all’interno dei locali per un loro più razionale utilizzo. La differenza di spesa evidenziata in tabella dovrebbe essere interamente colma-ta da costo dei lavori tuttora in corso.

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2) Entrate:Mentre le offerte da privati risultano sostanzialmente in linea

con le previsioni, per le entrate di cassa concernenti i contributi di Enti e fondi CEI sono opportune alcune considerazioni.

I contributi CEI risultano al momento approvati ma non ancora erogati.

I contributi da Enti si riferisconto a quanto stanziato a favore del Centro dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia che finanzierà fino ad un massimo del 50% delle spese previste per il progetto dell’anno 2019, cioè per un totale di € 21.875. Al mo-mento la Fondazione ha erogato il saldo del contributo 2018, cioè € 6.713, e la metà della cifra stanziata per il 2019, cioè € 10.937,50.

Il ritardo temporale fra sostenimento delle spese e recupero delle risorse attraverso le fonti di contributo principali rappresenta un fattore di forte condizionamento nella realizzazione dei progetti programmati che, in parte, potrebbe essere attenuato da una cre-scita delle offerte da privati tale da coprire almeno il 60-70% (circa otto/novemila euro) delle spese incomprimibili di funzionamento in-dicate al punto precedente. In questo senso è diretta l’azione degli organi sociali per il prossimo anno.

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Indicerelazione anno 2019 a cura degli operatori del Centro...................................................... 3

Atti del ConvegnoÈ sempre colpa della famiglia?

PerChé la FaMiGlia. Per una nuova CoMuniCazione della sCelta FaMilliare

Francesco Zini....................................................................................... 15I genItorI e l’attIvItà sportIva del fIglIo

Sergio Teglia ........................................................................................ 23“di Chi è la ColPa”

Alessandro Geloso......................................................................... 25«FaMiGlia e sCuola: Costruire una Collaborazione»

Anna Maria Corretti.............................................................................. 27

il CodiCe rosso ed il Contrasto al FenoMeno della violenza sulle donne

Sabrina Contrucci e Massimo Chiossi...................................... 31la legge pInto punIsce lo stato per l’eccessIva durata del processo

Massimo Chiossi.................................................................................... 35

Il cIclo dI vIta della famIglIa nel tempo dell’IndIvIdualIsmo

Elena Gentile........................................................................................... 37si Può iMParare a litiGare bene?

Anna Lombardi....................................................................................... 41

relazione Finanziaria al 30 noveMbre 2019 Mario Giacomelli .......................................................................... 43

servizi del Centro................................................................................................ 46