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Educare.it - SCUOLA DOI: 10.4440/201603/franco © Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 16, n. 3 Marzo 2016 24 Il “Learning Object” come strategia per una nuova di- dattica delle Scienze della Terra Roberto Franco laureato in Scienze Geologiche, esperto in Sistemazione bacini montani e difesa del suolo. Socio della Società Italiana di Geologia Ambientale. Docente di Scuola Superiore di Secondo grado, ha pubblicato diversi contributi scientifici su riviste nazionali ed internazionali, oltre al libro: Alburchia, la montagna incantata. Un contributo della Geoarcheologia alla cono- scenza, tutela e valorizzazione di un sito della Sicilia centro-settentrionale. L’articolo fornisce una approfondita dissertazione sugli oggetti di appren- dimento (LO) che le moderne tecnologie rendono disponibili per una didat- tica sempre più centrata sull’allievo. I LO vengono analizzati sul piano con- tettuale, pedagogico e didattico. In conclusione, l’autore presenta un’esperienza didattica condotta in prima persona con l’impiego di LO. Introduzione Negli ultimi decenni la scuola e, conse- guentemente, la vita scolastica sono cambia- te radicalmente. Basti solamente pensare ai processi di globalizzazione e ai crescenti flussi migratori che determinano una popo- lazione scolastica eterogenea, portatrice di culture e valori plurimi. Questa diversità può essere declinata, anche, secondo altri parametri come l’età, il sesso, la provenien- za socio-culturale, la personalità, le attitudi- ni, le “intelligenze”, gli stili di apprendi- mento, le motivazioni, le convinzioni, gli at- teggiamenti. Da questo spaccato parte l’esperienza quotidiana di ogni insegnante: percepire la sensazione delle difficoltà di gestire l’eterogeneità, ossia la presenza di differen- ze individuali all’interno del gruppo classe. “Io sono uno, e loro sono trenta”, è un’affermazione ricorrente durante dibattiti, lavori di gruppo, seminari di aggiornamento tra insegnanti. Dietro questa constatazione, banale quanto significativa, si percepiscono spesso la preoccupazione, il disagio, l’insoddisfazione derivanti da uno dei di- lemmi forse più acuti che un insegnante può vivere, pari forse soltanto a quello, altrettan-

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Educare.it - SCUOLA

DOI: 10.4440/201603/franco

© Educare.it (rivista on line - ISSN: 2039-943X) - Vol. 16, n. 3 – Marzo 2016 24

Il “Learning Object” come strategia per una nuova di-dattica delle Scienze della Terra

Roberto Franco

laureato in Scienze Geologiche, esperto in Sistemazione bacini montani e difesa del suolo. Socio della Società Italiana di Geologia Ambientale. Docente di Scuola Superiore di Secondo grado, ha pubblicato diversi contributi scientifici su riviste nazionali ed internazionali, oltre al libro: Alburchia, la montagna incantata. Un contributo della Geoarcheologia alla cono-scenza, tutela e valorizzazione di un sito della Sicilia centro-settentrionale.

L’articolo fornisce una approfondita dissertazione sugli oggetti di appren-

dimento (LO) che le moderne tecnologie rendono disponibili per una didat-

tica sempre più centrata sull’allievo. I LO vengono analizzati sul piano con-

tettuale, pedagogico e didattico. In conclusione, l’autore presenta

un’esperienza didattica condotta in prima persona con l’impiego di LO.

Introduzione

Negli ultimi decenni la scuola e, conse-

guentemente, la vita scolastica sono cambia-

te radicalmente. Basti solamente pensare ai

processi di globalizzazione e ai crescenti

flussi migratori che determinano una popo-

lazione scolastica eterogenea, portatrice di

culture e valori plurimi. Questa diversità

può essere declinata, anche, secondo altri

parametri come l’età, il sesso, la provenien-

za socio-culturale, la personalità, le attitudi-

ni, le “intelligenze”, gli stili di apprendi-

mento, le motivazioni, le convinzioni, gli at-

teggiamenti.

Da questo spaccato parte l’esperienza

quotidiana di ogni insegnante: percepire la

sensazione delle difficoltà di gestire

l’eterogeneità, ossia la presenza di differen-

ze individuali all’interno del gruppo classe.

“Io sono uno, e loro sono trenta”, è

un’affermazione ricorrente durante dibattiti,

lavori di gruppo, seminari di aggiornamento

tra insegnanti. Dietro questa constatazione,

banale quanto significativa, si percepiscono

spesso la preoccupazione, il disagio,

l’insoddisfazione derivanti da uno dei di-

lemmi forse più acuti che un insegnante può

vivere, pari forse soltanto a quello, altrettan-

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to “sofferto”, relativo alla educazio-

ne/formazione degli alunni.

Il dilemma si riassume nel desiderio, da

parte dei docenti, di “personalizzare” quan-

to più l’insegnamento, anche dinanzi alle e-

sigue risorse personali e istituzionali dispo-

nibili.

Le metodologie didattiche più innovative

sottolineano la centralità

dell’apprendimento personale e dell’aiuto

reciproco per valorizzare le competenze di

ciascuno, grazie anche alle innovazioni tec-

nologiche che hanno consentito lo sviluppo

di strumenti e strategie del tutto inedite e,

con esse, la predisposizione di nuovi am-

bienti di apprendimento, plurali e flessibili.

La scuola è chiamata a interpretare tutto

ciò, a diventare laboratorio di formazione,

contesto in cui più che trasmettere cono-

scenze si crei supporto verso la formazione

di una cittadinanza attiva. Al centro di essa

non c’è più l’insegnamento ma

l’apprendimento, non più le conoscenze, il

sapere, ma il “saper fare” che renda capaci

di comprendere i costanti cambiamenti e di

muoversi agevolmente in essi.

Il lavoro del docente è perciò cambiato:

da esperto che elargisce conoscenze è diven-

tato guida, facilitatore, supporto per un ap-

prendimento autonomo, nella costruzione

attiva della conoscenza da parte degli allie-

vi. In che modo? Costruendo attorno a chi

apprende delle “impalcature” (scaffolding),

dei supporti a cui il discente potrà attingere

secondo le sue necessità.

Non solo: l’attenzione si è sempre più

concentrata sulla diversità umana, sui biso-

gni formativi di ciascuno, sui personali stili

di apprendimento e di pensiero. La scuola

deve perciò divenire flessibile, comprende-

re, valorizzare e adeguarsi alle differenze.

Solo rispondendo adeguatamente ai diversi

bisogni essa può diventare davvero inclusi-

va e le tante buone intenzioni possono con-

cretamente divenire buone prassi, in termini

di “individualizzazione” e “personalizza-

zione”.

L’obiettivo principale è quello di creare

una scuola per tutti e per ciascuno. Al centro

dell’azione didattica non c’è più il lavoro del

docente ma quello degli allievi.

Ben vengano dunque le attività diversifi-

cate, i laboratori didattici, gli ambienti di

apprendimento costruiti con il supporto del-

le tecnologie informatiche, i prodotti didat-

tici audiovisivi, multimediali, interattivi, ric-

chi di possibilità di accesso.

L’e-learning è - con le parole della Com-

missione Europea - “l’istruzione di doma-

ni”. È il nuovo modo di studiare reso possi-

bile dalle tecnologie dell’informazione e del-

la comunicazione.

I learning objects (LO) sono attualmente al

centro dell’attenzione nel mondo dell’e-

learning proprio perché sembrano dare una

risposta a esigenze molto sentite nella for-

mazione aziendale, nell’aggiornamento pro-

fessionale e, soprattutto, nella didattica tra-

dizionale.

Il concetto di LO

Si parla comunemente di LO per indicare

un tipo di contenuto formativo utilizzabile a

supporto dell’apprendimento (Khan, 2004).

A dire il vero i LO sembrano essere una

delle realtà più soggette a definizione

nell’ambiente dell’e-learning. Le definizioni

di LO sono tante quanti sono coloro che ne

parlano. Solo per citare le due più conosciu-

te, l’Institute of Electrical and Electronics Engi-

neers (IEEE) definisce i LO come «qualsiasi

entità digitale o non digitale, che può essere

usata, riusata e alla quale fare riferimento

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durante l’apprendimento supportato dalla

tecnologia» (IEEE, 2002).

David Wiley, uno dei più famosi teorici

dei LO, li definisce come «ogni risorsa digi-

tale che può essere riutilizzata per supporta-

re l’apprendimento» (Wiley, 2000).

Definizioni a parte, il concetto che è alla

base degli oggetti di apprendimento trova la

sua origine nella programmazione informa-

tica object oriented, in cui vengono creati

componenti (gli object, appunto) indipen-

denti e assemblabili di volta in volta in con-

testi diversi e per raggiungere diversi obiet-

tivi (Bianchi, 2003).

Da questa prospettiva è possibile vedere

un LO in un qualsiasi materiale informativo:

video, esercizio di matematica o ipertesto

che sia.

E’ importante che un LO venga visto co-

me un’unità di conoscenza autoconsistente,

con un obiettivo didattico ben definito, di

dimensioni ridotte, usabile e riusabile in di-

versi contesti di apprendimento, sia didattici

che tecnologici, facilmente reperibile tramite

apposite descrizioni o metadati (Alvino &

Sarti, 2005). Questi ultimi vengono conside-

rati “dati sui dati”, ovvero descrizioni di

contenuto (Fini & Vanni, 2004). L’esempio

classico che si fa per spiegare la loro funzio-

ne è quello dei cataloghi delle biblioteche,

che, relativamente ai libri, contengono in-

formazioni su autore, anno di pubblicazione

soggetto e altro. Attraverso queste informa-

zioni è possibile reperire esattamente un do-

cumento che si cerca (Petrucco, 2002).

Una delle caratteristiche dei LO è la riusa-

bilità: in situazioni diverse si dovrebbe, al-

meno teoricamente, poter usare lo stesso

oggetto di apprendimento, per questo è im-

portante che esso sia reperibile con facilità.

Correlata alla riusabilità è la modularità

dell’oggetto, o autosussistenza, cioè la capa-

cità del LO di rappresentare un’unità auto-

noma e indipendente dal contesto d’uso. Più

unità autonome possono essere aggregate

insieme a formare un’unità di apprendimen-

to.

L’autonomia del LO dipende a sua volta

dalla sua granularità. Questa è rappresentata

dalla grandezza minima dell’oggetto e dal

numero di componenti l’un l’altro indipen-

denti da cui è formato, ed è legata

all’ambiente in cui l’oggetto nasce: più am-

pie sono le dimensioni del LO minore sarà la

sua granularità e quindi, sostanzialmente, la

riusabilità in contesti diversi da quello per

cui è stato pensato.

LO e cornice pedagogica

I LO sono attualmente al centro di un

ampio dibattito, che interessa tutti gli aspetti

intrinseci alla natura stessa degli oggetti, al-

la loro effettiva reperibilità e riutilizzabilità

nei vari ambienti di apprendimento.

Dopo un primo momento in cui la defini-

zione stessa di LO sembrava poter essere at-

tribuita a qualsiasi risorsa di tipo digitale,

purché corredata di metadati e in linea con

le specifiche e gli standard internazionali, si

sono aperte questioni, che si possono defini-

re emergenze, che mettono in discussione la

concettualizzazione, le teorie paradigmati-

che e i criteri di qualità di un LO.

Un nodo che ancora è in via di risoluzio-

ne, è la valenza educativa e formativa dei

LO in relazione ai contesti, agli obiettivi, ai

destinatari, alle strategie didattiche. Una

tecnologia didattica incorpora sempre una

filosofia educativa, e i LO non fanno certa-

mente eccezione. D’altra parte, chi si occupa

di tecnologie dell’educazione mette sempre

al centro della sua visione un’attenta valuta-

zione delle tipologie dell’apprendimento e

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delle dinamiche cognitive potenzialmente

attivabili, e sa che informazione non vuol di-

re conoscenza, che ambiente comunicativo

non vuol dire apprendimento (Calvani,

2004).

Una riflessione attenta è indispensabile,

in particolare, all’interno dello scenario sco-

lastico, dove si stanno introducendo i LO, ed

è prevedibile che in un prossimo futuro si

farà un uso sempre più massiccio di questo

nuovo strumento didattico.

Ci si trova quindi a dover riflettere su

quale sia la strada praticabile di

un’educazione con i media, ricercando le re-

ali opportunità che questi offrono per favo-

rire l’apprendimento e potenziare le espe-

rienze cognitive, attraverso una visione cri-

tica che ne valuti la non intrusività e il con-

trappeso formativo (Alvino et alii, 2007).

Le domande da porsi sono pertanto le più

svariate. Innanzitutto, quali caratteristiche

deve possedere un oggetto di apprendimen-

to multimediale, affinché da semplice sup-

porto possa evolvere in un vero strumento,

capace non solo di veicolare informazioni,

ma anche e soprattutto di favorire

l’acquisizione di conoscenza significativa e

lo sviluppo di competenze? Quali sono le

reali possibilità di utilizzo in riferimento alle

aspettative di un insegnante, che intenda fa-

cilitare e favorire l’apprendimento attraver-

so questo strumento multimediale? Quali

sono le condizioni che rendono effettiva-

mente utilizzabile un LO all’interno di un

percorso formativo? Si può pensare a un LO

come a un oggetto pedagogicamente “neu-

tro” (quindi utilizzabile e riutilizzabile, tout

court, in qualsiasi contesto) oppure è neces-

sario conoscere e valutare il modello didatti-

co che sottende e in base a questo operare le

proprie scelte progettuali? A quali nuove

frontiere potrà aprirsi la filosofia e la tecnica

degli LO?

Partendo dall’assunto che il valore di un

percorso formativo non risiede solo nel con-

tenuto, ma anche e soprattutto nella cornice

pedagogica, nelle metodologie e strategie

adottate per ottenere una comprensione pro-

fonda e raggiungere un apprendimento si-

gnificativo, è necessario porre attenzione al-

la struttura didattica che comunque un LO

prevede. Questo, infatti, non si configura

come un semplice assemblaggio di informa-

zioni, ma porta con sé una progetto educati-

vo, finalizzato al raggiungimento di un pre-

ciso obiettivo di apprendimento (Bevilac-

qua, 2011).

Da qui la necessità di una valutazione cri-

tica dell’oggetto, tesa a valutarne le reali

possibilità di impiego in un contesto diverso

da quello per cui è stato creato, evitando

forzature che comporterebbero impieghi

impropri sul piano educativo.

Di fondamentale importanza è quindi la

scelta delle linee progettuali che guidano la

costruzione di un LO, che dovrebbero rifug-

gire da una concezione ingegneristica della

conoscenza, per orientarsi invece verso pa-

radigmi di stampo costruttivista, che pon-

gono al centro di un processo formativo il

soggetto che apprende e lo rendono prota-

gonista attivo del suo percorso di appren-

dimento (Alvino & Sarti, 2004).

Il valore aggiunto di un LO risiede infatti

nella funzione di supportare, facilitare, favo-

rire la comprensione profonda,

l’apprendimento significativo e lo sviluppo

di abilità e competenze. L’attenzione deve

quindi rivolgersi alla cornice pedagogica di

riferimento, entro cui l’oggetto didattico as-

sume significato e si configura come stru-

mento, come mezzo per il raggiungimento

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di un chiaro e ben definito obiettivo di for-

mazione.

Ancora una volta, il docente, sebbene i

suoi ruoli si siano diversificati, rimane

l’insostituibile regista del processo formati-

vo.

Progettare un LO: dieci punti per ini-ziare

Se si volesse riassumere in un decalogo la

progettazione didattica di un LO, la si po-

trebbe chiamare “lo standard del buon sen-

so” (Penge, 2006). In breve:

1. Ogni LO può essere almeno immaginato

come un elemento autonomo di una

struttura più grande. Anche se nel pro-

getto didattico il LO è un unicum, è pos-

sibile, per esempio, che in seguito venga

inserito in un repository pubblico, o per lo

meno che venga pubblicato sul web e

che sia soggetto a essere reperito attra-

verso i normali motori di ricerca.

2. Oltre al titolo, il LO dovrebbe avere una

serie di parole chiave che ne descrivano

il contenuto e che ne permettano even-

tualmente l’inquadramento in contesti

diversi da quelli in cui è nato.

3. Allo stesso modo è opportuno annotare

sempre la data di rilascio del LO.

4. Scegliere un formato dei dati il più pos-

sibile pubblico, diffuso e aperto. Inoltre

un formato aperto ne aumenta le speran-

ze di “vita”, cioè di non obsolescenza.

5. Curare l’interfaccia del LO in modo da

tenere in considerazione gli aspetti di e-

cologia digitale.

6. Il rispetto degli standards (interfacce,

formato dei dati, ecc.) non è soltanto a-

deguamento a una norma. C’è un aspetto

per il quale “standard” non è legato ad

automazione, ma al rispetto degli altri,

dei loro stili cognitivi e delle loro abilità.

Molti software oggi consentono a un non

vedente di ascoltare documenti testuali,

purché realizzati secondo alcune regole

di base. E oltre alle disabilità sensoriali ci

sono quelle cognitive, che sono forse (pa-

radossalmente) meno considerate quan-

do si progettano materiali didattici digi-

tali.

7. La manualistica è di solito la parte più

carente di ogni prodotto didattico. Per-

ché un LO sia efficace è necessario che

sia accompagnato da informazioni paral-

lele che ne inquadrano l’uso.

8. Il supporto tecnico offerto all’utente è un

altro elemento fondamentale. Dichiarare

la propria disponibilità ad aiutare chi de-

sidera utilizzare un LO che si è prodotto

è a volte l’elemento che fa la differenza

tra un uso produttivo e uno di routine.

9. La collaborazione a distanza - che è il

passo successivo al precedente - è sem-

pre meno un oggetto di ricerca universi-

taria e sempre più una modalità di lavo-

ro possibile, grazie alla diffusione di

internet e alla disponibilità di strumenti

di collaborazione su web open source e

gratuiti.

10. Un discorso che stranamente resta spes-

so fuori dalle discussioni sui LO, ma che

è legato a quello sulla collaborazione, è

quello sulle licenze e il diritto d’autore.

Investire nella creazione di LO può esse-

re un’attività redditizia quando si esce

dal domino dell’educational e si entra in

quello dell’istruzione tecnica specialisti-

ca.

LO nella didattica delle Scienze

Da un punto di vista pedagogico, l’analisi

della letteratura scientifica in riferimento ai

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LO, al di là della diversità delle terminologie

utilizzate nelle singole concettualizzazioni,

fa emergere in definitiva cinque categorie di

caratteristiche metodologico-didattiche che

dovrebbero caratterizzarli, soprattutto

quando ci si riferisce all’ambito scientifico

(Guerra, 2006).

La categoria formativa dell’individualiz-

zazione riguarda la necessità di utilizzare

strategie didattiche differenziate per consen-

tire a tutti gli studenti di raggiungere un

medesimo obiettivo. Il concetto didattico

che sostiene questa categoria prevede che

l’obiettivo formativo (nozione, competenza,

abilità, ecc.) rimanga identico per tutti gli

studenti, ma poiché essi sono diversi richie-

de che si utilizzino procedure didattiche

che, rispettando appunto tale diversità, con-

sentano effettivamente a tutti il raggiungi-

mento dell’obiettivo stesso.

La categoria formativa della personalizza-

zione riguarda l’opportunità di consentire

agli studenti di perseguire obiettivi formati-

vi diversi, in funzione d’identiche o diffe-

renti strategie didattiche utilizzate. Il concet-

to didattico che sostiene questa categoria

prevede che lo studente possa far valere la

peculiarità soggettiva delle sue motivazioni,

aspirazioni e risorse nella scelta degli obiet-

tivi formativi da perseguire e nella messa a

punto delle strategie didattiche per rag-

giungerli.

L’approccio costruttivista capovolge le logi-

che tradizionali del curricolo “discendente”,

ponendo al centro del percorso di appren-

dimento il ruolo attivo dello studente nella

costruzione del proprio sapere: un ruolo

possibile se il percorso di studio insiste sul

processo di apprendimento piuttosto che sul

prodotto e se viene quindi costantemente

valorizzata l’esperienza diretta dello studen-

te, la sua attività di ricerca e di riflessione.

L’interazione tra studente e docente. Difficili

sul piano tecnico e comunque occasionali le

possibilità di un incontro studente/docente

con finalità di sostegno dell’apprendimento

e di recupero. Del tutto non previste, se non

in casi eccezionali, le funzioni di counselling,

di accompagnamento metodologico, di at-

tenzione al contesto personale e sociale

dell’apprendimento. La letteratura consulta-

ta concorda nell’individuare per l’e-learning

(e quindi anche per i LO) la necessità di ga-

rantire strutturalmente forme continuative

di rapporto studente/docente e di farlo po-

nendo in essere figure di docenza/assistenza

all’apprendimento differenziato: il tutor,

l’esperto disciplinare, il mentor, il coach.

L’interazione tra studenti. In ambiente for-

mativo tradizionale era in sostanza di tipo

competitivo con qualche elemento collabo-

rativo occasionale di carattere imitativo. La

pianificazione di un ambiente di e-learning

di buona qualità didattica e, di conseguenza,

la progettazione dei singoli LO che ne costi-

tuiscono i contenuti, non può oggi non pre-

vedere la conduzione di forme adeguate di

collaborazione fino a giungere alle frontiere

più innovative del cooperative learning.

Didattica delle Scienze mediante i LO. Un esempio di Earth learning

La lezione tradizionale, che rimane anco-

ra la modalità più diffusa per la comunica-

zione di idee e di concetti nelle scuole italia-

ne, rappresenta l’occasione più favorevole

per consigliare l’attività di problem solving e

la costruzione di LO.

In questa sede si vuole riportare un e-

sempio, dei tanti realizzabili, di Earth lear-

ning che aiuti gli studenti di scuola superio-

re di secondo grado a capire la teoria della

Tettonica delle Placche con particolare rife-

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rimento a come si formano le montagne con

le relative pieghe e faglie (Greco, 2009).

La domanda principale iniziale può esse-

re la seguente: quali sono i prodotti nella

formazione delle montagne?

In fase preliminare è utile mostrare agli

studenti il fossile di un’ammonite, creatura

marina estinta, vissuta e morta in mare, che

tuttavia è stata ritrovata in una roccia a

un’altezza di 5000 metri sull’Himalaya. Co-

me è possibile? Spiegare che l’Himalaya si è

formata quando l’India è entrata in collisio-

ne con l’Asia e di conseguenza il subconti-

nente indiano è stato spinto verso quello a-

siatico da processi legati a movimenti delle

placche tettoniche.

A questo punto si può ricostruire quello

che è successo agli strati di rocce sul fondo

marino che si erano depositati tra le due

placche.

Si creerà un modello che simulerà il mo-

do in cui si formano deformazioni duttili e

fragili nelle montagne a causa di pressioni

laterali.

Questo LO sarà composto da foto e da un

filmato, accompagnati da una scheda di pre-

sentazione (tab. 1), da una mappa concettua-

le e da un test di valutazione finale. Attra-

verso esso gli studenti saranno in grado sia

di comprendere e descrivere come le forze

laterali possono produrre pieghe e faglie in

materiali stratificati, sia di spiegare come si

può essere formata, se le forze sono abba-

stanza grandi, una catena montuosa parten-

do da rocce stratificate.

Considerazioni conclusive

Il fenomeno LO si colloca dentro una del-

le aree in cui lo sviluppo della didattica è vi-

sto come strettamente connesso con la cre-

scita dei media. L’obiettivo è di rendere le

pratiche della formazione il più coerente

possibile con le caratteristiche di novità che

sono proprie delle tecnologie digitali: si trat-

ta di novità che hanno a che fare con la riar-

ticolazione disciplinare e semiotica dei con-

tenuti dell’apprendimento/insegnamento,

con la ridefinizione in chiave attiva e co-

struttiva del ruolo di chi apprende, con la

possibilità di far condividere le esperienze

dell’insegnare e dell’apprendere. Sono in

gioco questioni che investono l’intimo della

teoria e della pratica della formazione.

Va chiarito, però, che non c’è soluzione

tecnica che valga se i problemi sono soprat-

tutto di ordine epistemologico, pedagogico,

didattico. È però evidente che l’innovazione

tecnologica permette, comunque, di avere

una vista più diretta e precisa sulla natura

dei problemi in gioco.

Quella dei LO non è la soluzione dei clas-

sici problemi della didattica, ma la combina-

zione di alcuni di questi e, nello stesso tem-

po, l’apertura di nuovi.

Tab. 1 – Esempio di scheda di presentazione di un LO.

Titolo L’Himalaya in 30 secondi!

Obiettivi Produrre in miniatura, in una scatola, una montagna con una serie

di pieghe.

Ambito scolastico Primo biennio di scuola secondaria di secondo grado.

Prerequisiti teorici Conoscenza storica ed evolutiva della teoria Tettonica delle Plac-

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e sperimentali che.

Conoscenza della connessione tra catene montuose e placche tet-

toniche.

Materiali Una piccola scatola rettangolare trasparente di plastica o di vetro;

una tavoletta della misura del lato minore della scatola; sabbia a-

sciutta; farina, o un’altra polvere con colore contrastante a quello

della sabbia.

Descrizione della

Procedura

Disporre diversi strati di sabbia asciutta e farina in un contenitore

trasparente. Qualsiasi polvere con colore diverso dalla sabbia può

essere usato per alternare gli strati. La scatola va riempita per me-

tà.

Facendo molta attenzione, spingere la tavola attraverso la scatola,

così da iniziare a comprimere gli strati di sabbia e farina, ferman-

dosi ogni tanto per osservare i risultati. Di solito, gli strati forma-

no delle pieghe, e alcune di loro diventano rovesciate.

Può succedere che in una serie di strati si formi una faglia.

La superficie superiore della sabbia si alza verso l’alto nella scato-

la, imitando il sollevamento degli strati rocciosi che formano le

montagne come l’Himalaya.

Dati sperimentali Gli alunni, durante la durata dell’esperimento, hanno

l’opportunità di osservare, sequenza per sequenza, gli effetti della

deformazione a causa delle spinta laterale prodotta dallo scivola-

mento della tavoletta.

Discussione e va-

lutazione dei ri-

sultati

Le forze agiscono sulle rocce provocandone le deformazioni.

Quando la tavoletta viene mossa sulla sabbia si applica una forza

che genera attrito, provocando le pieghe e anche il sollevamento,

agendo contro la forza di gravità.

Le deformazioni plastiche (pieghe) normalmente precedono le de-

formazioni fragili (faglie).

Estensione

dell’esperienza

Questa attività può essere utilizzata come un’estensione di una le-

zione di fisica sulle forze, o per aiutare a capire il modo con il qua-

le le forme della superficie terrestre possono influenzare il sistema

meteorologico, come ad esempio i monsoni in geografia.

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